Il partito di Breivik non esiste e non ha vinto le elezioni in Norvegia
2 min letturaAscoltando quello che i media italiani dicono a proposito delle elezioni norvegesi dello scorso fine settimana potremmo essere sviati un poco dalla realtà. La Norvegia è un piccolo paese, solo 5 milioni di persone là in mezzo alle nevi a cavallo del circolo polare artico non meritano grande attenzione (si fa per dire), ma pare eccessivo giocare sul clamore della strage di Utøya e sul personaggio inquietante di Breivik.
Succede così che i titoli di alcuni siti di informazione esagerino un pochino nella foga: “La Norvegia vira a destra. Alle urne vince partito Breivik” titola L’Unione Sarda, il Corriere della Sera non è da meno con “Norvegia, voto choc: il partito di Breivik verso il governo”, non parliamo poi di Giornalettismo per cui è già tutto deciso: “L’ex partito di Breivik al governo in Norvegia”.
Ci si potrebbe quindi domandare, come fa Tommaso Ederoclite su Facebook, come mai dopo la strage brutale che spezzò 77 giovani vite due anni fa l’elettorato possa premiare il partito dell’autore della strage.
In realtà quei titoli si rivelano quantomeno imprecisi e rischiano di dare un’immagine distorta della questione e del paese scandinavo.
Il fatto è che non esiste il “partito di Breivik”, ma solamente un partito, quello del Progresso (FrP), che l’attentatore diceva di supportare nelle sue elucubrazioni diffuse dopo la strage. Si tratta di un partito di estrema destra, con accenti razzisti che predica una stretta alle politiche immigratorie e ha tentato di diffondere una cultura della purezza norvegese proponendo per esempio in Parlamento un piano per diffondere consigli agli immigrati di prima generazione che dovrebbero comportarsi nella maniera più norvegese possibile con i figli in modo di non ostacolare la loro naturalizzazione nel paese. Per queste posizioni, non condivise da nessun altro partito di centrodestra, l'FrP è rimasto sostanzialmente isolato dal sistema politico sin dalla sua fondazione nel 1973.
Sappiamo poi che il blocco di centrodestra (comprendendo anche l’FrP) era dato in vantaggio dai sondaggi da molti mesi con uno scarto sul blocco di centrosinistra che ha superato il 24% nell’ottobre 2012: le elezioni hanno fissato un divario che si è ridotto a poco più del 10%.
Il Partito del progresso ha però subito una pesante sconfitta elettorale, passando da secondo partito col 22,9% dei voti nel 2009 a terzo partito col 16,4% dei voti di oggi, con un calo del 6.6% mentre il Partito laburista dell’attuale premier Jens Stoltenberg rimane primo partito nonostante un calo del 4,5%.
Non è detto quindi che l’FrP vada al governo: la coalizione di centrodestra formata dal Partito conservatore, dal Partito cristiano-democratico e dal Partito liberale non dovrebbe ottenere la maggioranza dei seggi nello Storting (il Parlamento) e ha divergenze anche forti con il Partito del progresso: potrebbe quindi nascere un governo di minoranza con l’appoggio esterno dell'FrP, come successe per esempio nella legislatura 2001-2005.
Non si tratta quindi di un’elezione vinta grazie ai gesti di Breivik o di una nazione persa nel vortice della paura e del razzismo: il vincitore vero delle elezioni è Erna Solberg col Partito conservatore (+9,6%) che ha costruito una campagna elettorale basata sui temi economici, sulla possibilità di andare ad intaccare il fondo sovrano che amministra i guadagni del petrolio garantendone con grande lungimiranza i benefici anche per le generazioni future.
Aggiornamento: quattro giovani laburisti superstiti della strage del 22 giugno 2011 sono riusciti ad entrare in Parlamento. Il Partito laburista, non senza polemiche, aveva deciso di candidarne 33 nelle liste elettorali, anche se non molti in posizioni eleggibili.