Uomini neri impiccati e ritrovamenti di cappi: è allarme dopo le proteste per George Floyd. La paura del ritorno dei linciaggi
7 min letturaNelle prime ore del mattino del 10 giugno in un parco cittadino non lontano dal municipio di Palmdale, in California il corpo del 24enne afroamericano Robert Fuller è stato ritrovato impiccato con una corda. La polizia ha subito catalogato il caso come suicidio: “Nonostante le indagini siano in corso, sembra che il signor Fuller si sia tragicamente suicidato”, ha fatto sapere il Dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles due giorni dopo.
La famiglia e gli amici di Fuller però non hanno mai creduto a questa tesi, reclamando sin da subito che venissero fatte delle indagini più approfondite. Il 13 giugno migliaia di persone si sono radunate a Palmdale sul luogo del ritrovamento del corpo di Fuller per chiedere che venga fatta luce sulla morte del 24enne. «Vogliamo sapere cos’è accaduto davvero. Tutto quello che ci hanno detto non è giusto. Vogliamo solo sapere la verità. Mio fratello non si è suicidato», ha detto la sorella, Diamond Alexander.
Hundreds have moved several hundred feet from Palmdale City Hall to the tree where Robert Fuller’s body was found. pic.twitter.com/kFrn0Natbc
— Josie Huang (@josie_huang) June 13, 2020
«Mi sento come se qualcuno avesse ammazzato il mio migliore amico e avesse usato quest’albero per nasconderlo», ha detto un amico di Fuller. Oltre 400 mila persone hanno firmato una petizione invocando un’indagine completa e trasparente da parte delle autorità di Palmdale. “Questo non è un caso di suicidio, ma di omicidio”, si legge nel testo che chiede che sia fatta “giustizia per Robert Fuller e la sua famiglia”.
This is where they found Robert Fuller #JusticeforRobertFuller IT DOESNT ADD UP. THIS IS WHAT THEY USED TO DO TO SEND A MESSAGE. pic.twitter.com/af3BSH4lgU
— [Ready:Rick] (@rickyeatsbeats) June 12, 2020
Poche settimane prima, il 31 maggio, sempre in California ma a Victorville, circa 50 miglia da Palmdale, il corpo di un altro uomo nero, il 38enne Malcolm Harsch, era stato trovato impiccato a un albero fuori dalla biblioteca comunale. Anche questo caso è stato subito trattato come un suicidio. Così come quelli di Fuller, i familiari di Harsch non hanno creduto inizialmente alla tesi della polizia, che hanno definito «non plausibile». Successivamente, il 20 giugno, la famiglia ha fatto sapere tramite un portavoce di aver cambiato idea dopo aver visto un filmato di una telecamera di sorveglianza.
Ci sono stati però altri precedenti nelle scorse settimane. Il Washington Post parla di un totale di sei persone nere trovate impiccate a degli alberi in California, Georgia, New York, Oregon e Texas.
La polizia, scrive il New York Times, ha dichiarato che in tutti questi casi "non ci sono prove che non si sia trattato di suicidio". Ma le famiglie dei defunti, attivisti ed esperti di violenza razzista hanno espresso molti dubbi.
Anche Kenya Robinson, madre di Otis/Titi Gulley, 31 anni, trovata impiccata il 27 maggio del 2019 a un albero in un parco di Portland, in Oregon, ha affermato di credere che si tratti di omicidio, denunciando che la polizia non si fosse posta nessuna domanda sul caso e l'avesse trattata con indifferenza.
Secondo i dati del Department of Health and Human Services, il tasso di suicidio delle persone nere negli USA è del 60% inferiore rispetto ai bianchi. E, stando alle rilevazioni dell'American Association of Suicidology, il metodo più comune per togliersi la vita tra gli afroamericani è l'uso delle armi da fuoco, seguito dal soffocamento con buste di plastica e dall'inalazione di gas di scarico. «Non è molto comune suicidarsi per un giovane uomo nero, figuriamoci impiccandosi», ha spiegato al Washington Post Raymond Winbush, psicologo con una lunga esperienza clinica nella comunità afroamericana. Per questo motivo è difficile per molte persone credere che nel giro di poche settimane sei uomini neri abbiano scelto di togliersi la vita impiccandosi a un albero in pubblico.
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Alcuni hanno manifestato la preoccupazione che possa trattarsi di una ripercussione contro il movimento Black Lives Matter, mentre altri hanno chiesto un’indagine federale. In molti ritengono che queste morti non possano essere slegate dal contesto di “un paese alle prese con secoli di uccisioni razziste”.
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Dopo il presidio di Palmdale del 13 giugno e le proteste, Kathryn Barger, del consiglio di vigilanza della contea di Los Angeles, ha chiesto formalmente al procuratore generale della California, Xavier Becerra, di prestare ulteriore “attenzione e competenza” a questo caso e di fornire alla comunità le risposte che merita”, aprendo un’indagine indipendente sulla morte di Fuller. Anche il comune di Palmdale ha rilasciato un comunicato dichiarando di “supportare ufficialmente la richiesta di un’indagine e un’autopsia indipendenti sul signor Fuller” e di essere “vicini al desiderio di giustizia della famiglia e della comunità”.
Il 15 giugno, il procuratore Becerra ha detto che avrebbe inviato investigatori indipendenti per monitorare l'approccio dello sceriffo di Palmdale e, potenzialmente, per avviare un'indagine separata. Nel frattempo, lo sceriffo stesso allargherà le sue indagini, esaminando qualsiasi filmato disponibile delle telecamere di sicurezza, analizzando il cellulare di Fuller, la corda ritrovata sul luogo, la cartella sanitaria del ragazzo e intervistando la famiglia, gli amici e i testimoni che hanno ritrovato il corpo. Lo stesso giorno, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato che l’FBI indagherà sia sulla morte di Fuller che su quella di Harsch.
Come si legge su Vox, negli Stati Uniti le morti di uomini neri sono spesso catalogate frettolosamente dalle autorità come “auto-inflitte”, senza un’indagine completa. La National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) – una delle prime e più influenti associazioni per i diritti civili negli Stati Uniti – li chiama quick call suicides.
Secondo Jamon R. Hicks, avvocato per i diritti civili che rappresenta la famiglia Fuller, quello presentato in un primo momento è stato un giudizio affrettato: «Quello che è inquietante è che non sia stata considerata la storia. Il mio primo pensiero non sarebbe stato un suicidio. Il mio primo pensiero è che si tratti di una forma moderna di linciaggio».
L'impiccagione agli alberi, spiega il Washington Post, evoca "ricordi traumatici della raccapricciante storia americana di linciaggi impuniti di migliaia di neri adulti e bambini tra il 1880 e il 1968". Per Thomas Foster professore di storia alla Howard University, «i numerosi casi di uomini neri trovati impiccati ad alberi «sono un orrendo promemoria della storia del nostro paese. Siamo in un momento di parallelismi con l'era del linciaggio che dovrebbero provocarci grossi dubbi nel catalogare i casi come suicidi». Anche durante quel periodo storico capitava che le morti di uomini neri fossero definite suicidi per coprire le uccisioni da parte di gruppi di bianchi o agenti di polizia. Ecco perché, si legge nell'articolo, "non deve meravigliare che le comunità nere siano scettiche sulla versione ufficiale, dopo secoli di terrorismo razzista e di incapacità del governo di perseguire i killer".
Recentemente, nella California del Nord, sono stati rinvenuti numerosi cappi legati a degli alberi in un parco di Oakland. L’FBI ha aperto un’indagine per crimini d’odio. Pochi giorni dopo, nella stessa area è stato trovato un finto corpo impiccato. Altri cappi sono stati poi ritrovati in altre zone del paese - e in alcuni casi le forze dell'ordine hanno annunciato indagini per verificare se si tratti o meno di crimini d'odio.
Earlier this morning, we removed a human effigy hung from a tree at Lake Merritt — a deliberate and vile attempt to traumatize and divide Oaklanders. We immediately engaged the FBI to investigate this heinous act for what it clearly is — a hate crime. pic.twitter.com/rsGk9zeSd9
— Libby Schaaf (@LibbySchaaf) June 18, 2020
Anche i cappi rievocano l'immaginario dei linciaggi di massa. Un articolo diVox riporta l'analisi fatta da Jack Shuler, autore del libro "The Thirteenth Turn: A History of the Noose", che spiega che l'impiccagione è stata un metodo di esecuzione per migliaia di anni, applicata legalmente su oltre 9.500 persone (l'ultima nel 1996). A dare un significato inquietante ai cappi, sono quelle "illegali", i linciaggi, che tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 hanno ucciso almeno 5mila persone, di cui il 75% erano nere, impiccate ad alberi, ponti e pali delle linee telefoniche. Dietro molti di questi omicidi c'erano gruppi come il Ku Klux Klan, ma, precisa Shuler, in alcuni posti intere comunità si riunivano per guardare persone nere torturate e impiccate.
suIl linciaggio, come ha spiegato lo storico Nicholas Creary, «è fondamentalmente un'azione di gruppo, della comunità. Ci sono molte persone coinvolte e c'è una certa coordinazione». Il pubblico linciaggio, ha aggiunto, ha funzionato storicamente per tenere i neri al loro posto, e far rispettare una sorta di cultura del silenzio rispetto agli autori. Similarmente, la presenza di quei cappi oggi ha un impatto sulle comunità che abitano i luoghi dove vengono rinvenuti. Come nota Shuler, «il cappio è la nuova croce che brucia [una simbologia del KKK] e inconfondibilmente un oggetto che i bianchi usano per intimidire le persone nere e ricordare loro la storia dei linciaggi di questo paese». Per la legge americana, esibire cappi a scopo di intimidazione non è illegale. Per essere considerati crimini d'odio, la polizia deve valutare tutta una serie di dettagli: dove sono stati collocati, da chi, se con l'intenzione di danneggiare un gruppo specifico.
Un aspetto rilevato dall'articolo di Vox, è che la simbologia del cappio è diventata più visibile nell'America di Trump. Dopo la sua elezione, ne sono stati rinvenuti all'interno di campus universitari, scuole medie e licei, quartieri e all'interno del museo nazionale di storia e cultura afroamericana a Washington. Secondo l'organizzazione non profit Southern Poverty Law Center (SPLC), in molti di questi eventi, il cappio poteva essere legato all'intenzione di intimidire o impaurire persone nere. Ad esempio, nel 2017, nel campus di un'università americana sono state trovate delle banane recanti messaggi d'odio legate a dei cappi. Proprio in quel periodo, per la prima volta una donna nera stava per diventare presidente della consulta degli studenti dell'ateneo.
Alcuni dei cappi che sono stati segnalati possono non essere intenzionali. Così sembra sia stato nel caso di quello ritrovato il 21 giugno in Alabama nel box dove c'era l’auto di Darrell “Bubba” Wallace Jr., unico pilota nero del campionato Nascar, stando alle conclusioni dell'FBI. Ma, scrive Cineas, "questo non sminuisce il trauma e il dolore che la visione di queste immagini provoca negli americani neri. Né esclude la presenza di cappi piazzati con intento malevolo". E oggi, "mentre in molti nel paese piangono le morti di persone nere nelle mani della polizia o di vigilantes bianchi", si legge nell'articolo, "i simboli di suprematismo bianco e odio sembrano particolarmente mirati e crudeli".
Foto anteprima via Los Angeles Times: l'albero dove è stato trovato morto Robert Fuller