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Internet libero per una società libera e democratica

9 Dicembre 2019 5 min lettura

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Internet forma parte delle nostre vite e ha un ruolo di rilievo nella società moderna. Ed è per questo fondamentale che i diritti di cui godiamo nella nostra vita "offline" siano rispettati e protetti anche durante le attività che svolgiamo online.

Questo perché, a 30 anni dall’invenzione del World Wide Web, non ha alcun senso mantenere una separazione tra la nostra "vita reale” e la cosiddetta “vita online”, come se di due mondi impermeabili si trattasse. Per anni - e ancora oggi c’è chi cade in questo errore - Internet è stato raccontato dai media come un “mondo virtuale”, separato dalla realtà. Se questa narrazione dai toni fantascientifici poteva essere accettata negli anni 90 - quando ancora l’accesso alla Rete era limitato e il web era a tutti gli effetti un mondo nuovo ancora tutto da creare, da esplorare e da sfruttare - non è più ragionevole parlare in questi termini della Rete ai giorni nostri, quando ognuno di noi ha accesso immediato alla connessione e alla pubblicazione e fruizione di contenuti online, da molteplici dispositivi, in qualsiasi momento.

Le nostre attività online sono "vita reale", per cui qualsiasi limitazione nell'utilizzo della Rete può avere un impatto severo sui nostri diritti. Motivo per cui la libertà di parola così come la libertà di informazione online devono essere tutelate e difese.

Dal 2009 Freedom House pubblica ogni anno il rapporto Freedom of the Net, che rileva in che modo i governi e altri soggetti non-governativi operano per restringere le nostre libertà online.

Le tre categorie su cui si concentra Freedom of the Net 2019 sono:

  • Le difficoltà di accesso alla Rete (le barriere che limitano l’accesso dei cittadini a Internet, le leggi, la proprietà e il controllo dei fornitori di servizio);
  • Le limitazioni dei contenuti (le leggi sui contenuti, i software di filtraggio che limitano l’accesso a determinati siti, l’autocensura, il pluralismo nei mezzi di informazione online, l’uso degli strumenti digitali per la mobilitazione civile);
  • Le violazioni di diritti degli utenti (la sorveglianza digitale, la privacy, gli arresti, attacchi personali o attacchi informatici come conseguenza di attività o dichiarazioni fatte in Rete).

Freedom of the Net 2019: meno libertà e più sorveglianza

Esplora la mappa sul sito di Freedom House

L’ultimo report prende in esame 65 paesi, che corrispondono all’88% della popolazione connessa globalmente. Oltre a determinare una classificazione generale, per ogni paese viene pubblicata una scheda approfondita sullo stato di salute della libertà digitale. 33 dei paesi presi in esame hanno sofferto un calo complessivo rispetto all’anno scorso e solamente 16 hanno guadagnato punti nel ranking.

I paesi nei quali la situazione è peggiorata maggiormente sono Sudan, Kazakistan, Brasile, Bangladesh e Zimbawe.

La Cina si conferma per il quarto anno consecutivo come il peggior repressore della libertà online. La censura ha raggiunto livelli senza precedenti nell’anno del trentesimo anniversario del massacro della Piazza Tiananmen e delle proteste di Hong Kong. Il governo è arrivato a chiudere account individuali su WeChat (la app di messaggeria e pagamento istantaneo più usata nel paese) per qualsiasi comportamento considerato “deviante”, decisione che favorisce ancor di più l’autocensura dei cittadini. Ogni quattro mesi le autorità rimuovono decine di migliaia di account su WeChat, con l’accusa di aver pubblicato “contenuto d'odio". Questi provvedimenti repressivi, oltre a essere lesivi della libertà d’espressione, comportano anche un grave problema per la vita di tutti i giorni dei cittadini cinesi, dato che WeChat, oltre ad essere la piattaforma di messaggeria istantanea più diffusa, è anche l’app più utilizzata per i trasporti pubblici e per pagare con lo smartphone.

Anche gli Stati Uniti d'America hanno registrato per il terzo anno consecutivo un calo della libertà online dei cittadini, sebbene l’ecosistema online americano rimanga attivo, di facile accesso e con una pluralità di opinioni e idee. Questo si deve principalmente al fatto che le forze dell’ordine e le agenzie di immigrazione hanno esteso la propria sorveglianza su Internet, senza meccanismi di controllo, di trasparenza e di responsabilità. Inoltre, in prossimità delle elezioni l’ecosistema online americano è scenario di campagne di disinformazione politica (di origine sia estera che interna).

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L’Islanda è lo Stato che invece tutela maggiormente la libertà online dei cittadini. Non esiste nessun caso giudiziario civile o penale contro gli utenti per via dei contenuti pubblicati online. Il paese gode anche di alcuni vantaggi: come la possibilità di accesso quasi universale al web, restrizioni molto limitate sui contenuti e una protezione avanzata dei diritti degli utenti.

La situazione dell’Italia resta invariata rispetto all’anno scorso. Il digital divide continua ad essere un problema rispetto ad altri paesi europei, anche se ci sono stati dei leggeri miglioramenti. Le limitazioni nella pubblicazione dei contenuti sono minime, anche se esiste la tendenza da parte delle autorità di bloccare determinati siti per infrazione del copyright senza controllo giudiziario. La preoccupazione generalizzata per la disinformazione è diminuita rispetto alle elezioni del 2018, anche se sono aumentati gli attacchi informatici con fini politici.

Le raccomandazioni di Freedom House

Il rapporto presenta anche una lista di raccomandazioni indirizzate ai legislatori, al settore privato e alla società civile, per proteggere il processo democratico, prevenire l’abuso della sorveglianza digitale e proteggere la libertà online.

Si raccomanda ai legislatori, per esempio, di regolare l’uso dei software di sorveglianza sui social media e la raccolta di informazioni da parte delle agenzie governative e delle forze dell’ordine; di rinforzare le leggi sulla privacy; di assicurarsi che tutte le leggi sul digitale siano conformi alle leggi internazionali sui diritti umani.

Tra i consigli al settore privato (e quindi anche alle piattaforme digitali) troviamo invece quello di impedire alle autorità e alle forze dell’ordine di realizzare operazioni di sorveglianza sui social media; garantire agli utenti il controllo sulle loro informazioni e assicurarsi che non vengano usate in maniera impropria; aderire e rispettare i diritti umani e studiare l’impatto sui diritti umani che le tecnologie possono avere in nuovi mercati.

La società civile è invece incoraggiata a continuare a lavorare per accendere i riflettori sulla censura e la sorveglianza da parte dei governi; collaborare con ricercatori ed avvocati per i diritti umani per investigare l’uso dei software di sorveglianza digitale e il loro impatto sulla comunità, in particolar modo sui gruppi di marginalità sociale.

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Spesso come società cerchiamo nella tecnologia la soluzione a tutti i nostri problemi, vediamo solamente gli aspetti positivi e i vantaggi che ne derivano. In altri casi, vince la nostalgia e l’idealizzazione del ricordo di un mondo prima di Internet, e allora di colpo la Rete diventa la causa di tutti i mali contemporanei.

La verità è che Internet è uno strumento. Può essere usato da criminali, così come dalle forze dell’ordine; da governi autoritari per censurare e sorvegliare i cittadini o dalla società civile per organizzare proteste democratiche e rivoluzioni; dai giornalisti per raccogliere e diffondere informazioni di interesse pubblico e dai politici per creare caos informativo e fare propaganda o per costruire un dialogo autentico con i cittadini. Il potenziale della Rete sta nelle nostre mani.

(Immagine via Freedom House)

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