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Israele minaccia di replicare “il modello Gaza” in Libano, ma Hezbollah rischia di essere un nemico più insidioso di Hamas

26 Settembre 2024 7 min lettura

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Israele minaccia di replicare “il modello Gaza” in Libano, ma Hezbollah rischia di essere un nemico più insidioso di Hamas

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di Elia Ayoub (+972 Magazine)

Il pomeriggio del 17 settembre, il mio telefono è stato sommerso da decine di messaggi di amici che da Beirut descrivevano le scene irreali cui avevano appena assistito. Un mio amico ha visto il volto di un uomo in moto esplodere. Un altro mi ha raccontato della sorella: mentre stava con il figlio di due anni ha sentito un forte boato, subito seguito da una folla di persone terrorizzate che correva verso di loro. Un altro ancora mi ha inviato un filmato della telecamera di sicurezza di un negozio di alimentari. Nel video un uomo fa per afferrare il cercapersone appena prima che gli esploda in mano.

Anche se nessuno aveva rivendicato la responsabilità dell'attacco, tutti avevano capito bene cosa fosse successo: Israele aveva trovato un modo per far esplodere simultaneamente migliaia di cercapersone usati dai membri di Hezbollah. Nei messaggi scambiati con i miei amici abbiamo iniziato a chiederci come gli israeliani fossero riusciti a farlo, e se tutti i dispositivi elettronici in Libano fossero a rischio o meno.

Il giorno dopo c'è stato un attacco analogo, questa volta contro i walkie-talkie di Hezbollah. In uno dei casi più noti, un'esplosione a un funerale di membri di Hezbollah uccisi nel primo attacco ha fatto fuggire i partecipanti al funerale per la paura. Nell'arco di due giorni sono stati segnalati circa 3.500 feriti, molti dei quali ancora in gravi condizioni, e almeno 42 morti, tra cui due bambini.

In seguito abbiamo saputo che l'azienda ungherese da cui Hezbollah aveva acquistato i dispositivi di comunicazione era in realtà una copertura israeliana. I dispositivi non sono stati intercettati e poi modificati, ma sono stati prodotti da Israele fin dall'inizio. Il New York Times ha parlato di un “moderno cavallo di Troia”. Per Hezbollah si è trattato di una grave falla nella sicurezza, che persino il segretario generale del gruppo, Hassan Nasrallah, ha sommessamente riconosciuto in un discorso tenuto due giorni dopo.

Ma ora sembra che gli attacchi della scorsa settimana siano stati il preludio di una più tradizionale - e più letale - fase di guerra aperta. Mentre scrivo, Israele ha lanciato diversi attacchi aerei in tutto il Libano meridionale e nella valle della Bekaa. Innumerevoli civili libanesi stanno fuggendo dalla zona in seguito agli ordini di evacuazione “immediata” dati dell'esercito israeliano.

Finora sono stati registrati almeno 492 morti, tra cui 35 bambini, e 1645 feriti. Si prevede che le vittime aumenteranno. Per citare il giornalista libanese Timour Azhari, il 23 settembre è stato il “giorno più letale a memoria d'uomo nel conflitto tra Libano e Israele”. Considerando come Hezbollah lanci razzi sempre più in profondità verso Israele, una de-escalation è sempre più fuori portata.

"Questa non può essere la nuova normalità"

Per Justin Salhani, giornalista di Beirut, l'impatto psicologico degli attacchi con i cercapersone sulla popolazione civile libanese non può essere sottovalutato. La gente è “già spaventata”, racconta Salhani a +972, sottolineando come molti libanesi siano rimasti profondamente traumatizzati dalla devastante esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020.

Quattro anni dopo, le scene strazianti negli ospedali libanesi si sono ripetute.

Secondo un addetto alle comunicazioni dell'ospedale che ha parlato con Salhani, al centro medico dell'Università americana di Beirut, una delle strutture più grandi e prestigiose del paese, ci sono voluti due giorni perché medici e infermieri riuscissero a occuparsi delle migliaia di feriti del primo attacco con i cercapersone. Questo prima della seconda ondata di feriti provocata dall'esplosione dei walkie-talkie.

Salhani e io abbiamo parlato poco prima dell'attacco aereo israeliano del 20 settembre contro il quartiere di Dahiya, nel sud di Beirut, il terzo di quest'anno, che ha ucciso il comandante delle operazioni di Hezbollah Ibrahim Aqil, altri membri anziani dell'unità d'élite Radwan e diversi civili, tra cui tre bambini. Tuttavia, le esplosioni di ordigni si distinguono per le loro conseguenze ad ampio raggio. “Non solo per Hezbollah”, osserva Salhani, ma per il futuro della guerra.

Come dichiarato da Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, gli attacchi con i cercapersone “rappresentano un nuovo sviluppo nella guerra, dove gli strumenti di comunicazione diventano armi”. Türk ha condannato gli attacchi come una violazione del diritto internazionale e un possibile crimine di guerra, affermando che “questa non può essere la nuova normalità”.

Dati i precedenti di Israele nell'usare la guerra per testare nuove tecnologie e strategie militari, non c'è alcuna indicazione che l'avvertimento di Türk avrà un qualche impatto. Come altre innovazioni letali israeliane, anche gli attacchi con i cercapersone potrebbero rapidamente normalizzarsi.

Gaza è stata a lungo il laboratorio militare preferito da Israele e le start-up israeliane che commercializzano armi “testate in battaglia” ne hanno raccolto i frutti. Questo ha trasformato Gaza in un luogo in cui sono stati battuti i più macabri record mondiali: ad esempio, ospita la più alta percentuale di bambini amputati, con circa 10 bambini al giorno che perdono una o entrambe le gambe a causa delle bombe israeliane, secondo le Nazioni Unite.

Ma per Israele anche il Libano ha rappresentato un campo di battaglia per lo sviluppo di strategie militari. Delineata per la prima volta dal capo di Stato Maggiore dell'IDF Gadi Eizenkot durante la guerra del 2006, la famigerata dottrina Dahiya prevede l'impiego di una forza “sproporzionata” rispetto alle “azioni del nemico e alla minaccia che esso rappresenta”, e include il colpire specificamente le infrastrutture civili “in misura tale da richiedere lunghi e costosi processi di ricostruzione”, secondo un rapporto del 2009 del Comitato Pubblico Contro la Tortura in Israele.

Chiunque sia stato colpito dagli attacchi aerei israeliani in Libano capisce istintivamente la dottrina Dahiya. E dopo quasi un anno di genocidio a Gaza, con l'inesorabile distruzione di intere città, e dopo le recenti dichiarazioni dei leader israeliani, i cittadini libanesi sono fermamente convinti che l'esercito israeliano non esiterà a causare massicce perdite tra i civili. Lo scorso novembre, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha dichiarato che “quello che facciamo a Gaza possiamo farlo a Beirut”, mentre la settimana scorsa il maggiore generale dell'IDF Ori Gordin ha proposto di occupare nuovamente il Libano meridionale per creare una “zona cuscinetto” con Israele.

A ciò si aggiunge la retorica esplicitamente genocidaria diffusa dalla società israeliana contro il popolo palestinese di Gaza, con i media tradizionali e i social media ossessionati da aperti appelli al genocidio, oltre che dagli stessi soldati israeliani a Gaza. Per chi ha vissuto l'occupazione e i bombardamenti israeliani in Libano, i resoconti, le immagini e i video provenienti da Gaza hanno un'aria stranamente familiare. Il timore, ora, è di dover assistere a tutto ciò nel proprio paese.

Il difficile calcolo di Hezbollah

All'inizio del 2022, su +972, scrivevo che “Hezbollah non potrebbe chiedere un nemico migliore di Israele”, dato che la retorica e le azioni israeliane improntate all'escalation hanno aiutato Hezbollah a giustificare il mantenimento della sua egemonia militare in Libano. Questo è ancora più vero oggi: additando le azioni di Israele a Gaza, e ora sempre più in Libano, Hezbollah può dire ai suoi sostenitori che non è possibile alcun compromesso con lo Stato israeliano e che, senza una resistenza armata, i civili libanesi saranno le vittime di quei crimini che iniziano dopo l'arrivo delle truppe israeliane in un qualunque territorio arabo.

Come sottolineato da alcuni analisti, è probabile che gli attacchi israeliani spingano Hezbollah a muoversi sempre più sottoterra - una parola che per alcuni suoi membri va presa alla lettera. Ad agosto, Hezbollah ha pubblicato un video sottotitolato in ebraico, ripreso dal ministero degli Affari Esteri israeliano su YouTube. Il video mostra un tunnel nascosto in Libano abbastanza ampio da contenere grandi lanciamissili e un convoglio di camion. Non si sa quanti tunnel simili esistano.

Mantenere segreta l'estensione di questa rete sotterranea fa naturalmente parte della guerra psicologica di Hezbollah contro Israele. È un modo per ricordare a quest'ultimo che - a differenza di Hamas e della Striscia di Gaza, densamente popolata - Hezbollah opera in un territorio molto più vasto e senza restrizioni, con un accesso fisico ai suoi alleati in Iran e Siria molto più ampio di quello di Hamas sotto il blocco imposto da Israele.

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Nel frattempo, le minacce dei leader israeliani di applicare il “modello Gaza” al Libano rischiano di spingere alcuni membri di Hezbollah a impiegare tattiche di guerra più irregolari, che l'esercito israeliano ha storicamente difficoltà ad affrontare. Tra queste troviamo imboscate, sortite e altre incursioni transfrontaliere.

Il rischio è destinato ad aumentare se Israele tenterà un'altra invasione di terra del Libano meridionale - un territorio da cui Hezbollah opera come gruppo di guerriglieri fin dagli anni '80, con armi sempre più sofisticate dopo ogni serie di combattimenti e una forza più temprata dopo gli interventi in Siria.

D'altra parte, Hezbollah deve fare i conti anche con una situazione interna precaria. Non c'è un grande interesse per una guerra con Israele in un paese che ancora soffre gli effetti di una delle peggiori crisi economiche del mondo, soprattutto dopo l'esplosione del porto di Beirut. Per questi stessi motivi, anche la decisione del gruppo di sostenere Hamas dopo il 7 ottobre è stata molto controversa. Inoltre, non è chiaro fino a che punto Hezbollah possa contare sul sostegno diretto dell'Iran, nel momento in cui questo potrebbe significare per Teheran una guerra aperta alle porte di casa.

Ma senza una pressione internazionale che fermi le politiche di aperto sterminio del governo Netanyahu, Hezbollah potrebbe essere spinto a un punto di non ritorno, con conseguenze inimmaginabili per la regione.

Articolo originale pubblicato su +972 Magazine e tradotto per gentile concessione della testata. È possibile sostenere +972 Magazine a questo link.

(Immagine anterpima: frame via YouTube)

 

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