Il declino dei post-fascisti e l’ascesa dei freak
4 min letturaOrmai ci siamo quasi: manca un mese al voto del 24 febbraio. Per seguire gli aspetti assurdi e ridicoli di quella che si preannuncia come una delle campagna elettorali più squallide nella storia dell'Italia Repubblicana, Valigia Blu inaugura "Freak Factor - 30 giorni di inferno elettorale", un diario (rigorosamente irregolare) rivolto a tutti i drogati di politica.
*
Mi batto il petto, scolo le ultima tre dita di amaro e finalmente trovo il coraggio di ammetterlo, fissando il mio volto stravolto davanti allo specchio del cesso: sono malato. Peggio, sono un drogato di politica. Una dipendenza letale sviluppata ormai molti anni fa, iniziata quasi per caso e, soprattutto, contro la mia volontà.
Ma ormai è troppo tardi, non posso più uscirne. Scriveva Hunter S. Thompson, il Santo Nume Tutelare Di Tutti I Drogati Di Politica:
Non tutti concordano con l’idea che l’assuefazione alla politica sia una colpa. Però lo è. E costoro sono assuefatti, e sono colpevoli, e mentono e imbrogliano e rubano a più non posso – come tutti i drogati. E quando gli verrà la frenesia, sacrificheranno tutto e tutti per alimentare la loro stolta e brutta abitudine - e non esiste alcuna cura.
Questo è il meccanismo dell’assuefazione. Questa è la politica – soprattutto durante le campagne elettorali. Ultimamente, infatti, non riesco a dormire, sono pervaso dai tremori e ho perso la capacità di riconoscere il confine tra realtà e retroscena parlamentari.
L’altro giorno, ad esempio, ho trovato Mario Landolfi rannicchiato in un angolo della mia stanza. Aveva un pigiama a righe orizzontali bianco-nere, delle occhiaie profonde quanto il debito del Monte dei Paschi, la lacrima sommessa e una carabina stretta tra le braccia. Ripeteva ossessivamente, con lo sguardo perso nel vuoto e la voce tremolante, la seguente frase: «I nazisti, stanno arrivando i nazisti, ci hanno fatto fuori i nazisti…»
Ho cercato miseramente di rimboccarmi le coperte. Ma Landolfi era ancora lì a scuotere la testa avanti e indietro. Certo, riconosceva di avere un piccolo «problemino giudiziario», ma non rinunciava al suo ruolo di vittima sacrificale: «Non ci meritavamo di essere eliminati uno dopo l’altro. Ho detto che han fatto la pulizia etnica e lo confermo: quella “A” con la “N” sono peggio delle lettere scarlatte». E ancora: «Mi mancherà tanto l’aula, ho solo 53 anni ma ci ho passato una vita. Almeno esco con una soddisfazione: non mi ha bocciato il popolo, mi hanno eliminato i nazisti».
Già. L’idea che il Pdl si sia trasformato in una banda di cacciatori di post-fascisti – e che venga a sua volta accusato da quest’ultimi di essere dei novelli Himmler – è oggettivamente seducente. Del resto, chi mai poteva aspettarsi che i figli della Fiamma facessero una fine così ingloriosa?
Io sì - sicuramente non Landolfi: «Non mi ha chiamato nessuno. Eppure io sono ex ministro, ex presidente di Vigilanza Rai, un politico rispettabile e importante, ho pure un rating assolutamente alto nell’opinione pubblica. Insomma, ho il pedigree». E invece, nemmeno una chiamata dai piani alti. «Ma dico, non seguii nemmeno Fini dentro Futuro e Libertà. Anzi, salii a bordo della zattera di salvataggio che ci offrì Ignazio La Russa: mi merito davvero un trattamento così?»
Una simile disfatta non se la sarebbero mai immaginati nemmeno l’ex ministro Andrea Ronchi («sono profondamente rattristato e deluso. Dai comportamenti umani ancor prima che politici»), Adolfo Urso, Silvano Moffa e molti altri che per decadi hanno dismesso la camicia nera e rovinato i nostri pasti.
Il punto della situazione l’ha fatto Mattia Feltri su La Stampa del 24 gennaio:
Soltanto due decenni fa cercavano di «riemergere dalle fogne», dov’erano ricacciati senza diritto di residenza politica, e il braccio teso (non in quel senso) del Cav fu l’appiglio decisivo; oggi semplicemente non esistono più, non hanno partito, vivono una diaspora al momento irrimediabile: pochi superstiti nel Pdl – dove la «guerra ai fasci», come si diceva in Transatlantico, è cominciata da mesi -, qualche fuggiasco in Fratelli d’Italia, movimento che i sondaggisti accreditano non oltre il due per cento, altri più tradizionalisti da tempo rifugiati nella Destra di Francesco Storace, i finiani di Futuro e Libertà aggrappati al centrismo e alle prese con la drammatica soglia dell’uno per cento.
(Questo passaggio è talmente bello che l'ho riletto almeno dieci volte.)
A parte gli scherzi, è una vicenda talmente straziante che viene voglia di andare a Predappio e stappare una bottiglia di millesimato sulla tomba del Dvce.
Non illudetevi, però, di essere di fronte ad un dramma politico: questa è un vero e proprio teen drama adolescenziale a base di nostalgia, olio di ricino, ricatti, calunnie e pugnalate alle spalle. Una specie di puntata speciale di Dawson’s Creek girata da Leni Riefenstahl.
Riavvolgo il nastro. Sin dall'infanzia, gli ex An hanno come migliore amico un inguaribile sognatore con un conto in banca spropositato e aziende gonfie di debiti. Passata la fase della pubertà, diciamo nel 1994, questo amico comincia ad essere guardato con occhi diversi. Gli occhi dell’amore.
I post-fascisti si lasciano corteggiare, timidamente sollevano i loro dubbi («non è che poi roviniamo la nostra amicizia per sempre?»), ed infine cedono di schianto, abbandonandosi completamente a Lui. Dopo splendidi periodi di leggi incostituzionali e spartizione del Potere, ad un certo punto il rapporto si incrina. Gli ex An capiscono che Lui è diventato brutale, probabilmente è uscito di testa, quasi certamente è infedele. Serve una pausa di riflessione, che arriva il 14 dicembre 2010. Lui la prende malissimo. Volano piatti e voti di scambio. È finita per davvero, questa volta.
Passati due anni da quel giorno orribile, i vari Landolfi & co. provano a parlare un'ultima volta con l’ex compagno di vita. Ma non per rimettersi insieme: per tornare ad essere migliori amici. Lui abbozza, ma alla fine accetta. Viene a prenderli con il suo bolide, nel solito posto di mille ritrovi ed effusioni, e dopo qualche centinaio di metri li scarica sul ciglio della strada in malo modo. Mentre gli ex An, increduli, si leccano le ferite e cercano di asciugarsi le lacrime, Lui improvvisamente apre la portiera. Dentro strisciano velocemente Razzi e Scilipoti, di ritorno da un convegno sull'agopuntura olistica, l'omeopatia e il signoraggio bancario.
È in quel preciso momento che gli eredi di Almirante capiscono il significato profondo di questa campagna elettorale: la politica italiana non è dominata dalla Banca Centrale Europea o da Goldman Sachs o dai sondaggi di Renato Mannheimer.
No.
La politica italiana è completamente dominata dai freak.