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Lavorare meno, lavorare meglio e vivere più felici

15 Agosto 2016 7 min lettura

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Lavorare meno, lavorare meglio e vivere più felici

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di Angelo Romano e Andrea Zitelli

Aggiornamento 9 gennaio 2017 > La Svezia è pronta a tornare sui propri passi e a rinunciare alle sei ore lavorative, come riportava Bloomberg (e in Italia, qualche giorno dopo, Repubblica) in un articolo dello scorso 3 gennaio?

Le cose non stanno propriamente in questo modo. Da febbraio 2015 fino a dicembre 2016, la Svartedalens, una casa di riposo di Göteborg, ha sperimentato la giornata lavorativa di 6 ore (in precedenza era di 8 ore) senza modifiche al salario, per verificare il suo impatto sulla cura dei pazienti e le condizioni lavorative del personale e la sua sostenibilità economica. La riduzione dell’orario di ciascun dipendente avrebbe consentito, infatti, di assumere altri 14 infermieri per la sola durata dell’esperimento in modo tale da poter continuare a garantire lo stesso livello di servizio. Si trattava del primo monitoraggio di una sperimentazione di questo tipo in Svezia negli ultimi dieci anni.

I risultati preliminari dello studio dicono che i benefici sono stati considerevoli: le sei ore lavorative hanno portato a un miglioramento delle condizioni lavorative e a una riduzione del 10% dei congedi per malattia. Questo ha significato per il datore di lavoro minori spese in coperture assicurative. La percezione delle condizioni di salute da parte dei pazienti è risultata migliorata del 50% rispetto a prima. Gli infermieri hanno dedicato più ore (del loro orario ridotto) in quelle che – scrive il Guardian – vengono classificate come “attività sociali” con i pazienti, come giochi o passeggiate all’aria aperta, molto utili per i pazienti con demenza.
Tuttavia, l’esperimento è risultato poco sostenibile dal punto di vista economico (soprattutto alla luce dell’ampliamento del personale), con un aumento dei costi del 22% (600mila euro).

«Resta ancora da vedere se i costi economici della riduzione dell'orario di lavoro supereranno i benefici. I risultati finali sono previsti per marzo. I costi di tutta la sperimentazione per le finanze statali sono stati in realtà la metà di quelle preventivate all’inizio», ha dichiarato al Guardian Daniel Bernmar, il leader del partito di sinistra nel consiglio comunale di Göteborg, responsabile dell’iniziativa. Bernmar ha negato che il progetto sia stato un fallimento e sia stato interrotto. Sin dall’inizio era previsto che si concludesse entro l’inizio del 2017 e non è mai stato pensato di renderlo permanente.

Per il momento non sono in programma leggi che stabiliscano giorni lavorativi di sei ore a livello nazionale, ha dichiarato sempre Bernmar su svt.se, però «questo esperimento potrebbe essere il primo passo verso una grande riforma che riduca l’orario di lavoro, coinvolgendo in un processo dal basso verso l’altro movimenti sindacali e datori di lavoro». Secondo il sindaco di Göteborg, Maria Ryden, rappresentante dei moderati, la riduzione dell’orario di lavoro non è la strada giusta da percorrere.

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Lavorare meno ore per una migliore qualità della vita dei dipendenti e poter assumere più persone. È la proposta del presidente della Telmex — la più grande agenzia di telefonia mobile latino-americana — Carlos Slim; è quanto sta sperimentando in Svezia, da 13 anni, la Toyota.

Carlo Slim — via Bloomberg
Carlo Slim — via Bloomberg

In Messico, scrive l’Independent, Slim, uno tra gli imprenditori più ricchi al mondo, ha proposto di introdurre una settimana lavorativa di tre giorni, controbilanciata, però, da un pensionamento ritardato, a 75 anni. Non è la prima volta che l’imprenditore parla di questa ipotesi. Già nel 2014, come raccontava all’epoca il Financial Times, Slim aveva presentato questo piano che avrebbe permesso di creare più posti di lavoro per i giovani e giovato dell’esperienza dei lavoratori più anziani, che sarebbero andati in pensione più tardi: “Grazie al progresso tecnologico le macchine possono lavorare per 24 ore al giorno, così le persone possono lavorare meno giorni alla settimana e più a lungo nella vita”.

Il 4 agosto scorso, in un’intervista a Patricia Laya, su Bloomberg Business Week, Slim è tornato a caldeggiare la sua idea, sostenendo che si tratta di una modalità di lavoro che, lasciando quattro giorni ‘liberi’ alla settimana, “incoraggerebbe molte attività economiche (oltre al turismo, l'intrattenimento, lo sport, la cultura e l'istruzione). Le persone possono utilizzare quei giorni in più per continuare ad imparare”. Tempo inoltre che, per il magnate, potrebbe essere impegnato anche in un altro lavoro: “uno dal lunedi al mercoledì e un altro da giovedi a sabato”.

Una proposta che non costituirebbe una novità nella storia del mercato del lavoro:

Prima si lavorava per 72 ore, sei giorni alla settimana. Poi si è arrivati a 60 ore. Il grande successo è stata la settimana lavorativa di 48 ore. Poi la settimana all’inglese, in cui lavori il sabato e riposi solo la domenica. Poi 40 ore. Invece di lavorare 5 giorni, per 35 ore, lavoriamo solo 3 giorni per far lavorare anche altre persone

Nella sua compagnia, Slim già da due anni offre ai dipendenti più preparati di andare in pensione più tardi e di lavorare meno giorni, accettata, stando a quanto sostiene l’imprenditore, da circa il 40% di loro”.

La città di Göteborg in Svezia — via The Independent
La città di Göteborg in Svezia — via The Independent

In Europa, a Göteborg, in Svezia, la Toyota ha introdotto 13 anni fa l’orario lavorativo giornaliero di 6 ore. Da allora, scrive Hazel Sheffield sull’Independent, i dipendenti sono più felici, la società ricorre meno al turn over e i profitti sono cresciuti.

Altre imprese svedesi stanno provando a seguire l’esempio della Toyota, come la Filimundus, compagnia sviluppatrice di app, con sede a Stoccolma, che l’anno scorso ha introdotto l’orario di sei ore.

“La giornata di lavoro di otto ore non era così efficace come si potrebbe pensare. Per restare concentrati avevamo bisogno di momenti di pausa. Contemporaneamente, avevamo difficoltà a gestire la nostra vita privata”, ha spiegato l’amministratore delegato della società Linus Feldt a Fast Company. L’obiettivo è lavorare meno ore, riducendo le distrazioni mentre si è in ufficio e dando più spazio poi al tempo da dedicare al di fuori del lavoro.

Feldt riferisce anche che col passaggio al nuovo orario la produttività è rimasta inalterata, mentre sono diminuiti i conflitti tra il personale perché i dipendenti sono tutti più riposati e felici di lavorare meno: “Ho l’impressione che lavorando meno ore sia più facile concentrarsi sul lavoro da fare e che poi ci sia ancora più energia quando si esce dall’ufficio. Vogliamo passare più tempo con le nostre famiglie, imparare cose nuove o fare più esercizio fisico”.

La casa di riposo che sta sperimentando la giornata lavorativa di 6 ore a settimana — via The Guardian
La casa di riposo che sta sperimentando la giornata lavorativa di 6 ore— via The Guardian

Oltre alle imprese, anche alcuni ospedali del paese hanno proposto il passaggio alle sei ore. Sempre a Göteborg, alla Sahlgrenska University, il reparto di chirurgia ha scelto questa opzione; mentre la Svartedalens, una casa di riposo, sta sperimentando fino alla fine del 2016 l’introduzione di una giornata lavorativa di 6 ore giornaliere senza modifiche al salario, per verificare se la possibilità di assumere più personale (14 infermieri) grazie alla riduzione dell’orario di ciascun dipendente porti degli effettivi miglioramenti alla cura dei pazienti e migliori il morale dei lavoratori.

Tuttavia, si legge sempre sull’Independent, l’introduzione delle sei ore lavorative potrebbe non essere così rivoluzionaria come sembra. Secondo il sito Indeed, il principale portale di offerte di lavoro in Svezia, il numero di annunci con “modalità di lavoro flessibili” è rimasto costante negli ultimi due anni, mentre è diminuito quello di chi cerca queste tipologie lavorative. “Gli svedesi — racconta Tana Sinclair, capo economista di Indeed — hanno già un buon equilibrio tra tempo libero e lavoro. Per questo motivo, se su internet può fare clamore la notizia delle giornate lavorative di sei ore, in Svezia l’impatto è basso”.

Solo l’1% degli svedesi, aggiunge il quotidiano britannico, lavora più di 50 ore a settimana, a differenza degli Stati Uniti, che registra una media dell’11%: questo significa che uno svedese lavora in un anno 144 ore in meno di uno statunitense.

via Internazionale
via Internazionale

Sugli effetti benefici dell’orario ridotto sui dipendenti finora non ci sono analisi scientifiche. Nell’ottobre 2015, The Lancet ha pubblicato una ricerca che ha analizzato i dati di 25 studi sulla salute di oltre 600 mila persone provenienti da Usa, Europa e Australia. Lo studio ha mostrato che chi ha lavorato 55 ore a settimana per almeno 8 anni ha avuto una percentuale maggiore di rischio di ictus (il 33%) e di malattie coronariche (13%) rispetto a chi ha lavorato 35/40 ore.

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Lo scorso aprile sono stati pubblicati, invece, i risultati di uno studio condotto da un istituto di economia applicata e ricerca sociale dell’Università di Melbourne, in Australia, che ha analizzato le abitudini di lavoro e i loro effetti sulle funzioni cognitive di circa 3000 uomini e 3500 donne, con un’età superiore ai 40 anni. Secondo lo studio, lavorare part-time mantiene il cervello stimolato ed evita stanchezza e stress: “il lavoro è, infatti, un’arma a doppio taglio, può stimolare l’attività cerebrale, ma allo stesso tempo, lunghi orari di lavoro e alcuni tipi di attività possono causare stanchezza e stress che potenzialmente danneggiano le funzioni cognitive”.

Come dice alla BBC Geraint Johnes, professore di Economia a Lancaster University Management School, “le funzioni cognitive migliorano con un lavoro di 25 ore a settimana, e poi calano con l’aumentare delle ore”. Il professore inoltre aggiunge che fino a 35 ore settimanali il declino non è rilevante, oltre le 40 ore invece il calo è molto più rapido.

Tuttavia, i risultati della ricerca riguardano solo gli over 40 e per questo motivo non possono essere generalizzati né, come scrive Luisa Dillner sul Guardian, è possibile valutare se ci sono variazioni a seconda della tipologia di lavoro.

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