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Meloni, il piano per l’Africa e la fascinazione della destra per Enrico Mattei

27 Ottobre 2022 13 min lettura

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Meloni, il piano per l’Africa e la fascinazione della destra per Enrico Mattei

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“Di sicuro c’è solo che è morto” è uno dei più celebri titoli della storia del giornalismo italiano, scelto da Tommaso Besozzi in una bellissima inchiesta, pubblicata dalla rivista L’Europeo nel 1950, che rovesciava la verità ufficiale sulla morte del bandito siciliano Salvatore Giuliano. E potrebbe essere anche il tragico epitaffio su Enrico Mattei, il fondatore di ENI, di cui il 27 ottobre ricorre il 60esimo anniversario della morte. Uno di quei misteri d’Italia, per usare una formula abusata ma tuttora valida, che hanno fatto appassionare schiere di lettori e lettrici, giornali, procure, intellettuali, perfino gli stessi funzionari di ENI. 

In realtà qualcosa di più sulla morte di Mattei si sa. Grazie a un’inchiesta della procura di Pavia negli anni ‘90, di cui si può trovare una sintesi e un approfondimento nel libro Il caso Mattei (Chiarelettere), si dà ormai per assodato il suo assassinio, attraverso un esplosivo piazzato nel velivolo Morante-Saulnier, in cui Mattei viaggiava insieme al pilota professionista Irnerio Bertuzzi e al giornalista statunitense William McHale, che esplose nel cielo di Bascapè durante la fase di atterraggio verso l’aeroporto di Linate. Va comunque ricordato che fu lo stesso procuratore Vincenzo Calia a chiedere l’archiviazione, dopo dieci anni di indagini, perché le prove raccolte non furono ritenute sufficienti per sostenere un dibattimento. Ad esempio Calia (e tutti coloro che hanno indagato dopo di lui) non ha mai saputo indicare né gli autori né i mandanti dell’attentato. Anche per questo motivo i dubbi sulla morte del più famoso e potente manager di Stato, indicato  dalla BBC come “l’italiano più famoso dopo Giulio Cesare”, hanno finito per alimentare dietrologie e teorie del complotto, raccolte in una pubblicistica copiosa e in continuo aggiornamento

Se è vero che Mattei è stato assassinato, chi ne ha voluto la morte? L’ex numero due nonché suo successore Eugenio Cefis, che un appunto dei servizi segreti ritiene essere il fondatore della P2 (per chi volesse saperne di più su uno degli uomini più misteriosi e chiacchierati della Repubblica si consiglia il libro Eugenio Cefis - Una storia italiana di potere e misteri)? Le “sette sorelle”, un’espressione coniata dallo stesso Mattei che indicava le grandi compagnie petrolifere di quel periodo che ostacolavano gli sforzi di ENI per ingrandirsi e sfruttare nuovi giacimenti in giro per il mondo? La CIA, con gli Stati Uniti che non vedevano di buon occhio né l’accordo commerciale firmato da Mattei con l’Unione Sovietica né il ruolo di “Stato nello Stato” esercitato dall’Ente Nazionale Idrocarburi? L’Oas, l’organizzazione paramilitare francese che era a conoscenza dell’enorme mole di denaro versata da Mattei ai gruppi indipendentisti algerini (una tesi recentemente riproposta dal libro Enrico Mattei e l’intelligence)?

Sono vicende solo apparentemente lontane nel tempo. Il nome di Enrico Mattei infatti torna spesso nella cronaca quotidiana. A lui ad esempio è intitolato il gasdotto Transmed che porta il gas dall’Algeria alla Sicilia, vale a dire il principale sostituito del gas russo, come confermano gli ultimi dati del bilancio nazionale di gas che viene pubblicato dal Ministero della Transizione Ecologica:

Non sorprende perciò che nella giornata di commemorazione di Enrico Mattei, che si tiene a Matelica (nelle Marche), oltre al neoministro dell’Ambiente e della Sicurezza Gilberto Pichetto Fratin sarà presente anche il ministro della Repubblica Algerina Democratica e Popolare Laid Rebigua. E non ha sorpreso neppure la citazione della premier Giorgia Meloni, che nel discorso di insediamento alla Camera ha parlato di “un piano Mattei per l’Africa”. 

Un riconoscimento, l’ennesimo, per l’uomo forse più influente del Dopoguerra italiano. Torna alla mente l’auspicio che la nipote Rosangela Mattei mi consegnò in un’intervista di alcuni anni fa:

Fare conoscere tutto ciò ai giovani e rendere note storie significative, come il fatto che per dieci anni Mattei, pur alla guida prima di Agip e poi di ENI, non ha preso uno stipendio. Può insegnare molto ai cosiddetti grandi manager attuali, che intascano 10 milioni l’anno a scapito dei propri dipendenti. Mattei è l’esempio migliore di come lo Stato possa gestire bene la cosa pubblica. E mentre in Nord Africa e in Medio Oriente ancora lo idolatrano, qui si parla solo della sua morte. Che sia stato ucciso ormai lo sanno tutti, non vorremmo che si parlasse sempre delle stesse cose

L’ossessione del ruolo nel Mediterraneo e il legame tra energia e migrazioni

Le coordinate geografiche indicate da Rosangela Mattei sono in fondo le stesse alle quali fa riferimento Giorgia Meloni:

Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un ‘piano Mattei’ per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo

Quella del Mediterraneo è un’ossessione italiana sulla quale l’influenza e il ruolo di ENI è innegabile. Che va dalle strategie di Mattei, il quale consolidò la presenza dell’azienda in Egitto, Algeria e Libia, a quelle di Claudio Descalzi, attuale amministratore delegato di ENI che dal 2002 al 2005 è stato “direttore dell’area geografica Italia, Africa e Medio Oriente”. Proprio a lui e alle sue relazioni il governo Draghi si è affidato per diversificare gli approvvigionamenti di gas. Nella mappa realizzata dalla stessa ENI il disegno è lampante:

Lo stesso, a quanto pare, intende fare il governo Meloni. D’altra parte la presenza di ENI nel continente africano è notevole:

Rispetto all’era Mattei, le attività attuali di ENI non riguardano però solo le fonti fossili:

In Africa trovano spazio i capisaldi del nostro business: il percorso di decarbonizzazione, il modello di cooperazione e il modello operativo (...) Nell’ambito dell’economia circolare, il continente africano è al centro della nostra strategia di approvvigionamento sostenibile di feedstock per le bioraffinerie, la quale coinvolge numerosi paesi (tra i quali Congo, Costa d’Avorio, Kenya, Angola, Mozambico, Benin e Ruanda) in nuove forme di partenariati  di lungo termine con il mondo agricolo locale, che prevedono lo sviluppo di una rete di agri-hub volti alla raccolta e al trattamento di culture a basso rischio di Indirect Land-Use Change (ILUC) e alla valorizzazione di scarti e residui agricoli non in competizione con la filiera alimentare. Grazie a questi innovativi progetti è possibile dare nuovo valore ai terreni marginali, contribuendo nel contempo allo sviluppo economico delle comunità coinvolte. L’Africa è anche destinazione di iniziative relative alle nuove tecnologie pulite e proprio nel corso del 2021 abbiamo siglato accordi con paesi di presenza storica come l’Algeria o l’Egitto per valutare progetti congiunti per la produzione di idrogeno e per la cattura, utilizzo e stoccaggio di CO2. Inoltre, continuiamo a collaborare con diversi paesi dell’area per assicurare all’Italia e all’Europa l’approvvigionamento sicuro e stabile del gas naturale in eccesso rispetto alla domanda locale

Anche se Meloni non ha dato ulteriori indicazioni su questo “piano Mattei”, appare evidente che il riferimento è alla cosiddetta “formula Mattei”, con la quale il presidente dell’ENI tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ‘60 offrì condizioni molto vantaggiose ai paesi africani che detenevano petrolio e gas, in modo da sottrarli allo sfruttamento delle sette sorelle che, nelle parole dello stesso Mattei, “erano abituate a considerare i mercati di consumo come riserve di caccia per la loro politica monopolistica”. II presidente dell’azienda di Stato garantiva agli Stati africani la maggior parte degli introiti, superando la regola in vigore da più di un secolo del 50 e 50 tra compagnie petrolifere e paesi produttori. Un dato che, a detta dell’azienda e dei governi italiani che si sono succeduti in questi decenni, renderebbe la presenza di ENI meno “coloniale” rispetto alle altri grandi multinazionali energetiche. In un mito che punta a garantire in questo modo sviluppo locale, allo scopo di evitare il fenomeno migratorio così come lo conosciamo. Sarà banale farlo notare, ma fino ad ora di questo presunto benessere garantito dalle attività di ENI non è che si siano viste grandi tracce nei paesi africani in cui l’azienda opera.

Inoltre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha allargato il suo desiderio di “collaborazione e crescita” all’Unione Europea, che già di suo guarda da tempo all’Africa come il più grande fornitore energetico. Nel sito del Consiglio d’Europa si riporta che:

Nel febbraio 2022 i leader africani ed europei hanno concordato una visione comune per un partenariato rinnovato. L'obiettivo del partenariato è conseguire la solidarietà, la sicurezza, la pace e uno sviluppo economico e una prosperità sostenibili e sostenuti per i cittadini dell'Unione africana e dell'Unione europea ora e in futuro, riunendo persone, regioni e organizzazioni. Tale partenariato rinnovato comporta:

  • Un pacchetto di investimenti Africa-Europa da 150 miliardi di EUR
  • La fornitura di 450 milioni di dosi di vaccino all'Africa entro la metà del 2022
  • Una cooperazione rafforzata per la pace e la sicurezza
  • Un partenariato rafforzato per la migrazione e la mobilità
  • In impegno a favore del multilateralismo

Di abissi tra annunci e azioni, lo sappiamo, è zeppa la politica a ogni latitudine. Avviene anche nel settore energetico, secondo il racconto riportato da Il Giornale in un’intervista ad Antonio Gozzi, presidente di Federacciai. All’Energy Business Forum Algeria-Unione Europea, tenutosi ad Algeri l’11 e il 12 ottobre, Gozzi era l’unico imprenditore italiano invitato:

L'Algeria ha presentato un piano da 50 miliardi nei prossimi 5 anni che dovrebbe portare la produzione di gas algerino da 120 miliardi attuali a 160 di metri cubi annui, da dare all’Europa. Chiedono un sostegno del 10 per cento a partner stranieri, europei se saranno capaci, ma soprattutto chiedono un trasferimento di tecnologie per rinnovabili e idrogeno. E lì purtroppo l’Europa è stata una delusione perché aveva chiesto questo forum per chiedere aiuto sul gas, ma senza un piano

Difficile garantire sviluppo se si intende solo prendere senza dare. 

Se il partigiano diventa un patriota nel nome dell’interesse nazionale

L’omaggio di Giorgia Meloni a Enrico Mattei, lo abbiamo sostenuto prima, non ha sorpreso chi studia la storia di ENI. A destra l’apprezzamento arriva all’esaltazione. Particolarmente significativo è l’intervento di Andrea Muratore su Il Giornale, arrivato a caldo della citazione:

Enrico Mattei, il prototipo dei patrioti; Mattei, il principale ricostruttore del Paese; Mattei, il "corsaro" che alla guida dell'Eni proiettava, con originalità, il Paese all'estero sul piano politico, economico, diplomatico. Mattei, anche se non soprattutto, la vittima del suo amore per l'Italia, come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone (...) la lezione di Mattei è soprattutto strategica e politica. E si può riassumere in un concetto: pensare originalmente, ma pensare in grande. Pensare a un rinnovato ruolo dell'Italia nel sistema del Mediterraneo e giocare tutte le carte a propria disposizione per proiettare l'interesse nazionale nel quadro del terreno di gioco delineato dalle alleanze di riferimento del Paese. In passato, Mattei portò l'Eni e la diplomazia italiana a giocare da protagonisti nell'agone di riferimento. Il fine primario della sua azione, ereditato dallo spirito di lotta partigiana, era per l’imprenditore marchigiano, il bene comune dello Stato italiano nella sua interezza, precisamente l’interesse nazionale.

In poche righe ci sono tutti i valori del conservatorismo, insieme alla nostalgia di un’Italia forte che sapeva farsi rispettare. Per una destra che rinnega il fascismo, come ha fatto la stessa Meloni, di fronte all’interesse nazionale si può anche reinterpretare il passato da partigiano di Enrico Mattei in chiave nazionalista. Una storia che viene invece ricordata da Repubblica:

Nella sua prima vita era stato un partigiano di primissimo piano oltre che esponente di punta del Comitato di Liberazione Nazionale. Nome di battaglia "Marconi", arrestato nel 1944 dai repubblichini della Guardia Nazionale di Salò guidati dal capomanipolo (si chiamavano proprio così) Giorgio Almirante, poi liberato in modo rocambolesco, Mattei fu a capo di una formazione pluripremiata dell'Oltrepò Pavese che al 25 aprile 1945 aveva 40mila effettivi

Da Almirante, fondatore del partito del Movimento Sociale Italiano da cui è cominciata la storia politica di Fratelli d’Italia, si passa ora all’uomo d’industria e di ingegno, il self-made man dalle umili origini, le stesse ricordate da Giorgia Meloni nel discorso alla Camera. 

D’altra parte era stato  un altro partigiano come Giorgio Bocca a usare per Mattei la parola “patriota”, tanto cara alla destra italiana:

Che cosa era Enrico Mattei? Un avventuriero? Un grande patriota? Uno di quegli italiani imprendibili, indefinibili, che sanno entrare in tutte le parti, capaci di grandissimo charme come di grandissimo furore, generosi ma con una memoria di elefante per le offese subite, abili nell'usare il denaro ma quasi senza toccarlo, sopra le parti ma capaci di usarle, cinici ma per un grande disegno

È un ritratto generoso, quello di Bocca, così come ne sono arrivati tanti altri. Si sa che la morte improvvisa dona una certa indulgenza alla memoria. Di charme l’Ingegnere, come era soprannominato, in realtà non ne aveva granché, basta guardare i video raccolti su di lui nel canale YouTube di ENI. Tuttavia Mattei morì al culmine della sua influenza - secondo Benito Li Vigni, un suo stretto collaboratore che al fondatore dell’ENI ha dedicato più di un libro, era imminente una visita al presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. E allora al rammarico sul futuro, su ciò che sarebbe potuta diventare l’Italia con Mattei ancora vivo, si accompagna anche uno sguardo romantico al passato, quando tutto era più semplice e più autentico. Ne è un esempio la nota morigeratezza dell’ex partigiano. In un documento del 1957, l'ambasciatore a Roma, Ashley Clarke annota che Enrico Mattei, “a differenza di molti esponenti democristiani non sembra corrotto a livello personale. Vive in modo tutto sommato modesto. Il suo unico svago è la pesca: non ci pensa due volte a volare in Alaska per una battuta di pesca di una settimana”.

Ovviamente l’aspetto più ammirato di Mattei a destra è lo sforzo per garantire all’Italia un’indipendenza energetica che, in questi tempi di crisi e di rincaro delle bollette, è ancora più centrale nei desiderata del governo. Da Presidente del Consiglio, gli unici riferimenti di Meloni sulle fonti di energia vanno in questa direzione: all’assenza del gas russo Meloni intende sopperire anche attraverso un aumento della produzione nazionale di gas, perché “i nostri mari sono ricchi di giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno”. In realtà le stime più ottimistiche, provenienti dall’ormai ex ministero della Transizione Ecologica con il PiTESAI, indicano che nel sottosuolo italiano ci sarebbero 350 miliardi di metri cubi di gas naturale, tra riserve già confermate che potenziali, che basterebbero a garantire l’attuale consumo di gas per appena 5 anni.

L’altra priorità è quella delle energie rinnovabili, incensate non per il minore impatto ambientale ma unicamente come risorse energetiche alternative. “La nostra Nazione, in particolare il Mezzogiorno – ha ricordato ancora Meloni – è il paradiso delle rinnovabili, con il suo sole, il vento, il calore della terra, le maree e i fiumi. Un patrimonio di energia verde troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibili

Insomma, ancora una volta si insegue il mito dell’autosufficienza energetica. In più, rispetto agli intenti passati, la presidente del Consiglio rispolvera il principio liberale del lassez-faire. Quando alla Camera Giorgia Meloni afferma che "il motto del governo sarà non disturbare chi vuole fare" l’eco dei precedenti governi Berlusconi è fortissima. Con un richiamo ulteriore, questa volta implicito, a Enrico Mattei. Fu proprio il fondatore dell’ENI a capire che, in assenza di petrolio, l’Italia dovesse puntare sul metano. Tanto che persino lo storico logo del cane a sei zampe venne ideato nel 1952 per promuovere i due punti di forza dell’allora Agip: la benzina Supercortemaggiore e il metano Agipgas. Per questo motivo l’azienda energetica costruì nel giro di pochi anni una rete di gasdotti lunga 2000 chilometri che è l’ossatura di quella esistente. Perché questo aneddoto dovrebbe essere caro alla destra? Per le modalità con cui ciò venne realizzato. Come ha raccontato Il Post in occasione del 50esimo anniversario della morte di Enrico Mattei:

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Ci sono parecchi racconti di piccoli paesi che si svegliarono una mattina trovando i campi sventrati dagli operai ENI che avevano scavato i canali dove impiantare i metanodotti. All’epoca non c’era nemmeno il tempo di organizzare un comitato civico per fermare i lavori. Mattei collegò tutta l’Italia con i suoi gasdotti, distribuì quasi ovunque i benzinai AGIP e impiantò i primi grandi poli petrolchimici, come quello di Ravenna

Magari il paragone tra l’industrializzazione del boom economico e la crisi energetica attuale è fuorviante. Ma è la destra italiana che, nel tentativo di appropriazione della figura di Enrico Mattei, dimentica o mette da parte gli enormi cambiamenti storici che nel frattempo sono avvenuti: dalla quotazione in borsa delle aziende di Stato alla globalizzazione che rende le economie sempre più interconnesse fino ai mercati finanziari che dettano i prezzi di una risorsa fisica come il gas. Apprezzare dal punto di vista storico un personaggio assolutamente centrale per l’Italia come Enrico Mattei è un conto, farne il vessillo per i propri piani di governo è un altro. Anche perché per una destra che a fatica prova a convincere l'establishment del proprio posizionamento europeo e filoatlantico, rifarsi a figure complesse e lontane nel tempo come il fondatore dell’ENI potrebbe risultare uno scivolone. Secondo una circolare dell’intelligence inglese, pubblicata da WikiLeaks e risalente ad agosto 1962, appena due mesi prima della morte, Enrico Mattei avrebbe dichiarato: "Ci ho messo 7 anni per condurre il governo italiano verso una apertura a sinistra. E posso dirle che mi ci vorranno meno di 7 anni per far uscire l’Italia dalla Nato e metterla alla testa dei paesi neutrali". Sarebbe interessante scoprire cosa ne pensa la destra italiana di questa (presunta) versione del piano Mattei.

Immagine in anteprima: frame video delle dichiarazioni programmatiche del governo Meloni – Palazzo Chigi via YouTube

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