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Goodbye, Ruby Choosy

27 Ottobre 2012 2 min lettura

Goodbye, Ruby Choosy

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E insomma eravamo tutti lì davanti allo schermo, come quando fuori piove e si guarda la partita, ebbri d'agonismo a distanza. Solo che non era la partita, era l'attesa per la notizia di una sentenza, e la sentenza riguardava il processo a Berlusconi. Eravamo tutti lì coi pantaloni calati e la minchia dell'opinione pubblica in mano, pronti a eruttare gioia un po' fascista di sinistra (quella che poi, dopo, ti senti pure buono), immemori della ferocia mediatica durante Mani Pulite. Pronti poi a redimere quella gioia recitando sette avemaria, quattro padrenostro e almeno tre pigibattista.

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E invece niente. Lo schermo, fosse tv, monitor, tablet o smartphone (occhio che lo smartphone fa diventare ciechi!) ha palesato l'Avvento: Berlusconi. 4 anni. Primo Grado. Ma noi niente: lì con la minchia dell'opinione pubblica inspiegabilmente floscia tra le mani; senza erezione, senza gioia eruttante. Nessun fiotto giustizialista... manco due gocce. Nemmeno la forza di ondeggiare gli accendini cantando Goodbye, Ruby Choosy. 

E non è stato perché, anche solo d'inerzia, abbiamo imparato ad aspettare i tre gradi di giudizio, praticando il giustizialismo tantrico. No. È successo che noi, eredi sfigati di Debord, più nevrotici che paranoici, più paraculi che situazionisti, immersi fino all'ultima icona nel format Società dello Spettacolo™, in questi anni di attesa siamo stati nel frattempo presi alle spalle dalla Realtà, buttati per terra con forza, e brutalizzati senza pietà. E un angolino della nostra anima, o chi per lei, è ancora lì, per terra, con le ginocchia unite, le mani cinte, e la testa abbassata. È ancora lì, tutta tremante, che mormora illogici mantra: «rigore, rigore, rigore», «sobrietà, sobrietà, sobrietà», «sacrifici, sacrifici, sacrifici». Perché ci hanno detto che sì, forse non ce la faremo, ma in quel caso sarà colpa nostra, che non ce lo siamo meritati abbastanza, di farcela. E stando così, distrutti dentro e frenetici fuori, è difficile raggiungere l'erezione, figurarsi l'orgasmo. Perciò uno poi vede, che so, quelli del No-Monti Day o del Sì-Benito Again, e pensa a una donna che s'infligge l'umiliazione del finto orgasmo, e allora non dice nulla. Preferisce tacere. Quasi quasi leggere un libro, andare a trovare gli amici. Ricercare, contemplare e condividere bellezza, mentre infuria la mistica della violenza.

Anche questa è resistenza.

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