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Israele, migliaia di cittadini in piazza chiedono le dimissioni di Netanyahu per la gestione fallimentare della pandemia

27 Luglio 2020 7 min lettura

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Israele, migliaia di cittadini in piazza chiedono le dimissioni di Netanyahu per la gestione fallimentare della pandemia

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Migliaia di israeliani di diverse estrazioni sociali - insegnanti, lavoratori autonomi, proprietari di piccole imprese, assistenti sociali - stanno scendendo in piazza da cinque giorni a Gerusalemme, Tel Aviv e in altre città per chiedere le dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu e del suo governo. Nel mirino, la gestione della pandemia e le accuse di corruzione, frode e abuso di potere dalle quali Netanyahu dovrà difendersi in tribunale dal prossimo 6 dicembre. 

“Bibi, vai via”, "Corrotto, ne abbiamo abbastanza di te", "Dove sono la morale, i valori?", “Tutti possono vedere che l’imperatore è nudo”, si poteva leggere su alcuni cartelli esposti durante le proteste dai manifestanti che, per la prima volta, hanno marciato anche nei pressi dell’abitazione privata del primo ministro, nella città costiera di Caesaria.

Il primo ministro ha detto ai manifestanti di evitare di cadere in "anarchia, violenza e attacchi alla polizia" e li ha esortati a mantenere la "dignità" di Israele continuando a seguire le linee guida sanitarie nella "guerra" contro il coronavirus. "Insieme combatteremo e vinceremo", ha aggiunto.

Descrivendo i manifestanti come "anarchici bolscevichi" e dando, indirettamente credito alle accuse infondate diffuse dai suoi seguaci che le manifestazioni stanno diffondendo il coronavirus, Netanyahu sta tentando di screditare un movimento di protesta trasversale nella società israeliana, commenta Chemi Chalev su Haaretz. Inoltre, con queste parole, il primo ministro potrebbe aprire il terreno per invocare i poteri di emergenza recentemente conferitigli dalla Knesset e ordinare alla polizia di disperdere le proteste in qualsiasi modo. 

La polizia israeliana ha fatto ricorso a idranti per disperdere i dimostranti. Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, ha spiegato che l’intervento delle forze dell’ordine si è reso necessario perché i manifestanti hanno continuato a protestare per oltre cinque ore dopo la mezzanotte, orario limite concesso per le proteste. A quel punto la polizia è intervenuta portando via i dimostranti che si erano seduti a terra rifiutandosi di andare via. Dodici persone sono state arrestate.

Se non gestita, prosegue Chalev, la situazione potrebbe diventare esplosiva. Durante le manifestazioni, ci sono stati “attacchi sporadici ma inquietanti contro i dimostranti da parte dei vigilantes di destra. La pugnalata di un manifestante vicino Beer Sheva, lo spray al pepe spruzzato da un veicolo di passaggio e le notizie di imboscate premeditate ai danni di manifestanti che stavano facendo ritorno a casa” potrebbero essere il preludio di scontri sanguinosi. “Le proteste potrebbero portare a un forte repressione del diritto fondamentale di manifestare, nonché a una proliferazione di scontri violenti e potenzialmente fatali tra sinistra e destra. Il fatto che Israele sia guidato da un primo ministro in difficoltà, che vede se stesso come vittima di un complotto nefasto e che sembra aver perso il contatto con la realtà, trasforma tali immagini apocalittiche in scenari potenzialmente realistici”.

La gestione della pandemia

Netanyahu è accusato di aver gestito in modo fallimentare l’emergenza sanitaria e la crisi economica causata dall’epidemia del nuovo coronavirus e di aver fatto ricorso a misure non democratiche per mantenere il potere. In particolare, i manifestanti protestano per la decisione dell’esecutivo di allentare il lockdown troppo presto e per una legge, approvata la scorsa settimana, che dà al governo poteri speciali fino a giugno 2021 per gestire la pandemia. 

Gli israeliani si sono risvegliati dopo un lungo sonno politico, commenta Isabel Kershner sul New York Times. Molti dei manifestanti hanno meno di 30 anni e non avevano ancora l’età per poter votare quando Netanyahu è andato al potere per la prima volta undici anni fa.

"La situazione fa davvero schifo. Non so se posso cambiare qualcosa, ma almeno sto facendo del mio meglio per non tacere", spiega a DW Maggie Shahar, psicologa a scuola, che ha fatto oltre due ore di macchina con un gruppo di insegnanti per andare a protestare a Gerusalemme.

"Abbiamo imparato che dobbiamo badare a noi stessi", dice al New York Times Maayan Shrem, 25 anni, consulente per i giovani ed ex soldato, aggregatosi alle proteste dalla sua città natale, Karmiel, a due ore di autobus da Gerusalemme. “Il cambiamento deve arrivare dal basso verso l’alto”, ha aggiunto Oren Gery, un suo amico di 26 anni, che impugnava un cartello con su scritto “Non smetteremo mai di combattere per il nostro paese”.

"Sono qui perché ne ho abbastanza", afferma Tzlil Levi, studente di giurisprudenza di 28 anni, con posizioni politiche vicine alla destra. "Non c'è leadership. Non si tratta di sinistra o destra. Siamo davanti a un crollo politico”.

Critiche del genere sono arrivate anche dal Likud, il partito conservatore di Netanyahu "C'è una disconnessione tra il governo, i cittadini e le autorità locali", ha dichiarato Haim Bibas, sindaco di Modiin, amministrata dal Likud, e potente presidente della Federazione delle autorità locali in Israele. "Sembra che non ci sia leadership né governance" e le autorità locali hanno dovuto fare da sole per combattere il virus sul campo, ha aggiunto Bibas.

Eppure, solo due mesi fa, i sondaggi sembravano dare ragione all’operato di Netanyahu che era riuscito a formare un governo di unità nazionale con Benny Gantz, ed era stato lodato per la gestione iniziale della pandemia, i pochi contagi e la chiusura dei reparti COVID perché non c’erano pazienti. Secondo un sondaggio internazionale pubblicato a maggio dal gruppo di ricerca israeliano Keevoon e dalla Konrad Adenauer Foundation, il 67% degli israeliani era soddisfatto della gestione della crisi da parte del primo ministro e il Likud godeva di grande consenso.

Ma, spiega ancora Kershner sul New York Times, in poche settimane è andato tutto storto. Con il calo dei contagi, ma prima che scendessero sotto la doppia cifra, Netanyahu ha allentato le misure di lockdown per rianimare l’economia in crisi a causa della pandemia, e ha detto in un messaggio televisivo agli israeliani di “uscire, prendersi una boccata d’aria, un  caffè o una birra e, con le precauzioni necessarie, divertirsi”.

Nel frattempo sono state riaperte le scuole, con la nascita di nuovi focolai, il governo è stato indeciso se riaprire o meno ristoranti, spiagge, piscine, non si è fatto molto per aiutare le persone che hanno perso il lavoro (il tasso di di disoccupazione ha superato il 20%, era il 3,9% prima della pandemia), non stati predisposti piani per una eventuale seconda ondata del virus. “Quasi un milione di persone (su una popolazione totale di 9 milioni di abitanti) è rimasta disoccupata. Molti autonomi, le cui attività sono state spazzate via, hanno ricevuto poco o nulla”, scrive Kershner. E le infezioni sono schizzate in alto, passando dalle poche decine di maggio ai circa 2.000 al giorno attuali.

Per spegnere le proteste, Netanyahu ha proposto un nuovo piano di aiuti e ha esortato i cittadini israeliani ad acquistare prodotti locali per sostenere l'economia. Secondo i piani, ogni individuo riceverà 750 shekel (190 euro), mentre le famiglie con tre o più figli avranno 3.000 shekel (750 euro). Ma anche questo annuncio ha generato malumore. L’ufficio del primo ministro ha dovuto rispondere alle critiche di chi sosteneva che i soldi sarebbero andati a chi non ha bisogno o non è stato colpito gravemente dalla pandemia.

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Stando a nuovi sondaggi, la popolarità di Netanyahu è in picchiata. Solo un terzo degli israeliani è soddisfatto di come il primo ministro sta gestendo la crisi e ritiene che stia dando priorità a obiettivi personali, come l’approvazione dal governo di oltre 250mila dollari di rimborsi fiscali retroattivi di spese personali sostenute negli ultimi nove anni e l’annessione di parte della Cisgiordania. "Il primo ministro Netanyahu ha rivolto tutte le sue energie verso la possibile annessione in un momento in cui milioni di israeliani sono preoccupati per il rischio di sfratti o acquisizione delle loro abitazioni da parte delle banche perché non possono pagare gli affitti e le ipoteche" ha dichiarato Mitchell Barak, sondaggista israeliano e direttore di Keevoon, un gruppo di ricerca che negli anni ‘90 è stato consulente del primo ministro.

Le inchieste 

Alle proteste di questi giorni, si è aggiunta la decisione del tribunale di Gerusalemme di avviare il processo in cui Netanyahu dovrà rispondere delle accuse di corruzione, frode e abuso di potere. Il processo inizierà il 6 dicembre e proseguirà a gennaio con tre udienze a settimana. Nella prima udienza compariranno anche i coimputati di Netanyahu e gli avvocati della difesa potranno avanzare le loro osservazioni.   

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Il primo ministro è coinvolto in tre indagini: i rapporti avuti tra il  2012 e il 2017 con il Mogul Shaul Elovitch della compagnia di telecomunicazioni Bezeq, proprietaria del sito di informazione Walla,quando Netanyahu era ministro delle Comunicazioni; i rapporti con l'editore del tabloid Yediot Ahronot; alcuni regali di valore ricevuti dai coniugi Netanyahu da importanti imprenditori. 

Secondo alcuni analisti politici, scrive il New York Times, Netanyahu sta prendendo in considerazione l’ipotesi di nuove elezioni a novembre, nella speranza di vincere con una maggioranza sufficientemente ampia da potergli garantire l’immunità da una eventuale condanna. L’occasione potrebbe essere l’approvazione del bilancio: Gantz insiste sulla previsione di un budget di due anni, in linea con il loro accordo di coalizione, mentre Netanyahu insiste su un budget di un anno. Senza un accordo entro il 25 agosto, il Parlamento si scioglierà automaticamente, rimandando a nuove elezioni.

Immagine in anteprima via Humanity Rise

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