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La classe operaia si prende la scena. La nuova fase della lotta di GKN per una fabbrica pubblica

24 Ottobre 2022 12 min lettura

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La classe operaia si prende la scena. La nuova fase della lotta di GKN per una fabbrica pubblica

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Anche Bologna è insorta. Il 22 ottobre migliaia di persone hanno sfilato per vari chilometri per le strade della città ed un tratto di tangenziale durante Convergere per Insorgere. Dopo le due grandi manifestazioni di Firenze indette dal Collettivo di Fabbrica ex Gkn, quella del 18 settembre 2021 e del 26 marzo 2022, è stato chiesto al capoluogo dell’Emilia Romagna di farsi “avanguardia dell’insorgenza”. Un passaggio di testimone importante, costruito in questi mesi con No al Passante di Mezzo, il comitato cittadino che porta avanti una lotta da oltre trent’anni contro l’allargamento dell’asse autostrada-tangenziale, le reti contadine locali—Campi Aperti e la connessa Rete per la Sovranità Alimentare, ma anche Bologna for Climate Justice, per consolidare e rilanciare la convergenza con i movimenti ecologisti — dai Fridays for Future a Extinction Rebellion — e con quelli contro il carovita (tra tutti, Noi Non Paghiamo), i movimenti LGBTQI+, i collettivi studenteschi. 

Il 9 ottobre scorso, si è tenuta la prima assemblea della fabbrica pubblica e socialmente integrata – la prima che si è svolta al centro dell’officina dello stabilimento di Campi Bisenzio, da quando i lavoratori della GKN hanno occupato la fabbrica il 9 luglio 2021 a seguito dell’annuncio via e-mail della chiusura del sito fiorentino da parte della proprietà, il fondo speculativo inglese Melrose.

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Trecento persone sono arrivate da tutta Italia in occasione della tre giorni (7-9 ottobre 2022) dedicata agli “incontri intergalattici” di Genuino Clandestino, la rete italiana di comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare, che si sono tenuti tra la ex GKN, il mercato contadino di Piazza Tasso a Firenze e Mondeggi, la fattoria senza padroni nella vicina Bagno a Ripoli. Moltə rappresentanti di associazioni e movimenti sono arrivatə da tutta Italia per partecipare a questa assemblea, dopo che l’8 settembre il Collettivo ha annunciato l’inizio della terza fase della lotta, quella affinché ci sia un autentico controllo pubblico della fabbrica, “difesa dal territorio, a disposizione del territorio”. 

Durante l’assemblea, è stato presentato il progetto della nascente Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) Insorgiamo. Lo ha spiegato nei dettagli Dario Salvetti, con la lucidità e la schiettezza a cui ci ha abituato in questi mesi. Una voce, quella del Collettivo di Fabbrica, che è riuscita a portare avanti tramite i canali social una narrazione mobilitante che parla a tante realtà e movimenti chiamandoli alla convergenza delle lotte. 

Lo ha fatto, traendo lezioni dagli errori di altri movimenti che li hanno preceduti (quello no global, tra tutti), da altre vertenze (l’ex Fiat/Blutec di Termini Imerese, l’ex Pirelli/Bekaert di Figline Valdarno, le acciaierie di Piombino e molte altre), alleandosi con altri—dai movimenti studenteschi a quelli per il clima fino ad arrivare agli Stati Genderali lgbtqiaI+ & disability--ispirandone a sua volta dei nuovi. Tra tutti, il Movimento No Base, sorto in opposizione allo sviluppo di un presidio militare a Coltano vicino Pisa, e che lo scorso 2 giugno ha visto 10.000 persone sfilare sotto il sole per oltre sette chilometri nei campi di Coltano, appunto. L’appuntamento, per estendere la lotta, dopo la partecipata manifestazione di Bologna, è ora il 5 novembre a Napoli assieme al Comitato di Lotta – Disoccupati “7 Novembre, “perché fuori dalla mobilitazione non c’è salvezza”.

Se la narrazione dominante ha cristallizzato l’immagine dei lavoratori ex GKN vittoriosi e di nuovo al lavoro, la realtà è uno stabilimento fermo, una forza-lavoro in cassa integrazione da mesi. Per questo, gli operai ex GKN si propongono di ripartire quanto prima con attività economiche in autoproduzione che consentano “di combattere l’abbrutimento, di consolidare (...) l’autodisciplina e autorganizzazione (…) di coltivare ulteriori legami sociali”. Il nuovo soggetto giuridico nasce comestrumento di mutualismo, auto recupero, progettazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Circoli Ricreativi Aziendali Lavoratori (CRAL), collegamento con il territorio, riferimento di azionariato popolare e assemblee di territorio”. 

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“Un primo punto di partenza è l’attivazione dei GAS [Gruppi di Acquisto Solidali]”, dice al presidio Valerio Boldrini, operaio ex Gkn che dal secondo giorno di occupazione della fabbrica gestisce il gruppo della mensa e del bar (il “Bar Collo”). È proprio nello sviluppo dei GAS che le reti contadine saranno un raccordo fondamentale. Ma c’è anche l’idea di “aprire” la refezione a prezzi popolari alla comunità, a chi lavora nella zona, per esempio. Il che vuol dire, espandere quel che già esiste—la mensa è sempre aperta a chi visita il presidio—e farlo in maniera più strutturata, usufruendo dell’art.11 dello Statuto dei Lavoratori e istituendo dei circoli aziendali: i CRAL, appunto, gestiti da organismi composti a maggioranza dai lavoratori stessi. 

All’interno del SOMS Insorgiamo, dovranno nascere gruppi di lavoro dedicati all’area mutualismo, alla presenza sul territorio, alla comunicazione, alla re-industrializzazione (con un team tecnico-scientifico), alla gestione del calendario delle date dell’Insorgiamo Tour, alla “brigata alimentare”, alla cassa di resistenza per “le spese della lotta” (le trasferte, soprattutto), alla convergenza culturale, che vuole cominciare a sviluppare anche corsi di formazione e soprattutto ad un team legale di giuslavoristə, penalistə, ma anche espertə in diritto commerciale e del lavoro, che aiuterà a costituire il soggetto giuridico e a fare da consulenza per eventuali azioni legali. 

Un obiettivo è quello di combattere lo spettro di anni in cassa integrazione — quel tempo sospeso in cui aspetti, aspetti che qualcosa accada, ma poi spesso non accade proprio nulla. La solidarietà, quindi, è anche un modo per combattere la solitudine. Lo sanno bene i lavoratorə delle acciaierie di Piombino: gli oltre 1,000 in cig a zero ore (alcuni da 8 anni, dallo spegnimento dell’altoforno), e gli altri 600 a rotazione, sono additatə in città come parassitə. Un gruppo di loro, i Camping Cig, che partecipano regolarmente alle assemblee ed azioni della GKN, sono natə da un accampamento (da cui il nome) a poche centinaia di metri dalla loro fabbrica, in un luogo di passaggio della città, la rotonda della SOL, società produttrice di ossigeno liquido, che fa parte dell’indotto frenato con la crisi delle acciaierie. Si sono resə visibilə (e unitə) per meglio lottare contro l’abbrutimento, appunto, che comporta vivere a lungo con l’ammortizzatore sociale. Una lotta instancabile, fatta di proposte ad istituzioni e sindacati, come quella già lanciata nel 2019 di assumere disoccupati e cassaintegrati in lavoro di pubblica utilità come le bonifiche, una resistenza che si arriva fino alla battaglia odierna contro l’ineluttabilità del rigassificatore.

In officina, dietro al tavolo lungo dove siedono Dario Salvetti e Michele di Paola del Collettivo di Fabbrica, c’è il palco voluto da Francesco Borgomeo, prima advisor (novembre 2021) nominato da Melrose/GKN, poi “traghettatore” con la sua QF—che sta per “Quattro F:” Fiducia nel Futuro della Fabbrica di Firenze e quindi “salvatore” con il passaggio di proprietà  (23 dicembre 2021); quindi, coordinatore di un consorzio, Iris Lab, “non a scopo di lucro” (29 luglio 2022); infine, re-industrializzatore unico (31 agosto 2022).

Cosa Borgomeo sia venuto a fare a Campi Bisenzio non è ancora chiaro, visto che gli accordi con Melrose/GKN sono in parte secretati. Il Collettivo, però, un’idea se l’è già fatta—la cosiddetta “delocalizzazione dolce:” cioè, Borgomeo sarebbe stato chiamato a fare “il lavoro sporco,” ma con il volto di un imprenditore buono. L’imprenditore romano, 54 anni, ha legato il suo nome all’economia circolare grazie al “salvataggio” dell’ex Marazzi di Anagni e dell’ex Ideal Standard di Roccasecca nella Ciociaria. Una brava persona, dicevano tuttə, con una rispettabilità che in Italia si concede, chissà perché, solo agli imprenditori (meglio se maschi). 

Appesi sul muro, ci sono gli striscioni di FuoriMercato e RiMaflow, a ribadire la radicale alternativa a un sistema, a uno Stato che delude perché abbandona, latita, non facendosi portatore di niente di nuovo. “Siamo seduti al centro di milioni di euro di macchinari fermi”, dice Salvetti in assemblea. La famosa industria 4.0 finanziata anche con i soldi dei contribuenti. Quei macchinari che lo stesso territorio ha difeso da subito, anche, fattivamente, con l’ordinanza del sindaco di Campi Bisenzio che impediva l’accesso dei camion al sito di via Fratelli Cervi. ‘Il lavoro’ di Borgomeo, dunque, seguendo il ragionamento del Collettivo, sembra essere proprio quello di svuotare lo stabilimento.

L’auto-proclamazione della fabbrica come “pubblica e socialmente integrata” segue proprio l’ultimo (fallimentare) tavolo al MISE del 31 agosto (aggiornato poi al 5 settembre), termine ultimo entro cui, secondo l’accordo quadro firmato tra sindacati, istituzioni e nuova proprietà il 19 gennaio 2022, Borgomeo avrebbe dovuto presentare un dettagliato piano per la re-industrializzazione. Invece, l’imprenditore ha annunciato che l’azienda sarà a pieno regime entro il 2026, con 340 lavoratori (mentre negli accordi di gennaio si parlava di piena occupazione per 422, il numero di lavoratori alle dipendenze di Melrose/Gkn al 9 luglio 2021), chiedendo 15 milioni di investimenti a Invitalia per poter fare partire progetti ritenuti ancora troppo vaghi dal Mise.

Questi mesi sono stati dunque una grossa perdita di tempo? Tutt’altro. E la grande e varia partecipazione di movimenti e associazioni (grandi assenti, ancora una volta, i sindacati confederali, confluiti su Roma per la manifestazione per la salute e la sicurezza sul lavoro) a Bologna lo dimostra. In attesa della riconversione industriale, lavoratori e lavoratrici ex GKN (da settembre ci sono ufficialmente anche due donne adesso contrattualizzate come metalmeccaniche) si sono messə in ascolto. Nel loro ininterrotto Insorgiamo Tour, hanno incontrato decine e decine di realtà resistenti che punteggiano la penisola. Isole di controcultura che necessita(va)no di nuova linfa e a volte visibilità, ma soprattutto di convergere. È la condicio sine qua non per cambiare i rapporti di forze nel paese, il Collettivo di Fabbrica lo ripete sin da quando ha riempito il Teatro Puccini di Firenze in un’assemblea cittadina partecipata da ben 500 persone il 28 ottobre 2021, e dimostrando l’esistenza di un’esigenza di riscatto condivisa con la grande manifestazione di convergenza del 26 marzo scorso a Firenze. 

Un tempo che i lavoratori ex GKN hanno e non hanno. “In teoria, la mattina potremmo anche non alzarci dal letto”, fa notare Salvetti durante l’assemblea. Questo per far capire che gestire uno stabilimento comporta già un certo grado di autodisciplina. 

Il 9 ottobre è anche scaduta la cassa integrazione ordinaria. QF ora vuole la firma dei sindacati per poter aver la CIG straordinaria (che consentirebbe all’azienda una copertura retroattiva al 20 marzo 2022 di tutte le altre CIGO richieste unilateralmente dall’azienda ma non ancora autorizzate dall’INPS) e ha posto un ultimatum su questo punto in una comunicazione risalente ai primi di ottobre. “Siamo fermi sulle nostre richieste di chiarezza e trasparenza”, dichiara Massimo Barbetti, RSU Fiom. “Non vogliamo agevolare in alcun modo possibili finti piani industriali né essere complici di alcun progetto fantasma accettando di firmare un assegno in bianco a un’azienda che in dieci mesi non è ancora riuscita neppure a svolgere le pulizie dello stabilimento”. D’altra parte, Borgomeo ha più volte insinuato che il sito sia ostaggio degli operai e che il progetto industriale sia messo a rischio dal presidio dei lavoratori.

Un ipotetico scenario, in caso di pedalata a vuoto sull’ammortizzatore sociale, continua Barbetti, potrebbe anche essere il fallimento di QF, e quindi, di nuovo, l’avvio della procedura di licenziamento.

“Siamo dentro la necessità di individuare un prodotto nuovo”, dice Salvetti. Un core business, appunto. Borgomeo deve smettere di fare “da tappo” ad altre opzioni di sviluppo e reindustrializzazione del sito di Campi Bisenzio, dichiara. La presenza di QF è servita finora solo a impedire che altre direttive di sviluppo venissero messe in stand-by. “A volte piove in officina”, fa notare ancora Salvetti. In questi mesi, la manutenzione necessaria ad uno stabilimento di 30,000 metri quadri non c’è stata. La nuova proprietà non ha mostrato, insomma, di “voler bene a questo posto”.

L’idea di autogestire la fabbrica circola da tempo. “Non abbiamo un prodotto finito”, osserva Salvetti in assemblea, a giustificare le remore iniziali a dichiararsi fabbrica pubblica. “Altrimenti avremmo ripreso a produrre anche il giorno dopo”. Erano i primi di novembre 2021 quando la Rete Italiana Imprese Recuperate, assieme ad altri docenti universitari esperti in materia, fece la sua prima presentazione al presidio. Furono presentati esempi virtuosi di riconversione industriale, si parlò di Workers Buyout, della Legge Marcora, di cooperative di lavoratrici e lavoratori che ce l’avevano fatta e di altre che invece erano fallite e perché. 

Una di queste, presenza fissa alle assemblee convocate dal Collettivo sin dal luglio scorso, è la RiMaflow di Trezzano sul Naviglio nell’hinterland milanese. RiMaflow è adesso una fabbrica di economia solidale ecologista autogestita che produce tra le altre cose la Sambuca Insorgiamo, l’Amaro Partigiano e “Kollontai” (la Vodka Antisessista), ma è nata proprio come risposta alla chiusura e delocalizzazione della fabbrica metalmeccanica Maflow. Dei 330 operai che lavoravano nella produzione di componenti per automobili, ne sono rimastə col tempo solo una cinquantina, spiega un operaio durante il suo intervento in assemblea. “Stiamo sviluppando un ristorante e una logistica di prossimità per le produzioni della rete di piccoli produttori Fuorimercato di cui facciamo parte, (…) ma anche delle attività di servizi conto terzi: assemblaggi logistica per le aziende del territorio”.

L'operaio di RiMaflow racconta l’eroica storia della Rimaflow. “I primi anni sono stati molto duri”, ricorda. “Eravamo sotto costante attacco delle istituzioni locali e dalla proprietà. (…) Gli attacchi portati sono stati prevalentemente di carattere tecnico burocratico. Ci contestavano l’impossibilità di ottenere le necessarie autorizzazioni a lavorare in un luogo occupato”.

Dopo sei anni di lotta, dopo aver resistito vari tentativi di sgombero, i lavoratori e le lavoratrici in virtù anche della grande solidarietà del territorio, hanno imposto alla proprietà una trattativa che ha portato all’uscita dalla fabbrica a fronte del pagamento del lavoro di manutenzione e cura dei capannoni durante i sei anni di occupazione. “E questo è già un fatto: è possibile occupare e rilanciare un sito industriale e vedersi riconosciuto un pagamento per questo lavoro. (…) Grazie ai soldi ottenuti (300 mila euro) abbiamo potuto trasferirci all’interno di nuovi capannoni più conformi alle nostre esigenze”. 

A RiMaflow, il potere è stato democratizzato proprio con la creazione dei gruppi di lavoro, spiega l'operaio, che non nasconde però le difficoltà che questo processo implica. “Lavorare in un’impresa recuperata conflittuale ha un effetto totalizzante: aspetti della vita lavorativa, della vita politica e della vita personale si fondono e si possono creare forti stress.”  In un certo senso, l’opposto di essere un operaio salariato, appunto.

Sul versante del mutualismo, c’è l’esperienza della MAG di Firenze che già dal novembre scorso aiuta nella gestione della Cassa di Resistenza dei Lavoratori GKN. Il 29 settembre si è tenuta al presidio un’importante assemblea conoscitiva con la cooperativa finanziaria mutualistica e autogestita fiorentina che consente un accesso al credito in assenza di garanzie patrimoniali. “Bastano le garanzie relazionali”, motivo per cui limita il proprio ‘bacino’ di soci/e alla provincia. “La finanza è una tigre, naturalmente predatoria”, dice Francesco Festini di MAG Firenze. Il mutualismo, pratica che risale alla metà dell’Ottocento e che ha anticipato la nascita dei sindacati, è un “meccanismo in grado di creare davvero comunità,” aggiunge Sergio Chiacchella. Non si tratta solo di dar credito ma anche di lavorare sul perché a volte le persone si ritrovano in certe situazioni—esiste infatti un centro ascolto, per affrontare problemi quali la ludopatia. 

Due giorni dopo l’assemblea, al Teatro Arena del Sole, va in scena la GKN. Più precisamente, “Il Capitale-Un libro che ancora non abbiamo letto,” di Kepler-452, ossia Enrico Baraldi e Nicola Borghesi che lo scorso autunno hanno trascorso un mese a fare interviste agli operai nello stabilimento di Campi Bisenzio tanto da meritarsi il soprannome di “quelli della Digos”. L’11 ottobre, dunque, un corteo coloratissimo guidato dai collettivi studenteschi ha raggiunto l’Arena del Sole, quasi un trailer della manifestazione del 22 ottobre.

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A teatro, tre lavoratori ex GKN — Tiziana De Biasio, Felice Ieraci e Francesco Iorio—interpretano se stessi offrendo tre punti di vista sul tempo e sul lavoro, ma soprattutto su cosa significhi vivere la fabbrica. Assieme a loro–e anche loro nelle vesti di se stessə–il regista e attore Nicola Borghesi–uno, invece, che “in fabbrica non c’era mai entrato”—e Dario Salvetti, che interviene in apertura e in chiusura dello spettacolo.

E poi gli altri lavoratori ex GKN, le/i solidalə, presentə e più unitə che mai, per questa serata speciale. Anche perché il palcoscenico all’Arena del Sole di fatto non c’è. Tuttə sono allo stesso livello, mentre le immagini vive della fabbrica, del Bar Collo, della sala mensa vengono proiettate su uno schermo che di fatto è una tenda di plastica, le cui strisce verticali restituiscono ma distorcono anche, forse a voler enfatizzare la riflessione portata avanti nello spettacolo, sullo stabilimento di Campi Bisenzio che è al momento un non-luogo, un limbo, in cui accadono cose strane e meravigliose. Anche la difficile prosa di Karl Marx invade lo schermo, prepotente, imponendosi e pretendendo ascolto, comprensione, riflessione, come se racchiudesse una verità che si manifesta nelle vite raccontate dagli attori-operai. Una lotta, soprattutto, per riappropriarsi del tempo (Forse il vero significato de Il Capitale, suggerisce nel libretto Nicola Borghesi?).

Essere lì, quella sera, è stato catartico. E forse piangono tuttə (e io con loro) perché 15 mesi così possono essere un tempo sufficiente, parafrasando solo un po’ il finale dello spettacolo, per scegliersi buonə compagne e compagni di vita e di lotta. E provare a non vivere invano, a non morire solə.

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Aggiornamenti

Aggiornamento 28 ottobre 2022: In una versione precedente dell'articolo avevamo scritto che Borgomeo avesse chiesto 150 milioni di euro a Invitalia. Abbiamo corretto il refuso e inserito la cifra corretta di 15 milioni di euro.

Immagine in anteprima: Silvia Giagnoni

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