Lammerda
2 min letturaVi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello della merda.
In una società che vive nel perenne spettacolo, dove tutto è streaming, immagine, social media, cornice, frame, narrazione, scoop, Grande Evento, timeline, esclusiva, all news, diretta, meme, non ci può essere spazio per l’osceno. L’osceno è ciò che deve restare oscuro: fuori scena, per l’appunto. E lo spettacolo viaggia troppo veloce per rallentare di fronte all’oscurità. Meglio spararle contro una luce e puntare in avanti il microfono. O filmare con l’iPhone.
Perché mai un simile mondo dovrebbe rinunciare alla merda, se può sistemarla comodamente nel palinsesto di rapporti mediati dalle immagini? Se i sentimenti possono farsi status, incarnarsi in immagine sullo schermo, perché reprimerli? Tecnologia è libertà!
Siamo oltre il Kitsch descritto da Kundera:
un mondo dove la merda è negata e dove tutti si comportano come se non esistesse. Questo ideale estetico si chiama Kitsch. [...] Il Kitsch elimina dal proprio campo visivo tutto ciò che nell'esistenza umana è essenzialmente inaccettabile.
Nella società dello spettacolo la merda torna ridanciana nel campo visivo, e pretende un posto di primo piano.
Poiché non esiste più osceno, non esiste nemmeno il sacro, e dunque la merda, impossibile a negarsi, non può nemmeno essere sublimata attraverso il rito. Può soltanto essere rappresentata.
Il Potere, costantemente bisognoso di esorcizzare la paura di morire, essendo la morte limite invalicabile dell’uomo, è terrorizzato dall’impossibilità di far sparire la merda. Di non poterla più controllare, come la morte. Non potendo esorcizzarla, la spettacolarizza: cerca di il monopolio di quell’impossibilità producendo icone che l’incarnino. Ne fa programmi trash, per abituare gradualmente il palato del pubblico a una realtà altrimenti orribile. Ne fa elemento base di feste a tema dove figuranti recitano il ruolo dell’operaio o della colf, si siedono su un cesso e fingono di evacuare. Così l’impossibilità di espellere la merda attraverso la rappresentazione è scaricata sulle classi inferiori, che vengono ridicolizzate al posto del Potere. Finta merda è servita a tavola: ciò che dovrebbe uscire dal corpo vi entra, e il momento conviviale rende meno terribile un mondo dominato dall'impossibile evacuazione. Mangiare finta merda in compagnia: come se si fosse ancora bambini seduti al buio a raccontare storie sull’Orco; quell’Orco che, da soli, si teme animati da antico terrore.
E la merda di quelle feste non viene espulsa: nemmeno lei è oscena. Diventa video, foto su quella festa, e articoli che commentano quelle foto e quei video. Diventa status furibondi, dichiarazioni di schifo, invocazioni di un Piazzale Loreto mai vissuto. Ma non diventa silenzio, sguardo posato altrove, non cerca di lottare contro la ripugnanza nella convinzione che bellezza coincida con verità. Nella pubblica indignazione si distruggono gli attori di quel particolare Potere, finché il Grande Impresario non licenzierà la compagnia, lasciando però immutato il copione.
Non siamo più in grado di espellere la nostra merda, e l’unica negazione rimasta è quella della catena che questa impossibilità forgia per noi.