Libertà di informazione e indipendenza dei media sempre più a rischio nella Polonia nazionalista di Duda
8 min letturaIl 12 luglio, il nazionalista conservatore Andrzej Duda ha vinto le elezioni presidenziali, durante il secondo turno, con il 51,2% dei voti, contro l'avversario liberale Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia del partito di centro-destra “Piattaforma Civica” (in polacco: Platforma Obywatelska, PO), che ha preso il 48,8%. Trzaskowski ha riconosciuto la sconfitta, ha ringraziato i suoi sostenitori e si è congratulato con Duda per la vittoria.
Questo risultato, che conferma il presidente in carica, è il culmine di uno scontro ideologico tra due visioni diverse e inconciliabili per il futuro del paese, con Duda che prometteva un ulteriore mandato come quello appena concluso (nazionalista, incentrato sui valori conservatori, la famiglia tradizionale, la lotta contro i diritti della comunità LGBT e il costante uso della retorica omofoba) e Trzaskowski che offriva agli elettori l’idea di una Polonia diversa, liberale e aperta verso le minoranze.
I giovani delle città hanno votato prevalentemente per Trzaskowski, come accade anche nella vicina Ungheria e in molti paesi dell’Europa occidentale. Ma per tornare al potere, l’opposizione dovrà essere in grado di riconquistare anche le comunità più periferiche, che attualmente associano la propria sicurezza economica con il conservatorismo culturale e il populismo nazionalista del partito “Diritto e Giustizia” (in polacco Prawo i Sprawiedliwość, PiS).
L’ideologia culturale del PiS è stata dominante per gli ultimi cinque anni e, dopo questa vittoria, continuerà a esserlo. Come il suo omologo ungherese, Viktor Orbán, anche Duda ha come obiettivo quello di costruire un'egemonia culturale nazionalista servendosi delle scuole, della magistratura e dei media.
L’indebolimento dell'indipendenza dei giudici è già stato motivo di scontro con l’Unione europea e probabilmente continuerà a esserlo per tutta la durata della prossima legislatura. La Polonia ha tratto enorme beneficio economico dal sostegno dell'Unione europea negli ultimi anni, come spiega questo articolo di Carnegie Europe. A maggio la Commissione europea ha proposto un fondo di recupero ("Recovery fund") del valore di 750 miliardi di euro per salvare le economie dell'UE più colpite dalla crisi del coronavirus. Di questi, 63,8 miliardi dovrebbero essere assegnati alla Polonia, più della metà sotto forma di sovvenzioni non rimborsabili. Sarebbe la terza assegnazione più grande dopo quelle destinate all'Italia e alla Spagna. Inoltre, la Commissione ha proposto di aumentare il prossimo bilancio settennale dell'Ue, che andrà dal 2021 al 2027, includendo maggiori fondi strutturali e agricoli per la Polonia.
L'Europa si trova, quindi, davanti a una grossa contraddizione: la solidarietà e i trasferimenti finanziari dovrebbero rafforzare i valori che uniscono gli europei, ma l'agenda di Duda in questo momento diverge profondamente da quelli che sono i valori dell'Unione europea. L’idea iniziale di condizionare l’uso delle risorse europee alla salvaguardia del cosiddetto "Stato di diritto" è stata "annacquata" su richiesta dell’Ungheria, sostenuta da Polonia e Slovenia. Da anni, infatti, sia Ungheria che Polonia sono gli unici due Stati membri accusati di non rispettare lo Stato di diritto.
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All’indomani del risultato elettorale, il direttore di Amnesty International per l’Europa, Nils Muiznieks, ha dichiarato: “Siamo determinati a rimanere accanto ai gruppi e alle singole persone prese di mira dalle istituzioni statali e a contribuire a resistere all’arretramento della protezione dei diritti umani in Polonia”.
La situazione potrebbe peggiorare anche per i media indipendenti polacchi, mentre la televisione pubblica è già sotto il completo controllo del governo, come ha dimostrato la campagna elettorale.
L’informazione pubblica: il megafono ideologico dell'estrema destra
Lo scontro elettorale tra i due candidati è stato talmente aspro che non è stato possibile accordare neanche un dibattito elettorale. Entrambi i candidati si sono affidati a media affini per dar voce ai propri proclami. E nel caso di Duda, la televisione pubblica è stata senza dubbio il principale palcoscenico.
Uno studio pubblicato durante la campagna elettorale, che prendeva in esame il periodo tra il 3 e il 16 giugno, mostra che il 97% delle notizie della televisione pubblica sul presidente in carica erano positive, mentre l’87% di quelle che avevano come protagonista il leader dell'opposizione erano negative.
Secondo il Financial Times, la televisione pubblica polacca non è stata solo uno strumento di propaganda, ma un vero e proprio megafono della mentalità paranoica d’estrema destra, che vede come protagonisti gli eroici polacchi come Duda che ingaggiano una battaglia senza fine per opporsi ai piani malefici orchestrati dai poteri forti internazionali delle lobby tedesche-giudaiche-LGBT, che cospirano contro il bene della Polonia nelle loro riunioni segrete in Svizzera.
Con questa teoria del complotto come sfondo, la tv pubblica si è schierata apertamente in difesa del governo e del partito nazionalista PiS. È stato messo in dubbio più volte che Trzaskowski potesse avere davvero a cuore gli interessi del paese, mentre veniva ritratto come un burattino nelle mani di George Soros, il filantropo milionario, spauracchio dell’estrema destra ovunque.
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La principale paura diffusa dai media di Stato è che se Trzaskowski avesse vinto, avrebbe probabilmente utilizzato i soldi dei contribuenti per compensare gli ebrei che hanno perso le loro proprietà durante la Seconda guerra mondiale. “Tra gli elettori sta crescendo la paura che una possibile vittoria di Trzaskowski potrebbe causare drammatici cambiamenti nella politica estera polacca e la rinuncia a difendere i diritti nazionali polacchi, a spese di milioni di famiglie polacche”, spiegava il narratore di un servizio giornalistico.
There Polish state television goes again....Surely this needs some stronger reaction from Europeans, Americans and others who will be listened to by civilised conservative Poles.... https://t.co/iT6tM5mSBG
— Timothy Garton Ash (@fromTGA) July 10, 2020
“Gli esperti non hanno dubbi sul fatto che il flusso di soldi pubblici che attualmente arriva nelle tasche delle famiglie polacche si seccherà se Trzaskowski, dopo un’eventuale vittoria elettorale, deciderà di soddisfare le richieste degli ebrei”, diceva un altro giornalista.
La copertura di Duda è stata invece molto diversa. Quattro giorni prima delle elezioni, per esempio, è stato mandato in onda un reportage che enumerava gli eccellenti risultati del governo in carica, con video e foto del presidente che sorrideva e posava per le foto assieme ai sostenitori, una musica emotiva e sequenze dove si vedevano sventolare le bandiere polacche. “Il presidente Andrzej Duda difende gli interessi dei polacchi”, concludeva il narratore. “Nessuno viene trascurato, indipendentemente da dove venga e da dove viva. Il presidente Andrzej Duda ascolta la voce e l'opinione di ogni polacco”. L’unica ancora di salvezza davanti al rischio di una disastrosa vittoria di Trzaskowski, che avrebbe venduto il proprio popolo pur di soddisfare gli interessi degli ebrei, dei tedeschi e della potente lobby LGBT.
L’Office for Democratic Institutions and Human Rights (ODIHR), una delle principali istituzioni dell’Organization for Security and Cooperation in Europe (OSCE) ha monitorato le elezioni polacche e dopo il primo turno ha segnalato che la tv pubblica “è venuta meno al suo dovere di offrire una copertura bilanciata e imparziale” e ha invece agito come un organo di propaganda, aggiungendo che “il tono di alcuni servizi andati in onda era carico di xenofobia e antisemitismo”.
Il governo ha sempre respinto queste critiche. All’inizio dell’anno, il Ministro della Cultura, Piotrs Glinski, ha ammesso che i media pubblici sono in qualche modo legati al governo, ma secondo lui questa è una condizione necessaria per bilanciare l'ostilità dei media privati.
Il governo all'attacco dei media privati e dei corrispondenti stranieri
Il governo non ha perso occasione per attaccare i media privati ogni volta che è stata pubblicata una notizia critica nei confronti del presidente.
Durante la campagna elettorale, Duda si è scontrato con il tabloid polacco Fakt (di cui il gruppo editoriale Axel Springer possiede una parte), che ha contestato la scelta del presidente di offrire l’indulto a un uomo che aveva abusato sessualmente di sua figlia.
Il network televisivo TVN (proprietà di Discovery channel) si è trovato più volte nel mirino del governo ed è stato accusato, senza offrire prove, di essere in combutta con i comunisti e con i vecchi servizi segreti della WSI, un’agenzia di intelligence polacca che non esiste più.
Anche il corrispondente a Varsavia del quotidiano tedesco Die Welt, Philipp Fritz, è stato messo alla gogna dal presidente, che lo ha accusato durante le sue apparizioni pubbliche di essere un alleato di Trzaskowski. “Oggi signore e signori, abbiamo sofferto l'ennesimo attacco tedesco durante queste elezioni”, ha dichiarato Duda qualche giorno prima delle elezioni.
Questi attacchi hanno spinto i corrispondenti stranieri a esprimere solidarietà nei confronti di Fritz con un comunicato collettivo nel quale si esprime preoccupazione per la libertà d’espressione nel paese e si denuncia che gli attacchi ai giornalisti fatti dal presidente Duda sono un assalto diretto ai valori della libertà di stampa.
Prove di resistenza: la nascita di nuovi media indipendenti
La resistenza alle pressioni del governo non arriva solo dal settore privato. L’estrema politicizzazione della radio pubblica, ha provocato un esodo di giornalisti non allineati con la propaganda del PiS, ma come racconta un articolo pubblicato dal sito Notes from Poland, questo ha favorito anche la nascita di nuovi progetti indipendenti.
La radio pubblica Trójka, che negli anni è riuscita a conquistare una posizione di rilievo tra il pubblico, sta affrontando una crisi interna senza precedenti. È tutto iniziato quando la radio ha deciso di non rinnovare il contratto di Dariusz Rosiak, giornalista presentatore del programma “Report sullo stato del pianeta”, un segmento di 50 minuti di approfondimento sulle notizie estere. La scelta di liberarsi di Rosiak è stata considerata nell'ambiente giornalistico come una decisione politica. "Rosiak, come molti altri, si trovava probabilmente nel libro nero del governo per non essere stato sufficientemente entusiasta nei suoi confronti", ha scritto Lukasz Warzecha, un giornalista di destra.
Reporter senza Frontiere (RSF) ha espresso preoccupazione per l'allontanamento di Rosiak dalla radio pubblica, dicendo che decisioni di questo tipo in un network pubblico dovrebbero essere prese in base al merito e con trasparenza e "non per ragioni di affinità politica con il partito al governo". RSF ha denunciato gli attacchi del governo diretti ai media indipendenti e la sudditanza dei media pubblici, trasformati ormai in un organo di propaganda.
Rosiak ha provato a proporre il suo programma ad alcune radio private ma, non avendo ottenuto nessuna risposta positiva, ha deciso di lanciare una campagna di crowdfunding per produrre da solo il programma. Il suo progetto ha trovato il sostegno di 3.000 persone e ora può contare su un budget di 50 mila zloty al mese (circa 11 mila euro mensili). "Non avevo mai pensato che sarei riuscito a raccogliere questa cifra", ha ammesso Rosiak, che attualmente produce due programmi settimanali grazie al sostegno degli ascoltatori.
Dopo di lui, molti altri giornalisti hanno dovuto abbandonare la piattaforma radiofonica pubblica. Alcuni di loro hanno lanciato un crowdfunding per dar vita alla radio online indipendente Nowy Świat (in italiano: Nuovo Mondo), diretta da Magda Jethon, che è stata direttrice di Trójka tra il 2010 e il 2016.
La nuova radio ha raccolto finora 2.3 milioni di zloty (circa 520 mila euro) sulla piattaforma Patronite, con il sostegno di oltre 27 mila persone, garantendosi così la possibilità di sopravvivere con un budget mensile di 694 mila zloty (molti di più dei 250 mila mensili richiesti).
Entrambi i progetti sono una dimostrazione dell'importanza della fiducia dei cittadini nei confronti del giornalismo indipendente. E per alcuni sono un segnale di speranza in un momento difficile per la libertà d'espressione e il dibattito aperto.
Foto in anteprima di Piotr Drabik/Flickr – CC BY-SA