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India: le proteste degli agricoltori, la chiusura di Internet e la richiesta del governo di bloccare diversi account Twitter: “Si sta uccidendo la democrazia”

2 Febbraio 2021 9 min lettura

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India: le proteste degli agricoltori, la chiusura di Internet e la richiesta del governo di bloccare diversi account Twitter: “Si sta uccidendo la democrazia”

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Da una settimana in alcune zone in prossimità della capitale dell'India, Nuova Delhi, è in corso un blocco dei servizi di telefonia mobile.

Martedì scorso il dipartimento dell'Informazione e delle Pubbliche Relazioni dello Stato di Haryana ha sospeso i servizi in tre suoi distretti. Nonostante sia stato inizialmente detto che il blocco sarebbe durato soltanto 24 ore non solo è stato prorogato ma addirittura esteso a 14 dei 22 distretti dello Stato di Haryana per questioni di pubblica sicurezza.

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Quattro giorni dopo, il ministero degli Interni indiano ha disposto la sospensione dei servizi di telefonia mobile in tre aree al confine con la capitale Nuova Delhi, Singhu, Ghazipur e Tikri, dove gli agricoltori sono accampati da più di due mesi per protestare contro le nuove leggi sull'agricoltura approvate lo scorso settembre senza che siano stati preventivamente consultati.

Da lunedì sera Internet è stato ripristinato soltanto in sette distretti dello Stato di Haryana e circa 250 account Twitter sono stati bloccati (e poi resi accessibili qualche ora dopo) su richiesta del governo, inclusi quelli della rivista The Caravan, di alcuni membri dei partiti di opposizione e di vari agricoltori che stanno partecipando alle manifestazioni di protesta.

Una fonte del ministero per l'Innovazione Tecnologica ha dichiarato a Bhuvan Bagga dell'agenzia di stampa AFP che il governo aveva presentato al social network una richiesta ufficiale di intervento su circa 250 account Twitter e tweet perché rappresentavano una "grave minaccia per l'ordine pubblico".

L'ONG Reporter Senza Frontiere ha criticato le sospensioni che ha definito un "caso scioccante di censura palese". "Ordinando questi blocchi, il ministero degli Interni si comporta come un ministero della Verità orwelliano che vuole imporre la propria narrativa sulle proteste degli agricoltori", ha commentato.

Secondo quanto riportato da Twitter – riferisce Billy Perrigo su Time – rappresentanti dell'azienda si sono poi incontrati con funzionari del governo per ribadire che i tweet costituiscono libertà di parola.

La richiesta legale del governo indiano ha messo Twitter – prosegue Perrigo – in una posizione difficile. Se da un lato le aziende devono rispettare le leggi previste nei paesi in cui operano, dall'altro, in molti Stati, leader autoritari usano le norme vigenti per intimidire le voci dell'opposizione costringendo, a volte, le aziende tech, che normalmente sostengono il valore della libertà di parola, a censurare.

Le restrizioni alla rete di questi giorni sarebbero dovute, quindi, ai violenti scontri avvenuti tra polizia e agricoltori.

La protesta è esplosa martedì 26 gennaio, in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica Indiana, quando un raduno di trattori si è concluso con la morte di un manifestante 25enne, Navneet Singh, e il ferimento di centinaia di persone tra manifestanti e agenti di polizia che hanno usato manganelli e gas lacrimogeni contro la folla.

Dimostranti hanno preso d'assalto il Forte Rosso – il più grande monumento di Delhi – scalandone le pareti e issando la bandiera del Khalistan, il movimento separatista dei sikh.

I leader degli agricoltori hanno successivamente affermato che i gruppi violenti che hanno preso d'assalto il palazzo storico, dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco, non facevano parte del loro movimento.

Secondo quanto dichiarato da Samyukta Kisan Morcha, una coalizione di sindacati che rappresenta gli agricoltori, più di 100 manifestanti risulterebbero ancora dispersi.

Alla chiusura di Internet i manifestanti hanno reagito con rabbia. Un agricoltore, Sandee Sharma, ha accusato i funzionari di cercare di "creare panico" mentre un altro, Bhavesh Yadav, ha detto che in questo modo "si sta uccidendo la democrazia".

Venerdì scorso altri disordini sono scoppiati a Singhu, quando un gruppo di uomini non identificati si è avvicinato agli agricoltori e avrebbe detto loro di andarsene.

Gli agricoltori sostengono che gli uomini gli abbiano lanciato pietre e distrutto le loro tende. Diverse sono state le segnalazioni di feriti. Secondo i media indiani si sarebbe trattato di residenti locali che hanno accusato i manifestanti di disturbare la quiete pubblica e di danneggiare l'economia locale.

Il giorno successivo, sabato, è stato proclamato uno sciopero della fame in concomitanza con l'anniversario della morte del Mahatma Gandhi, a dimostrazione della non violenza del movimento.

Come spiega BBC News, circa la metà della popolazione dell'India è impegnata nel settore dell'agricoltura che rappresenta appena un sesto del prodotto interno lordo (PIL) del paese.

Secondo gli agricoltori le leggi proposte dal governo del primo ministro Narendra Modi allentano le regole sulla vendita, i prezzi e lo stoccaggio dei prodotti agricoli che per decenni li hanno tutelati dal libero mercato. I provvedimenti, inoltre, minaccerebbero concessioni vecchie di decenni – come i prezzi garantiti – e indebolirebbero il potere contrattuale degli agricoltori lasciandoli allo sfruttamento delle aziende private.

Il primo ministro indiano Narendra Modi continua a difendere le riforme che i sindacati equiparano a una "condanna a morte" per gli agricoltori.

Da parte sua il governo fornisce sussidi agli agricoltori, li esenta dal pagamento delle tasse e dall'assicurazione sul raccolto, garantisce un prezzo minimo per molti raccolti e rinuncia a riscuotere i debiti.

Tuttavia gli undici cicli di colloqui tra sindacati agricoli e governo non sono riusciti, finora, a sbloccare la situazione. Il governo si è offerto di sospendere le leggi per 18 mesi, ma gli agricoltori hanno replicato di non voler porre fine alle proteste fino a quando i provvedimenti non saranno abrogati.

Il mese scorso, la Corte suprema dell'India ha emesso un'ordinanza che ha sospeso le tre leggi e ha previsto la formazione di un comitato di mediazione composto da quattro membri per aiutare le parti a negoziare. I leader degli agricoltori hanno respinto qualsiasi comitato di mediazione nominato dal tribunale.

Secondo Samyukta Kisan Morcha sarebbero almeno 147 gli agricoltori morti nel corso dei mesi di proteste per cause varie, tra cui suicidio, incidenti stradali e esposizione al freddo. Le autorità non hanno fornito una cifra ufficiale sulle morti dei manifestanti.

Sulla chiusura di Internet dura è stata la condanna di Darshan Pal, leader di Samyukta Kisan Morcha, che ha definito la mossa "antidemocratica".

«Il governo non vuole che la realtà dei fatti giunga agli agricoltori che protestano, né che la loro condotta pacifica sia diffusa nel mondo», ha detto Pal in una dichiarazione rilasciata domenica.

«Vuole diffondere le sue falsità sugli agricoltori. E ha anche paura del coordinamento dei sindacati in diversi siti di protesta, ecco perché sta cercando di bloccare i mezzi di comunicazione».

Intanto altri agricoltori si stanno unendo alle proteste, ha dichiarato Paramjeet Singh Katyal, uno dei portavoce di Samyukta Kisan Morcha. «Generalmente i gruppi dei vari villaggi lavorano l'uno contro l'altro, ma questa volta sono uniti per la lotta comune», ha spiegato.

L'India non è nuova ai blackout di Internet. Nel 2019, il governo ne ha imposto uno nel Kashmir controllato dall'India, dopo la cancellazione dell'autonomia della regione.

Nello stesso anno, le autorità hanno sospeso Internet in altre aree, incluse alcune zone di Nuova Delhi, quando si sono levate proteste diffuse contro una controversa legge sulla cittadinanza considerata da molti discriminatoria nei confronti dei musulmani.

Alcune sospensioni di Internet operate nei confronti di privati sono state contestate nei tribunali e sono in corso tentativi di modifica delle leggi del paese per rendere le ordinanze di questi blackout più difficili da ottenere.

Il tentativo di mettere a tacere le voci del dissenso da parte delle autorità investe anche la libertà di stampa nel paese.

Almeno nove giornalisti sono stati accusati di aver denunciato che la polizia di Nuova Delhi abbia sparato mortalmente alla testa di Navneet Singh, il giovane morto il 26 gennaio scorso, nonostante le autorità abbiano affermato che non siano stati sparati colpi.

La polizia ha negato qualsiasi coinvolgimento affermando che Singh era tra quelli che avevano usato un trattore per travolgere le barriere della polizia e che sia morto a causa del ribaltamento dell'autoveicolo.

Tuttavia, le riprese fotografiche e il video del corpo esanime di Singh, così come l'autopsia, indicano che abbia riportato una ferita alla testa compatibile con un colpo mortale da arma da fuoco.

I testimoni e i familiari di Singh sostengono che il giovane sia deceduto dopo che la polizia gli ha sparato mentre guidava il trattore che poi si è ribaltato.

Come riportato da CNN, sabato scorso, Mandeep Punia, un giornalista freelance che si occupa di movimenti di protesta, è stato arrestato al confine tra Nuova Delhi e Haryana, secondo quanto riferito dal suo avvocato, Akram Khan.

Per l'uomo è stata disposta una custodia cautelare di 14 giorni per aver impedito a un dipendente pubblico di adempiere al suo dovere e per aver volontariamente causato ferite e aggressioni.

"L'accusato stava semplicemente svolgendo i suoi doveri giornalistici e un altro giornalista, che è stato arrestato insieme a lui, è stato rilasciato intorno a mezzanotte", si legge nel documento presentato per la richiesta di libertà su cauzione.

La polizia di Nuova Delhi sostiene, invece, che Punia era provvisto di documento di riconoscimento quando è stato coinvolto in una colluttazione tra abitanti del villaggio e manifestanti e che avrebbe incitato gli agricoltori e preso a spintoni gli agenti di polizia.

Devdutta Mukhopadhyay della ONG Internet Freedom Foundation, che si occupa di difendere la libertà online in India, ha dichiarato che il governo sta usando misure "estremamente draconiane" e che la sospensione di Internet è un provvedimento sproporzionato. L'impossibilità di accesso a Internet, che rimane limitato nella maggior parte dello Stato di Haryana, colpisce non solo i manifestanti ma anche i cittadini che sono costretti a lavorare e a studiare da casa a causa della pandemia di coronavirus.

Mukhopadhyay ha aggiunto che varie sono state le segnalazioni di violazioni compiute contro i manifestanti e che è estremamente importante che gli agricoltori presentino la loro versione dei fatti poiché un'informazione non equilibrata potrebbe favorire un'opinione negativa nella popolazione.

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Il blocco potrebbe costituire, quindi, un "precedente molto pericoloso", ha aggiunto.
"Non si stanno eliminando post o determinate pagine ritenute false o provocatorie, si sta bloccando il mezzo di comunicazione."

La scorsa settimana, il partito del Congresso Nazionale Indiano, insieme ad altri 15 partiti dell'opposizione, ha scritto una lettera congiunta, condannando il modo in cui i manifestanti sono trattati dal governo del primo ministro Modi, definendo la sua risposta "arrogante, inflessibile e antidemocratica".

Foto anteprima via @SimranRoohi

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