In diretta dall’Egitto: quanto costa un egiziano
3 min letturaJasmine Isam
@valigiablu - riproduzione consigliata
Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un'AGENZIA DI VIAGGI. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo BLOG che stiamo ospitando da qualche settimana.
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Quanto costa un egiziano
150 pound egiziani, (pari a meno di 20 euro) è quanto è stato dato ai circa 600 delinquenti (o assassini) che mercoledì scorso hanno ucciso con coltelli e spranghe i tifosi della squadra di Al Ahly, a Port Said.
A dirlo uno dei capi dei gruppi criminali, signor Said, che arrestato avrebbe dato nomi, cognomi e modalità di reclutamento della suddetta gentaglia.
Tra i reclutatori e paganti, degno di nota è Gamal Omar, proprietario di numerosi alberghi sul mar Rosso e motonavi sul Nilo.
Gamel Omar, amico intimo della famiglia Moubarak, in particolare di Gamal Moubarak, è indagato per i fatti accaduti allo stadio di Port Said, tra l’altro sua città nativa.
Insieme a lui sono indagati anche due dei membri dell’ex partito di Moubarak.
Questa gente avrebbe quindi pagato solamente 20 euro a ciascun assassino, per fare una strage in uno stadio dove ragazzi di neanche 20 anni guardavano una partita di calcio.
Vale così poco un egiziano agli occhi di queste persone? È così facile spengere una vita, distruggere una famiglia?
Il Popolo egiziano, ancora una volta e più di sempre, non ci sta.
Si sono conclusi sabato i tre giorni di lutto nazionale durante i quali sono stati cancellati eventi, feste e celebrazioni in tutto l’Egitto.
Il canale televiso Al Ahly, di proprietà della squadra, da giovedì trasmette solo preghiere e versi del Corano e, di fronte a tutti i club di proprietà di squadre di calcio egiziane, nei giorni scorsi, sono stati allestiti centri di donazione del sangue.
La squadra di Al Ahly ha deciso che non giocherà per cinque anni nello stadio di Port Said e che non giocherà nessuna partita per i prossimi tre mesi. Il campionato egiziano rimane comunque sospeso.
Da giovedì ad oggi il Popolo egiziano è in completa e totale ribellione.
Venerdì si sono di nuovo riuniti in Piazza Tahrir migliaia di persone che chiedevano giustizia, mentre la sede del Ministero degli interni e le strade ad esso adiacenti sono state occupate dagli ultras e dai manifestanti che da allora sono in lotta con la polizia.
Sono ricominciati i lanci di lacrimogeni, di proiettili di gomma, le sassaiole ed in molti hanno cercato di mettersi tra le due parti per una tregua.
Sono scesi in strada i ragazzi del movimento del 25 Gennaio, che con striscioni pacifici chiedevano ai manifestanti di recarsi a Piazza Tahrir, il vero centro della Rivoluzione.
Sono intervenute le donne, un corteo di “MADRI EGIZIANE”, che si sono recate nelle vie degli scontri a chiedere una tregua, ma a nulla è servito.
Si sono organizzati gruppi di parlamentari, accompagnati dal Movimento del 25 Gennaio, anche loro con la richiesta di andare a Piazza Tahrir ad esternare la loro rabbia.
Questa volta il Popolo è al limite, davvero, la gente è stremata.
Non ce la facciamo più a vedere la morte alla televisione ogni giorno, a guardare le madri piangere figli perduti senza un motivo, tra sofferenze e violenza. L’aria al Cairo è irrespirabile, il dolore ha preso il posto dell’ossigeno.
Il Parlamento, riunitosi d’urgenza giovedì scorso, ha cominciato a prendere delle decisioni.
Nelle prossime ore il clan Moubarak che si trova a Torah, il penitenziario di cui avevamo parlato QUI, sarà finalmente separato.
Ogni personaggio appartente al vecchio governo sarà trasferito per impedire che questa gente possa comunicare tra loro e Hosni, finora in un ospedale 5* al Cairo, sarà finalmente messo agli arresti nell’ospedale penitenziario di Torah.
Questi provvedimenti, nonostante possano risultare importanti, sono per me totalmente inutili.
L’unica cosa che può far ritornare la pace e la tranquillità nel Popolo egiziano è vedere tutta questa gente realmente incriminata, con sentenze rigide e senza appello.
Ad oggi, l’Egitto ha perso tantissimi giovani. Ragazzi intelligenti, che studiavano o lavoravano per mantenersi o mantenere la propria famiglia, giovani egiziani che si preparavano ad affrontare una vita, piccoli pezzi di un puzzle che costruivano con i loro sforzi e i loro sogni.
Tutte queste anime, a cui dobbiamo tantissimo, sono l’unico e vero dolore di questa Rivoluzione.
È impensabile ed inumano pensare che il loro sangue rimanga impunito.
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