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Isis: chi sono i terroristi in Europa, come agiscono e perché è così difficile fermarli

2 Settembre 2016 12 min lettura

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Isis: chi sono i terroristi in Europa, come agiscono e perché è così difficile fermarli

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La gerarchia diffusa dell’Isis | L'intreccio con la criminalità e la scarsa religiosità delle recluteLe difficoltà della cooperazione internazionaleChiedere aiuto ai "migliori": entra in campo l'NSAUna corsa contro il tempo

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Il portavoce dell’Isis Abu Muhammad al-Adnani è stato ucciso questa settimana in un bombardamento nel nord della Siria, secondo quanto confermato dal portavoce del Pentagono martedì sera e dall'agenzia di notizie Amaq News Agency, organo di propaganda dello Stato Islamico. Al-Adnani, un veterano dell’organizzazione, considerato uno dei suoi più importanti leader, era il responsabile della propaganda e rivestiva un ruolo chiave tanto nella pianificazione delle operazioni internazionali quanto nell’ispirazione degli attacchi dei cosiddetti “lupi solitari”, ossia quegli attentati compiuti da persone senza alcun legame apparente con organizzazioni terroristiche.

Abu Muhammad al-Adnani
Abu Muhammad al-Adnani

La sua posizione ai vertici dell’Isis era nota alle autorità internazionali dal 2014, come spiega Rukmini Callimachi in un articolo del New York Times pubblicato a marzo. È stato Al-Adnani ad annunciare la proclamazione del cosiddetto Califfato in Iraq e Siria in un audio registrato nel giugno 2014. Era solo il primo di tanti messaggi di propaganda diffusi dal terrorista in qualità di portavoce.

Le sue funzioni però non si limitavano solo alla comunicazione. Secondo le intelligence americana ed europea, esiste una divisione speciale all’interno dello Stato Islamico con una struttura di comando indipendente guidata da Al-Adnani, che faceva riferimento direttamente al leader dell’organizzazione Abu Bakr al-Baghdadi. Questa struttura, chiamata “Emni”, ha il compito di identificare e reclutare nuovi soldati in Europa, addestrarli e metterli in condizione di compiere attentati. Non solo dentro i confini europei, ma anche in Turchia, Egitto e Tunisia.

Abdelhamid Abaaoud, responsabile degli attacchi di Parigi di novembre scorso e ucciso nella sparatoria con la polizia cinque giorni dopo, faceva capo ad Al-Adnani.

Questa piccola ma organizzata cellula ha lavorato per anni nel cuore dell’Unione europea, sfruttando la libertà di movimento all’interno dell’area Schengen e riuscendo a sfuggire alle agenzie di sicurezza nazionali. Proprio sulle difficoltà che sta affrontando l’Europa nella sua lotta contro l’Isis, BuzzFeed News ha pubblicato il 22 agosto scorso un lungo reportage di Mitch Prothero.

La gerarchia diffusa dell’Isis

Come spiega il giornalista, il primo ostacolo è rappresentato dalla natura stessa dell’organizzazione, la cui struttura è ben diversa da quella gerarchica di Al-Qaeda, nella quale era possibile stabilire quali fossero i leader, i soldati e gli adepti. La gerarchia diffusa dello Stato Islamico rende il lavoro delle forze di sicurezza molto più complesso. Così, tracciare collegamenti tra le diverse cellule e disegnare una mappa internazionale dell’organizzazione diventa estremamente complicato. È emblematica in questo senso la testimonianza dell'avvocato Samia Maktouf, specializzata in terrorismo internazionale e membro dell'ICC (International Criminal Court), che negli ultimi anni ha difeso le famiglie delle vittime degli attacchi terroristici in Francia e in Tunisia.

Maktouf ha stabilito dei collegamenti tra i vari attacchi dell'Isis nel Nord Africa e in Europa, grazie a un database immenso sul jihadismo francofono che lei stessa ha costruito da quando ha iniziato a indagare nel 2010. La sua convinzione è che dietro al terrorismo europeo ci siano poche figure chiave di matrice francofona che coordinano gli attentati nei diversi paesi. «L'attentato di Parigi del 13 novembre è stato commesso da una cellula belga, lo sappiamo», ha dichiarato l’avvocato a Prothero, mostrandogli un grafico che collegava i responsabili a una decina di attacchi (riusciti e falliti) in Francia e in Belgio.

Lo schema di Maktouf, descritto da Prothero, è ricco di nomi, date e luoghi che ormai tutti conosciamo bene, come il Bataclan di Parigi per esempio. In particolare, due uomini sembrano essere il centro di connessione con tutti gli altri terroristi: il primo è Abdelhamid Abaaoud, responsabile degli attacchi di Parigi. Abaaoud, belga figlio di genitori marocchini, aveva preso parte ad almeno sei piccoli attacchi (alcuni falliti) da quando era tornato in Europa nel 2014 dopo un periodo di addestramento in Siria di almeno un anno.

Abdelhamid Abaaoud
Abdelhamid Abaaoud

Il secondo nome, meno conosciuto alla stampa internazionale ma altrettanto importante nell'organizzazione, è quello di Fabien Clain, francese di quarant'anni convertito all'Islam, che al momento le autorità situano in Siria o in Iraq. Clain è la persona che ha rivendicato gli attentati di Parigi in un audio diffuso su Twitter e via Telegram. Secondo Maktouf il suo ruolo non si limita solo alle relazioni pubbliche, ma è anche una delle figure di riferimento dell'Isis per le operazioni internazionali. «Gli attacchi di Parigi e di Bruxelles erano diretti da Clain», che è collegato a qualsiasi attacco o tentativo di attacco in Francia negli ultimi sei anni. «Abaaoud era l'uomo sul campo ma... Clain ha diretto l'operazione».

Il nome di Fabien Clain è noto alle forze dell'ordine francesi da oltre dieci anni. Dopo aver studiato l'Islam e l'arabo al Cairo è tornato in Francia nel 2004, dove ha velocemente guadagnato rispetto all'interno dei circoli militanti grazie alla sua formazione religiosa. Nel 2009 è stato arrestato e condannato con l'accusa di reclutamento di combattenti per Al-Qaeda da mandare in Iraq. Nel 2014 è fuggito dagli arresti domiciliari e si pensa che sia scappato in Siria per unirsi all'Isis.

Fabien Clain
Fabien Clain

Come abbiamo già detto, la natura opaca della struttura di comando dell’organizzazione terroristica rende quasi impossibile per gli investigatori conoscere il ruolo esatto di ogni ogni persona, ma una fonte nell'intelligence francese ha confermato al giornalista di BuzzFeed News che Clain è con tutta probabilità il vice di Salim Benghalem, jhijadista nato in Francia sospettato di gestire le operazioni europee dalla Siria. A quanto pare, anche Benghalem è partito dal basso, avendo iniziato come semplice guardia degli ostaggi a Raqqa, capitale dell'autoproclamato Stato Islamico.

L'intreccio con la criminalità e la scarsa religiosità delle reclute

Prima di andare a studiare al Cairo, nel 2004, Fabien Clain ha vissuto brevemente nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles, dove si pensa siano stati pianificati gli attacchi di Parigi. È in quell'occasione che Clain ha conosciuto un altro tassello chiave dell'Isis francofono: Khalid Zerkani, un predicatore noto anche come "Babbo Natale", responsabile di aver reclutato decine di giovani, tra cui Abaaoud, e condannato di recente a 15 anni di carcere per aver radicalizzato e mandato combattenti in Iraq e in Siria.

La maggior parte delle persone convertite dall'Isis a Bruxelles provengono dal substrato della microcriminalità, molti erano semplici ladri di quartiere, alcuni erano piccoli spacciatori, finché non sono stati convertiti da Zerkani.

Khalid Zerkani
Khalid Zerkani, "Babbo Natale"

Inoltre, la credenza che l’Isis recluti solamente persone estremamente religiose e devote all’Islam è un mito, smentito anche da una recente filtrazione di documenti dell’organizzazione terroristica. La maggior parte dei nuovi affiliati ha una conoscenza solo superficiale della religione islamica.

Secondo i documenti pubblicati dal sito siriano di opposizione Zaman al-Wasl e analizzati da Associated Press (AP), il 70% delle nuove reclute tra il 2013 e il 2014 possedeva solo una conoscenza basica della Sharia (le leggi derivate dai versi del Corano) e delle parole del profeta Maometto, mentre il 24% aveva un livello intermedio di formazione religiosa e solo il 5% poteva essere considerato uno studente avanzato dell’Islam.

Nell’articolo pubblicato da AP vengono presentate alcune delle persone reclutate negli ultimi anni che si allontanano dallo stereotipo dell’integralista islamico, ma che coincidono con il tipico profilo di potenziale adepto dell’Isis: un gruppo di francesi che sono andati di bar in bar con i loro reclutatori mentre tornavano a casa, un recente convertito europeo che dichiara con riluttanza di essere gay, o due britannici che hanno ordinato su Amazon “The Koran for Dummies” e “Islam for Dummies”. Una volta completato il processo di selezione, queste persone vengono raggruppate in case sicure dove un imam inizia il loro indottrinamento, secondo quanto ricostruito da AP in base a interviste e testimonianze giudiziarie. Alcuni di loro verranno mandati in Siria per completare l'addestramento militare e poi tornare in Europa.

«Ho realizzato che mi trovavo nel posto sbagliato quando hanno iniziato a farmi domande come: ‘quando morirai, chi dovremmo chiamare?’», racconta una recluta europea di 32 anni. Fino a quel momento pensava che si stesse affiliando a un gruppo per combattere il presidente Bashar Assad e aiutare i siriani, non allo Stato Islamico.

L’analisi dei documenti filtrati suggerisce che le persone con una bassa conoscenza dell’Islam sono più suscettibili alla radicalizzazione e ad accettare idee che promuovono la violenza. Secondo Associated Press, l’assenza di un’educazione religiosa permette agli estremisti dell’Isis di imporre alle reclute una visione dell’Islam costruita su misura e in accordo ai propri obiettivi di espansione terroristica. Per questo Zarkani trovava i suoi adepti tra i ladri del quartiere e tra gli spacciatori, piuttosto che nelle moschee.

Le difficoltà della cooperazione internazionale

Secondo un funzionario dell’intelligence francese intervistato da BuzzFeed News, la ragione della difficile collaborazione tra le diverse agenzie internazionali va cercata nella storica riluttanza delle strutture investigative a condividere informazioni senza una ragione specifica: «Nessuno ti darà mai le informazioni che ti servono. A volte neanche la tua propria agenzia».

L’agente, che ha voluto mantenere l’anonimato, descrive una situazione nella quale la maggior parte dei paesi condivide informazioni solamente per perseguire i propri obiettivi nazionali. Il ruolo dell’Europol e dell’Interpol che emerge dal reportage di Prothero è quello di un organismo burocratico, il cui ambito è limitato all’invio di comunicati e allarmi internazionali. Secondo l’analisi di BuzzFeed News, l’Unione europea ha smantellato alcune importanti responsabilità statali, tra cui il controllo dei confini e dell’immigrazione, senza però rimpiazzare questi meccanismi con una supervisione unificata. La rimozione di questi ostacoli normativi è stata una benedizione per tutte le attività internazionali, siano queste legali o no.

Dal 2010 le autorità belghe e francesi hanno dovuto fare i conti con una minaccia jihadista di portata internazionale. Dopo gli attacchi terroristici di Parigi del novembre scorso, dove hanno perso la vita 130 persone, la gravità della situazione è diventata tragicamente evidente a tutta l'Unione europea: una rete internazionale aveva sfruttato le debolezze dei confini intra-europei per reclutare nuovi militanti e utilizzarli nei territori occupati dallo Stato Islamico. Tra il 2011 e il 2015, si stima che 12.000 persone di 81 paesi diversi si siano unite all'Isis in Siria e in Iraq. Di questi, almeno 1.700 erano residenti in Francia e 500 in Belgio. Il database dei potenziali estremisti francesi è arrivato a contare circa 10.000 nomi, ma queste sono solo le persone che sono state identificate.

Per risolvere questo problema è necessario che le istituzioni nazionali rinuncino a parte della loro autonomia locale in favore di un’integrazione reale europea. Il funzionario dell’intelligence francese intervistato da BuzzFeed News è però pessimista al riguardo: nessun servizio segreto condividerà con regolarità informazioni riservate con altri 27 paesi, perché smetterebbero di essere riservate se tutti possono conoscerle.

Chiedere aiuto ai "migliori": entra in campo l'NSA

Al funerale di Chakib Akrouh, il venticinquenne belga di origini marocchine che si è fatto esplodere a Parigi assieme al suo amico d'infanzia Abaaoud, non c'erano solo i familiari e gli amici della vittima. I servizi segreti di Bruxelles, infatti, hanno pensato che monitorando tutti i partecipanti avrebbero trovato tracce di Salah Abdeslam, uno dei terroristi sopravvissuti agli attentati di Parigi e che apparentemente si trovava a Bruxelles. L'obiettivo era anche scoprire chi avesse confezionato gli esplosivi.

Chakib Akrouh
Chakib Akrouh

La polizia ha però dovuto risolvere un problema che possiamo definire "tecnico": una cosa è intercettare un telefono e collocare dei microfoni spia, altra ben diversa è "spiare" tutte le persone presenti in un evento, in questo caso un funerale. Infatti, come spiega il reporter di BuzzFeed News, le autorità belghe non erano in grado di intercettare e analizzare rapidamente una quantità di dati telefonici e digitali come quella.

In quell'occasione è stata presa una decisione senza precedenti nella lotta europea al terrorismo, che BuzzFeed News rivela in esclusiva nel suo articolo: le autorità belghe hanno chiesto aiuto all'NSA (National Security Agency) americana.

«Abbiamo chiamato l'NSA prima del funerale», rivela un funzionario di sicurezza dello stato la cui testimonianza è stata confermata anche da un agente della polizia belga. «Come Edward Snowden ha così utilmente spiegato a tutti, quelli dell'NSA sono i migliori a intercettare, e con il loro aiuto abbiamo preso tutte le informazioni di tutti i telefoni presenti».

Durante il funerale un uomo stava filmando con il cellulare la cerimonia, questo ha suggerito agli agenti che stesse facendo un video da mandare a qualcuno. Secondo quanto dichiarato delle fonti, l'NSA (che si è rifiutata di rilasciare dichiarazioni ufficiali sull'operazione) è riuscita a estrarre tutti i dati da quel telefono.

Salah Abdeslam (a destra)
Salah Abdeslam (a destra), telecamera a circuito chiuso di un distributore di benzina

Grazie all'aiuto dei servizi segreti americani, che in un secondo momento sono riusciti addirittura a tenere sotto sorveglianza il telefono dello stesso Abdeslam, la polizia è finalmente riuscita a rintracciare il sopravvissuto degli attentati e arrestarlo, a 100 metri dalla casa dove era cresciuto a Molenbeek.

Una corsa contro il tempo

Inizialmente Salah Abdeslam ha collaborato con la polizia e identificato le foto di Najim Laachraoui, un studente di ingegneria belga-marocchino di 24 anni recatosi in Siria nel 2013 per combattere, le cui impronte digitali e DNA si trovavano su uno dei gilet-bomba abbandonati a Parigi. Era lui il principale sospettato di aver costruito gli esplosivi degli attentati parigini. Laachraoui, come tanti altri, era stato reclutato e convertito alla causa terrorista a Molenbeek, quartiere di Bruxelles, definito da Jean–Pierre Stroobants su Le Monde, «una delle basi europee del terrorismo islamico».

Interrogato dalla polizia, Abdeslam ha dichiarato di essere a conoscenza di un piano per un attentato bomba che si sarebbe compiuto il giorno dopo Pasqua, a due settimane dal suo arresto. Quattro giorni dopo, però, tutto il mondo ha assistito all'attentato all'aeroporto di Bruxelles e alla fermata della metro degli edifici dell'Unione europea. Le informazioni ottenute da Abdeslam erano corrette, ma evidentemente l'operazione era stata anticipata. Le analisi del DNA hanno confermato che Najim Laachraoui aveva partecipato all'attentato.

Najim Laachraoui
Foto di Najim Laachraoui, l'ultima dalla telecamera a circuito chiuso dell'aeroporto

Nella lotta al terrorismo, il tempismo è un fattore cruciale in ogni momento dell’indagine. In seguito alla sparatoria del 2014 nel Museo ebraico di Bruxelles, le autorità identificarono due sospetti che sembravano avere un legame diretto con il presunto autore dell’attentato. La corte aveva approvato l’utilizzo di microfoni nascosti e dispositivi GPS installati nei loro veicoli. Questo ha permesso alla polizia di seguire gli spostamenti per la città e ascoltare le loro conversazioni.

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«Andava tutto bene finché non sono passati dal francese all’arabo», spiega l’agente intervistato da BuzzFeed News. «In quel momento abbiamo perso tutto». Ci sono voluti tre giorni per avere una traduzione dall’arabo delle registrazioni, ma ormai era troppo tardi. I due uomini avevano già lasciato Bruxelles in treno verso un’altra città europea e probabilmente erano volati a Istanbul, da cui sono potuti facilmente entrare in Siria.

La barriera linguistica può essere un grande ostacolo. Come spiega Prothero nel suo reportage, i giovani di origine nordafricana hanno sviluppato un proprio dialetto arabo, diverso in ogni città europea. I traduttori che hanno collaborato con la polizia di Bruxelles hanno grandissime difficoltà a capire le registrazioni di un sospettato arabo di Anversa, o della periferia di Parigi.

Il tempo, però, potrebbe finalmente giocare a favore delle intelligence europee. L'uccisione di Al-Adnani assesta un duro colpo alla cellula internazionale dello Stato Islamico. Secondo l'analisi del New York Times, l'Isis avrebbe reagito alle numerose sconfitte sofferte in Iraq e in Siria nell'ultimo anno, incoraggiando le azioni dei "lupi solitari" e intensificando gli attentati organizzati in Europa: operazioni coordinate e ispirate dal suo portavoce, morto martedì ad Aleppo.

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