La California travolta dagli incendi: gli effetti devastanti del cambiamento climatico negli Stati Uniti
13 min letturaGli effetti devastanti del cambiamento climatico si stanno abbattendo sotto forma di incendi e uragani negli Stati Uniti da alcune settimane. Brucia anche la Siberia mentre violenti cicloni hanno devastato le isole greche.
Nella parte occidentale degli USA oltre 5 milioni di acri (più di 2 milioni di ettari) sono andati in fumo e la stagione del fuoco è appena agli inizi. Solo lo scorso fine settimana, un'ondata di caldo ha nuovamente colpito la California meridionale: la contea di Los Angeles ha raggiunto i 49 gradi, mentre la Death Valley ha superato i 54 gradi che, se confermati, costituirebbero la temperatura più alta mai registrata sul pianeta.
Questi incendi violenti sono il risultato diretto del cambiamento climatico, spiegano il climatologo, Peter Kalmus, e l’ecologista, Natasha Stavros. Il pianeta è attualmente più caldo di quanto dovrebbe essere di 1 o 1,2 gradi. Questo calore in eccesso – dovuto al consumo di combustibili fossili e alla distruzione delle foreste – rende le ondate di calore più estreme e oltre tre volte più frequenti rispetto agli anni '60, creando le condizioni calde e secche ideali per gli incendi, specialmente negli ecosistemi un tempo più freschi e umidi.
“Il riscaldamento globale – proseguono Kalmus e Stavros – provoca anche lo scioglimento precoce della neve primaverile e aumenta la probabilità che i suoli siano molto secchi e facilmente incendiabili. La siccità e il caldo, a loro volta, stressano gli alberi, rendendoli suscettibili agli attacchi di parassiti come i coleotteri, più resistenti a causa degli inverni più temperati. I coleotteri indeboliscono gli alberi. Centinaia di milioni di alberi secchi e morti non solo bruciano più facilmente, ma scoppiano”.
Quanto sta accadendo in California, Oregon e nello Stato di Washington potrebbe non essere lo scenario peggiore di fronte al quale potremmo trovarci in futuro. Se continueremo a bruciare combustibili fossili e le temperature continueranno ad alzarsi, potremmo andare incontro a un punto di svolta ecologico irreversibile.
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E se, da un lato, uragani, inondazioni, tempeste di fulmini stanno diventando sempre più impetuosi e violenti, le calotte glaciali e i ghiacciai si stanno sciogliendo e il livello dei mari si sta innalzando, costringendo alcune popolazioni con ogni probabilità nei prossimi anni ad abbandonare le proprie terre, dall’altro, gli impatti del cambiamento climatico rimettono in discussione la vita moderna per come l’abbiamo conosciuta finora rispetto all’accesso a beni essenziali come l’acqua potabile e il cibo, alla sostenibilità e sicurezza delle infrastrutture e ai sistemi ecologici in cui viviamo in rapido degrado.
«Il cambiamento climatico sta portando a galla le vulnerabilità presenti nei sistemi che abbiamo progettato», ha detto Kristina Dahl, climatologa a San Francisco per la Union of Concerned Scientists, riferendosi ad alcune delle più grandi infrastrutture pubbliche americane (come il trasporto di enormi quantità di acqua dalle montagne alla costa e da nord a sud e la creazione di quasi 1.500 serbatoi per immagazzinare l'acqua) che hanno permesso alla California di trasformare il suo paesaggio arido e montuoso nel luogo più ricco e popoloso degli Stati Uniti.
La nostra civiltà potrebbe non avere la capacità di resistere agli shock climatici sempre più intensi. E le storie interconnesse con gli incendi che stanno devastando milioni di ettari negli USA occidentali stanno già raccontando tutto questo.
Come sono nati e quanto sono pericolosi gli incendi negli Stati Uniti
Gli incendi che stanno devastando California, Oregon e Washington, nell’Ovest degli Stati Uniti sono tra i peggiori della loro storia. Oltre venti persone sono morte dall’inizio di settembre, quando i forti venti hanno contribuito a innescare nuovi incendi e a propagare quelli già esistenti, lasciando milioni di ettari bruciati e migliaia di strutture distrutte. Intere città sono state rase al suolo e, a causa del fumo, sono state chiuse le foreste nazionali, tra i luoghi più frequentati in questi mesi di pandemia per poter uscire restando distanziati all’aria aperta. I sistemi di emergenza nazionali hanno rischiato di cedere per tenere il passo con la velocità di propagazione delle fiamme.
«Non ho più aggettivi per descrivere la loro intensità e pericolosità», spiega Daniel Swain, scienziato del clima presso l'Institute of the Environment and Sustainability dell'Università della California. Swain ha detto di essere rimasto sbalordito dall’ampiezza e dall’estensione delle fiamme che hanno ridotto in fumo più ecosistemi contemporaneamente: «Ho parlato con una ventina di esperti di incendi e clima e sono tutti senza parole. Non c’è traccia di nulla nella memoria vivente di qualcosa di queste dimensioni».
Sono almeno dieci gli incendi che hanno colpito i tre Stati, in gran parte causati da persone. Come l’“El Dorado Fire”, provocato dai fuochi di artificio sparati da una famiglia per festeggiare la nascita di un bambino e cresciuto fino a superare i 40mila ettari. Altri sono stati innescati da linee di trasmissione di energia elettrica. In Oregon, gli incendi nell’area del Santiam Canyon sono stati generati da alberi che sono caduti e hanno abbattuto le linee elettriche. In altri casi, infine, a causarli sono stati fenomeni naturali, come insolite scariche di fulmini che poi hanno dato origine ad alcuni degli incendi più grandi. Una volta innescati, i forti venti hanno fatto il resto, rendendoli incontrollabili.
Il più grande, denominato “August Complex”, è stato innescato il 17 agosto da un fulmine che ha provocato inizialmente 37 incendi nella foresta nazionale di Mendocino per poi estendersi in cinque contee e bruciare oltre 200mila ettari. È l’incendio più devastante della storia moderna della California.
Sempre in California, da oltre un mese brucia il “North Complex”, originato da un fulmine sempre il 17 agosto. I forti venti di metà settembre hanno favorito una rapida diffusione dell’incendio, distruggendo centinaia di case e strutture delle piccole comunità montane di Berry Creek. Oltre dieci persone sono morte per le fiamme.
Dal 4 settembre brucia la Sierra National Forest. Il “Creek Fire” ha sorpreso tanti escursionisti presenti nella foresta. Oltre 350 persone sono state salvate grazie a missioni di salvataggio in elicottero. L’incendio, contenuto solo negli scorsi giorni, ha distrutto centinaia di strutture.
In Oregon ci sono stati sei incendi. In particolare, tre si sono concentrati nella stessa area intorno alla Catena delle Cascate, al confine con lo Stato di Washington. Il “Riverside Fire”, a meno di 50 chilometri da Portland, ha costretto all’evacuazione di diverse comunità di abitanti e ha distrutto decine di abitazioni. A sud, il “Beachie Creek Fire” e il “Lionshead Fire” sono stati contenuti con difficoltà e hanno mandato in fumo oltre 80mila ettari, provocando la morte di quattro persone.
A nord di Washington, il “Cold Springs Fire” e il “Pearl Hill Fire” hanno distrutto con le loro fiamme in tutto più di 160mila ettari prima di venire circoscritti. Entrambi gli incendi si sono propagati rapidamente a causa dei forti venti e della bassa umidità, uccidendo un bambino di un anno e ferendo gravemente i suoi genitori.
Le immagini dei cieli color arancione e rosso hanno fatto il giro del mondo. Nuvole di cenere e fumo si sono diffuse in tutta la regione e, sebbene la situazione sia migliorata in alcune parti della California, la qualità dell’aria continua a destare preoccupazione.
È praticamente impossibile prevedere quando e dove l’aria sulla costa occidentale tornerà salubre e non è ancora chiaro del tutto quali possano essere le conseguenze del fumo proveniente dagli incendi sulla salute delle persone. «In passato, non abbiamo mai visto una cosa così terribile in così poco tempo. È piuttosto spaventoso se pensiamo che gli incendi si aggiungono alla pandemia», ha commentato la dottoressa Mary Prunicki, a capo della ricerca su salute e inquinamento atmosferico presso il Parker Center for Allergy and Asthma Research della Stanford University.
Generalmente, il fumo degli incendi provoca danni nell’immediato, come stress cardiaco e respiratorio, soprattutto a causa dell’esposizione prolungata. In particolare, aumenta il tasso dei ricoveri per problemi respiratori, infarti e ictus. Tuttavia, secondo alcuni studi, non è possibile escludere la manifestazione di sintomatologie a lungo termine, quando il cielo sarà terso.
Gli incendi, il cambiamento climatico e un pericoloso effetto a catena
Il cambiamento climatico ha contribuito a determinare intensità, velocità di diffusione e dimensioni degli incendi. Come spiegava lo scorso anno John Abatzoglou, professore associato del dipartimento di Geografia dell’Università dell’Idaho, a proposito delle fiamme che avevano devastato la Siberia e l’Africa Centrale, il rapporto tra incendi e cambiamento climatico è come un cane che si morde la coda. Il riscaldamento delle temperature può incrementare l’eventualità che ci siano incendi, “di grandi entità e inarrestabili su scala mondiale”. A loro volta, gli incendi contribuiscono ai cambiamenti climatici perché rilasciano anidride carbonica e possono distruggere alberi e vegetazione che producono ossigeno mentre immagazzinano le emissioni presenti nell’aria.
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Gli incendi di quest’anno sono stati resi più forti da un’ondata di caldo record e sono stati favoriti dalle oscillazioni sempre più estreme nell’Ovest degli Stati Uniti tra clima caldo e secco, quando è probabile che inizieranno a esserci gli incendi, e forti piogge che stimolano la crescita di quella vegetazione che poi diventerà combustibile quando il clima tornerà caldo e secco.
«La California è la fotografia attuale di cosa accadrà presto in tutta l’America. Quello che stiamo vivendo noi in questo momento arriverà alle comunità di tutto il paese», ha detto il Governatore della California, Gavin Newsom. «Se negate il cambiamento climatico, venite in California».
«Questo è un campanello di allarme per tutti noi. L'intensità degli incendi è stata alimentata da una concatenazione di condizioni, tra cui l’elevata velocità del vento, le temperature alte, anni e anni di siccità: una “tempesta di fuoco perfetta”», ha aggiunto la Governatrice dell’Oregon (che non veniva colpito dagli incendi da decenni), Kate Brown.
Quello che stanno sperimentando gli Stati Uniti è molto più di un semplice accumulo di catastrofi isolate, scrivono Thomas Fuller e Christopher Flavelle sul New York Times. Gli USA si stanno trovando di fronte a una sorta di effetto a cascata di una serie di disastri che si sovrappongono, innescandosi o amplificandosi a vicenda.
«È come se un evento abbia iniziato a far rovesciare le tessere di un domino in modi che gli americani non immaginavano. È qualcosa di apocalittico», commenta Roy Wright, fino al 2018 a capo dei programmi di resilienza della Federal Emergency Management Agency.
Gli incendi simultanei in California e Oregon spiegano perfettamente come funziona questo effetto a catena. L’estate torrida ha portato a condizioni di siccità mai sperimentate in precedenza. L’aridità ha contribuito a sua volta a rendere gli incendi stagionali più intensi e di dimensioni maggiori. Gli incendi hanno costretto così migliaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni mentre le compagnie di assicurazione hanno iniziato ad annullare le polizze per i proprietari di casa, con effetti devastanti sul mercato immobiliare. Intanto, la principale fornitrice dello Stato della California di energia elettrica ha smesso di erogare la corrente a decine di migliaia di abitanti. A metà settembre, la Pacific Gas and Electric ha interrotto il servizio a circa 170mila clienti.
A tutto questo poi si aggiungono gli effetti nocivi sull’ambiente, a partire dalle pericolose infiltrazioni di sostanze chimiche nelle falde acquifere e nei serbatoi. Subito dopo gli incendi del 2017 a nord di San Francisco e del 2018 a Paradise, ai piedi della Sierra Nevada, furono trovate all’interno dei sistemi idrici tracce di benzene e altri pericolosi contaminanti, probabilmente a causa della plastica danneggiata dal calore nelle infrastrutture idriche.
All’epoca si scoprirono nelle acque di Paradise livelli di benzene pari a 2mila parti per miliardo. Nella contea di Sonoma, nota regione vinicola della California, alcuni campioni avevano 40mila parti per miliardi. Livelli altissimi, considerato che l’Environmental Protection Agency classifica come pericolosa l'acqua con livelli di benzene superiori a 500 parti per miliardo.
«Eravamo pronti ad abbandonare le nostre abitazioni per il terremoto ma mai avremmo pensato di doverlo fare per scappare da un incendio», racconta Susan Luten, avvocata in pensione a Oakland, vicino alla faglia di Hayward, provocata da un forte sisma.
Da quando sono scoppiati i primi incendi, lei e il marito hanno sistemato le loro valigie vicino alla porta, pronti per andare via: scarpe, un cambio di vestiti, torce elettriche, fischietti, farmaci, banconote e del nastro adesivo. «Abbiamo anche una fune con noi nel caso dovessimo scappare giù per la ripida collina senza dover prendere la macchina». Lei e suo marito hanno già studiato alcune vie di fuga su Google Maps.
«Ormai cuciniamo all’interno anche se fa molto caldo pur di evitare di respirare cenere. Oggi il calore è diminuito, ma il bagliore arancione non ci consente di poter vedere dall’altra parte della strada. Considerato che siamo nel bel mezzo di una pandemia e che la situazione politica non è delle migliori, mi sento un’attrice di un film sulla fine dei giorni», riflette Luten.
Anche Emily Szasz, una studentessa laureata in storia dell'arte a Santa Cruz, sempre in California, ha detto di faticare a riconoscere i luoghi in cui è nata e cresciuta. «Mi sento come se fossi in un posto in cui non sono mai stata prima. In passato, ci sono stati occasionalmente incendi, contenuti in poco tempo. Ma, a memoria, non ricordo 23 giorni consecutivi di cieli arancioni, oppressivi e fumosi, di aver lasciato casa mia con la paura di non tornarci mai più o di altre persone che hanno perso la loro abitazione perché distrutta dalle fiamme sulle montagne qua vicino».
Un docente universitario, quando studiava a Berkeley, a lezione aveva spiegato che probabilmente la California e l'Ovest del paese avrebbero sperimentato gli effetti del cambiamento climatico prima degli altri Stati, ricorda Szasz. Ora quelle parole sono reali. «Il cambiamento climatico è qui e sta cambiando le nostre vite. Ho solo 25 anni e non so quale futuro ci sia per me, per non parlare dei miei potenziali figli e nipoti».
L’inadeguatezza delle politiche di prevenzione degli incendi e la costruzione di abitazioni in aree forestali a rischio
A favorire gli incendi hanno paradossalmente contribuito anche le politiche di contenimento degli incendi fin qui adottate dagli Stati Uniti e la tendenza sempre più marcata negli ultimi 30 anni da parte di molti americani di spostarsi dalle città verso foreste e praterie per poter vivere più a ridosso della natura senza però progettare abitazioni meno impattanti.
«Fino a un secolo fa – spiega il dottor Park Williams, bioclimatologo presso il Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University – abbiamo combattuto il fuoco e ci siamo riusciti anche abbastanza bene in tutti gli Stati Uniti occidentali. Questo però ha fatto sì che in molte aree in cento anni si sia accumulato un mucchio di vegetazione non bruciata che invece avrebbe dovuto bruciare. Così ora, quando in gran parte della California, si originano degli incendi, trovano tante piante che non avrebbero dovuto esserci».
Robert Bonnie, supervisore del servizio forestale degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama, dà un’altra versione. Nel tentativo di favorire la costruzione di nuove abitazioni vicino alle foreste e di mantenere quelle già esistenti, i governi per decenni si sono concentrati sulla soppressione degli incendi che si sono verificati naturalmente, consentendo così l'accumulo di vegetazione diventata poi combustibile per futuri incendi devastanti. E anche quando è stato chiaro che questo approccio era sbagliato, i funzionari hanno continuato a essere riluttanti a ridurre la vegetazione attraverso fuochi controllati.
Questo approccio, spiega Bonnie, ha reso le foreste della California più confortevoli per gli 11 milioni di persone che ora vivono al loro interno, ma li ha anche esposti di più a incendi catastrofici.
Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha invitato lo Stato californiano a “pulire i suoli” ma, osserva Bonnie, la maggior parte delle foreste della California sono di proprietà federale e Trump ha cercato di tagliare le spese per la gestione delle foreste.
Attualmente, il servizio forestale ha programmi per diradare le foreste, rimuovere gli alberi più piccoli e i cespugli. Ma si tratta di interventi modesti a causa dei finanziamenti molto bassi. Il 55% del bilancio dedicato al servizio forestale è destinato alla lotta agli incendi e pertanto i programmi di prevenzione finiscono con l’essere sotto finanziati.
Una soluzione potrebbe essere, come detto, consentire alle foreste e alle praterie di bruciare periodicamente, attraverso incendi controllati provocati intenzionalmente in modo tale da eliminare la vegetazione. Nelle pinete di Ponderosa, raccontano Brad Plummer e John Schwartz sul New York Times, gli incendi di bassa intensità hanno consentito di nutrire gli ecosistemi e aiutare a prevenirne altri invece distruttivi e incontrollabili.
Il ricorso agli incendi controllati come strumento per gestire le foreste richiederà uno sforzo concertato e un cambiamento culturale nell'accettazione del fuoco, proseguono i due giornalisti. Una strada potrebbe essere affidare la gestione di questi programmi alle comunità indigene, che hanno una lunga storia di utilizzo del fuoco per la gestione del paesaggio.
Per quanto riguarda le abitazioni, uno studio ha rilevato che tra il 1990 e il 2015 nelle aree interessate dagli incendi sono state costruite 32 milioni di nuove case. Molte di queste avevano spazi esterni con arbusti e giardini, tutti potenziali combustibili per eventuali incendi.
Nel 1990, dopo che il “Painted Cave Fire” ha colpito Santa Barbara, in California, bruciando 427 case e uccidendo una persona, la vicina comunità di Montecito (attualmente interessata dagli incendi di agosto e settembre) è intervenuta. Il distretto locale di protezione antincendio ora lavora con i residenti per progettare case in grado di poter evitare di essere distrutte, diradando la posizione degli arbusti presenti e prevedendo delle aree che facilitino, ad esempio, i soccorsi dei vigili del fuoco.
Nel 2008, la California ha adottato regole che impongono alle nuove case in aree ad alto rischio di incendio di soddisfare degli standard minimi di costruzione. L'anno scorso, Austin, in Texas, una delle città in più rapida crescita nel paese e ad alto rischio di incendi, ha adottato regole severe per il nuovo sviluppo urbano nella zona cuscinetto tra spazio cittadino e foresta. Le nuove case dovranno dotarsi di schermi non combustibili sugli sfiati della soffitta e di uno stoccaggio sicuro di serbatoi di propano.
A Boulder, in Colorado, i funzionari della Contea hanno collaborato con le compagnie di assicurazione a un programma di incentivi istituito dopo che l'incendio del Fourmile Canyon nel 2010 ha bruciato decine di abitazioni. I residenti possono chiedere una consulenza per sapere cosa fare per ridurre il rischio di incendio, come la rimozione di alcuni alberi o la pulizia delle foglie morte dalle grondaie. I proprietari che modificano le abitazioni hanno maggiori possibilità di ottenere l'assicurazione.
Tuttavia, tutti questi interventi restano poco sistematici. Molte comunità sottovalutano il rischio che gli incendi possano arrivare alle loro porte e così si tende a intervenire solo dopo essere stati interessati da eventi tragici. «Fino a quando non accade nel tuo cortile, senti che è tutto molto lontano da te», ha detto Kimiko Barrett, un ricercatore di incendi presso Headwaters Economics, un gruppo di ricerca senza scopo di lucro. «Non pensi al rischio di incendi come qualcosa che ti succederà, finché non accadrà».
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