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L’Iran ha ucciso, impiccandolo, il giornalista dissidente Ruhollah Zam

13 Dicembre 2020 8 min lettura

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L’Iran ha ucciso, impiccandolo, il giornalista dissidente Ruhollah Zam

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Quattro paesi dell'UE boicottano una conferenza organizzata a Teheran dopo l'esecuzione di Ruhollah Zam

Aggiornamento 14 dicembre 2020: A seguito dell'esecuzione del giornalista Ruhollah Zam, Austria, Francia, Germania e Italia hanno ritirato la partecipazione dei rispettivi ambasciatori allo Europe-Iran Business Forum (una conferenza sulle imprese e gli scambi commerciali tra Iran e paesi europei) che avrebbe dovuto svolgersi online dal 14 al 16 dicembre.

Gli organizzatori della conferenza hanno successivamente comunicato di aver rimandato l'evento a data da destinarsi.

All'indomani dell'impiccagione di Zam, avvenuta all'alba di sabato 12 dicembre, la Francia aveva definito l'esecuzione "barbara e inaccettabile" oltre che in contrasto con gli obblighi internazionali dell'Iran. Anche l'UE aveva condannato l'omicidio "con la massima fermezza".

Dopo le dichiarazioni dei paesi europei l'Iran ha convocato gli ambasciatori di Francia e Germania, che attualmente detiene la presidenza di turno dell'UE, per protestare per le critiche ricevute, definendo "interventiste" le dichiarazioni dell'UE e del ministero degli Affari esteri tedesco.

Successivamente all'incontro, la Francia ha annunciato su Twitter che il suo ambasciatore in Iran non avrebbe preso parte allo Europe-Iran Business Forum, insieme ai rappresentanti di Germania, Austria e Italia, utilizzando l'hashtag #nobusinessasusual (nessun affare come al solito).

Anche un alto funzionario tedesco del ministero degli Affari esteri di Berlino ha twittato che "a causa dei recenti sviluppi" in Iran, Germania e altri paesi membri dell'UE non avrebbero partecipato all'evento.

L'Italia si era già espressa nella giornata di sabato contro l'impiccagione del giornalista iraniano.

“L’Italia condanna senza riserve l’esecuzione del giornalista iraniano Ruhollah Zam avvenuta il 12 dicembre 2020. La pena capitale rappresenta un trattamento inumano, crudele e degradante e non può essere accettata in nessuna circostanza”, si legge nella dichiarazione della Farnesina.

“L’Italia reitera il proprio impegno convinto per una sua graduale abolizione e lancia un fermo appello all’Iran affinché applichi una moratoria sulle esecuzioni capitali. L’Italia ritiene che la pena capitale non abbia alcun valore deterrente in termini di lotta al crimine e che la sua abolizione contribuisca al rafforzamento della dignità umana, dei valori democratici e del rispetto dei diritti umani”, conclude il comunicato.

All'alba di ieri l'Iran ha messo a morte il giornalista dissidente Ruhollah Zam tramite impiccagione. A renderlo noto l'emittente di Stato IRIB.

L'esecuzione ha avuto luogo quattro giorni dopo che la Corte suprema aveva confermato la condanna a morte con quello che Amnesty International ha definito “un tentativo riprovevole di evitare una campagna internazionale per salvargli la vita".

«Siamo scioccati e inorriditi nell'apprendere che le autorità iraniane hanno messo a morte il giornalista dissidente Rouhollah Zam», ha dichiarato Diana Eltahawy, vice direttrice regionale di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord-Africa .

I familiari, che hanno incontrato Zam per l'ultima volta alla vigilia dell'esecuzione, hanno riferito che gli era stato chiesto di non rivelargli che la sentenza era stata confermata e che nessuno ha informato né loro né Zam che la condanna a morte sarebbe stata eseguita il giorno dopo.

Ruhollah Zam, 47 anni, era fuggito dall'Iran dopo le proteste scatenatesi all'indomani delle elezioni del 2009, riuscendo a ottenere asilo politico in Francia dove viveva con la moglie e una figlia.

Secondo le informazioni fornite da Amnesty International, dopo aver lasciato Parigi l'11 ottobre 2019 per recarsi in Iraq, per circostanze ignote, l'uomo è stato rapito dalle Guardie rivoluzionarie iraniane, a quanto pare con la collaborazione dei servizi segreti iracheni.

Le autorità iraniane hanno poi annunciato di averlo arrestato tre giorni dopo il suo arrivo in Iraq.

All'indomani dell'arresto, le autorità iraniane hanno pubblicato un video in cui Zam è ripreso prima seduto in un'auto, con occhiali oscuranti, e poi di fronte a una telecamera a chiedere "scusa".

In una lettera indirizzata al capo della magistratura iraniana scritta dal padre – Mohammad-Ali Zam, un religioso sciita riformista che ha ricoperto incarichi di governo negli anni '80 e '90 – si legge che, dopo l'arresto, il figlio è stato trattenuto per nove mesi senza avere alcun contatto né con la famiglia né con gli avvocati. Suo padre ha anche riferito che Zam ha potuto incontrare l'avvocato della difesa, nominato dal tribunale, sempre e solo in presenza di funzionari dell'intelligence e della sicurezza.

A giugno 2020, dopo un processo gravemente iniquo iniziato a febbraio, il giornalista è stato condannato a morte dalla Sezione 15 del tribunale rivoluzionario di Teheran per “diffusione della corruzione sulla terra” a causa delle notizie condivise sul canale Telegram AmadNews che aveva fondato e attraverso il quale, secondo le autorità, aveva fomentato le manifestazioni di piazza del 2017 e 2018 contro il carovita, e più in generale contro il governo, che hanno rappresentato per l'Iran una grossa sfida dopo le proteste del Movimento Verde del 2009.

Il canale Telegram, seguito da più di un milione di follower, aveva pubblicato video di manifestazioni e notizie sul presunto coinvolgimento di vari autorevoli esponenti in attività connesse alla corruzione.

Sia pubblicamente che negli atti giudiziari, le autorità iraniane hanno dichiarato che il lavoro di Zam includeva "spionaggio" per conto di Israele e Francia, "cooperazione con lo Stato ostile degli Stati Uniti", "crimini contro la sicurezza nazionale" e "propaganda contro il sistema".

Il 10 luglio 2020, poco dopo essere stato condannato a morte, la TV di Stato iraniana ha mandato in onda un programma che mostrava Rouhollah Zam "confessare" i suoi "crimini". La trasmissione è andata in replica il 10 dicembre scorso.

L'emittente televisiva statale IRIB, gestita dal governo iraniano, ha una lunga storia di apparizioni di oppositori dell'Iran e dei loro familiari costretti a rilasciare "confessioni" o dichiarazioni pubbliche intese a screditare loro e le attività di cui si occupano. Le associazioni per i diritti umani hanno documentato diversi casi in cui dissidenti, attivisti e giornalisti sono presenti in pseudo-documentari trasmessi per "provare" la loro "colpevolezza".

Commentando la notizia dell'esecuzione, Reporter Senza Frontiere (RSF) ha dichiarato su Twitter di essere "indignata per questo nuovo crimine della giustizia iraniana e individua [il leader supremo] l'Ayatollah Ali Khamenei come la mente di questa esecuzione".

In un documento pubblicato lo scorso anno RSF aveva affermato che da 40 anni l'Iran è uno dei paesi più repressivi al mondo per i giornalisti. Dal 1979 al 2009 le autorità del paese hanno imprigionato o impiccato almeno 860 tra giornalisti e attivisti.

In base alle leggi internazionali sui diritti umani, tutti hanno diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica come previsto dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), di cui l'Iran è parte.

L'articolo 6 dell'ICCPR afferma che “nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i delitti più gravi, in conformità alle leggi vigenti al momento in cui il delitto fu commesso”. Con "delitti più gravi" il diritto internazionale intende quelli che provocano la morte di individui. Per il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite la pena di morte, quindi, dovrebbe essere considerata una "misura del tutto eccezionale".

Tara Sepehri Far, ricercatrice di Human Rights Watch, ha definito “scioccante” l'aumento dell'uso della pena di morte nei confronti dei dissidenti, aggiungendo che Zam è stato messo a morte con “accuse vaghe di attentato alla sicurezza nazionale”.

Per Sherif Mansour del Comitato per la protezione dei giornalisti l'esecuzione di Zam vede "le autorità iraniane unirsi a bande criminali ed estremisti violenti che mettono a tacere i giornalisti uccidendoli".

«È un atto mostruoso e vergognoso che la comunità internazionale non deve lasciar passare inosservato», ha detto Mansour.

L'esecuzione di Zam è stata condannata dall'Unione Europea che ha chiesto all'Iran di "astenersi da ogni futura esecuzione e di perseguire una politica coerente verso l'abolizione della pena di morte".

"È inoltre indispensabile che le autorità iraniane tutelino i diritti del giusto processo delle persone accusate e cessino la pratica dell'uso delle confessioni televisive per stabilire e promuovere la loro colpevolezza", ha detto in una dichiarazione il portavoce del Servizio per l'azione esterna dell'UE.

"L'UE ritiene che la pena di morte sia una punizione crudele e disumana, che non funge da deterrente al crimine e rappresenta una negazione inaccettabile della dignità e dell'integrità umana", si legge nella dichiarazione.

Amnesty International ha invitato la comunità internazionale, compresi gli Stati membri del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e l'Unione Europea, “ad agire immediatamente per fare pressione sulle autorità iraniane affinché cessino l'uso crescente della pena di morte come arma di repressione politica”.

Da anni, ormai, l'Iran è secondo solo alla Cina per numero di esecuzioni effettuate. Nel 2019 ne sono state registrate almeno 251. In alcuni casi sono pubbliche, riguardano persone condannate al termine di processi iniqui tra cui minori di 18 anni all’epoca del reato.

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Come si legge nell'ultimo Rapporto annuale sulla pena di morte di Amnesty International la pena capitale è applicata in Iran anche per comportamenti che sono salvaguardati dalle norme internazionali sui diritti umani. Ad esempio alcuni comportamenti sessuali consenzienti tra persone dello stesso sesso e relazioni sessuali extraconiugali, oltre che per reati dalla formulazione vaga come “aver insultato il Profeta”, “inimicizia contro Dio” e “aver diffuso la corruzione sulla terra”, come nel caso di Zam.

«L'uso della pena capitale contro Rouhollah Zam – ha detto Diana Eltahawy di Amnesty International – è severamente vietato dal diritto internazionale, poiché è stato condannato a morte per l'attività svolta dal canale di informazione AmadNews che secondo le autorità avrebbe fomentato le proteste nazionali anti-establishment del gennaio 2018. La sua esecuzione è un colpo mortale alla libertà di espressione in Iran e mostra la portata delle tattiche brutali delle autorità iraniane per instillare paura e reprimere il dissenso».

Immagine anteprima via Farsnews

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