Fuori da qui

In diretta dall’Egitto: le vere vittime

21 Dicembre 2011 4 min lettura

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In diretta dall’Egitto: le vere vittime

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Jasmine Isam
@valigiablu - riproduzione consigliata  

Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un'AGENZIA DI VIAGGI. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo BLOG che stiamo ospitando in questi giorni. 
Le vere vittime
Lunedì, in
una lunga conferenza stampa, il viceministro della Difesa, il
generale Adel Emara, ha raccontato la sua versione dei fatti.
Ha detto che il
caos creato i giorni scorsi e che continua ad insanguinare le vie del
centro città, provocando finora 12 morti e 500 feriti, è
stato causato da un complotto interno, forse del vecchio regime, che
puntava a turbare la stabilità del paese. 
Se fosse così,
il complotto sarebbe ben riuscito.
Ha mostrato poi
dei video in cui si vedono chiaramente bottiglie incendiarie lanciate
da ragazzini che si trovavano lì muniti di casco.
Gli stessi
ragazzini, nel video, hanno confessato, durante i fatti e dopo
l’arresto, di essere stati pagati dalle 50 alle 200 lire egiziane
(equivalenti a 6 e a 20 euro circa) da un certo Osama che li ha
reclutati in varie zone del Cairo, tra cui il poverissimo quartiere
del Basatin, nella città dei Morti.
Questi piccoli
egiziani, che non superano i 14 anni di età, hanno dichiarato
di assumere droga. Durante l’interrogatorio videoregistrato erano
evidentemente spaventati e molto confusi, sia per l’accaduto, sia
per la ragione per la quale venivano arrestati. 
Questi bambini,
che alla loro età dovrebbero studiare, lavarsi e mangiare,
sono purtroppo le vere vittime del vecchio regime, le vere vittime
della società e gli strumenti più facili da usare da
coloro che hanno soldi, ma cuore e umanità no.
Nonostante
abbiano dato fuoco al parlamento egiziano, non riesco a non pensare a
loro come semplici e fragili bambini.
Perché
proprio nella loro fragilità sta il segreto della loro
utilità.
Dare ad uno di
loro 50 lire egiziane, è come dare loro un tesoro.

I ragazzi di
strada sono in qui in Egitto una vera e propria piaga sociale e
morale, rimasta volutamente invisibile finora dai tanti egiziani
appartenenti alla società “bene”, e da quelli appartenenti
alla fetta del Popolo in via di sviluppo, che hanno continuato a
guardarli come “lo sporco” delle strade.

I ragazzi e i
bambini di strada, conosciuti nel Paese come “etfal shawera”
(appunto bambini di strada) sono etichettati come inutili e scomodi
esseri che non meritano altro che vivere in strada.

L’egoismo ed il
menefreghismo maturati in trent'anni di dittatura nel Popolo
egiziano, sono stati causati proprio dal vecchio governo, che creando
classi sociali, ha inevitabilmente spinto ognuna di esse ad isolarsi
nel proprio contesto.

Quello a cui
assistiamo in questi giorni è solo un risultato, una
conseguenza con cui prima o poi l’Egitto doveva scontrarsi. Le
baraccopoli egiziane sono delle bombe ad orologeria che hanno già
cominciato il conto alla rovescia.

A queste persone,
a questi bambini, non interessa nulla della democrazia, della
libertà, dell’uguaglianza. Loro non sanno neanche cosa sono.
L’unica cosa che per queste persone vale è guadagnare
soldi. Perché i soldi, qui, come dappertutto, hanno sempre
comprato il potere.

In tutti gli anni
passati, i senza tetto, gli etfal shawera sono stati il bersaglio più
facile della polizia di sicurezza nazionale, dei semplici poliziotti
di strada e di tutti coloro che godevano di arroganza gratuita e
lecita e che impunemente picchiavano, insultavano o aggredivano
bambini che vendevano fazzoletti o pulivano le strade. Perché
per loro e per molti altri, questi bambini non valgono nulla.

Oggi, i video che
ritraggono i ragazzini che bruciano il parlamento, sono uno schiaffo
alla coscienza, una tangibile e reale prova di come le medaglie
possano rivoltarsi e come l’invisibile torni all’improvviso ed
inevitabilmente visibile.

Ma non è
solo questo ad aver scioccato gli egiziani.

Il video e le
foto della ragazza picchiata brutalmente dai militari, che a
strattoni la lasciano in reggiseno e jeans, sono stati davvero un
colpo forte per la società e la mentalità locali.

Nei giorni
scorsi, ovunque in rete e per le strade, si parlava di una
falsificazione del video, di foto ritoccate.... e non si diceva così
per difendere la giunta militare.

Si diceva così,
secondo me, perché non si riusciva ad ammettere.

Nessuno poteva
ammettere che una cosa così brutale, così contraria
alla cultura egiziana fosse avvenuta in Egitto.

In un Paese dove
il rispetto della donna e la sua femminilità sono altissimi,
nessuno poteva accettare, soprattutto gli uomini, che una donna
venisse picchiata e denudata così per strada.

L’ammissione
dei fatti del generale Amara ha zittito tutti.

Tutti tranne una
giornalista che, nella conferenza di cui abbiamo parlato all’inizio,
ha nervosamente chiesto le scuse ufficiali della giunta militare per
le violenze perpetrate sulle donne di piazza Tahrir.

E le scuse ieri
sono arrivate, tramite Facebook, con un messaggio in cui le forze
armate chiedevano scusa alle donne egiziane e alla ragazza picchiata.

Che ce ne
facciamo di scuse virtuali?

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Intanto, ieri,
numerose donne egiziane si sono recate a Tahrir per manifestare il
loro disprezzo verso la giunta militare e per venerdì prossimo
è previsto il “Venerdì della dignità femminile”
a cui parteciperò.


Ieri, su Facebook,
un giornalista 28enne egiziano, Mahmoud Ibrahim, ha chiesto a Ghada,
la 28enne selvaggiamente picchiata dai militari (che potete vedere in
un’intervista QUI), di sposarlo.

L’ha definita
la ragazza egiziana più dignitosa e forte, e, dice, non gli
interessa nulla se qualcuno lo criticherà o giudicherà.

Per lui sposarla
sarebbe un vero onore.
egitto1.jpg egitto2.jpg

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