I miei 2 cent bucati su #Elezioni2013, la vita, tutto quanto
3 min letturaA un certo punto ho pensato che questa cosa del voto è come il tizio che va a messa la domenica e morta lì, la faccenda dello scegliere è risolta e viviamo nel migliore dei mondi detraibili. Il tizio fa finta che non siano importanti gli altri sei giorni, si convince e prova a convincere che sia importante andare a messa la domenica: non importa se si è tornati a casa all'alba, devi andare a messa la domenica!
Allo stesso modo il tizio che dice "eh, devi votare", rimette al seggio i propri debiti come noi non li rimettiamo ai nostri debitori. Perché contano le scelte che compi in quegli altri 364 giorni o giù di lì. Contano i compromessi che non riesci a rifiutare, e per cui ti incazzi, contano le cucchiaiate di merda di fronte a uno che ti osserva per sentirti dire "buonissimo!", e dopo aspetta che tu sorrida ringraziando. Conta se quel voto lo vendi per cinquanta euro ("tanto fanno schifo tutti"), o se nella tua azienda il capo ha deciso che dovete votare tutti per un partito, e allora devono uscire fuori cinquanta voti, e se non escono pochi cazzi, tanto si viene a sapere chi ha fatto il furbo. Conta se quel diritto lo eserciti, a costo di pentirtene in seguito.
(Dice:
"Ok, ma te per chi hai votato?"
Mi sa che mi sto spiegando male)
Il problema è sempre e comunque la scelta, e la scelta non la puoi sublimare davvero nel mito della "cosa giusta" che ti protegge dall'errore o dal misurarti con le conseguenze. O nel mito della "parte giusta", che guarda caso è sempre quella dove ti trovi, pure se ti sposti da una parte all'altra, come un rabdomante delle più meglio cose nella terra dell'ignoranzità che ti disgusta. Pure se è una parte così piccola da essere grande come il tuo ego, che però ti sembra immenso.
Ecco, c'è questa idea che ho afferrato a un certo punto nella vita, un punto tra l'altro assai trascurabile, secondo cui non è vero che il fine giustifica i mezzi. Perché il fine non ce l'hai davanti, è un'idea in testa, e per quell'idea magari schiacci e fai soffrire delle persone, e dopo aver percorso molta strada diventa difficile ammettere che per un'idea in testa si è provocata della sofferenza reale senza che quell'idea raggiunga mai nemmeno l'anticamera di una forma concreta, e allora finisce che diventi sempre più cieco e sempre più causi dolore, finché nemmeno ti ricordi più qual era esattamente quell'idea. Oppure raggiungi qualcosa che è simile a quel fine, e allora devi raccontarti un'orribile menzogna, magari assistito da chi hai intorno: che tutta quella sofferenza alla fine è stata giusta, o che se hai dato bastonate erano leggere, e la colpa è stata delle schiene troppo fragili e schizzinose.
Il problema è che le menzogne sono un cancro che divora il cervello: ma di questo, ho notato, le persone parlano poco.
Ecco allora quest'idea che ho afferrato dice invece che i mezzi sono fini. Che non ho ben capito che forma abbia, però intanto che cerco di capirlo le persone attorno a me soffrono meno, e pure io sto un po' meglio dentro, pure se c'è un sacco d'ignoranzità in giro.
Per cui, appurato che Craxi rubava, appurato che Berlusconi è il male, che la Lega so' fascisti e che l'ideologia franchising del MoVimento 5 Stelle e certi gagliardi e virtuali squadrismi so' tutto tranne democratici, che famo? Stiamo seduti a commentare quello che succede accumulando per anni analisi esatte e perfette, ci diamo pacche sulle spalle mentre va in onda Tutto lo sfascio minuto per minuto, con telecronaca di Santoro e Travaglio?
Oppure vogliamo renderci conto che la pars costruens non è qualcosa che si può delegare in base alla nostra capacità di esprimere sdegno. La pars costruens mica è solo economia: questo è un mito borghese, anche perché mi pare che questa epoca stia mostrando come molti economisti, più che analizzare, tirino a indovinare mentre sventolano il curriculum (al netto dei master a Chicago).
Sono anni che leggo o ascolto persone dire "non ce la faccio più".
Mo non vorrei che sulle loro tombe si leggesse, tra vent'anni, "l'avevo detto che non ce la facevo più!".