Legittima difesa: giustizia o giustizieri?
9 min letturaM.R. si sveglia nella notte. Sente dei rumori. Forse il figlio che dorme nella stanza in fondo al corridoio? No. I rumori sembrano provenire dal salotto. Sveglia la moglie. Piano. Le fa segno col dito di non fare rumore. Si alza e prende la pistola dal cassetto. È regolarmente detenuta, ma non avrebbe mai pensato di doverla usare. Strano. Sembra decisamente più pesante di quando andava a sparare al poligono di tiro.
Altri rumori. Si è dal salotto, c'è qualcuno che rovista. “Adesso vado di là, gli intimo di andarsene, lo minaccio con la pistola”, pensa. Si avvia, piano, pistola puntata in avanti, appoggia la mano alla porta per aprirla. Se solo la mano sulla pistola smettesse di tremare….
Apre la porta.
Vede un'ombra. La mano trema sempre di più...
L'ombra si gira verso di lui.
Non riesce a dire nulla.
L'ombra ha qualcosa nella mano…
uno sparo, poi un secondo…
A seguito dell'ennesimo caso di un ladro ucciso perché sorpreso in casa, le proposte di ampliamento della legittima difesa si accumulano.
La società si fa più violenta, i topi d'appartamento si fanno sempre più pericolosi, i furti in casa diventano sempre più spesso rapine, con escalation sull'incolumità degli eventuali occupanti. Purtroppo la disintegrazione della famiglia allargata fa sì che molte più persone oggi vivano da sole, e siano più soggette ad aggressioni. Chi sorprende un ladro in casa ha o no il diritto di difendersi?
La vecchia normativa non basta più, l'articolo 52 del codice penale già consente l'uso della forza in casi estremi, quando questa è proporzionata al pericolo incombente, ma qualcuno ritiene che oggi occorra armarsi e difendersi da soli.
Chi ci entra in casa per rubare o violentare deve accettare che alla sua violenza può corrispondere un atto di violenza da parte nostra.
Legittima difesa
L'attuale normativa prevede già il diritto di rispondere alla violenza con la violenza. Il principio “vim vi repellere licet” è recepito nel nostro codice penale:
Art. 52 cod. pen.
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
L'art. 52 richiede un pericolo attuale, cioè si deve essere minacciati in quel momento. Se il ladro scappa dalla finestra tale requisito manca e non gli si può sparare alle spalle. È altresì da escludere l'attualità del pericolo se la lesione si è già realizzata e non sia più neutralizzabile, oppure non sia possibile un aggravamento della lesione.
Si richiede anche la proporzione tra offesa e difesa, paramento essenziale che implica una comparazione non solo tra i beni giuridici, ma anche tra i mezzi utilizzati (arma di offesa, arma di difesa).
La normativa è stata già modificata nel 2006, allargando i confini della legittima difesa. Il legislatore ha previsto una presunzione assoluta di proporzione fra difesa e offesa (cioè non occorre provare la proporzione ma si presume sussistente a prescindere) in presenza di alcuni requisiti: il soggetto che ha posto in essere la legittima difesa aveva il diritto di trovarsi in quel luogo, l'incolumità della persona era in pericolo, la legittima difesa è stata attuata attraverso un'arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto.
Il cittadino non dovrà più provare la proporzionalità, ma dovrà comunque provare, per essere assolto, l'attualità dell'offesa e l’inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità. La reazione a difesa dei propri beni è legittima solo quando non c'è desistenza e sussiste il pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri.
Si tratta del caso classico di chi si difende con armi nel proprio domicilio.
Purtroppo tale allargamento non ha sortito alcun risultato concreto rispetto alla precedente norma, in quanto le situazioni che si riscontrano nella realtà sono del derubato che spara al ladro mentre fugge col bottino (quindi non c'è pericolo attuale) e di chi, potendo difendersi solo minacciando, usa l'arma direttamente per uccidere.
11 giugno 2013 - Sorprende due ladri nel suo giardino, si spaventa e spara dalla finestra con il fucile, colpendone uno.
La legittima difesa è una causa di giustificazione, cioè impedisce la punizione di un fatto che comunque costituisce sempre reato. Se non si comprende questo è difficile fare passi in avanti, occorre capire che l'uso della violenza, della forza, è sempre vietato, si tratta di una prerogativa che lo Stato riserva esclusivamente a sé stesso e solo in casi estremi, per esigenze particolari di autotutela. Quando è chiaro che non è possibile un intervento tempestivo dello Stato viene ammessa una deroga al monopolio statale dell'uso della forza.
In nessun modo lo Stato, quindi, può consentire deroghe alla riserva statale che modifichino la ratio della scriminante, legittimando ipotesi di cittadini che si fanno giustizia da sé. Deve sempre essere estremamente chiaro che un cittadino che fa uso della forza commette sempre un reato. Che poi in qualche caso lo Stato eviti di punirlo, è ben altro discorso.
Insicurezza
All'inizio del secolo scorso il rischio di essere uccisi era incredibilmente più alto che oggi. I nostri nonni avevano aspettative di vita più ridotte, e solo un secolo fa spostarsi da una città all'altra era estremamente rischioso. L'Italia del 1860 aveva percentuali di omicidi pari alla Colombia odierna, mentre oggi, nonostante le mafie, ha un tasso di omicidi dolosi quattro volte inferiore agli Stati Uniti. Siamo più o meno sicuri? La criminalità è aumentata o diminuita?
Certo, rispetto al secolo scorso i reati contro la proprietà sono aumentati, come in tutti i paesi occidentali. Ma questo è solo l'effetto dell'aumento dell'aumento della ricchezza materiale (I reati contro il patrimonio, di Stefano Fiore). Siamo più ricchi e quindi aumentano i furti. Di contro i reati contro la persona sono enormemente diminuiti.
Eppure si moltiplicano le paure: paura dell'altro, dello straniero, dell'immigrato, dell'extracomunitario, dei furti, delle violenze, ecc.
Le paure dell'età moderna concentrano le discussioni sulle esigenze di sicurezza. Così da un lato i governi ottengono nuove norme per il controllo totale dei cittadini (sorveglianza digitale) e la repressione del dissenso (il Daspo politico per il controllo delle manifestazioni), dall'altro lato questa artificiale alimentazione dell'insicurezza determina un calo di consenso che in qualche modo deve essere tenuto a bada. E trova la sua risposta nel moltiplicarsi delle proposte di legge che mirano ad ampliare gli strumenti che consentono al cittadino di farsi giustizia da sé.
La percezione è che lo Stato non sia più in grado di difenderci, allora, si pretende, ci dia almeno le possibilità di difenderci da soli.
Così come l'escalation all'armamento nucleare dopo la seconda guerra mondiale, oggi assistiamo nel campo della sicurezza pubblica a qualcosa di simile, la legittimazione della difesa attiva, armata, privata. Il cittadino è invitato, spronato, a farsi giustizia da sé, così non solo lo Stato potrà ridurre (ancora) le spese per la sicurezza pubblica, ma nel contempo alimenterà un mercato della sicurezza che favorirà le lobby dei costruttori di armi e di strumenti di sicurezza.
L'insicurezza è un capitale politico da spendere in periodo elettorale e non solo, i politici sono ben contenti di “venderci” le soluzioni alle nostre paure, ma è ovvio che né i politici né gli imprenditori che sguazzano nel mercato della sicurezza hanno davvero l'interesse ad estirpare le nostre paure. Anzi.
Ed ecco che a livello locale si incentivano le soluzioni “fai da te”, la soluzione semplice e veloce di armarsi e difendersi da soli, insomma il cittadino-giustiziere.
Giustizia o giustizieri?
Per gli strilloni della certezza della pena i vantaggi sono evidenti: niente processo, niente carcere, niente spese, niente rischio di ritorno a delinquere. Un colpo in testa e via.
Ma se è comprensibile l'esasperazione dei commercianti tartassati dalle rapine, occorre rendersi conto delle conseguenze della corsa alle armi.
Rapina finita male, orafo ucciso
Secondo il racconto della moglie della vittima ai carabinieri, che stanno ora vagliando la sua ricostruzione, il marito si stava preparando per andare al lavoro, quando al piano terreno della villa ha sorpreso i ladri - probabilmente due malviventi. Il padrone di casa non avrebbe esitato ad affrontarli e, nella colluttazione, sarebbero partiti alcuni colpi di pistola. Uno quello che ha raggiunto alla testa la vittima, senza lasciargli scampo.
Incentivare il “fai da te” è una soluzione costosissima. I cittadini non si devono illudere di poter competere con la criminalità a livello militare perché è una follia, fanno già abbastanza fatica la Polizia ed i Carabinieri che un po’ di più se ne intendono. Il cittadino-sceriffo che si arma deve mettere in conto che anche il ladro verrà pronto a rispondere. Anzi, verrà pronto a sparare per primo. E in genere lui l'arma la sa usare davvero.
Presentandosi tutti armati aumenteranno i reati ad alto rischio.
«Se andrò a fare un furto verrò accolto a pistolettate? Vorrà dire che invece di portarmi solo il cacciavite, come ho fatto finora, andrò armato» (Detenuto in attesa di giudizio)
Perché non bastano poche sedute al poligono di tiro per poter sparare ad un essere umano. In quel momento la paura può giocare davvero brutti scherzi, e molti hanno finito per spararsi da soli, oppure ai familiari. Perché una pallottola non fa quello che gli dici, rimbalza, può uscire dalla finestra e uccidere anche a centinaia di metri di distanza.
Incentivare lo sparo contro il ladro d'appartamenti è una soluzione barbara, perché di fatto abbassa il valore di una vita umana al livello dei beni materiali. Quanti spareranno solo per difendere il proprio portafoglio, il proprio televisore, il proprio smartphone?
Il problema è culturale. La corsa alle armi è un grande errore che fa considerare la repressione come l'unica risposta ai conflitti, invece di andare ad analizzare le basi del problema, il degrado, la mancanza di lavoro, ecc.
Spetta allo Stato difendere i cittadini e le sue proprietà? Oppure è lecito arrangiarsi da soli? Ognuno per sé? Di fatto sarebbe la deresponsabilizzazione dello Stato che sostanzialmente ammette l'incapacità di fare il suo lavoro: da un lato reprimere gli illeciti e difendere i cittadini onesti, e dall'altro rimuovere le condizioni di degrado sociale che portano alla delinquenza.
Un ampliamento della legittima difesa sarebbe nient'altro che l'ennesimo arretramento dello Stato, uno Stato sempre più ridotto nelle sue funzioni, che delega ai privati qualsiasi cosa, sarebbe la privatizzazione della giustizia con delega del diritto di uccidere (un diritto che nemmeno lo Stato si riserva). Una giustizia senza processo. E senza sentenza.
Sono anni che si discute di riforma della Giustizia, ma la soluzione che si propone è di annichilirla definitivamente.
La cultura dell'autodifesa armata è l'esaltazione e l'esasperazione della violenza nelle relazioni umane, non più operare per rendere la società sicura, ma controllarla con la forza, reprimerla. Armare i cittadini, sostiene Massimo Pavarini, docente di Diritto penitenziario all'università di Bologna, vuol dire sentenziare la fine della cultura dell'inclusione sociale e del modello rieducativo della pena, a favore dell'emarginazione dell'altro.
A partire dagli anni settanta, quando negli Usa un mediocre attore divenne presidente, lanciando la moda tutt'ora perdurante della politica-spettacolo, lo Stato sociale è stato smantellato progressivamente e con esso l'idea che la forma migliore di governo sia quello della risoluzione dei conflitti.
L'idea che lo stato sociale fosse diventato il paradiso dei fannulloni e degli scrocconi ha portato al sopravvento della cultura neoliberista con le sue tendenze alla privatizzazione di tutto, compreso la sicurezza. Assurdamente la sicurezza è così diventata un vero e proprio diritto piuttosto ché una ricaduta benefica dell'attuazione dei diritti di tutti, compreso i più deboli.
Ma nell'era del post welfare la sicurezza da bene pubblico, di competenza dello Stato, diventa un bene privato. Ed è ovvio che un bene privato lo si acquista al mercato. Chi ha più soldi avrà più sicurezza, chi ha più “peso” politico avrà più sicurezza.
Con le ridotte risorse di una Stato minimo è evidente che dare più sicurezza ad un quartiere vuol dire minore sicurezza nel territorio limitrofo. Ed è ovvio che i più ricchi avranno più polizia, più sorveglianza, più telecamere, più sicurezza. Oggi un immobile vale di più se è più sicuro, non se è in una zona con più verde.
Da qui nasce la cultura dell'esclusione che va a dividere le città in quartieri sicuri e quartieri insicuri, popolari, quella cultura che viene alimentata a livello politico gettando benzina sul fuoco dell'immigrazione, della xenofobia e del razzismo. L'immigrato fa comodo quando guarda i nostri vecchi mentre andiamo in vacanza, quando fa i lavori a 5 euro l'ora, ma poi guai a chiedere diritti pari ai nostri. È la stessa cultura che ha portato all'esplosione delle proteste nelle banlieue francesi e in Inghilterra, da parte dei figli degli immigrati.
A ciò fa eco la realtà di tutti i giorni con i frequenti morti tra chi si è fatto convincere che basta farsi trovare armati per difendersi, perdendo tragicamente la vita nel reagire ad una rapina. E l'esaltazione cinica di coloro che inneggiano a chi reagisce, come fossero eroi da portare in trionfo. Ma quanti morti a fronte di uno sparuto gruppo di eroi che sono sopravvissuti ad una rapina armata? E a quali costi?
E dopo? Cosa accade dopo aver ucciso il ladro o dopo che è morto chi ha provato a reagire?
«Hai sparato per 5mila euro. Ora te li porterai sulla coscienza». Così la moglie di uno dei banditi uccisi si è rivolta nei confronti del commerciante che ha sparato dopo il tentativo di rapina.
La cultura della reazione porta inevitabilmente ad alimentare i conflitti sociali, le occasioni di sangue e di vendetta.
«So bene cosa vuol dire uccidere. Ho ancora in testa gli occhi sbarrati di uno degli uomini a cui ho stroncato l’esistenza. Ho sentito l’odore del suo sangue. Alla fine dei processi avrò anche avuto ragione, e la giustizia ha magnanimamente stabilito che non potevo fare diversamente, ma un pugno di gioielli non vale la vita di un essere umano come me» (Negoziante che ha reagito uccidendo i rapinatori).