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La nostra risata ci seppellirà

11 Febbraio 2013 2 min lettura

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Come ricorda quest’articolo de Linkiesta, Ratzinger è il settimo Papa nella storia a dimettersi. L’ultimo è stato Gregorio XII, nel 1415: circa sei secoli fa. Dato che l’uomo contemporaneo è un po’ scarso in memoria storica, è come se fosse la prima volta che accade un evento simile. È come se fosse avvenuto l’impensabile per eccellenza. Come il Re ghigliottinato; come se Gesù fosse sceso dalla croce dicendo «no, scusate, non ce la faccio più». È il fiume della Storia che, mutevole e imprevedibile nel corso, passa di fronte ai nostri occhi, bagnando alcuni. Non è qualcosa che si può elaborare in pochi secondi o minuti, insomma, come l’amico che telefona per dire «oh, scusa, stasera non posso venire, non ce la faccio». È qualcosa che, al di là del fatto in sé, si imprime sull’immaginario collettivo aprendo uno squarcio bello grosso.

Invece è tutto l’ennesimo perpetuo proliferare di battute, lazzi, scherzi, motti di spirito freudiani e satira spinoziana, in attesa del consueto sermone odifreddiano che ci dica «embè?». E mi chiedo: ma su cosa si fanno esattamente queste battute? Sulle dimissioni? Ma se sono appena avvenute, se ancora non sono perfettamente chiari i motivi, i retroscena (perché altrimenti non saremmo stati colti di sorpresa, no?), su cosa si fanno le battute? È un meccanismo che agisce spesso, non solo in questo caso: appena c’è una notizia, la grandinata di battute arriva prima del fact checking sugli eventuali errori dei giornalisti. Mi pare una meccanizzazione della risata, un rintanarci sghignazzanti nei nostri cantucci perché terrorizzati dagli spruzzi che il fiume della Storia, quando scorre impetuoso, manda verso di noi.

Ma questo umorismo meccanico scatta anche quando muore qualcuno di importante: se era un persona molto anziana il frame d’ufficio vede ormai #Andreotti nei Trending Topic. Quando cioè muore qualcuno che nel fiume della Storia si era immerso con le gambe, o persino per intero. Ma accade – è un test facile da fare, fateci caso alla prossima notizia di cronaca nera - per fatti cruenti, come omicidi  o stupri. Non si è ancora in grado di rispondere alla domanda “che cosa è successo?” che già ci si scherza sopra. Come se queste battute non avvenissero tanto in reazione agli eventi, che ancora non conosciamo per davvero, ma avvenissero in reazione a un possibile moto di pietas; colmando così un silenzio che, in un’epoca di ipercomunicazione, è quasi una blasfemia. E allora sospetto che, a forza di stare rintanati in quel cantuccio, per paura o difficoltà oggettive, quella risata sghignazzante non sia altro che il suono prodotto dalla solitudine, come per un ingranaggio che gira per inerzia in attesa che la ruggine se lo mangi.

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