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La sfida della comicità contemporanea ai tempi dei social network #copiaeincrozza

9 Febbraio 2012 5 min lettura

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La sfida della comicità contemporanea ai tempi dei social network #copiaeincrozza

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Dino Amenduni
@valigiablu - riproduzione consigliata

Ma Crozza ha copiato?

È la domanda che circola in Rete da ieri.

È partito l'hashtag #copiaeincrozza per segnalare che le battute del comico genovese durante il monologo iniziale della puntata di martedì di Ballarò erano già apparse su Twitter negli scorsi giorni. Anna Masera sul suo blog su La Stampa sostiene questa tesi, pur definendo l'hashtag 'imbarazzante': Crozza ha copiato, copiare è un arte.

C'è il soggetto, Crozza; c'è il verbo, copia. Manca il complemento: copia chi? Copia da chi? Esistono le prove dell'avvenuta copiatura? No.

Primo problema: Crozza è stato accusato di qualcosa di indimostrabile.

Secondo problema: la risposta dello stesso Crozza alle accuse mosse dagli utenti. Sostenere che non avere un profilo Twitter vuol dire non poter accedere a Twitter è ovviamente sbagliato: tutti possono leggere gli aggiornamenti resi pubblici dagli utenti.

Il comico insiste, e giustamente, anche su un altro punto: fa quel mestiere da trent'anni, la sua popolarità se l'è costruita nel tempo, se è arrivato a Ballarò non è certo merito di Twitter.

Ciro Pellegrino su Linkiesta indica le battute scritte su Twitter coincidenti con quelle utilizzate da Crozza. 'Le olimpiadi invernali di Roma', 'nevica ogni morte di papa', 'la notte bianca'.

Terzo problema: queste battute sono state scritte solo su Twitter? E solo da un utente? A quanti italiani saranno venuti in mente gli stessi giochi di parole, online come nelle piazze e nei bar?

E quindi è possibile sostenere che esistono proprietari di battute da cui Crozza avrebbe copiato? O più semplicemente Crozza ha avuto la stessa idea di altri italiani, come è sempre accaduto ai comici anche prima dell'avvento dei social media? Quante volte vi è capitato di sentire un comico in tv o a teatro e pensare "ma questa era venuta in mente anche a me!"?. In quei casi avete pensato che qualcuno vi rubasse i testi o vi leggesse nel pensiero? Probabilmente no.

La storia di Crozza, Twitter e Ballarò è molto interessante perché permette di riflettere a fondo sui meccanismi di funzionamento di Internet e dei social media. E, di conseguenza, sull'evoluzione del concetto di ironia, satira e comicità, un'evoluzione fortemente condizionata dalla diffusione di strumenti di comunicazione dialogici, come Facebook e Twitter. La transizione al cosiddetto 'Web 2.0', e le conseguenze sulla produzione di contenuti nel quotidiano, sono ben spiegate da due teorie economiche:

- teoria della coda lunga di Chris Anderson: la digitalizzazione dei beni immateriali, quelli che non hanno necessariamente bisogno di una componente fisica per essere comprati, venduti, scambiati e condivisi, ha abbattuto la barriera classica tra chi produce prodotti e servizi e chi li fruisce. Siamo tutti 'prosumer', potenzialmente produttori e consumatori insieme. Vale per i beni commerciali come per le battute. Ognuno di noi può, ad esempio, guardare e caricare un video su Youtube. O può leggere e scrivere freddure.

- teoria della saggezza della folla di James Suriowiecki: in determinate condizioni empiriche, una variabile è misurata meglio da una massa di utenti inesperti. Immaginate di dover stimare il numero di caramelle presenti in un barattolo. Chiedete una valutazione 'a occhio' a 100 passanti, poi chiedete la stessa valutazione a cinque 'addetti ai lavori': la media delle valutazioni dei 100 passanti, secondo questa teoria e moltissime prove riportate dallo stesso Suriowiecki, sarà sempre più precisa rispetto alla media delle valutazioni dei cinque esperti. La saggezza della folla applicata all'umorismo potrebbe funzionare così: la somma dei migliori aggiornamenti di stato comici prodotti da 100 utenti 'non comici' potrebbe far ridere più della somma di 20 aggiornamenti a testa prodotti dai cinque migliori comici italiani.

In sintesi:

- gli aggiornamenti di Twitter sono pubblici e in quanto tali sono pubblicabili, ripubblicabili, condivisibili e utilizzabili da terzi. Chi non gradisce la condivisione di quei contenuti, anche a fini commerciali, semplicemente non li deve scrivere online o deve proteggerli con enormi restrizioni della privacy (che comunque non impediscono all'amico dell'utente che legge un contenuto di farne ciò che crede);

- se Crozza avesse copiato, dunque, non ha fatto niente di illecito. In ogni caso non è dimostrabile. Se avesse letto una battuta su Twitter e l'avesse utilizzata integralmente, sarebbe stato bello se avesse citato la fonte originale. Ma la citazione della fonte sarebbe stata comunque oggetto di critiche perché una battuta, specie se 'popolare' come quelle citate dal comico durante Ballarò, è patrimonio condiviso: chi stabilisce l'origine di una battuta? E se l'utente citato dal comico avesse a sua volta copiato da qualcun altro?

- se Crozza non avesse copiato, come personalmente credo, si apre lo scenario a mio avviso più interessante. I comici e i loro autori devono accettare l'idea di dover competere contro un ecosistema atomizzato che è in grado di produrre contenuti migliori rispetti a quelli prodotti dai professionisti (saggezza della folla). E quindi devono accettare l'idea di aver definitivamente perso il monopolio della comicità: se prima solo i comici potevano far ridere e potevano farlo attraverso i mezzi tradizionali, il cinema, i libri e gli spettacoli teatrali, oggi tutti possono far ridere in qualsiasi momento e da qualsiasi piattaforma (coda lunga). Con un effetto collaterale da non sottovalutare: con l'avvento di tutta questa comicità diffusa, istantanea e di qualità, può accadere che ciò che prima ci faceva ridere (in assenza di alternative), oggi ci fa ridere meno.

La sfida della comicità contemporanea non è tanto e solo ai comici puri, specie se interpretano o imitano (come Crozza), quanto piuttosto agli autori: come si fa a far ridere più della Rete, oggi che la competizione sembra essere impari e a tutto vantaggio della saggezza della folla?

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Esistono, e sono auspicabili, forme di collaborazione tra addetti ai lavori professionisti e amatori della risata? Se sì, può esistere un modello economico che permetta ai professionisti di pagare gli amatori più bravi, sempre che sia sostenibile una forma di micropagamento 'a battuta'?

Piuttosto che chiedermi se Crozza ha copiato, io mi pongo questi interrogativi. Mi divertono di più.

P.S. Sarà che i comici in tv hanno lo stesso problema del 'popolo dei giornalisti di carta stampata'? Arrivano tardi quando la risata ormai già ce la siamo fatta :D

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