Il nuovo campo dei rifugiati in Grecia è “peggiore di quello di Moria”. L’impegno dell’UE per accoglienza e richieste di asilo
5 min lettura«Questo campo è peggiore di quello di prima. Qui non abbiamo bagni o servizi igienici puliti». Con queste parole alcuni richiedenti asilo in Grecia hanno denunciato a Deutsche Welle le condizioni del nuovo campo profughi a Kara Tepe creato dopo l’incendio che la notte tra l’8 e il 9 settembre ha distrutto quello sovraffollato di Moria, sull’isola di Lesbo, e lasciato circa 13 mila persone – tra cui più di 4.000 bambini – senza alcuna protezione, acqua, cibo e assistenza. Per quanto successo quattro migranti afgani sono stati formalmente accusati di incendio doloso.
"Built in what initially looks like an idyllic setting and surrounded by the Aegean Sea, the new camp, referred to as RIC Lesvos by the Greek authorities, has hidden dangers." https://t.co/ZD3JSVOiz0
My latest for @dwnews #RefugeesGR
— Marianna Karakoulaki (@Faloulah) September 28, 2020
Secondo Caroline Willemen, coordinatrice sul campo di Medici senza frontiere (MSF) per COVID-19 a Lesbo, il luogo dove sorge il nuovo campo che può ospitare fino 8mila persone – un ex poligono di tiro situato vicino al mare Egeo – «al sole sembra un bel posto dove i bambini possono fare una nuotata. Ma è estremamente esposto alle intemperie e quando il tempo cambia e inizia a piovere e il vento inizia a soffiare le persone avranno i piedi nell'acqua».
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Dopo la distruzione del campo profughi in Grecia, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo scorso 16 settembre ha dichiarato, durante il discorso sullo stato dell’Unione europea, che «le immagini del campo di Moria sono un doloroso promemoria della necessità che l’Europa si unisca» e annunciato che la Commissione sta lavorando «a un piano per un progetto pilota congiunto con le autorità greche per un nuovo campo a Lesbo. Possiamo assistere con le procedure di asilo e rimpatrio e migliorare significativamente le condizioni dei rifugiati».
2/2 ...fairness and efficiency for applicants and greater responsibility for Member States. It is not good enough to say never again, we need action and all Member States must play their part. #Moria #MigrationEU https://t.co/KS6Hiq0EW0
— Ylva Johansson (@YlvaJohansson) September 23, 2020
Pochi giorni dopo, il 23 settembre, Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni, ha denunciato che le “condizioni a Moria, sia prima che dopo l'incendio, erano inaccettabili. Uomini, donne e bambini che vivono in campi sovraffollati con scarsa igiene e scarso accesso all'assistenza sanitaria”, aggiungendo che una task force inizierà a lavorare con le autorità greche “per costruire nei prossimi mesi nuove strutture di accoglienza con standard europei, con accesso a cure mediche e servizi igienici adeguati” e che per evitare nuovi sovraffollamenti saranno avviati i “trasferimenti delle persone vulnerabili sulla terraferma e quello di minori non accompagnati e famiglie con bambini in altri Stati membri”.
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Intanto, le persone presenti nel nuovo campo manifestano timori e angosce per il proprio futuro, racconta ancora DW: “L'iniziale speranza di cambiamento dopo la distruzione di Moria si è trasformata in paura per coloro che vivono all'interno del nuovo campo. Temono di essere finiti in una nuova Moria che è molto peggio, con la pandemia globale di coronavirus che si aggiunge alle loro preoccupazioni. Molti pensano che non saranno mai in grado di uscire da quella che sembra una disavventura senza fine. (...) Secondo i nuovi residenti del campo, le file per il cibo sono infinite e le provviste insufficienti”. Il 30 settembre il Dipartimento federale svizzero degli Affari esteri in aiuto in Grecia ha comunicato la riattivazione dell'erogazione di acqua potabile nel nuovo centro.
Residents of the new tent camp on #Lesbos can enter and exit the premises between 8am and 8pm. There is a rotational card system in place where up to 1000 people can be outside at the same time throughout the 12 hour period. pic.twitter.com/VQ64QuxIm3
— Daphne Tolis (@daphnetoli) September 30, 2020
Il governo greco guidato dal conservatore Kyriakos Mītsotakīs ha sostenuto che si tratta di una sistemazione temporanea in attesa della realizzazione di nuovo campo. Ma il quotidiano locale di Lesbo Sto Nisi, in base a documenti ottenuti, ha scritto che quello sarà comunque il luogo dove sorgerà la nuova struttura permanente di accoglienza. Il ministro per le Migrazioni, Notis Mitarakis, ha inoltre annunciato la chiusura nei prossimi tre mesi di due strutture minori attive da tempo sull’isola, una delle quali chiamata PIKPA e autogestita da volontari. Quest’ultima era attiva dal 2012 e nel tempo ha offerto rifugio a decine di migliaia di persone comprese famiglie, disabili e donne incinte. Medici senza frontiere si è attivata, insieme ad altre organizzazioni locali di solidarietà, per chiedere che questa realtà, ritenuta un modello positivo di aiuto e accoglienza, non chiuda.
For years #Pikpa has been one of the few places where refugees, and among them many of our vulnerable patients, could find some dignity in #Lesbos. Now they risk to be evicted. Today more than ever, what they do and what they represent needs to continue. #savepikpa #savedignity https://t.co/ypdkGkmFMM
— MSF Sea (@MSF_Sea) September 29, 2020
A inizio settimana, oltre 700 persone – in particolare soggetti vulnerabili, tra cui donne sole o incinte, disabili e anziani – sono state trasferite dall’isola Lesbo verso la Grecia continentale. Altre 500-600 persone saranno trasferite lunedì prossimo. Obiettivo del governo è alleggerire la presenza di richiedenti asilo e migranti sull’isola di Lesbo (attualmente sono ufficialmente presenti oltre 10mila persone).
Some 930 recognized refugees departed for Athens yesterday from Lesvos, Chios, Samos, Kos & Leros islands.
We are supporting efforts of 🇬🇷 authorities to decongest islands’ facilities, while it’s crucial to link these people with local integration and relocation opportunities. pic.twitter.com/77AYlBc9xP
— UNHCR Greece (@UNHCRGreece) September 29, 2020
Nel frattempo, un'indagine del Guardian denuncia che la guardia costiera ellenica ha più volte operato dei "respingimenti" nei confronti di migranti. Secondo testimonianze e video analizzati dal quotidiano britannico si tratterebbe di una "pratica organizzata e sistemica nel negare l'ingresso ai richiedenti asilo". "Spesso i respingimenti – si legge – coinvolgono squadre di uomini non identificati in divisa nera che intercettano le barche di rifugiati che sono arrivati nelle acque greche e le riportano forzatamente nelle acque turche, lasciandole alla deriva dopo che i motori sono stati distrutti o in zattere di salvataggio. In alcuni casi, le vittime sono arrivate in terra greca prima di essere rimandate in mare aperto dalle autorità, dopo averle minacciate con percosse, colpi di arma da fuoco e creando grandi onde tramite movimenti di barche veloci. In un caso, i rifugiati sono stati lasciati su una minuscola isola tra la Grecia e la Turchia per due giorni senza cibo prima di essere soccorsi".
If the EU wants to demonstrate a new start for a more humane and rights-respecting migration policy, the Commission should hold to account members when, like Greece, they flout protection standards with practices such as pushbacks. @Eva_Cosse @philippe_dam https://t.co/HTwXNDCcAf pic.twitter.com/0p2nUOE1tT
— Wenzel Michalski (@WenzelMichalski) September 22, 2020
Esperti di diritto internazionale hanno dichiarato che queste attività violano il diritto internazionale, compresa la Convenzione relativa allo status dei rifugiati e quella europea sui diritti umani. La prossima settimana diverse ONG ed enti di beneficienza – come Human Rights Watch e il Border Violence Monitoring Network – pubblicheranno una lettera di condanna di queste pratiche e chiederanno al governo greco e alla Commissione europea di agire contro le persone coinvolte in "tali atti illegali".
Foto in anteprima via Swiss Humanitarian Aid Unit