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Il Pd, la Tav e la polemica sui manifesti

20 Luglio 2012 4 min lettura

Il Pd, la Tav e la polemica sui manifesti

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Matteo Pascoletti @matteoplatone
(ha collaborato Dino Amenduni @doonie)
@valigiablu - riproduzione consigliata

Mercoledì sulla pagina Facebook de il manifesto è comparsa la foto di un cartellone che pubblicizzava l’iniziativa Tav Sì, un libro che argomenta la posizione favorevole alla Tav, scaricabile gratuitamente. La foto era accompagnata dalla didascalia “l’allucinante propaganda pro Tav del pd”. Perché l’amministratore della pagina ha usato allucinante? Perché il cartello pubblicitario mostra un operaio di un cantiere guardato da una folla di No Tav (che siano No Tav si capisce dalla scritta “la Val Susa non vi vuole” sul muretto): l’immagine è accompagnata dallo slogan “C’è chi tira pietre e sfascia il Paese. Noi stiamo con chi lavora”.

Come segnalato a caldo sul mio blog, il binomio immagine e testo crea la semplificazione “chi è contro la Tav vuole sfasciare il Paese”. I No Tav, infatti, non sono colti nell’atto di protestare violentemente: non stanno lanciando pietre, non stanno imbrattando i muri con spregevoli minacce o insulti a giudici o giornalisti. Indicano l’operaio, o hanno i corpi in posizione statica: c’è una ragazza che, addirittura, applaude ironicamente. I No Tav nell’immagine raccontano qualcosa di completamente diverso rispetto alla scritta “c’è chi tira pietre e sfascia il Paese”, che appare perciò una forzatura ideologica di dubbio gusto sia per il messaggio in sé, sia per la semplificazione Tavsì (buoni) Vs No Tav (cattivi) che opera. Così la responsabilità dei comportamenti non è più dei singoli, ma risiede a priori nella categoria di appartenenza.

Il libro è scritto da due esponenti del Partito Democratico, l’onorevole Stefano Esposito e Paolo Foietta, che fin dal 1997 si occupa del progetto Torino-Lione. Ma si tratta di un libro e di una campagna del Partito Democratico? Ho chiesto direttamente all’onorevole Esposito, che mi ha risposto gentilmente e con rapidità.

La campagna è stata realizzata con i soldi degli autori del libro o con i soldi del Partito Democratico?
Tutti i costi sono stati pagati da me e Foietta per un totale di 24000 euro. Chieda agli autori dei tanti libri No Tav quanto hanno guadagnato dalla vendita dei loro libri così potrà fare un confronto.

Ho saputo del testo dall’immagine comparsa sulla pagina fan de il manifesto, che parla di propaganda proTav del Pd". Questo perché compare il logo del partito sui manifesti. È una campagna del Pd (anche perché la prefazione del libro è di Bersani) oppure è un'iniziativa degli autori?

Il manifesto è firmato da chi lo ha pensato e realizzato [oltre agli autori del libro è firmato anche dall’onorevole Giacomo Portas], non è propaganda Sì Tav è una denuncia contro i violenti No Tav. Si può essere contro la Tav senza tirare pietre e usare violenza contro i poliziotti. Troppo comodo per i nostalgici degli anni ‘70 non prendere le distanze dai teppisti che hanno allontanato la gente normale da una legittima protesta.

Abbiamo perciò un’iniziativa personale, autofinanziata, di esponenti del Pd, che però si mostra come un’iniziativa promossa dal Partito Democratico. Questo sia per il logo del Pd che compare nel manifesto, sia per i colori del sito e del libro – il bianco, il verde e il rosso, caratteristi del Pd – sia per la prefazione del libro stesso, che, come detto nella seconda domanda all'onorevole Esposito, è firmata dal segretario del Partito Democratico. La prefazione è un vero e proprio imprimatur del segretario all’opera e alla cultura riformista che esprime, perfettamente in linea con quella del partito:

…il riformismo è il sale della democrazia… la vicenda della Tav è paradigmatica […], rappresentando un’autentica sfida democratica… …il riformismo rappresentato dal Partito Democratico è una cultura di governo, graduale, razionale, attento alle conseguenze… il lavoro di Esposito e Foietta è la migliore traduzione di questa fatica del riformista.

Se ci fossero ancora degli scettici: se Bersani avesse scritto una prefazione con toni analoghi per un testo intitolatoTavNo, si sarebbe potuto pensare a un'iniziativa personale, slegata dalla carica e dallo status sociale del segretario, visto anche l'argomento prettamente politico? Ovviamente no. È assai improbabile inoltre che il logo del partito sia stato usato nei manifesti senza consenso (esplicito o tacito).

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Che il Pd su un argomento così importante si esprima in modo chiaro è un bene: almeno si evitano quegli immobilismi frutto dei troppi contrasti interni che spesso si rimprovano al Pd. Inoltre chi non è d'accordo avrà una base su cui lavorare per argomentare le ragioni del "no". Ma perché questo pastrocchio comunicativo in cui non si capisce dove finisca l’iniziativa personale e inizi quella di partito, e dove, al di là delle intenzioni, nei cartelloni chi dissente è incasellato come sfascista e nemico dei lavoratori? Inoltre

 Il libro è scaribabile gratuitamente, però nelle sezioni "ordina" e "download" si fa riferimento a una possibile messa in vedita - e nel caso bisognerà vedere come saranno usato i proventi.

Il caso dunque sembra l'ennesimo esempio di quel cortocircuito tra intenzioni di partenza, scelte comunicative e ricezione del pubblico. Un cortocircuito il cui principale effetto è di allontanare, sul piano comunicativo ed emotivo, la classe politica dall'elettorato.

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