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Greta Thunberg e la sindrome di Asperger

12 Ottobre 2019 11 min lettura

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Greta Thunberg e la sindrome di Asperger

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Una decina di giorni fa, mentre in tutto il mondo si svolgevano le manifestazioni per denunciare il cambiamento climatico, il vice premier ungherese Gergely Gulya ha definito Greta Thunberg “una bambina malata”. Quasi contestualmente, l’opinionista americano Michael Knowles, ha detto sulla rete USA Fox News che se il movimento per il clima “riguardasse la scienza sarebbe guidato da scienziati piuttosto che da politici e da una bambina svedese malata di mente che viene sfruttata dai suoi genitori e dalla sinistra internazionale”.

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Quando si parla di Thunberg, uno degli elementi che vengono tirati fuori è la sua diagnosi di sindrome di Asperger. La maggior parte delle volte a sproposito, come negli esempi qui sopra: definire Greta “malata” per screditarne l’operato e la capacità di agire - accompagnando il tutto con commenti misogini, paternalisti e teorie del complotto.

La verità è che, probabilmente, la maggior parte di coloro che parlano di sindrome di Asperger non ha ben chiaro a cosa si stia riferendo. È una malattia? Quanto è diffusa? Quanto ha a che fare con il modo in cui Greta parla e agisce? Cosa c’entra con l’autismo? E qualora la risposta a quest’ultima domanda fosse sì, sappiamo abbastanza sull’autismo e su come parlarne?

La sindrome di Asperger

Il disturbo (o sindrome, come più comunemente viene definito) di Asperger prende il nome dal medico austriaco Hans Asperger, che nel 1944 aveva pubblicato uno studio riportando le caratteristiche di alcuni bambini che mostravano abilità linguistiche superiori alla media, accompagnate da uno strano uso della lingua e del tono di voce, isolamento sociale dagli altri bambini, comportamenti ripetitivi, grande interesse per argomenti specifici e inusuali e bisogno di routine.

Il lavoro del dottor Asperger – la cui figura recentemente è stata al centro di polemiche dopo che uno studio ne ha mostrato la collaborazione con il regime nazista – è stato poi ripreso e divulgato dalla psichiatra inglese Lorna Wing negli anni '80. Nel 1994 il disturbo di Asperger viene ufficialmente inserito per la prima volta nella quarta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders DSM-4 (e successivamente nella decima dell'International Classification of Diseases ICD dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) tra i disturbi pervasivi dello sviluppo, insieme, tra gli altri, al Disturbo Autistico.

Secondo lo psicologo cognitivo-comportamentale e presidente di Spazio Asperger Davide Moscone, la Sindrome di Asperger è un’etichetta introdotta «per definire tutte quelle persone dotate di linguaggio formalmente corretto che, in assenza di ritardo cognitivo, presentano alcune caratteristiche dell’autismo. Le persone che si situano in questo punto del continuum autistico, presentano un insieme di peculiarità comportamentali che riguardano principalmente l’area sociale, sensoriale percettiva, attentiva e affettivo motivazionale».

Le condizioni sono però molto diverse tra loro, per questo, per il dottor Moscone, non esistono due persone Asperger uguali, «e le loro abilità possono spaziare dall’eccellenza in alcuni settori, come le arti grafiche, la musica o le scienze, con risultati a volte straordinari, a situazioni più deficitarie dove possono essere presenti difficoltà nella gestione autonoma di semplici attività di vita quotidiana».

Questa classificazione è rimasta fino al 2013, quando la diagnosi di Asperger è stata rimossa dal DSM-5 e inglobata nei disturbi dello spettro autistico (ASD). Secondo l’OMS, la sigla ASD si riferisce a “una serie di disturbi caratterizzati da un certo grado di alterazione del comportamento sociale, della comunicazione e del linguaggio, e da una gamma ristretta di interessi e attività che sono unici per ogni individuo e svolti ripetutamente”.

Lo spettro autistico è, appunto, uno spettro, il che significa che nonostante le persone che ricevono questa diagnosi possano condividere alcune caratteristiche, è possibile che presentino delle capacità e difficoltà molto diverse tra loro.

Seppur scomparsa dalla classificazione del DSM-5, la diagnosi di sindrome di Asperger è rimasta nell’uso comune per descrivere un certo tipo di persone con determinati tratti.

Come spiega il sito della National Autistic Society inglese, le persone con la sindrome di Asperger solitamente hanno un’intelligenza nella media o al di sopra di questa; non presentano le disabilità nell’apprendimento che hanno molte persone autistiche, ma possono avere delle difficoltà; hanno meno problemi con il linguaggio, ma possono comunque avere difficoltà nella comprensione ed elaborazione.

Secondo Tony Attwood, psicologo clinico esperto di disturbo di Asperger, i bambini a cui viene fatta questa diagnosi presentano alcune caratteristiche: ritardo nella maturità sociale e nel pensiero sociale; difficoltà nell’intrattenere amicizie; difficoltà nella comunicazione e nel controllo delle emozioni; insolite capacità linguistiche che includono un ampio vocabolario e una sintassi elaborata ma ritardo nella capacità di conversazione, modulazione della voce insolita e tendenza a essere pedanti; una fascinazione per un argomento con un’intensità non comune; insolite capacità di apprendimento; bisogno di assistenza nell’organizzazione; modo di camminare o di coordinarsi goffo; sensibilità per alcuni suoni, odori, consistenze. (A questo link della National Autistic Society è possibile trovare tutti i sintomi e informazioni utili).

“Secondo la mia esperienza clinica – scrive Attwood – ritengo che i bambini e gli adulti con la sindrome di Asperger abbiano un diverso, non imperfetto, modo di pensare. La persona solitamente ha un forte desiderio di conoscenza, verità e perfezione con una scala di priorità diversa rispetto a quella che ci si aspetterebbe dagli altri. C’è inoltre una differente percezione delle situazioni e delle esperienze sensoriali. La priorità assoluta può essere quella di risolvere un problema piuttosto che soddisfare i bisogni sociali o emotivi degli altri”.

La persona con la sindrome di Asperger “può percepire errori che non sono evidenti agli altri, prestando molta attenzione ai dettagli, piuttosto che notare il ‘quadro generale’”, è generalmente molto diretta, dice ciò che pensa, è determinata e “ha un forte senso di giustizia sociale”. Può “cercare e godere della solitudine, essere un amico leale e avere senso dell’umorismo”, tuttavia “può avere difficoltà con la gestione e l’espressione delle emozioni”, presentare “ansia, tristezza o rabbia”. Può essere soggetta a meltdown o shutdown: nel primo caso la persona con sindrome di Asperger ha una crisi esplosiva, nel secondo, al contrario, vive una sorta di spegnimento e una chiusura in se stessa.

L’importanza della diagnosi

“Alcune persone con la sindrome di Asperger dicono di sentirsi travolti dal mondo e questo può causargli un’ansia considerevole. In particolare, capire ed entrare in relazione con altre persone, prendere parte alla vita familiare di tutti i giorni, a scuola, al lavoro e nella vita sociale può essere difficile”, si legge sulla pagina della National Autistic Society.

“Le persone con la sindrome di Asperger – continua il sito - potrebbero chiedersi perché sono ‘diversi’ e percepire come se gli altri non le capissero”. Per questa ragione, la diagnosi è molto importante. Spesso però questo non avviene, o avviene molto tardi. In Italia, ad esempio, esperti notano come il tasso di diagnosi sia molto basso.

Zach Smith ha raccontato su Vox di aver ricevuto la sua diagnosi di spettro autistico a 35 anni, brancolando fino a quel momento tra cure psicologiche, alti e bassi e forte ansia e disagio. “C’è uno stigma attaccato all’autismo che porta molte famiglie a evitare una diagnosi. Ma nel tentativo di fartene una tu stesso, può sembrare che le cose che ti rendono unico siano parte di una sorta di afflizione, una di quelle permanenti e incurabili”.

«Oggi scontiamo ancora lo stigma e gli stereotipi creati da decenni di visioni sbagliate sulle origini dell’autismo, come la teoria della madre frigorifero che attribuiva alla presenza di madri “fredde” l’isolamento sociale dei bambini autistici», ha spiegato il dottor Moscone di Spazio Asperger. «Precisiamo – ha aggiunto - inoltre che considerare l’autismo una malattia non aiuta le persone autistiche inducendo le persone a pensare che esista una “cura” o che sia necessario prendere farmaci per curarla o addirittura che sia contagioso. L’autismo è una condizione, non una malattia, che può provocare sofferenza personale, quando interagisce con l’ambiente sociale non accogliente e può sensibilmente aumentare la probabilità di sviluppare una serie di disturbi psichiatrici».

Secondo Moscone in Italia si è in generale indietro rispetto ai paesi del nord Europa: «Molti professionisti non sono sufficientemente aggiornati, soprattutto tra i professionisti chiamati a prestare la necessaria attenzione. Principalmente il gap è dovuto al fatto che la maggior parte della letteratura su queste tematiche è in lingua inglese e dunque la difficoltà dell’accesso a questi materiali in alcuni casi diventa limitante. In Italia, molto del lavoro di diffusione e promozione culturale è portato avanti da associazioni familiari. Se questo da un lato è positivo perché molto di quello che abbiamo lo dobbiamo alle famiglie stesse, dall’altro fa sì che sia necessario far fronte ad un universo frastagliato e diviso, in cui spesso si verifica una dispersione di tempo ed energie».

La scrittrice Susanna Tamaro ha rivelato in uno dei suoi libri di aver ricevuto una diagnosi di sindrome di Asperger da adulta e di averla vissuta come una liberazione. Da allora riceve decine di email da parte di genitori che hanno individuato i comportamenti evidenziati da Tamaro nei loro figli “problematici”, in una fascia d’età tra i 5 e i 30 anni, e chiedono informazioni e aiuto.

Le mancate diagnosi riguardano in larga parte le donne. Per anni, infatti, si è ritenuto che la sindrome di Asperger colpisse solo gli uomini – il medico austriaco se ne era convinto. Ancora oggi resta un disturbo prevalentemente maschile: secondo il 12esimo Research Report dell’Interactive Autism Network il rapporto tra uomini e donne con diagnosi di Asperger è di circa 5 a 1. Quello che è cambiato è che recentemente gli studiosi stanno iniziando a ipotizzare che non ci sia alcuna differenza, ma che semplicemente la parte femminile riceva una diagnosi più raramente. E questo per due ragioni: la prima è la mancanza di ricerca sull’Asperger nelle donne; la seconda è la capacità di mascherare loro stesse per assumere comportamenti socialmente accettati (quello che nell’autismo viene chiamato “camouflaging effect”).

Combattere lo stigma

Il divulgatore scientifico Steve Silberman ha scritto su Vox che “qualche anno fa, l'ascesa di Thunberg sarebbe stata probabilmente raccontata dai media come quella di una giovane ragazza ispiratrice che ‘superava’ la sua disabilità per diventare leader di un movimento mondiale. Ma la stessa Thunberg fa un'argomentazione diversa e più radicale: non è diventata un'attivista nonostante il suo autismo, ma in ragione di questo”.

Nonostante – ha spiegato Silberman alla Cbc – qualsiasi affermazione che riguardi tutte le persone autistiche potrebbe rivelarsi sbagliata e ci sono delle eccezioni, il fatto di essere quasi visceralmente infastidite dall’ipocrisia e dalle bugie è una caratteristica molto coerente con lo spettro autistico, così come il focalizzarsi su un tema. «Mi sembra che in questo caso la sua incapacità di sopportare l'ipocrisia e la sua volontà di dire la verità schiettamente e dire “non mi interessa essere popolare”, sia un modo per usare il suo autismo per salvare il pianeta».

Julia Bascom, executive director dell’Autistic Self Advocacy Network, ritiene che gli attacchi subiti da Greta da parte di politici, opinionisti televisivi e giornali siano fin troppo familiari per le persone autistiche: «Il modo migliore per sminuire quello che una persona autistica sta dicendo nella nostra società è sottolineare che siamo autistici». Lo stigma è ancora maggiore per le donne che «solitamente subiscono molta pressione non solo per comportarsi come persone non autistiche, ma anche per soddisfare le stesse aspettative di genere delle altre ragazze».

Per Bascom molte persone nello spettro autistico sperano che grazie all’azione pubblica di Greta ci sia un cambio di passo sulla visione che la società ha dell’autismo: «Abbiamo bisogno che la nostra esistenza come persone autistiche venga accettata, supportata e vista come normale. Più esempi vengono mostrati di leader apertamente autistici, più sarà facile che questo accada».

La notorietà raggiunta dall’attivismo di Thunberg è diventata d’ispirazione per molte persone con la sua stessa diagnosi, specialmente per le giovani donne.

https://twitter.com/steve_asbell/status/1167547062717767681?s=20

Secondo Erica Remi dell’Asperger/Autism Network, la trasparenza di Greta sul suo disturbo è benefica per chi vive dentro e fuori la comunità Asperger, aiutando chi ha ricevuto quella diagnosi a vivere meglio e promuovendo consapevolezza. «Credo che sia un esempio per tutti. Ma credo che per chi ha l’Asperger o si trova nello spettro autistico, la sua capacità di essere onesta e di rivelarlo in modo così potente sia d’ispirazione».

Alexander Burke, che lavora anche lui per Asperger/Autism Network, non concorda sul vedere la diagnosi di Asperger come un superpotere – così come Greta l’ha definita parlando di se stessa. «Per me è stata più un blocco stradale che un trampolino di lancio», ha spiegato, affermando però di essere fiero di come Thunberg sta combattendo i preconcetti sulla sindrome di Asperger.

Come parlare di disturbi dello spettro autistico

La rappresentazione televisiva e mediatica di persone con la sindrome di Asperger o altri disturbi dello spettro autistico è spesso stereotipata e irreale. Anche i giornalisti fanno spesso diversi errori quando parlano di persone con queste diagnosi, seppur con le migliori intenzioni. Utilizzare un linguaggio corretto però è importante. Come si legge sul sito del Canadian Journalism Project, i media “possono contribuire a come gli altri percepiscono le persone nello spettro autistico – e persino perpetuare stereotipi potenzialmente pericolosi”.

La National Autistic Society ha elaborato alcune linee guida circa il linguaggio da adottare quando si parla di spettro autistico, incoraggiando i giornalisti a farne uso. Ad esempio:

  • Non scrivere “un/una autistico/a”, ma “una persona nello spettro autistico”, oppure “una persona autistica”.
  • Non utilizzare espressioni come “soffre di autismo” o “vittima di autismo”, ma “è autistico/a” oppure “è nello spettro autistico”.
  • Evitare l’uso di “ritardato”, “handicap mentale”, così come definizioni di “malattia” o “handicap”.
  • Non scrivere che la sindrome di Asperger è una forma mite o rara di autismo. La sindrome di Asperger è una forma di autismo.
  • Non usare “persone che vivono con l’autismo” per descrivere le persone nello spettro autistico e i loro familiari o amici. Piuttosto: “persone autistiche, i loro familiari e amici”, “persone nello spettro autistico, le loro famiglie e i loro amici”.

Altri consigli per i media si trovano sul sito dell’associazione inglese Autistica.

«Le persone autistiche capaci, come si suol dire di self advocacy, cioè di parlare a proprio nome grazie all’età e a uno sviluppo cognitivo e linguistico adeguato chiedono, perlopiù, di non essere definite persone con autismo, ma persone autistiche, identificandosi con il proprio autismo. L’autismo, ci dicono, non è qualcosa che si ha, è qualcosa che si è», spiega a Valigia Blu Raffaella Tancredi, specialista in Neuropsichiatria Infantile, Psichiatria della Fondazione Stella Maris.

La dottoressa cita un'indagine fatta nel Regno Unito su 3470 persone (adulti autistici, familiari, professionisti) dal titolo "Quali termini dovrebbero essere usati per descrivere l’autismo". Lo studio mostra una differenza fra quello che pensano le persone autistiche e quello che pensano i professionisti: le prime preferiscono essere definite “autistiche” mentre i secondi preferiscono parlare di persone con autismo. «Una persona autistica, dicono i primi, rivendicando la diagnosi che hanno ricevuto per se o per il proprio bambino come un aspetto identitario, non può mai, e nemmeno bisognerebbe tentare di farlo, essere separata dal suo autismo», afferma la dottoressa Tancredi. Secondo questo punto di vista «l’autismo sarebbe una forma di “neurodiversità”, una forma, cioè, neurologicamente basata di diversità della mente, un modo diverso di vedere il mondo, da rispettare in quanto tale». Fra i genitori, conclude la specialista, «le posizioni sono più sfumate in quanto i genitori di bambini più gravemente compromessi sostengono che questo punto di vista non possa rappresentare i bisogni del proprio bambino».

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Per ulteriori informazioni sulla sindrome di Asperger: http://www.spazioasperger.it

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