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La battaglia dei cuscini

3 Dicembre 2011 2 min lettura

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La battaglia dei cuscini

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Dumbo il braccione è una sorta di appendice al momento inutile e molto molto pesante, che mi impedisce i movimenti e soprattutto trasforma in una missione impossibile il sistemarmi nel letto. E se considerate che se non sto semiseduta non respiro bene e che i cuscini dell’ospedale sono strumenti di tortura legalizzati, potete immaginare la fatica che faccio a trovare la posizione perfetta per dormire.
Così, una volta azzeccata, dopo mille mosse e con l’aiuto dei miei assistenti personali (figlia, mamma, zia…), nonché il fondamentale supporto della capra (no, non l’ovino belante e puzzolente, bensì quel triangolo di metallo sospeso sulla mia testa), guai a chi tenta di muovermi.
Problema.
Una volta addormentata, pare che la mia testolina penda pericolosamente sul lato destro, solo che cadendo io in una specie di trance, non me ne accorgo e chi mi assiste teme che stia scomodissima. E ciò suscita parecchia preoccupazione. Così mentre sono sveglia, è tutto un chiedere “ma stai comoda?” “comodissima perché?” “è che stai tutta storta” “io sto benissimo” “vuoi un altro cuscino?” “non importa va bene così” “ma sei sicura?” (e qui la mia voce, per quanto scarsa, comincia ad inacidirsi) “se ho detto che sto bene così sto bene così, uffa, e adesso lasciami dormire”.

Generalmente il colloquio in questione avviene tra me e mia mamma, fantastica donna ma apprensiva in maniera imbarazzante.

A ciò poi aggiungete che osserva ogni mio movimento, mi saltella attorno senza posa, chiacchierando in continuazione in preda alla peggiore logorrea.

Intanto la faccenda dei cuscini sta diventando ridicola.

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Il colmo è stato raggiunto una notte. Io me ne stavo tranquilla a dormire, la stanza era silenziosa, il corridoio una tomba, quando un lieve rumore mi fa aprire gli occhi, e che vedo? Un’ombra minacciosa che mi si avvicina brandendo un cuscino. Ora, cos’avrei dovuto pensare? Un killer che si aggira per l’ospedale tentando di soffocarmi? No, era la mia angelica mammina, che cercava di sistemarmi la testa a mia insaputa.

Così, con voce bassa e digrignando i denti, sono sbottata. “Non. Ci . Pensare. Nemmeno”. La pseudo killer ha sussultato nascondendo il cuscino e ha borbottato qualcosa in merito alle figlie ingrate che non capiscono eccetera eccetera.

Però ha funzionato, almeno per un po’, e per qualche giorno cuscini e affini sono scomparsi dagli argomenti di conversazione.

Per un po’…
Lia Bencivenni
@valigiablu - riproduzione consigliata

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