Cosa sappiamo su Jonathan Galindo e la sua presunta sfida online
11 min letturaLo scorso 30 settembre i principali giornali italiani hanno riportato la tragica notizia di un ragazzino di 11 anni che si è tolto la vita. Lo sgomento ha spinto a cercare immediate spiegazioni che sono state rintracciate in un messaggio lasciato dal bambino alla famiglia. Si sono moltiplicate le ricostruzioni e le interviste a genitori e ragazzi, in qualche caso suggestive, che hanno portato a identificare in Jonathan Galindo l'arbitro di un gioco mortale online.
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Secondo le agenzie, la Procura di Napoli avrebbe aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e tablet, cellulari e PlayStation sarebbero stati sequestrati dalla Polizia Postale per essere esaminati. Tuttavia, trattandosi di un argomento molto delicato, la polizia non ha diramato nessun comunicato ufficiale, per cui i dettagli pubblicati dai giornali arrivano da fonti riservate dei cronisti.
È così che sui media comincia a circolare il nome di Galindo. Questo personaggio, rappresentato dall’immagine di un cane antropomorfo (una specie di Pippo della Disney, dal sorriso sinistro), secondo le ricostruzioni dei giornalisti, sarebbe collegato a una “challenge” che avrebbe spinto il ragazzino al suicidio.
Su Facebook, Twitter, Instagram, TikTok esistono molti profili che fanno riferimento a Jonathan Galindo, così come circolano numerosi screenshot di presunte conversazioni in chat, postate dagli utenti, che mostrano il modus operandi della challenge online: queste persone dicono di essere state contattate da un profilo con l’immagine di Galindo. L’esordio sarebbe quasi sempre lo stesso: “Vuoi fare un gioco?”
La storia di Jonathan Galindo: il volto, il nome e la leggenda metropolitana
Il volto di Jonathan Galindo è una delle tante maschere realizzate da Sammy Catnipik, da alcune fonti accreditato come Samuel Canini. Come ha riferito il diretto interessato a Valigia Blu, sia Sammy Catnipik sia Samuel Canini sono pseudonimi, di cui il secondo rappresenta una versione più formale, utilizzata dal 45enne su Instagram e nei crediti di alcuni film ai quali ha partecipato come attore o produttore. Samuel si descrive come ideatore di personaggi fantastici, esperto di effetti speciali analogici (maschere, in particolare) e performer, molto noto in alcune nicchie di Internet, con l'ulteriore soprannome di Dusky Sam. Attivissimo online, ha pubblicizzato le sue creazioni su forum e social network, tra cui Instagram e Twitter.
Un aspetto della personalità virtuale di Dusky Sam, indispensabile a spiegare la fama accumulata suo malgrado tramite i meccanismi virali di Internet, è l’appartenenza alla sottocultura furry. Secondo la definizione di Fur Science, il portale curato da un gruppo di ricercatori interessati ai riti della community, i furry sarebbero “appassionati, artisti, scrittori, videogiocatori e partecipanti a giochi di ruolo” che interagiscono tra loro interpretando personaggi in parte animali, chiamati “fursona”. Alcuni furry “indossano elaborati costumi o accessori”, come orecchie finte o code, tramite i quali manifestano un profondo legame con il regno animale.
Con i suoi profili su Fur Affinity e Weasyl, Samuel appare come uno dei più entusiasti animatori della comunità di cosplayer antropomorfi, ma le sue invenzioni non trovano una precisa collocazione nell’immaginario patinato dei furry. Piuttosto, sono manifestazioni di un’estetica grottesca che accomuna tutte le maschere create e indossate da Dusky Sam. La più famosa, Larry LeGeuff, è un Pippo della Disney dai tratti più “umani”, ambigui e sordidi, riproposto da Samuel sui social tra il 2011 e il 2014. Sarà proprio Larry a diventare il volto sinistro di Jonathan Galindo.
Il creatore della maschera, però, non ha nulla a che fare con l’esplosione del macabro meme e, nonostante sembrasse inizialmente divertito dalla seconda vita di Larry LeGeuff, ha poi preso le distanze quando l’immagine ha iniziato a essere associata alle molestie online.
“Quando nacque Galindo non ne fui felice”, racconta a Valigia Blu, riferendosi alla prima ondata di notorietà del 2016-2017. “Tuttavia ho lasciato perdere, ma quest’anno è stata tutta un’altra storia a causa dello spavento provocato dalla Blue Whale, motivo per cui ho postato una dichiarazione su Twitter denunciando chi utilizzava la mia immagine”.
“Fino a ora non avevo mai sentito parlare di nessuna morte dovuta al ‘gioco’”, dichiara commentando il presunto legame tra l’undicenne morto a Napoli e la sfida online. “Tutto quello che posso fare – conclude – è rispondere alle domande ed essere aperto e sincero”.
Tramite Google Trends si può osservare come l’interesse per la chiave di ricerca “Jonathan Galindo” cominci a crescere nel maggio 2020, per poi esplodere nel mese di luglio. Ma le prime menzioni su Google Trends sono situate tra l’8 e il 14 gennaio 2017, con epicentro in America Latina. Nonostante le dimensioni ridotte rispetto ai picchi del 2020, la curva di tre anni fa non è trascurabile, perché ci consente di individuare la prima volta in cui l’associazione tra la maschera di Larry LeGeuff e il nome di Jonathan Galindo ha raggiunto un gran numero di utenti.
Secondo Samuel Catnipik, “le immagini di Larry LeGeuff erano già state utilizzate, anni prima di Galindo, come materiale per la creazione di raccapriccianti meme su Reddit e su 4Chan”. Concorde con Samuel Catnipik, il collettivo The Mystery Machine, un gruppo di gamer che ha indagato sul fenomeno Jonathan Galindo a partire da quest’estate, sostiene che le prime fotografie del cane antropomorfo circolavano su alcuni canali di 4Chan dedicati al paranormale e a discussioni casuali.
Il giorno 8 gennaio 2017, l’utente @lorenaesmerald8 twitta (in spagnolo): “Non cercate Jhonatan Galindo, ne sarete traumatizzati”. È il primo di una numerosa serie di cinguettii dall’America Latina riguardanti un profilo Facebook con molte fotografie di Samuel Catnipik nei panni di Larry LeGeuff.
Il nome associato all’account, però, non ha nulla a che fare con il creatore di maschere, che infatti ha sempre negato ogni legame. È presumibilmente in questo momento che nasce lo pseudonimo di Jhonatan Galindo (scritto con la acca tra la i lunga iniziale e la vocale o). Oggi non è possibile risalire al celebre profilo Facebook, che è stato eliminato, ma è possibile osservarlo indirettamente in una video-reaction caricata su YouTube da ElReyDelRandom, già qualche ora dopo la cascata di tweet. Grazie a ElReyDelRandom, il fenomeno Jhonatan Galindo arriva sulla piattaforma di video-streaming. Da lì ai media messicani sensazionalistici il passo è breve.
Il 20 gennaio 2017, DrossRotzank, un celebre youtuber argentino specializzato in aneddoti sinistri e misteriosi, carica uno dei primi debunking dedicati a Jhonatan Galindo, nel quale collega il materiale fotografico ritrovato su Facebook alla produzione artigianale di Dusky Sam. DrossRotzank non ha bisogno di fare ricerche: in un video del 2016, dedicato a 7 inquietanti personalità di Internet, aveva già parlato di Sammy Catnipik. La clip non è più disponibile (sarebbe dovuta essere in questo link), ma ne resta traccia in alcuni tweet, e in un post di Samuel su Fur Affinity. Seppur grottesco, all’epoca Galindo non era associato a nessun tipo di molestia online.
Nell’estate del 2020, Galindo si conferma a tutti gli effetti un fenomeno creepypasta, cioè una leggenda metropolitana online a sfondo terrorifico, attraverso l’associazione a presunte challenge online che ricordano fenomeni analoghi come Momo, Samara e Blue Whale.
Non si sa chi siano i responsabili dell’ennesima reinvenzione del Pippo antropomorfo (conosciuto anche come "Cursed Goofy", letteralmente “Pippo Maledetto”), né si riesce a individuare il luogo virtuale dove questa trasformazione è avvenuta. Il sito Know Your Meme, un’enciclopedia online dedicata all’Internet culture, collega la seconda ondata a un profilo TikTok, presumibilmente creato alla fine del 2019.
Il 23 maggio 2020, su Twitter @UstedEstaAquiYT chiede come mai Galindo è di nuovo in tendenza: nel tweet il nome Jhonatan è scritto con la acca nella posizione sbagliata, il che fa pensare che lo youtuber facesse riferimento alla versione latinoamericana del pupazzo antropomorfo. Nella stessa settimana, Google Trends registra un aumento delle ricerche sul personaggio. Un recente articolo su Rolling Stone collega il ritorno di fiamma a un racconto in spagnolo comparso a maggio sul sito di auto-pubblicazione Wattpad e a un post su Facebook molto condiviso, dello stesso mese.
Questa estate, invece, l’epicentro è localizzato in Vietnam e in alcuni paesi balcanici.
Sembrerebbe che i picchi corrispondano ai momenti in cui lo “state in guardia” arriva a un pubblico non più giovane. Il 18 luglio 2020 la polizia albanese mette in allarme i genitori sul pericolo rappresentato da un pericoloso gioco online. Più o meno nello stesso periodo, con aggiornamenti che arrivano almeno fino al 24 luglio, i media nazionali e alcune associazioni albanesi a difesa dei bambini si interessano all’argomento, sia sui social, tramite post molto condivisi, sia sui rispettivi portali online. La settimana dal 19 al 25 luglio corrisponde al picco massimo di ricerche su Google associate alla chiave Jonathan Galindo in Albania.
Un grafico con gli stessi indici di misurazione, ma localizzato in Vietnam (il secondo paese per presenza del trend a livello globale durante l’ascesa di questa estate) mostra un incremento esponenziale dal 5 all’11 luglio 2020, seguito da un rapido declino e una fase di stagnazione che arriva fino a ottobre.
In Vietnam l’arrivo di Jonathan Galindo si concretizza nella circolazione di una serie di presunti screenshot di conversazioni private, in cui la persona invitata a partecipare alla sfida bullizza il suo aspirante persecutore, magari sottraendogli informazioni private, o invitandolo a una resa dei conti. Su YouTube proliferano compilation di screenshot in cui il fantomatico personaggio viene ridicolizzato da ragazzini vietnamiti. Abbiamo deciso di non linkare i contenuti a cui facciamo riferimento perché consideriamo che le foto inviate in chat potrebbero rappresentare minori e i messaggi far riferimento a luoghi specifici. Diverse di queste chat inoltre sono a contenuto omofobo e transfobico. Infine, è difficile capire fino a che punto questo materiale grafico sia stato creato a tavolino a beneficio di post e video molto cliccati.
Questo, questo e questo meme, oltre a proclamare "la sconfitta di Galindo", inquadrano quanto accaduto nella cornice interpretativa di una lotta di popolo contro un invasore straniero (in alcune conversazioni Galindo si esprime in inglese o spagnolo). Lo stesso tipo di retorica alimenta la discussione su Reddit e i video-raccoltoni su YouTube dal Vietnam.
Anche se in realtà i riferimenti a Galindo in questa cornice presentano il personaggio più come una vittima di sberleffi che una minaccia reale, la percezione del pericolo nascosto dietro alla sua figura guadagna comunque spazio sia sui media che sui social.
Lo sberleffo online a Galindo
Un tweet di @uh_xsh del 2 luglio, divenuto virale, è un perfetto esempio del funzionamento di queste dinamiche online. Il testo del tweet è il seguente:
“*ATTENZIONE*
Se stai leggendo, sei obbligato a ritwittare. Fa’ che i tuoi amici restino VIVI.
Circola un account chiamato Jonathan Galindo, sono i maestri della Blue Whale Challenge il cui intento è convincerti al suicidio. Se qualcuno ti invia un dm (“direct message”, cioè messaggio privato, ndr) o interagisce con te, bloccalo.”
Tra gli utenti che intervengono in risposta, c’è chi offre una pubblica testimonianza di “blasting”, chi suggerisce di restare in guardia e naturalmente chi manifesta il proprio spavento. Ma a tratti la conversazione diventa anche sarcastica e ironica.
Mentre su Twitter alcuni utenti suonano l’allarme, su TikTok Jonathan Galindo sembra essere già qualcosa di rilevante, come si vede in questo screen postato il 2 luglio.
Un’indagine sui social network consente di ottenere risultati sovrapponibili all’andamento dei trend su Google. I profili di Jonathan Galindo su Facebook sono davvero tanti. Negli account-clone campeggia il sorriso disturbante dell’uomo-cane e la maggior parte è stata creata a luglio 2020. La stessa rapida analisi, questa volta su Instagram, dà risultati simili.
TikTok si è dimostrato più intransigente delle altre piattaforme. Il social cinese ha bloccato tutte le risultanze per la chiave di ricerca “Jonathan Galindo”. Al loro posto un disclaimer: “Questa frase potrebbe essere associata a comportamenti e contenuti che violano le nostre linee guida”.
Dalla maschera “fursona” di Dusky Sam, al creepypasta latino-americano, fino alla fantomatica "challenge mortale", su TikTok Jonathan Galindo diventa un trend dell’estate 2020. Lo dimostra la proliferazione di video tutti simili, in cui gli utenti ballano sullo sfondo di screen catturati dalle conversazioni con chi, in teoria, dovrebbe essere un persuasore occulto. Il tag associato alla challenge è così popolare che c’è chi lo utilizza per dare maggiore visibilità ai propri contenuti, anche se quest’ultimi non hanno nulla a che fare con Galindo. Su Twitter c’è chi annuncia pubblicamente di voler vestire i panni del cane antropomorfo per spaventare i propri amici. Dalla parte delle presunte vittime, c’è non solo chi manifesta apertamente la propria disponibilità a essere contattato, ma addirittura prende l’iniziativa e inizia una conversazione con alcuni dei tantissimi account cloni, magari lamentandosi per non aver ricevuto nessuna risposta.
Tutto a un tratto è come se chiunque su TikTok volesse essere contattato da Jonathan Galindo, per insultarlo e guadagnare così migliaia di visualizzazioni. Molti dei presunti screenshot potrebbero essere semplicemente delle montature, create a tavolino con l’aspirazione di dar vita a un video virale.
La challenge di Galindo
I profili di Galindo seguirebbero un copione prestabilito per spaventare la persona con cui entrano in contatto. L’obiettivo dello “scherzo” sarebbe convincere l’interlocutore a prendere parte al cosiddetto “gioco”. L’arbitro della challenge, nei panni di Galindo, esordirebbe con un messaggio privato in chat: “Vuoi fare un gioco?”. Secondo alcuni, cercherebbe di spaventare la propria vittima dimostrando di conoscerne la sua ubicazione attuale e l’indirizzo IP (cioè la “targa” del nostro computer quando navighiamo su Internet). In seguito, assegnerebbe alla vittima delle prove pericolose e mortali. Ma chi c'è dietro Galindo? Uno, nessuno e centomila. Chiunque può infatti vestirne i panni sui social, come abbiamo visto. La vicenda ha tutte le caratteristiche della tipica leggenda metropolitana online del terrore.
Come spiegava a luglio Vincenzo Marino su zio, la newsletter che si occupa dei consumi culturali e dei trend della generazione Z, il fenomeno Galindo è stato inizialmente amplificato da piccoli siti italiani che linkavano a un comunicato della Polizia Postale su Facebook, poi cancellato (di cui però rimane traccia in un'altra pagina ufficiale della Polizia di Stato), e da decine di articoli di media locali allarmati dall'allargarsi “a macchia d'olio” del nuovo “inquietante fenomeno del web”. "I media, spesso fuori quota e fuori fuoco, a modo loro cercano di spiegarsi e spiegare ai genitori questa generazione", scrive l'autore.
Se analizziamo gli elementi della presunta challenge di Galindo è facile notare analogie con altre leggende metropolitane online che già conosciamo, come il Momo, Samara e la Blue Whale. E questa similitudine si riscontra anche nell'isteria mediatica che ne deriva. “Esattamente come per questi casi, infatti: c’è di mezzo una challenge ad alto potenziale di emulazione; si richiama esplicitamente una mitologia horror tendente all’autolesionismo; target e diffusori della storia sono giovani sotto i 18 anni; c’entra sempre il social del momento (prima era Twitter, poi WhatsApp, ora TikTok e Discord); ai media schizzano istantaneamente i nervi”, scrive Marino.
Di questo fenomeno aveva parlato anche Massimo Polidoro, sempre a luglio, in un suo video:
Marino, nella sua newsletter, spiega anche come la leggenda metropolitana su Galindo sia stata amplificata su YouTube dai più giovani con decine di video sensazionalistici tutti uguali, molto banalmente per ragioni legate agli introiti pubblicitari che può portare un video di tendenza sulla piattaforma. Questa ricerca affannosa del click e della monetizzazione non è molto diversa da quella che spinge molti media verso toni allarmistici e informazioni confuse. D'altronde, conclude Marino, i giovani "possono diffondere le stesse isterie dei vecchi senza il peso di un tesserino dell’Ordine dei Giornalisti in tasca. Ripercorrere i nostri stessi errori, ma su nuove piattaforme".
Immagine in anteprima via Il Riformista
Correzione: Abbiamo sostituito la frase, che appariva nella prima versione di questo articolo, "il fenomeno Galindo è stato inizialmente amplificato da piccoli siti italiani che linkavano a un inesistente comunicato della Polizia Postale", con una ricostruzione più precisa: "il fenomeno Galindo è stato inizialmente amplificato da piccoli siti italiani che linkavano a un comunicato della Polizia Postale su Facebook, poi cancellato (di cui però rimane traccia in un'altra pagina ufficiale della Polizia di Stato)"