Il dibattito su Milano e l’inquinamento è tutto sbagliato. Cosa dicono i dati e come ne dovremmo parlare
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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.
Sono servite una macchia rossa sulla cartografia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e un piazzamento sul podio in una classifica di poca rilevanza, come se fosse una competizione delle Olimpiadi, per fare della cattiva qualità dell’aria della Pianura Padana una notizia. Che poi così tanto notizia non è, è quotidianità in alcuni periodi dell’anno e dovrebbe far notizia per la sua periodicità. Ma è sufficiente per far parlare di una questione sistemica ancora una volta in termini di emergenza e ineluttabilità e scatenare la reazione stizzita di sindaci e la solita bagarre di commenti che alla fine generano solo rumore e confusione, spostando l’attenzione dal vero nocciolo della questione: e cioè che l’inquinamento atmosferico è “una importante questione di salute pubblica che minaccia seriamente il benessere delle persone e il nostro ambiente”, come affermato appena lo scorso ottobre da Maria Neira, Direttrice del Dipartimento Ambiente, Cambiamento Climatico e Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). E che bisognerebbe adottare decisioni politiche ben precise invece di guardare dall’altra parte.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Cosa dicono i dati sulla qualità dell’aria a Milano e nella Pianura Padana
Ma andiamo con ordine. Domenica scorsa l’azienda svizzera IQAir ha rilevato che la qualità dell’aria di Milano era la terza peggiore al mondo con un indice 193, dietro solo a Lahore (valore 252), in Pakistan, e Dacca (indice 249), Bangladesh. IQAir ha aggiunto che, in base alle sue rilevazioni, la concentrazione di Pm2.5 (il cosiddetto particolato fine, particelle atmosferiche solide e liquide di diametro inferiore a 2,5 micrometri) a Milano sarebbe 27,4 volte il valore limite di concentrazione media annuale (5 microgrammi per metro cubo d’aria) indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Per l’Unione Europea il limite è di 25 microgrammi per metro cubo di aria – µg/m3 – in un giorno per il PM2,5 e di 50 µg/m3 per il PM10.
Cosa sono il particolato 2,5 e 10?
Gli inquinanti atmosferici sono più di uno, possono avere un'origine naturale o antropica o mista e per questo si dividono in primari e secondari. Gli inquinanti primari vengono emessi direttamente nell'atmosfera, mentre gli inquinanti secondari si formano successivamente attraverso reazioni chimiche e processi microfisici. I primari comprendono particolato, carbonio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, ammoniaca, monossido di carbonio, metano, composti organici volatili non metano, alcuni metalli e idrocarburi. I secondari includono un altro tipo di particolato, ozono, biossido di azoto e altri composti.
I particolati sono un esempio di aerosol (abbreviazione per aero-solution), cioè piccole particelle solide o liquide in mezzo a un gas. I particolati grossi (PM10, sotto i 10 micron) finiscono nei polmoni, dove possono causare infiammazione e peggiorare le condizioni delle persone che soffrono di malattie cardiovascolari o respiratorie. La sottocategoria dei particolati fini (PM2.5, sotto i 2.5 micron) ha effetti ancora più dannosi sulla salute in quanto le particelle possono essere aspirate più profondamente nei polmoni e risultare più tossiche.
Fonti: Valigia Blu, Agenzia Spaziale Europea
La notizia ha suscitato la reazione del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che ha definito la rilevazione diffusa da IQAir “la solita analisi estemporanea gestita da un ente privato” e ha aggiunto che “le analisi di Arpa (Azienda regionale per la protezione ambientale) dimostrano tutto il contrario” e che la qualità dell’aria “è migliorata anche se io sostengo non abbastanza”.
A quali analisi dell’Arpa fa riferimento il sindaco di Milano? Sono i dati degli ultimi 20 anni sui livelli di polveri sottili (PM2,5 e PM10), gas (ozono e biossido di azoto) e i composti del carbonio (monossido di carbonio, CO, e anidride carbonica, CO2) nell’aria. Secondo i rilevamenti di Arpa Lombardia, il 2023 è stato l’anno migliore per valori medi annui e per numero di giorni in cui è stato superato il limite (49 a Milano sebbene il limite per legge è di 35 giorni) e segna il culmine di un andamento di progressivo miglioramento della qualità dell’aria di Milano e di tutta la Lombardia.
Dove è possibile consultare i dati sugli inquinanti atmosferici?
In Europa, esiste una rete di monitoraggio della qualità dell’aria. Si parte dai livelli di particolato fine in oltre 340 città di tutti i paesi membri dell’Agenzia Europea dell’Ambiente. I dati provengono da misurazioni a terra delle polveri sottili, effettuate da oltre 400 stazioni di monitoraggio. La versione attuale del visualizzatore include collegamenti all’Atlante Urban PM2.5 prodotto dal Centro comune di ricerca della Commissione europea. L’Atlante urbano PM2.5 stima il contributo che diverse fonti di emissioni apportano alla concentrazione totale di PM2,5 in 150 città europee. Include inoltre informazioni sui precursori inquinanti che contribuiscono alla formazione di PM2,5. Ulteriori informazioni su come leggere le pagine dell’Atlante Urban PM2.5 possono essere trovate qui.
Per l’Italia ci si può affidare alle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa).
Fonte: Il Sole 24 Ore
Allarme rientrato, dunque? Polemica da social, come bollata dal sindaco Sala? Realtà ingigantita dai media con informazioni sensazionalistiche e catastrofiste? Non proprio.
Sono proprio i dati Arpa a darci la risposta. Limitandosi ai giorni cui si riferisce la rilevazione IQAir, molte stazioni hanno rilevato valori di particolato ben al di sopra dei limiti previsti dalla legge. Il 19 febbraio il Pm2.5 ha avuto una media giornaliera superiore agli 80 μg/m³ e il Pm10 ha superato i 100 μg/m³. Valori simili sono stati registrati anche il 15, 16, 17 e 18 febbraio. E non andava meglio in altre città del nord Italia come Torino, Asti, Brescia e Bergamo.
Questa rappresentazione grafica della concentrazione di PM10 sulla Pianura Padana realizzata da Copernicus, il servizio meteo dell’Unione Europea, è particolarmente efficace:
#ImageOfTheDay
— Copernicus EU (@CopernicusEU) February 19, 2024
The current high-pressure system has caused a deterioration of #AirQuality in #Italy 🇮🇹
⬇️According to our #CopernicusAtmosphere Monitoring Service, #PM10 has exceeded 100 μg/m3 in many areas of the Po Valley yesterday pic.twitter.com/xyCeRbfHhx
E se è vero che la classifica di IQAir lascia il tempo che trova (qui un approfondimento di Donata Columbro su dove e quali dati cercare sulla qualità dell'aria), le rilevazioni dell’azienda svizzera sostanzialmente combaciano con quelle di Arpa, come osserva su LinkedIn la giornalista Silvia Lazzaris. Anzi, laddove le linee divergono, è stata Arpa ad aver registrato dati peggiori. Questo perché – prosegue Lazzaris – IQAIR “si nutre proprio dei dati di Arpa”, ai quali si aggiungono “quelli dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, di Purple Air (un’azienda simile a IQAir) e di otto cittadini che hanno consentito all’azienda di usare i dati registrati dai loro lettori di qualità dell’aria”. Quindi, è quantomeno inopportuno definire estemporanee le analisi di IQAir, come fatto dal sindaco di Milano, Sala.
Infine, non si può nemmeno parlare di un fenomeno limitato a questi ultimi giorni. Come mostra un’animazione realizzata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), sulla base dei dati raccolti con i sistemi satellitari, la qualità dell’aria è stata scarsa (per più giorni consecutivi “estremamente scarsa”, il livello peggiore possibile) per buona parte del mese di gennaio in quasi tutta la Pianura Padana:
Sempre secondo i dati di Arpa (media di tre stazioni), osserva ancora Silvia Lazzaris in un altro post su LinkedIn, nel 2024, a Milano, i giorni oltre il limite previsto dalla direttiva UE sono già 34 per il PM2,5 (erano stati 52 in tutto il 2023) e 23 per il PM10 (in tutto il 2023 erano stati 32).
La situazione è seria, dunque, e non è ingigantita dai media, al netto dei toni emergenziali. Solo in questi giorni i Comuni hanno iniziato a prendere delle contromisure e a segnalare ai cittadini i rischi per la salute nel rimanere a lungo all’aperto. Ma ci si interroga, una volta di più, su quanto sarà sufficiente reiterare queste soluzioni tampone senza interventi a lungo termine su un problema che è sistemico.
Appena lo scorso settembre un’analisi di DW ed European Data Journalism Network aveva utilizzato i dati del sistema satellitare Copernicus per stimare il livello di inquinamento dell’aria in Europa e aveva rilevato che in nessun altro paese UE si raggiungono i livelli di inquinamento italiani (10 milioni di persone, il 18% della popolazione, vivono in zone con particolato superiore ai 20 microgrammi per metro cubo d’aria), fatta eccezione per la Polonia, e che la Pianura Padana è l’area più inquinata dell’Unione Europea. Lì, scrive Lorenzo Ruffino su Pagella Politica, si trovano le cinque aree più inquinate a livello provinciale d’Europa: le province di Cremona e Milano (24,3 microgrammi per metro cubo), Monza e Brianza (24 microgrammi), Lodi (23,9) e Mantova (23,5). A ridosso, le province di Padova (22,5 microgrammi), Verona (20) e Vicenza (19,5). Tutte con livelli tra le quattro e le cinque volte oltre il limite raccomandato dall’OMS.
Le cause dell’inquinamento atmosferico
I fattori che contribuiscono al peggioramento della qualità dell’aria nella Pianura Padana sono diversi, su alcuni si può intervenire su altri no.
Innanzitutto, ci sono le caratteristiche del territorio. La pianura Padana è chiusa per tre lati dalle Alpi (a ovest e a nord) e dagli Appennini (a sud) e ha un solo sbocco verso il mare Adriatico, a est: per questo ha poca ventilazione e una scarsa circolazione d’aria, peggiorata dal fenomeno delle inversioni termiche invernali. Quando, come nelle ultime settimane, c’è alta pressione e temperature sopra le medie stagionali, l’aria più fredda ristagna nelle pianure, anche per giorni o settimane, e impedisce il rinnovamento atmosferico con conseguente aumento della concentrazione di particolato fine e grossolano, spiega l’Agenzia Spaziale Europea. I mesi estivi, invece, possono essere caratterizzati da livelli elevati di ozono, dovuti all'aumento della radiazione solare e alla presenza di precursori (ossidi di azoto e composti organici volatili) emessi da varie fonti.
A questo poi si aggiunge la presenza di tante grandi città, industrie, allevamenti e coltivazioni agricole intensive che fanno della Pianura Padana una delle aree più densamente popolate e industrializzate. La conseguenza è l’emissione di grandi quantità di sostanze inquinanti derivanti dalle attività industriali, agricole e zootecniche, dall’alto numero di veicoli circolanti e dal riscaldamento delle abitazioni. Come faceva notare l’Agenzia per l’Ambiente dell’Unione Europea in un rapporto sull’inquinamento dell’aria pubblicato lo scorso 25 gennaio, “l'Europa centro-orientale e l'Italia registrano le maggiori concentrazioni di polveri sottili, dovute principalmente alla combustione di combustibili fossili per il riscaldamento domestico e al loro utilizzo nell'industria”.
Le conseguenze sulla salute
Già ai tempi della pandemia si era molto parlato degli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute degli abitanti, quando alcuni studi avevano cercato di individuare una possibile correlazione con un più alto tasso di malattie legate al nuovo coronavirus in aree particolarmente inquinate.
Secondo l’OMS, l’inquinamento atmosferico è tra le principali cause di malattie cardiovascolari e di morti premature. In particolare, gli inquinanti che hanno dimostrato di avere effetti sulla salute sono il particolato, l'ozono, il biossido di azoto e il biossido di zolfo. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che quasi tutta la popolazione mondiale (99%) respira aria che supera il limite di 5 microgrammi per metro cubo d’aria e contiene alti livelli di inquinanti. A livello globale, l’OMS stima che l'inquinamento atmosferico sia responsabile di circa 7 milioni di morti premature all'anno per cardiopatia ischemica, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cancro ai polmoni e infezioni respiratorie acute come la polmonite, che colpiscono soprattutto i bambini dei paesi a basso e medio reddito.
In base a un recente studio dell’Agenzia per l’Ambiente dell’UE (EEA), il particolato sottile ha causato la morte prematura di 253.000 persone nel 2021 nei paesi UE, a cui si aggiungono 52.000 morti per l’esposizione all’inquinamento da biossido di azoto e 22.000 per l’esposizione all’inquinamento da ozono.
Inoltre, l’esposizione all’inquinamento atmosferico provoca malattie non solo di carattere respiratorio, che significa anche un aumento del carico (e dei costi) sul settore sanitario. Una situazione simile a quella osservata durante la pandemia. Nel 2019, prosegue l’EEA l'esposizione al PM2,5 ha causato 175.702 anni vissuti con disabilità (YLD) a causa della broncopneumopatia cronica ostruttiva in 30 paesi europei. Allo stesso tempo, l'esposizione al biossido di azoto ha causato 175.070 anni vissuti con disabilità dovuti al diabete mellito (noto anche come diabete di tipo 2) in 31 paesi europei. Nello stesso anno, 12.253 persone in 23 paesi europei sono state ricoverate in ospedale per infezioni alle vie respiratorie inferiori dovute all'esposizione acuta all'ozono.
Per quanto riguarda l'Italia, le morti attribuibili alle polveri sottili sono quasi 47mila, quelle al biossido di azoto oltre 11mila e quelle all'ozono oltre 5mila. Un totale di circa 63mila persone, 28mila in meno rispetto al 2009, a testimonianza di una maggiore attenzione all’inquinamento atmosferico ma lontano dall’obiettivo UE di dimezzare le morti premature entro il 2030.
I dati più recenti forniti dal Ministero della Salute risalgono al 2015. All’epoca il Ministero stimava circa 30mila decessi all’anno riconducibili al particolato fine (PM2.5), un accorciamento dell’aspettativa di vita di 10 mesi per gli abitanti esposti all’inquinamento atmosferico e la possibilità di salvare 11mila vite all’anno rispettando i limiti previsti dalle direttive europee.
E l’Italia? È solo questione di sfortuna per la geomorfologia della Pianura Padana?
Seppur tardivamente, anche questa volta alcune province della Pianura Padana hanno adottato delle misure temporanee per ridurre i livelli di smog. Tra questi, il divieto di combustione e di accensione di fuochi all’aperto, l’obbligo di mantenere il riscaldamento di case, uffici e negozi entro i 19 °C e, nei Comuni con più di 30mila abitanti, tutti i giorni dalle 7:30 alle 19:30, la limitazione della circolazione di tutti i veicoli Euro 0 e 1 di qualsiasi alimentazione, e dei veicoli Euro 2, 3 e 4 a gasolio. I divieti resteranno in vigore fino a quando i valori saranno rientrati entro i livelli limiti per due giorni di seguito (o per un giorno con previsioni meteorologiche sfavorevoli all’accumulo degli inquinanti).
Se è vero che le particolari caratteristiche della Pianura Padana contribuiscono alle alterazioni della qualità dell'aria, incidendo sulla salute dei suoi abitanti, le sue condizioni geografiche e meteorologiche uniche costituiscono una sfida ambientale persistente che richiede interventi a breve e lungo termine. In altre parole, dato che l'orografia dobbiamo tenercela, bisogna agire sui fattori che possiamo cambiare.
I veicoli a combustione sono una delle principali sorgenti di PM2.5 e PM10. Dato che l'orografia dobbiamo tenercela, bisogna agire sui fattori che possiamo cambiare. Se c'è un'area dove l'elettrificazione dei trasporti dovrebbe correre è proprio la pianura padana. pic.twitter.com/wVbqjsdL8n
— Antonio Scalari (@tonyscalari) February 19, 2024
Cosa fare, dunque? Secondo l’OMS, la riduzione dell’inquinamento atmosferico richiede interventi a breve e lungo termine. La qualità dell'aria è strettamente legata al clima e agli ecosistemi della Terra a livello globale. E quindi la priorità è ridurre le emissioni di gas serra, contribuendo “alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alla riduzione del carico di malattia all'inquinamento atmosferico”.
Le fonti di inquinamento atmosferico – prosegue l’OMS – sono molteplici e specifiche per ogni contesto. Considerato che “le principali fonti di inquinamento esterno includono l'energia residenziale per cucinare e riscaldare, i veicoli, la produzione di energia, l'agricoltura, l’incenerimento dei rifiuti e l'industria, le politiche e gli investimenti a sostegno di un uso sostenibile del territorio, di un'energia e di trasporti domestici più puliti, di abitazioni efficienti dal punto di vista energetico, della produzione di energia, dell'industria e di una migliore gestione dei rifiuti urbani possono ridurre efficacemente le principali fonti di inquinamento dell’aria e dell’ambiente”.
In questa direzione va lo Zero Pollution Action Plan dell’UE. Il piano punta a ridurre entro il 2030 il numero di decessi prematuri causati dall'inquinamento atmosferico nell'UE di almeno il 55% rispetto al 2005; del 30% la percentuale di persone cronicamente disturbate dal rumore dei trasporti; del 25% gli ecosistemi dell'UE in cui l'inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità; del 50% le perdite di nutrienti, l'uso e il rischio di pesticidi chimici, l'uso di quelli più pericolosi e la vendita di antimicrobici per gli animali da allevamento e in acquacoltura; del 50% di rifiuti di plastica in mare e del 30% di microplastiche rilasciate nell'ambiente; in modo significativo la produzione totale di rifiuti e del 50% i rifiuti urbani residui.
L’obiettivo del piano è trasformare i modi di produzione e orientare gli investimenti verso l’“inquinamento zero” senza rallentare tutte le attività economiche come avvenuto con i lockdown.
A settembre il Parlamento Europeo ha approvato un testo di Direttiva sulla qualità dell’aria, con l'obiettivo principale di avvicinare gli standard dell’UE alle raccomandazioni dell'OMS, che dovrà essere ora valutato dal Consiglio europeo e negoziato nuovamente con il Parlamento. Dagli anni ‘80 l’UE ha adottato politiche rigorose sulla qualità dell'aria per 12 inquinanti atmosferici. I paesi Ue sono chiamati a rispettare i propri impegni nazionali per la riduzione delle emissioni di cinque importanti inquinanti atmosferici: ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), biossido di zolfo (SO2), ammoniaca (NH3) e particolato fine (PM2,5).
Come ricostruisce il giornalista ambientale Rudi Bressa, l’Italia, o meglio i governatori di Piemonte, Lombardia e Veneto, ha provato in diverse occasioni a ridurre l’impatto della direttiva. Scrive Bressa: “A fine maggio 2023 i governatori di Piemonte, Lombardia e Veneto sono volati a Bruxelles per presentare una controproposta: trasformare i limiti imposti per legge ai vari inquinanti in semplici valori obiettivo, il che priverebbe di tutela larghe fasce di cittadini, rendendo allo stesso tempo impossibile perseguire le violazioni per via giudiziaria”.
Alcuni mesi prima, a febbraio 2023, prosegue Bressa, i tecnici lombardi hanno presentato alla riunione del Comitato delle Regioni Europee dei dati e documenti per sostenere che “il raggiungimento dei limiti previsti dalla proposta sarebbe impossibile anche se intere regioni padane e ogni attività, venissero letteralmente spente”. Insomma, le stesse tattiche utilizzate per depotenziare la transizione ecologica: “ormai è troppo tardi, l’impresa è immane, non vale la pena”. Infatti, scrive Bressa: “Il leitmotiv usato è lo stesso per la transizione ecologica, e per tutti coloro che in qualche modo stanno tentando di affossare il Green Deal: ‘Feasibility, timing, responsibility’, ovvero fattibilità, tempistica e responsabilità. (...) In questa situazione, l’Italia ha sin dall’inizio osteggiato il testo della Direttiva, con in testa proprio le regioni padane, prediligendo i soliti compromessi politici”.
Nel frattempo, a febbraio 2024 è stato pubblicato uno studio secondo il quale rinviare di 10 anni la nuova direttiva e il rispetto dei nuovi limiti sulla qualità dell’aria significherebbe 330mila vittime in più. Un terzo della mortalità aggiuntiva, oltre 100mila persone, si verificherebbe in Italia (qui un’intervista a Francesco Forastiere, visiting professor all’Imperial College di Londra, che ha contribuito allo studio). È vero, conclude Bressa, che “negli ultimi 30 anni l’aria è migliorata, grazie anche a quelle direttive di ormai 15 anni fa che devono essere riviste”. Ma “non basta la scienza, non bastano gli appelli dei cittadini, non bastano le proposte delle associazioni”, quel che conta è che “chi dovrebbe fare gli interessi di tutti i cittadini”, non decida “di guardare semplicemente da un’altra parte”. E non ripetere gli errori già fatti nella gestione della pandemia.
Immagine in anteprima: Mix di nebbia e smog che ricopre la Pianura Padana in una foto della Missione Copernicus Sentinel-3 del 29 gennaio 2024 via ESA