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Lettera aperta al Direttore Belpietro

27 Dicembre 2010 3 min lettura

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Lettera aperta al Direttore Belpietro

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Egregio Direttore Belpietro buonasera.

Mi è capitato spesso negli ultimi mesi di vederla apparire in programmi e talk-show televisivi come opinionista schierato, come tanti altri per carità, ma sempre schierato.

Sono d'accordo sul fatto che in un paese occidentale come l'Italia tutto questo non possa essere criticato a priori, ma ripenso con grande nostalgia alle persone che l'hanno preceduta e che -pur mantenendo diritta la barra ideologica della loro opinione, risultavano essere sempre alti e consoni al ruolo che occupavano. E parlo dei grandi del giornalismo italiano di destra e di sinistra: se ne sente proprio la mancanza. Degli intellettuali, dei politici, dei fini pensatori del tempo che fu. E' vero, il linguaggio è cambiato, i media si sono trasformati ed è in atto una battaglia di consensi senza precedenti nel nostro paese; eppure scorgo in lei quel piglio estremista da tifoso, che mi induce a pensare che lei abbia perso di vista il suo ruolo: quello di giornalista e direttore di un quotidiano.

Ma non voglio farle una filippica deontologica su cosa si dovrebbe dire e su che cosa sarebbe meglio non dire.

Io credo che molti di quelli che in questa Seconda Repubblica sono stati in prima linea saranno presto dimenticati. Lei dissentirà su questa mia analisi ribadendo che ci sono altri giornali e giornalisti che fanno come lei se non peggio.

Il punto però, mi perdoni, non è questo.

Purtroppo è lei che ha scritto questo pezzo e qui risiede il motivo di questa mia lettera. Ho letto il suo editoriale di oggi su Libero e sono rimasto basito. Non per i toni o per il linguaggio usato, né per le sue opinioni che -seppur criticabili- sono sacrosante in un paese libero.

Mi riferisco ai sentimenti che avrà provocato nell'intimo dell'anima dei suoi lettori: rabbia, indignazione, ira, risentimento per l'opposta fazione (in questo caso i comunisti), allargamento della ferita sociale aperta da tempo nel nostro paese. Quella che mette gli uni contro gli altri, i bianchi contro i neri a prescindere dalle idee. Quelle non importano. Bastano gli slogan urlati in tv o da qualche palco in comizi pubblici che arringano le folle. Se le sue fonti davvero le hanno comunicato quel progetto di attentato al Presidente della Camera Gianfranco Fini, non era sul quotidiano da lei diretto che dovevano finire. L'autorità giudiziaria era il lettore indicato per quegli scritti. La nostra Carta Costituzionale ci dice questo, ammesso che si pensi ancora di vivere nello stesso paese civile che basa la sua stessa esistenza sulle regole condivise.

Si lo so che cosa è il diritto/dovere di cronaca giornalistico che viene sempre rivendicato in questi casi, ma esiste anche la responsabilità per i cerchi provocati dalle pietre piatte fatte schizzare a tutta velocità sul pelo dell'acqua. La gara che si faceva da ragazzini per vedere chi faceva fare più salti al sasso. I cerchi, una volta incominciati, continuano e non li si può più controllare. Continuare come dei ragazzi (solo nella sfrontatezza) a chi fa di più cerchi credo sia una attività deleteria per la gente, per la tenuta stessa della società. Non si può barattare la tensione sociale per uno scoop (o presunto scoop), per il consenso al governo o all'opposizione da far risalire. Nessun leader politico può pretendere da una stampa seria e corretta -seppur schierata- che si metta a repentaglio un clima sociale di cui sono poi figlie le reazioni spropositate.

Io non sono di sinistra, anche se non ci sarebbe nulla di male. Le idee sono idee e valgono tutte quando sono pensate con la propria testa. Ma voi e tutti quelli che lo fanno da una parte e dell'altra, con questo giornalismo basso (mi vorrà perdonare), non parlate più alle persone offrendo punti di vista sui fatti, voi parlate alle curve degli stadi.

E aizzare senza ritegno e a qualunque costo è molto pericoloso.

Io non voglio vedere il mio paese, l'Italia, messa a ferro e fuoco grazie al clima che giornalisti e opinionisti come lei (ma non è il solo) contribuiscono a generare.

Per favore, la smetta. Smettetela tutti.

Prima che sia troppo tardi. I figli che vivono in questo paese hanno diritto ad un paese che cresca e si migliori in un clima il più sereno possibile, per affrontare le sfide difficili del mercato globale.

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Potrebbe anche lei - un giorno quando avrà la barba bianca- dire: "Chissà, in quel periodo ho proprio esagerato. Se fossi stato più cauto avrei agito diversamente."

Matteo Ponzano
Direttore Reset Radio

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