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La sanità greca sta morendo, ma per il governo va tutto bene

16 Settembre 2013 6 min lettura

La sanità greca sta morendo, ma per il governo va tutto bene

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Qualche giorno fa, fuori dai cancelli della Fiera Internazionale di Salonicco, un uomo di mezza età si è avvicinato all’attuale ministro della sanità greca Adonis Georgiades – un politico con un passato di estremista di destra nel LAOS nonché di tele-propagandista di testi razzisti e antisemiti - e si è rivolto a lui con queste parole: «Non mi suiciderò. Non sono pazzo. Piuttosto farò fuori uno di voi». L’uomo aveva usato i suoi risparmi per comprare titoli di Stato greci e li aveva persi tutti dopo l’haircut del 2012. Georgiades si è fermato e ha cercato di rassicurare l’uomo: «Si calmi. Torni alla realtà. I problemi non si risolvono in un giorno».

Di quale «realtà» sta parlando Georgiades?

È chiaro, infatti, che in Grecia esistono due realtà parallele e inconciliabili. C’è la realtà del primo ministro Antonis Samaras e dei suoi accoliti, che da mesi ripetono instancabili che il peggio è passato e che il Paese sta tornando sulla retta via. Il 13 giugno 2013 il premier greco ha dichiarato a Helsinki che «nessuno parla di un’uscita della Grecia dalla zona euro, bensì di recupero della Grecia. Di un Grecovery invece che di una Grexit, potremmo dire».

Lo scorso sabato, in una Salonicco blindata da 4.500 poliziotti in tenuta antisommossa, Samaras ha ulteriormente ribadito il concetto: «La Grecia ha voltato pagina». Il primo ministro ha citato inoltre i dati dell’istituto di statistica nazionale, che ha registrato una flessione dell’economia del 3.8% invece del pronosticato 4.6%, ha affermato che una «crescita» a livello pre-crisi tornerà intorno al 2020 ha promesso che non ci saranno ulteriori misure d’austerità (cosa ovviamente non vera). Insomma, per il governo la Grecia è diventata una vera e propria «success story» da sbandierare a livello internazionale. Un successo talmente palese che avrà bisogno, molto probabilmente, di un altro bailout da 10 miliardi di euro.

L’altra realtà, quella che vivono quotidianamente milioni di greci, ispira molta meno fiducia. Intervistata da El Pais, una grafica freelance di 36 anni ha evidenziato la distanza abissale che separa le due realtà del Paese: «Che cosa cambia se affermano che le cose volgono al meglio? Il mio portafoglio è vuoto oggi come sei mesi fa». Recentemente l’ELSTAT ha registrato che il tasso di disoccupazione generale è salito fino al 27,9% (giugno 2013); al 58,8% nella fascia d’età tra i 15-24; e al 37.4% tra i 25 e i 34 anni. In totale, ci sono 1.403.698 persone senza lavoro – e senza la speranza di trovarne uno a breve. Prima dell’inizio della crisi, e dei Memorandum stipulati con la Troika, la disoccupazione era sotto il 10%. Sempre l’ELSTAT, in alcuni rapporti pubblicati poco tempo fa, ha dichiarato che nel 2011 i suicidi sono aumentati del 26,5% rispetto al 2010 e del 43% rispetto al 2007.  Klimata, ONG che si occupa di prevenzione di suicidi e gestisce un numero verde attivo 24 ore su 24, ha tuttavia detto che il numero effettivo di suicidi è molto più alto di quello registrato dalle statistiche ufficiali.

A ciò si aggiungono anche i devastanti effetti dei tagli selvaggi alla sanità, che sono probabilmente il portato più crudele e disumano dell’austerità. Mentre medici e personale sanitario lamentano di continuo gravi carenze di personale, il ministro Georgiades intende andare avanti con il piano di riallocazione di 1.641 impiegati in strutture sanitarie presso altri settori pubblici. I pazienti, ovviamente, sono le prime vittime di queste carenze.

L’11 settembre un uomo di 70 anni di Amaliada (cittadina del Pelopenneso) è stato colpito da un aneurisma all’aorta addominale. Inizialmente l’uomo è stato trasportato d’urgenza all’ospedale di Rio (vicino Patrasso), che dista circa 80 chilometri dalla città. Una volta giunto all’ospedale, i medici non hanno però potuto intervenire a causa di mancanza di sale operatorie libere e carenza di staff. L’uomo è stato così rimesso sull’ambulanza per andare ad Atene, ma non è riuscito a sopravvivere al viaggio di oltre 200 chilometri.

Il giorno prima un piccolo imprenditore nell'isola di Symi, a seguito di una visita degli ispettori del fisco, non si è sentito molto bene. L'uomo si è così recato al pronto soccorso, ma l'ha trovato chiuso: il direttore della struttura aveva da poco rassegnato le dimissioni, e gli unici due medici disponibili non possono garantire la presenza per 24 ore consecutive. Il piccolo imprenditore ha accusato un malore e si è accasciato proprio di fronte all'ingresso. Per una fortuita coincidenza, tuttavia, il direttore dimissionario stava passando davanti al pronto soccorso. Vedendo le condizioni dell'uomo, il medico ha immediatamente chiamato un elicottero e il piccolo impreditore è stato trasportato nell'isola di Rodi. L'episodio ha destato scalpore tra la popolazione, e il sindaco di Symi si è pubblicamente lamentato in una radio locale: «Mentre i cittadini di Symi rispettano tutti i loro obblighi nei confronti dello Stato, lo Stato non fa altrettanto».

La situazione negli ospedali pubblici greci non è rosea nemmeno per chi riesce a entrarci. In alcune strutture, infatti, i pazienti sono costretti a fare la fila tra le 4 e le 6 di mattina per prendere il numero ed essere visitati dai medici. Per ottenere un appuntamento con un dottore del fondo assicurativo IKA (il maggiore fondo greco) i tempi d’attesi sono di 6 settimane (prima dei Memorandum erano di 4 settimane). Se il medico non è disponibile il giorno dell’appuntamento, inoltre, non c’è nessun collega a sostituirlo: il paziente deve fissare un altro appuntamento e aspettare ancora.

Recentemente Apostolos Armaganidis, presidente della Società Ellenica di Medicina di Terapia Intensiva ha denunciato alla stampa l’eliminazione di oltre 200 posti letto nei reparti di terapia intensiva e ha dichiarato che nell’ospedale ateniese di Attikon (inaugurato appena 10 anni fa) sono «utilizzati solo 13 dei 27 letti per rianimazione disponibili, a fronte delle decine di pazienti che ne avrebbero bisogno per sopravvivere». E mentre la media europea di letti per la terapia intensiva è di 12 per ogni 100mila abitanti, in Grecia è la metà: 6 letti per 100mila abitanti.

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I tagli del personale sanitario hanno gravi ripercussioni anche sul rischio di infezioni negli ospedali: ogni anno infatti, circa 82mila pazienti contraggono infezioni che senza adeguate cure possono risultare mortali.

E non è tutto. Qualche mese fa il Guardian aveva riportato la notizia di una grossa carenza di medicinali in Grecia, dando voce ai farmacisti di Atene che raccontavano di «clienti disperati [che] vanno da una farmacia all’altra, chiedendo le medicine che gli ospedali si rifiutano di consegnare». Per cercare di arginare il problema, il governo greco ha puntato sui farmaci generici per ridurre le spesa farmaceutica. Il piano, tuttavia, non ha funzionato bene: l’uso di tali farmaci è arrivato solo al 23%, molto lontano dall’obiettivo del 60% fissato dalla Troika per la fine del 2013. Kyriakos Theodosiadis, presidente dell’Associazione dei farmacisti greci, ha spiegato le ragioni di questo parziale fallimento al quotidiano Kathimerini: «Il concetto che i cittadini devono consumare i farmaci generici si è voluto imporre quasi con violenza in questo Paese, dando così l’impressione generalizzata che si tratti di medicine di seconda scelta». Il quotidiano Eleftherotypia ha inoltre scoperto che i farmaci generici venduti in Grecia possono arrivare a costare anche l’880% in più rispetto allo stesso tipo di farmaci venduti in Svezia.

Insomma, come dice il ministro della Sanità Georgiades, «i problemi non si risolvono in un giorno». Ma è anche vero che quelli che devono «tornare alla realtà» non sono i cittadini strangolati dalle misure d’austerità e ormai troppo impegnati nella sopravvivenza quotidiana per permettersi il lusso di protestare.

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