In diretta dall’Egitto: Mubarak’s show
3 min letturaJasmine Isam
@valigiablu - riproduzione consigliata
Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un'AGENZIA DI VIAGGI. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo BLOG che stiamo ospitando.
Mubarak's show
Si è conclusa il 22 febbraio l’ultima udienza a porte chiuse per il clan Moubarak ed Habib el Adly, ex Ministro degli interni egiziano.
La data in cui dovrà essere emessa la sentenza finale è stata fissata per il 2 giugno prossimo.
Quel giorno si saprà se per queste persone ci sarà una pena civile oppure una sentenza di pena capitale.
Nonostante questo, nonostante si sia giunti al termine di questa lunga odissea giudiziaria, il Popolo non è soddisfatto.
La data scelta, infatti, è vicinissima a quella delle elezioni presidenziali. Quindi, come da “tradizione” e come è accaduto durante tutto quest’anno di Rivoluzione, tutti si aspettano qualche mossa della Controrivoluzione che oltre a disturbare il Paese, spinga a revocare la sentenza.
Intanto Habib el Adly ha negato categoricamente di aver ordinato alla Polizia di sparare, dicendo che forze estere hanno creato scompiglio tra manifestanti e che i seguaci di Hamas hanno liberato prigionieri dalle carceri durante la Rivoluzione (ne parlammo QUI). Quindi lui, poverino, non ha potuto alzare un dito e neanche la voce a protezione del suo caro Popolo, che in giorni di vero terrore (ne parlammo QUI), si trovava senza polizia ordinaria nelle strade (anche lei sparita, forse rapita dagli extraterrestri) ed in pasto ai terroristi.
La difesa di Moubarak ha invece ribadito che lui è ancora il presidente egiziano e che quindi deve essere trattato con rispetto e che, nel caso in cui fosse dichiarato colpevole, deve avere il diritto e la possibilità di opporsi alla sentenza.
Interessante e fantascientifico, invece, l’intervento di un avvocato dell’accusa, lo stesso che dichiarava che Moubarak fosse morto dal 2004, che in aula ha accusato la signora Susan Moubarak di aver provocato la morte di suo nipote, il piccolo Mohammed Moubarak, deceduto improvvisamente a 12 anni nel 2009 a causa di un malore. L’avvocato afferma che il piccolo Mohammed avesse scoperto che suo nonno Hosni non fosse quello reale e che Susan Moubarak, spaventata dalla situazione, lo avesse ucciso.
Sempre Susan, intanto, è indagata per il massacro di Port Said (ne parlammo QUI) e per riciclaggio di denaro all’estero, dove sono stati scoperti conti bancari di milioni di dollari e dove lei si firmava col nome di Susan Palmer per poter accedere ai conti senza dare nell’occhio.
Revocato invece a tempo indeterminato il trasferimento di Moubarak nell’ospedale carcerario di el Torah.
Giorni fa una commissione parlamentare si era recata nel suddetto ospedale per controllare i lavori di sistemazione. Sembrava infatti che l’ospedale non fosse in grado di ospitare l’ex rais e che la struttura non disponesse di attrezzatura medica adeguata.
Arrivata nel carcere, la commissione si è trovata davanti degli operai che stavano letteralmente smontando i pavimenti dell’ospedale, perché non agibili. Uno dei membri della commissione, esponente del gruppo dei Fratelli Musulmani, si è detto stupito ed incredulo, in quanto lui, che visitava abitualmente il carcere fin da prima dell’inizio della Rivoluzione (i Fratelli Musulmani entravano ed uscivano dal carcere perché sempre accusati di terrorismo), sapeva che l’ospedale era stato da poco ristrutturato e che quindi non necessitava di piastrelle nuove.
Giorni fa una commissione parlamentare si era recata nel suddetto ospedale per controllare i lavori di sistemazione. Sembrava infatti che l’ospedale non fosse in grado di ospitare l’ex rais e che la struttura non disponesse di attrezzatura medica adeguata.
Arrivata nel carcere, la commissione si è trovata davanti degli operai che stavano letteralmente smontando i pavimenti dell’ospedale, perché non agibili. Uno dei membri della commissione, esponente del gruppo dei Fratelli Musulmani, si è detto stupito ed incredulo, in quanto lui, che visitava abitualmente il carcere fin da prima dell’inizio della Rivoluzione (i Fratelli Musulmani entravano ed uscivano dal carcere perché sempre accusati di terrorismo), sapeva che l’ospedale era stato da poco ristrutturato e che quindi non necessitava di piastrelle nuove.
Caro esponente dei Fratelli Musulmani, non disperare, quando andrai di nuovo in carcere, cambieranno le piastrelle anche alla tua cella.
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