La fiducia e i radicali. Ecco com’è andata
4 min letturaLa notizia è che Berlusconi perde 4 deputati della maggioranza e scende a quota 316 cosa che gli renderà ancora più impossibile governare fuori dai voti di fiducia.
Siccome però noi siamo la reincarnazione di Tafazzi il punto centrale del nostro dibattito (si fa per dire) è l'ennesima querelle con i radicali. Bene allora le cose stanno così: tutti noi sapevamo che l'impresa di far mancare il numero legale era un'impresa quasi impossibile.
Occorreva che al netto di tutte le defezioni dichiarate nella maggioranza, altri tre deputati non votassero la fiducia. Tutti sapevamo che gli unici tre che avrebbero potuto farlo (perché in numerose sedi avevano manifestato tale dubbio) erano Milo, Pisacane e Sardelli. Occorreva che tutti e tre non votassero la fiducia (non uno o due, ma tutti e tre). La sorte ha voluto che fosse sorteggiata per la chiama la lettera "S". Quindi dopo pochi minuti il primo ad essere chiamato è stato Sardelli che non ha votato. Ho sperato davvero che tra i tre ci fosse un accordo ed ho atteso il momento di Milo. Purtroppo Milo alla chiamata ha risposto votando "Sì". A quel punto a tutti coloro che conoscevano la situazione è stato chiaro che la partita era chiusa.
La chiama è andata avanti e, a pochi voti dalla fine della prima chiama, sono arrivati i radicali e poi le minoranze linguistiche che hanno votato no. Dopo il voto del primo radicale (Beltrandi) ci sono stati 17 deputati della maggioranza che hanno votato "Sì". Erano tutti deputati che certamente avrebbero votato sì, tra cui molti membri del governo.
Alla fine della prima chiama, sono entrato in Aula mi sono recato dagli uffici della Presidenza (che sono, ovviamente, neutri e che non contano a mano ma leggono il risultato elettronico i quali mi hanno comunicato l'esito del voto al termine della prima chiama: 322 votanti. 315 "sì" e 7 "no" (5 radicali e 2 minoranze linguistiche). Questo vuol dire che al termine della prima chiama la maggioranza aveva ottenuto il numero legale da sola a prescindere da coloro che avevano votato "no".
Nella seconda chiama un solo deputato si aggiunge a quelli che avevano votato nella prima chiama: Pisacane (irrilevante ai fini del numero legale) e così la maggioranza sale a 316. Questi sono i numeri ed i fatti veri, ufficiali.
Conosco i radicali. So perfettamente che se si riuniscono per decidere su una questione di tale importanza lo fanno ben consapevoli di cosa potrebbe comportare il loro voto, quindi sono certo che avrebbero votato (magari non tutti convinti) anche se invece fosse stato chiaro che il loro voto sarebbe stato determinante. Ritengo questa scelta come quella sulla fiducia a Romano una cazzata assoluta ma in questa come nell'altra occasione è evidente che la cazzata non è stata in alcun modo decisiva.
Aggiungo che ho trascorso (e non da solo) circa trenta ore (notte compresa) a organizzare tutto fin nei minimi dettagli per garantire una possibile vittoria e che questa decisione dei radicali ha reso la circonferenza delle mie palle ben più ampia dell'asteroide che doveva colpire la terra. Ma facciamo tutti politica (o almeno così dovrebbe essere...) ed abbiamo il dovere di guardare i fatti.
I fatti dicono in modo incontrovertibile che la scelta dei radicali è stata del tutto ininfluente. Alla luce di questo avrei sperato in un coro di dichiarazioni che mettessero in risalto l'ulteriore indebolimento di Berlusconi. Ed invece no. È partita, guidata dalla solita Bindi la caccia al radicale (chissà se dopo questa nota non toccherà anche a me da parte del Presidente del Partito...).
La delegazione radicale (che è tale per accordo convenuto ad inizio legislatura con i vertici del Partito e che quindi si presuppone abbia già in origine un suo livello di autonomia) si è autosospesa dal gruppo (aggiungendo un ulteriore grado di autonomia nelle scelte) in attesa di un chiarimento politico con i vertici del PD. Questo chiarimento non c'è mai stato.
Come ricorderete subito dopo il caso Romano, dopo un incontro con la Presidenza del Gruppo, sia i radicali sia Franceschini avevano ritenuto indispensabile che maturasse, attraverso un incontro con i vertici del PD, tale chiarimento politico. Questo non è mai accaduto. Se questo impegno assunto con loro vi fosse stato forse, ripeto forse, oggi le cose sarebbero andate diversamente. Invece siamo qui di nuovo ad ascoltare il moltiplicarsi di labbra che pronunciano la parola "espulsione".
No chi pensa di risolvere i problemi politici con le scorciatoie regolamentari e con le punizioni esemplari non solo non troverà mai il mio consenso ma dimostra pochezza in termini di lungimiranza politica e mette a serio rischio il disegno originario del PD. Ho detto questo quando la questione riguardava una delle persone più lontane dalle mie idee politiche, come la Binetti, lo ribadisco a maggior ragione in questa occasione. Oggi sono i radicali e con lo stesso sistema domani potrebbe essere il dissidente Follini, il rottamatore Renzi, il conservatore Ichino e magari anche molto più modestamente il sottoscritto...
Abbiamo iniziato la legislatura che eravamo più di 220, oggi siamo 205. Mi torna in mente quella filastrocca che fa: se prima eravamo in dieci a cantare mapin mapon ora sono rimasto solo a cantare mapin mapon.... Spero che la notte porti un generale rinsavimento! Sono stanco... Me ne vado a letto e.... "l'ultimo chiuda la porta!"
Roberto Giachetti - Deputato e Segretario d'Aula Gruppo PD
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