Cina, “Arrestano persone senza alcun motivo”. Nuovi documenti confermano la repressione della minoranza uigura
4 min letturaA novembre avevamo riportato la notizia pubblicata dal New York Times dei "Xinjiang Papers": documenti governativi riservati, ottenuti da un whistleblower del Partito comunista cinese (Pcc), che mostravano "una visione interna senza precedenti della repressione" nello Xinjiang, regione cinese "dove le autorità negli ultimi tre anni hanno condotto nei campi di internamento e prigioni fino a un milione" di persone appartenenti alla minoranza musulmana. Pechino aveva sempre respinto le accuse e denunce di repressione nei confronti di questa popolazione, organizzando anche visite in questi campi descritti dallo Stato centrale come "centri di formazione" volontari, rieducativi e utilizzati per contrastare l'estremismo islamico, all'interno di una campagna con fini benevoli. Ma il contenuto di questi documenti pubblicati pochi mesi fa ha contraddetto queste dichiarazioni.
Ora, sulla vicenda, un nuovo documento riservato di 137 pagine, senza alcun timbro o sigillo ufficiale, è stato esaminato e il suo contenuto pubblicato da Deutsche Welle (dopo un lavoro svolto insieme alle emittenti tedesche NDR e WDR e al giornale Süddeutsche Zeitung), dalla BBC e altri media.
EXCLUSIVE: China is tracking every movement of its Uighur minority to find reasons to detain them, a leaked document DW obtained from a whistleblower shows.
People have been arrested for growing beards or having too many children: https://t.co/78F9XKpPUc#KarakaxList pic.twitter.com/gc3I8Ki0at
— DW News (@dwnews) February 17, 2020
Nelle sue pagine si leggono di nuove storie di repressione da parte delle autorità cinese nei confronti della minoranza musulmana: a maggio di tre anni fa, ad esempio, un uomo di religione musulmana appartenente all'etnia turcofona degli uiguri, è stato portato in un "campo di rieducazione" nella Regione nord-occidentale dello Xinjiang. Le ragioni del suo internamento forzato – ottenuto senza alcun processo – erano dovute al fatto che sua moglie aveva coperto il proprio viso con un velo e che la coppia aveva "troppi" figli rispetto a quanto previsto dalla legge. Un mese dopo, a giugno, la donna, accusata di partecipare a "un'attività religiosa illegale", è stata incarcerata.
Un caso, spiega DW, simile a quello di centinaia di altre persone finite nei campi dello Karakax, una provincia meridionale dello Xinjiang, tra il 2017 e il 2018.
Dal nuovo documento emergono anche ulteriori dettagli sui motivi connessi alla detenzione (come ad esempio anche il farsi crescere la barba, il digiunare o la richiesta di un passaporto) e su come le autorità cinesi stiano usando la sorveglianza ad alta tecnologia per tracciare le identità, i luoghi e le abitudini dei singoli musulmani uiguri.
The leaked document mentioned several re-education camps in Karakax, a county in Xinjiang. We located and verified two of them using satellite images and information from government documents. @bayer_julia talks about the verification process of one: https://t.co/HNJqMzgiFc
— DW News (@dwnews) February 17, 2020
L'analisi di queste nuove pagine mostra che nei confronti di questa minoranza musulmana vengono utilizzati rigorosi metodi di localizzazione e di arresto: dal riconoscimento facciale, effettuato con telecamere di sorveglianza ad alta tecnologia, all'uso di una rete di spie, di ripetute visite domestiche e di interrogatori collettivi per monitorare costantemente le singole famiglie uigure. Nei nuovi documenti, continua DW, vengono elencati i nomi completi, i numeri di identificazione e il comportamento sociale di oltre 1.800 familiari e amici legati alle 311 persone presenti in questi campi, mentre altre centinaia di nomi sono elencati in modo meno dettagliato. La possibilità poi di lasciare queste strutture dipenderebbe anche dalla condotta dei membri della propria famiglia.
Inoltre, in diversi casi sono stati trovati riferimenti a un sistema di lavoro forzato in fabbriche: "Uno di questi casi di internamento prolungato in una fabbrica riguarda un uomo arrestato nel maggio 2018 per aver contattato suo fratello, fuggito in Turchia. Secondo il documento, il detenuto "pone quindi un certo livello di pericolo per la società". La raccomandazione della "comunità" è che "rimanga in una fabbrica all'interno dei campi di rieducazione"". Nel complesso, spiega alla BBC Adrian Zenz, tra i massimi esperti mondiali delle politiche cinesi nello Xinjiang, si tratta di un sistema progettato non per coloro che hanno commesso un crimine, ma per un intero gruppo demografico considerato potenzialmente sospetto.
Inside the industrial park we found both a “re-education camp” and a detention centre. The latter has visible security features like watchtowers and wire fences. Both are surrounded by what are most likely factories and also a police station. #KarakaxList pic.twitter.com/QnpGqW8lbp
— Julia Bayer (@bayer_julia) February 17, 2020
Più del 60% delle persone all'interno dei campi tracciati dall'inchiesta di DW ha un'età compresa tra 20 e 40 anni. Secondo Rian Thum, esperto di politica cinese nei confronti degli uiguri presso l'Università di Nottingham, «ciò ha importanti implicazioni per la demografia e il tasso di natalità. Se prendi una parte – o addirittura la totalità – dei giovani di un villaggio, fondamentalmente interrompi» la crescita della comunità. Secondo diverse analisi il governo di Pechino punterebbe a sradicare gli uiguri e le altre minoranze musulmane presenti nello Xinjiang dalla propria religione e dal patrimonio culturale per assimilarli alla società cinese "tradizionale".
Nei nuovi documenti si legge, ad esempio, di un caso di un giovane arrestato perché non teneva aperto il suo ristorante durante il periodo di digiuno del Ramadan. L'uomo è stato poi rilasciato e posto sotto sorveglianza a casa. Secondo le autorità locali, si legge, attualmente "non prende parte ad attività religiose illegali" e partecipa attivamente al lavoro della comunità. Il suo "atteggiamento è cambiato considerevolmente" ed è "in grado di vedere i suoi errori e pentirsi sinceramente".
Dai primi leak pubblicati dal New York Times era emerso che nell'aprile del 2014 il presidente della Repubblica popolare cinese e capo del partito Xi Jinping, dopo che militanti uiguri avevano pugnalato più di 150 persone in una stazione ferroviaria, uccidendone decine, in una serie di discorsi privati a diversi funzionari aveva gettato le basi per un piano di repressione, chiedendo «lotta totale contro il terrorismo, l’infiltrazione e il separatismo» con gli «strumenti della dittatura» e «senza nessuna pietà» ed esortando a emulare aspetti della "guerra al terrorismo" da parte degli Stati Uniti d'America, dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001. Da allora, in base alle stime citate da DW almeno 1 milione dei circa 10 milioni di uiguri che vivono nello Xinjiang sono finiti in questi centri.
La Cina continua ad affermare che qualsiasi notizia su qualsiasi tipo di "campo di concentramento" per gli uiguri è "una notizia completamente falsa" progettata per danneggiare lo sviluppo dello Stato, negando qualsiasi forma di persecuzione nello Xinjiang.
Foto in anteprima via The Guardian