Continuano le proteste in India per il presunto stupro e l’uccisione di una bambina di 9 anni
3 min letturaProteste in strada e una crescente indignazione sono montate in India dopo il caso di un presunto stupro e omicidio di una bambina di 9 anni appartenente alla comunità Dalit, il gruppo più oppresso nel sistema indù di gerarchia delle caste. Durante le manifestazioni nella capitale indiana Delhi, che hanno visto la presenza di centinaia di persone, i manifestanti hanno marciato con cartelli con la scritta "Giustizia per la figlia dell'India".
Secondo quanto riportato dalla polizia sulla base di quanto dichiarato dai genitori della vittima, nel pomeriggio di domenica 1 agosto, la bambina che abitava con la famiglia in una casa a Delhi Cantonment, nel sud-ovest di Delhi, è andata a prendere dell'acqua fredda dal refrigeratore installato in un crematorio vicino casa. Mezz'ora dopo che la ragazzina era uscita di casa, il sacerdote del crematorio, Radhey Shyam, e tre suoi dipendenti hanno chiamato la madre, mostrandole il cadavere della bambina, con diversi lividi su tutto il corpo, e dicendole che la bambina era stata fulminata a morte mentre beveva l'acqua dal refrigeratore. Gli uomini avrebbero chiesto inoltre alla donna di non informare la polizia di quanto accaduto, sostenendo che durante l'autopsia sarebbero stati venduti gli organi della figlia. Successivamente i quattro uomini hanno cremato gran parte del corpo della bambina. Il fatto ha però suscitato proteste nel villaggio dove la famiglia vive. Quella stessa notte, la polizia ha arrestato i quattro uomini accusandoli di omicidio, stupro e intimidazione criminale. Poiché il corpo della ragazza è stato in parte cremato, i medici legali non hanno potuto accertare nulla in base alle parti rimanenti del corpo. La polizia sta così portando avanti le indagini analizzando altre possibili prove.
दिल्ली में 9 साल की मासूम के साथ हैवानियत के बाद हत्या बेहद शर्मनाक है। दिल्ली में कानून-व्यवस्था दुरुस्त किए जाने की ज़रुरत है। दोषियों को जल्द से जल्द फांसी की सज़ा मिलनी चाहिए।
कल पीड़ित परिवार से मिलने जा रहा हूं, न्याय की इस लड़ाई में परिवार की हर संभव मदद करेंगे।
— Arvind Kejriwal (@ArvindKejriwal) August 3, 2021
Martedì 3 agosto, dopo aver ricevuto accuse per non aver espresso una posizione su quanto accaduto, Arvind Kejriwal, primo ministro di Delhi, su Twitter ha scritto che "l'omicidio di una bambina di 9 anni a Delhi (...) è estremamente vergognoso", chiedendo la condanna a morte per i colpevoli e annunciando che il giorno dopo avrebbe incontrato "la famiglia della vittima": "Farò tutto il possibile per aiutarla in questa lotta per la giustizia". Shaktisinh Gohil, membro del partito Congresso nazionale indiano, ha chiesto che quanto accaduto venisse discusso in Parlamento.
Il caso ha risvegliato nel paese l'indignazione per i crimini sessuali che si verificano contro le donne e per il trattamento riservato a coloro che si trovano nell'ultima posizione del sistema di caste del paese, da cui la bambina proveniva. Come spiega la CNN, "il sistema delle caste in India è stato ufficialmente abolito nel 1950, ma l'antica gerarchia sociale imposta alle persone per nascita esiste ancora in molti aspetti della vita quotidiana. Il sistema delle caste classifica gli indù alla nascita, definendo il loro posto nella società, quali lavori possono svolgere e chi possono sposare".
Secondo il National Crime Records Bureau – agenzia governativa indiana responsabile della raccolta e dell'analisi dei dati sulla criminalità nel paese – nel 2019 sono stati segnalati oltre 32.000 casi di presunto stupro, uno ogni 17 minuti circa. Ma per diversi esperti il numero reale è probabilmente più alto, a causa della vergogna legata alla denuncia di aggressioni sessuali e delle barriere sociali affrontate dalle vittime, riporta sempre la CNN. I numeri poi aumentano se si prendono in considerazione altri crimini contro le donne, come molestie sessuali, tentato stupro o altri tipi di aggressione. L'Associated Press scrive inoltre che, come denunciato dalle organizzazioni indiane per i diritti, le donne che si trovano al livello più basso della gerarchia delle caste indù sono particolarmente vittime di violenza sessuale e di altri genere di atti di violenza. A inizio ottobre, nello stato settentrionale dell'Uttar Pradesh, una ragazza di 22 anni appartenente alla comunità dalit è morta per le gravi ferite riportate dopo essere stata presumibilmente stuprata da un gruppo di uomini. Lo stesso giorno, un'altra ragazza dalit di 19 anni è deceduta nel distretto di Hathras, sempre nell'Uttar Pradesh, dopo aver subito uno stupro di gruppo da parte di quattro uomini di una casta superiore.
Negli ultimi dieci anni, dopo una serie di stupri e omicidi di donne ripresi anche dai media internazionali, le leggi indiane sullo stupro sono state modificate più volte. Secondo gli attivisti dei diritti però le norme esistenti non riescono ancora a proteggere le donne da aggressioni e stupri. «La brutalità di questo fatto è barbara oltre ogni parola. E la parte più triste è che incidenti come questi non sono rari. Vediamo casi in cui le donne Dalit vengono uccise, violentate e torturate ogni giorno... Solo poche vengono alla ribalta», ha detto Yogita Bhayana, fondatrice del gruppo per i diritti delle donne People Against Rapes in India. «La violenza sessuale contro le donne, in particolare quelle provenienti da classi più povere, è comune in questo paese», ha dichiarato ad Al Jazeera l'attivista per i diritti delle donne di New Delhi Suman Dixit. Sempre ad Al Jazeera Prithviraj Singh, ex direttore generale della polizia nello stato indiano di Himachal Pradesh, ha affermato che in India il sistema di giustizia penale e la polizia hanno bisogno di una riforma per prevenire tali crimini: «Il sistema serve i ricchi e i potenti. Deve cambiare».
Foto in anteprima via @KulishaM