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India, la protesta di migliaia di contadini contro le liberalizzazioni del governo Modi non si ferma: “Pronti allo sciopero nazionale”

7 Dicembre 2020 8 min lettura

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India, la protesta di migliaia di contadini contro le liberalizzazioni del governo Modi non si ferma: “Pronti allo sciopero nazionale”

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Vittoria dei contadini. Il premier indiano Modi annuncia la revoca della riforma agraria

Aggiornamento del 22 novembre 2021: Dopo 358 giorni di mobilitazioni e scontri, i contadini ce l'hanno fatta.

Il premier indiano Narendra Modi ha annunciato l'abrogazione entro la fine della sessione invernale del parlamento (che inizierà alla fine di questo mese) delle tre controverse leggi di riforma del settore agricolo che hanno provocato manifestazioni ininterrotte per un anno.

Se per il governo le misure erano volte alla liberalizzazione del comparto dell’agricoltura a vantaggio dei contadini, per gli agricoltori avrebbero favorito lo sfruttamento da parte della grande distribuzione che avrebbe cercato di far abbassare i prezzi minimi garantiti.

Contro l'adozione senza consultazione preventiva con i sindacati delle tre “leggi nere”, migliaia di contadini si erano accampati alla periferia di Delhi dal novembre dello scorso anno. Più di 700 sono morti durante le proteste.

L'annuncio del tutto inaspettato di venerdì scorso segna un'importante inversione di marcia. Negli ultimi mesi nessuna iniziativa governativa era stata intrapresa per facilitare il dialogo con gli agricoltori mentre proseguiva la campagna di diffamazione da parte dei media di Stato.

Per i sindacati agricoli si tratta di una grande vittoria. Per gli analisti a far cambiare idea all'esecutivo indiano sono state le imminenti elezioni statali che si terranno il prossimo anno nel Punjab e nell'Uttar Pradesh, il cui elettorato è formato prevalentemente da agricoltori. La mossa di Modi sarebbe quindi strategica e politica e un'ammissione tardiva della fretta con cui sono stati approvati i provvedimenti e della prepotenza del governo. Abrogando le leggi, Modi spererebbe di riconquistare la fiducia degli agricoltori in generale e dei sikh in particolare aumentando il gradimento nei sondaggi del suo partito, il Bharatiya Janata Party, anche in vista delle elezioni parlamentari del 2024.

La notizia dell'abrogazione è stata annunciata nel giorno in cui la comunità sikh – la più vasta nel Punjab – celebra l'anniversario della nascita di Guru Nanak, il fondatore del sikhismo.

Nel discorso televisivo alla nazione, Modi ha dichiarato che le leggi sull'agricoltura avevano lo scopo di rafforzare i piccoli agricoltori. «Ma nonostante i diversi tentativi di spiegare gli effetti benefici agli agricoltori, abbiamo fallito. In occasione della festività di Guru Nanak Gurpurab il governo ha deciso di abrogare le tre leggi agricole», ha aggiunto.

«Faccio appello a tutti gli agricoltori che hanno preso parte alle proteste di tornare a casa, dai vostri cari, nelle vostre fattorie e dalle vostre famiglie. Ricominciamo da capo e andiamo avanti», ha detto.

Gli agricoltori del Punjab e dell'Haryana hanno accolto la notizia sventolando bandiere e distribuendo dolci. Per loro, però, la lotta non è ancora finita. Continueranno a manifestare fino a quando le leggi non saranno definitivamente abrogate in parlamento e il governo prometterà prezzi minimi garantiti per i loro raccolti.

Migliaia di manifestanti hanno protestato domenica contro le leggi sull'agricoltura varate un anno fa in India

Aggiornamento 9 settembre 2021: Non si fermano le proteste degli agricoltori in India.

Domenica 5 settembre in centinaia di migliaia si sono radunati nel distretto di Muzaffarnagar, a Uttar Pradesh, lo Stato più popolato dell'India che ospita 240 milioni di persone, nella più grande delle manifestazioni organizzate a oltranza negli ultimi mesi per spingere il governo del primo ministro Narendra Modi ad abrogare tre nuove leggi sull'agricoltura attualmente sospese dalla Corte suprema.

Secondo la polizia locale erano più di 500.000 gli agricoltori che hanno partecipato alla manifestazione. Donne e uomini con sciarpe gialle e verdi al collo – a simboleggiare i campi di raccolta in generale e quelli di senape – hanno sventolato per ore bandiere nazionali e dei sindacati dei contadini.

Per Rakesh Tikait, uno dei leader di spicco degli agricoltori, la manifestazione darà nuova linfa alle contestazioni.

«Intensificheremo la nostra protesta andando in ogni singola città e paese di Uttar Pradesh per trasmettere il messaggio che il governo di Modi è contro gli agricoltori», ha aggiunto.

Negli ultimi otto mesi, decine di migliaia di agricoltori si sono accampati sulle principali autostrade che conducono alla capitale Nuova Delhi nella protesta più lunga di sempre contro il governo.

Per gli agricoltori i provvedimenti proposti da Modi allentano le regole sulla vendita, i prezzi e lo stoccaggio dei prodotti agricoli che per decenni li hanno tutelati dal libero mercato.

L'agricoltura è un settore di importanza strategica in India perché sostiene quasi la metà degli oltre 1,3 miliardi di abitanti del paese e rappresenta circa il 15% dell'economia.

Balbir Singh Rajewal, un altro esponente di rilievo degli agricoltori, ha dichiarato che la manifestazione di domenica è solo un avvertimento per Modi e il suo Bharatiya Janata Party (BJP), che spera di mantenere il potere all'inizio del prossimo anno alle elezioni dell'assemblea legislativa di Uttar Pradesh, spesso viste come un termometro della popolarità del governo federale.

«Il nostro messaggio è molto chiaro: abrogare le leggi o affrontare la sconfitta alle prossime elezioni», ha detto.

La Corte Suprema indiana blocca l'attuazione delle nuove leggi sull'agricoltura

Aggiornamento 12 gennaio 2021: La Corte Suprema indiana ha bloccato l’attuazione delle nuove leggi agricole che hanno scatenato proteste che durano da oltre un mese al confine con la capitale New Delhi. Si tratta, scrive il New York Times, di una "battuta d'arresto per il governo del primo ministro Narendra Modi". I giudici hanno stabilito la sospensione delle norme fino a quando un comitato di esperti - che sarà nominato a breve - non potrà consultarsi con le autorità governative e con gli agricoltori in protesta per trovare una soluzione.

Sebbene non sia ancora stata rilasciata una posizione ufficiale da parte dei sindacati coinvolti nella protesta, poco dopo la decisione della Corte, A.P. Singh, uno degli avvocati che ne rappresenta alcuni ha parlato di «vittoria degli agricoltori».

Già prima della decisione la Corte Suprema indiana aveva criticato l'atteggiamento del governo e suggerito di sospendere l’attuazione delle leggi. Nel corso di un’audizione, riporta Al Jazeera, il presidente della Corte, Sharad Arvind Bobde, ha affermato di essere «estremamente insoddisfatto dal modo in cui il governo sta gestendo la situazione. Non sappiamo quale processo consultivo sia stato seguito prima delle leggi. Molti Stati sono in rivolta».

Gli agricoltori ritengono che le leggi sarebbero a beneficio dei grandi acquirenti privati e danneggerebbero i produttori. Per questo motivo hanno promesso che continueranno a protestare, organizzando una marcia in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica Indiana il prossimo 26 gennaio. Il governo di Modi, invece, sostiene che le nuove norme servirebbero a modernizzare un sistema agricolo antiquato e ricco di sprechi. L’esecutivo ha inoltre fatto sapere di non contemplare alcun margine sull’abrogazione delle leggi.

Migliaia di contadini indiani da mesi stanno protestando contro le nuove leggi sull'agricoltura volute dal governo Modi a settembre.

Come racconta Matteo Miavaldi su il Manifesto, nelle ultime settimane "decine di migliaia sono accampati al confine della capitale indiana di New Delhi. Provengono dagli Stati limitrofi di Haryana e Punjab, il centro di una mobilitazione nazionale del settore agricolo contro le riforme «liberiste» promosse in fretta e furia a settembre dal parlamento federale. Le parole d’ordine della protesta, che interessa tutti i sindacati del settore tranne l’unica sigla affiliata al Bharatiya Janata Party (Bjp, partito di governo guidato dal premier Narendra Modi), sono «Delhi Chalo»: «Andiamo a Delhi», obiettivo dall’alto valore simbolico per la sterminata forza lavoro agricola indiana protagonista di una contestazione durissima e, al momento, insanabile".

I colloqui con il governo sono falliti in questi giorni, e i contadini sabato scorso, 5 dicembre, hanno annunciato che intensificheranno le loro manifestazioni contro le nuove leggi sull'agricoltura e continueranno a bloccare le principali autostrade alla periferia della capitale. I manifestanti hanno respinto l'offerta del governo di rivedere alcuni aspetti critici delle normative, chiedendone ancora una volta l'abolizione totale e annunciando uno sciopero nazionale per martedì 8 dicembre. Le due parti si incontreranno di nuovo mercoledì.

"Fino a qualche mese fa, - spiega Miavaldi - i contadini potevano vendere solo ai mercati generali territoriali attraverso degli intermediari commerciali che, successivamente, trattavano con le catene di distribuzione statali o private. Il tutto all’interno di un mercato calmierato dal governo, che garantiva ai contadini un prezzo minimo di vendita. Con le liberalizzazioni di settembre, i contadini possono direttamente trattare con compratori statali e privati, senza più vincoli territoriali e senza affidarsi a intermediari".

I contadini hanno così bloccato le autostrade alla periferia di Delhi, temendo che il governo smetterà di comprare il grano a prezzi minimi garantiti e che questo favorirà lo sfruttamento da parte della grande distribuzione, che cercherà di far abbassare i prezzi. Il governo invece è convinto che questa riforma porterà benefici agli agricoltori, permettendogli di commercializzare i loro prodotti e aumentare la produzione attraverso investimenti privati.

Gli agricoltori negli Stati settentrionali del Punjab e dell'Haryana protestano contro le leggi da quasi due mesi. La situazione si è aggravata di recente quando decine di migliaia di persone hanno marciato verso New Delhi e si sono scontrate con la polizia in periferia. Per più di una settimana, hanno marciato verso la capitale sui loro trattori e camion come un esercito, si legge su Al Jazeera, spostando le barricate di cemento della polizia e sfidando gas lacrimogeni, manganelli e cannoni ad acqua.

Queste riforme, spiega sempre Al Jazeera, sono andate ad infiammare una situazione già tesa: gli agricoltori si lamentano da tempo di essere ignorati dal governo rispetto alle loro richieste che vanno dal miglioramento dei prezzi dei raccolti, all'estinzione dei prestiti fino ai sistemi di irrigazione per garantire l'acqua durante i periodi di siccità.

Con quasi il 60% della popolazione indiana che dipende dall'agricoltura per il proprio sostentamento, la crescente rivolta dei contadini ha scosso l'amministrazione e gli alleati di Modi.

Alcuni dei suoi leader di partito hanno definito i contadini “fuorviati” e “anti-patriottici”, un'etichetta spesso data a chi critica Modi o le sue politiche.

Molti leader del partito di opposizione, attivisti e persino alcuni alleati del partito di Modi hanno espresso sostegno a coloro che protestano.

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"Nei paesi occidentali l'agricoltura è una fonte di affari, ma in India l'agricoltura è una fonte di sostentamento", ha detto Abhimanyu Kohar, coordinatore della National Farmer’s Alliance, a Vox. "In India, i contadini non possono vivere senza il loro raccolto".

Gli agricoltori, che hanno portato con sé rifornimenti sufficienti per almeno sei mesi, sono determinati a bloccare le strade fino a quando il governo di Modi non abrogherà le nuove leggi e stabilirà, tra le altre richieste, il prezzo minimo di sostegno.

Immagine anteprima via video Al Jazeera

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