Cosa c’è di vero nelle accuse al professor Conte
19 min letturadi Angelo Romano e Andrea Zitelli
Il curriculum di Giuseppe Conte, indicato da Lega e Movimento 5 Stelle come possibile presidente del consiglio del loro governo, è stato al centro di discussioni e polemiche a partire da un articolo di Jason Horowitz corrispondente dall'Italia del New York Times. Conte nel suo curriculum indica di aver perfezionato i suoi studi soggiornando un mese ogni estate dal 2008 al 2012 alla New York University. Il giornalista ha contattato l'Università che però ha risposto dicendo di non avere il suo nome in qualità di studente o membro dello staff nei registri, cosa che Conte non ha mai sostenuto. Abbiamo contattato anche noi l'Università che in pratica ha confermato la versione di Conte, come spieghiamo più avanti.
In questo post proviamo a ricostruire anche tutti gli altri elementi controversi emersi rispetto al suo curriculum e che non corrispondono a quanto dichiarato.
Sempre ieri al centro delle polemiche il presunto appoggio del professore al "metodo" Stamina, un trattamento risultato poi una truffa. Abbiamo ricostruito sia la questione di Conte come legale della famiglia di Sofia, bambina "simbolo" della vicenda Stamina, sia qual è stato il suo ruolo all'interno della fondazione 'Voa Voa Onlus – Amici di Sofia'.
Va inoltre sottolineato che a differenza di quanto molti giornali hanno pubblicato, a partire da NYT, Guardian e Washington Post, il prof. Conte non è mai stato avvocato personale di Luigi Di Maio. Questa la dichiarazione che abbiamo ricevuto dal suo ufficio stampa: “Luigi Di Maio non ha mai conferito alcun incarico al Prof. Giuseppe Conte. Pertanto l’affermazione secondo cui Giuseppe Conte sarebbe l'avvocato personale di Di Maio, non corrisponde al vero”.
Giuseppe Conte e i curricula gonfiati
In un lungo articolo sul New York Times, il corrispondente dall’Italia per il quotidiano americano Jason Horowitz ha ricostruito un profilo di Giuseppe Conte, l’avvocato, professore ordinario di Diritto Privato all’Università di Firenze e docente sempre di Diritto Privato alla Luiss di Roma, indicato lunedì scorso da Luigi Di Maio e Matteo Salvini come possibile futuro presidente del Consiglio di un governo formato da Movimento 5 Stelle e Lega. Va specificato che è prerogativa del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, individuare la figura alla quale affidare l’incarico della formazione del nuovo governo.
Nel tracciare il profilo di Conte, definito da Horowitz “un elegante professore di giurisprudenza di 54 anni con un gusto per i gemelli e i fazzoletti da taschino bianchi”, con “una lunga carriera presso studi legali romani e frequentazioni con i cardinali del Vaticano” e la cui qualifica principale, senza alcuna base politica o esperienza governativa, “potrebbe essere la sua volontà di attuare un programma governativo concordato dai leader dei due partiti populisti”, il giornalista del New York Times ha verificato il curriculum piuttosto esteso dell’avvocato che vanta numerose pubblicazioni e diverse esperienze di perfezionamento degli studi all’estero.
Già un paio di mesi fa, quando durante la campagna elettorale Luigi Di Maio lo aveva indicato come ministro alla “Pubblica amministrazione, deburocratizzazione e meritocrazia” in un eventuale governo Cinque Stelle, erano circolate alcune biografie di Conte che sottolineavano il suo curriculum internazionale e, in particolare, i periodi di perfezionamento a Yale, alla Sorbonne e alla New York University, dove, ricostruisce Horowitz, il professore di Diritto Privato “ha affermato di aver ‘perfezionato e aggiornato i suoi studi’ durante il soggiorno al college per almeno un mese ogni estate tra il 2008 e il 2012”. Ma, Michelle Tsai, una portavoce della New York University, contattata dal giornalista del New York Times, ha detto che non c’è traccia nei registri dell’università di uno studente o un membro della facoltà (ndr, degli studi di legge) con il cognome “Conte”, aggiungendo, però, l’eventualità che Giuseppe Conte potesse aver frequentato dei corsi di uno o due giorni, per i quali l’università non prevede una registrazione delle generalità.
Nello specifico Horowitz ha fatto riferimento a due curricula di Conte disponibili in Rete: uno è quello presente sul sito dell’Associazione Civilisti Italiani, l’altro caricato nel 2013 sul sito della Camera dei Deputati, quando Giuseppe Conte fu uno dei candidati al Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, l’organo di autogoverno della giustizia amministrativa.
Nel primo curriculum, molto più schematico, Conte aveva scritto di aver perfezionato i suoi studi giuridici alla New York University negli anni 2008 e 2009, mentre in quello presentato alla Camera si legge che “dall'anno 2008 all'anno 2012 ha soggiornato, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University, per perfezionare e aggiornare i suoi studi”, come riportato fedelmente dal giornalista statunitense nel suo articolo per il New York Times.
L’articolo di Horowitz è stato ripreso da diversi giornali italiani che hanno puntato l’attenzione sulla specializzazione senza riscontri. Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo “Conte specializzato alla New York University, il corrispondente del New York Times: ‘Non risulta negli archivi dell’università’
Ecco il futuro presidente del consiglio italiano. #sòla https://t.co/EZIThDsGDd pic.twitter.com/zYXKHLL65I
— luca (@lucaM1966) May 22, 2018
Anche il Corriere ha titolato sulla “specializzazione che non risulta”
Conte e la specializzazione alla New York University. Il Nyt: «Non risulta» https://t.co/tAjZKXdwDB pic.twitter.com/kupawwYlsK
— Corriere della Sera (@Corriere) May 22, 2018
Su Twitter, alcuni utenti hanno iniziato a precisare che era errato parlare di specializzazione. In altre parole, Conte non aveva indicato nei diversi curricula presentati titoli mai conseguiti né ha mai parlato di "specializzazione", ma di “periodo di perfezionamento”, formula alla quale di solito si ricorre per attività non documentabili come, ad esempio, soggiorni, frequentazione di seminari o periodi di ricerca in biblioteca.
Ai numerosi neo-esperti di curriculum andrebbe segnalato che un professore ordinario quando frequenta università straniere non è che va a iscriversi ai corsi, ma fa ricerca autonomamente, frequenta le biblioteche, si confronta con i colleghi
— Lorenzo Pregliasco (@lorepregliasco) May 22, 2018
Nunzia, non è detto che sia tarocco. Se avesse avuto un ruolo formale l’avrebbe scritto indicando il titolo, la formula usata si usa tipicamente per indicare attività non documentabili, tipo un soggiorno, a proprie spese, per fare ricerca o seguire qualche seminario.
— Mario Ricciardi (@marioricciard18) May 22, 2018
“Passare un mese all’anno”, e per giunta d’estate, alla NYU non significa essere studente o membro di facoltà, ma semplice visitatore. Il professore avrà frequentato la biblioteca. Non si tratta di falso ma di un’ambiguità presente nel 90% dei CV italiani. https://t.co/yXodyuvGod
— Agostino de Marcellis (@rmykgh) May 22, 2018
Per questo motivo, il fatto che Giuseppe Conte non fosse presente nei registri dell’università di New York né come studente né come membro della Facoltà non significa automaticamente che avesse dichiarato il falso nei suoi curricula, come sottolineato anche dal professore di Oslo, Mads Andenas, studioso di diritto contrattuale europeo e direttore del British Institute of International and Comparative Law: “I professori studiano in biblioteca per tali soggiorni durante le vacanze estive, e non sono ‘staff’ o ‘students’”. Nei contesti indicati nel curriculum, spiega Andenas in un altro tweet, Conte non era un docente né teneva una cattedra, ma ha fatto quello che dovrebbero fare dottorandi e professori: “Trascorrere del tempo nelle biblioteche universitarie all'estero, prendendo sul serio la lingua inglese e il diritto comparato”.
He has not been a "student" or "staff" the places listed in this context, holding down a full time professorship for most of the time.He has done what a PhD student or professor should do: spend time in university libraries abroad, taking English and comparative law seriously. https://t.co/w2fquFiRh4
— Mads Andenæs (@MadsAndenas) May 22, 2018
Nel corso della giornata l’Adnkronos ha pubblicato uno scambio di email risalente al 2014, di cui è venuto in possesso, tra Conte e Mark Geitstfeld, docente alla School of Law della New York University. Nelle email, Conte annunciava un suo soggiorno a New York e confermava a Geitstfeld l’inserimento del collega statunitense all’interno del comitato scientifico della rivista italiana “Giustizia civile”, pubblicata dalla casa editrice Giuffrè e diretta dallo stesso Conte. La corrispondenza tra i due professori, spiega Adnkronos, proverebbe che Conte aveva una certa frequentazione della New York University, come testimoniato da un altro scambio di email, sempre risalente al 2014, con Radu Popa, “all'epoca responsabile dei servizi di accesso e utilizzo dei sistemi informatici della biblioteca della NYU e all'assegnazione delle chiavi di accesso wi-fi e delle postazioni per la ricerca”.
Da noi contattata, Michelle Tsai ha risposto confermando quanto già detto ad Horowitz e cioè che “Giuseppe Conte non è mai stato uno studente né è stato mai designato come docente della New York University), cosa che in ogni caso il prof. Conte non ha mai sostenuto nel suo Cv, e aggiungendo che “sebbene il professor Conte non avesse uno status ufficiale alla NYU, gli è stato concesso il permesso di condurre ricerche nella biblioteca della New York University tra il 2008 e il 2014, e ha invitato un professore di giurisprudenza della NYU a far parte del consiglio di una rivista di diritto italiana”. Confermando di fatto quanto sostenuto dal professore nel suo curriculum. In pratica da questa risposta emerge che il professore non ha mentito sulla tipologia di quel soggiorno.
"Come già indicato dalla NYU, dall'esame dei nostri registri non risulta che Giuseppe Conte abbia frequentato l'Università come studente o che sia stato nominato membro della facoltà. Nonostante il signor Conte non avesse uno status ufficiale alla NYU, gli è stato concesso il permesso di condurre ricerche alla biblioteca di Legge della New York University tra il 2008 e il 2014 e ha invitato un professore di giurisprudenza della NYU a far parte del consiglio di una rivista italiana di diritto".
As NYU indicated previously, we reviewed our records, and they do not reflect Giuseppe Conte having been at the University as a student or having an appointment as a faculty member. While Mr. Conte had no official status at NYU, he was granted permission to conduct research in the NYU Law library between 2008 and 2014, and he invited an NYU Law professor to serve on the board of an Italian law journal.
Thanks,
Michelle Tsai
Office of Public Affairs
New York University
In un comunicato diffuso in mattinata, il Movimento 5 Stelle ha precisato che, a proposito della New York University, Conte ha sempre parlato di perfezionamento dei suoi studi senza mai citare corsi o master specifici, e che “come ogni studioso, ha soggiornato all’estero per studiare, arricchire le sue conoscenze, perfezionare il suo inglese giuridico”.
La nota dei 5 stelle sul curriculum di Giuseppe Conte @jasondhorowitz pic.twitter.com/bfldAhGAWg
— Marco Di Fonzo (@marcodifonzo) May 22, 2018
Tuttavia, come segnalato sempre su Twitter dalla giornalista Jeanne Perego, c’erano anche altri punti ambigui nei curricula del docente di Diritto Privato. Nel curriculum caricato sul sito dell’Associazione Civilisti Italiani, Conte ha inserito tra le esperienze di perfezionamento degli studi giuridici un periodo all’International Kultur Institut (IKI) di Vienna nel 1993, mentre nel cv inserito sul sito della Camera, si fa riferimento nella sezione dedicata all’attività scientifica e didattica a un più generico soggiorno di studio a Vienna di tre mesi. Dal sito emerge che l’Istituto è una scuola di tedesco e non di diritto.
Il prof. #GiuseppeConte ha perfezionato gli studi giuridici a Vienna, all’International Kulturinstitute. Che non esiste. Esiste, invece l’Internationales Kulturinstitute , che è una scuola di lingue. 🤔https://t.co/vb8E6mhiBg pic.twitter.com/MYCz9RFLaN
— Jeanne Perego (@jeperego) 22 maggio 2018
Il Corriere della Sera ha provato a contattare l’IKI. Un suo portavoce ha spiegato di “di non potere dire sugli studenti attuali o del passato appellandosi alla Datenschutz, la difesa della privacy. La stessa persona ha però spiegato che non vengono tenuti corsi di tedesco giuridico ma solo corsi di tedesco generale”.
Nella questione Conte non c'è solo il soggiorno alla NYU che all'università non risulta, sono anche:
• La "designazione" in una istituzione dell'UE che non esiste
• Un perfezionamento di studi in legge in quella che è in realtà una scuola di tedesco https://t.co/n3JNEfjCWF— Davide Maria De Luca (@DM_Deluca) May 22, 2018
Questi, però, non sono gli unici punti oscuri dei curricula di Giuseppe Conte. Il Post ha contattato tutte le università e gli enti presso i quali Giuseppe Conte ha dichiarato di aver svolto periodi di perfezionamento, insegnato o lavorato (Yale e la Duquesne University di Pittsburgh nel 1992, la Sorbona di Parigi nel 2000, il Girton College dell’Università di Cambridge nel settembre 2001) e, nel corso della giornata, ha via via aggiornato il suo articolo individuando quelle parti del curriculum del futuro presidente del Consiglio che sembravano non trovare riscontro nelle verifiche effettuate.
L’Università di Cambridge, riporta il Guardian, ha fatto sapere che non può immediatamente confermare o negare se il professore di Diritto Privato abbia frequentato l’università, ma una fonte universitaria ha detto alla Reuters in via confidenziale di non aver trovato alcuna traccia di studi di Conte e che potrebbe aver frequentato un corso tenuto da terze parti. Anche per quanto riguarda la Sorbona, secondo prime verifiche fatte da Repubblica, “il nome di Conte non figura nella banca dati di studenti, ricercatori, dottorandi di nazionalità straniera che hanno frequentato il principale ateneo parigino”. Un dirigente dell’università ha spiegato che l’avvocato italiano potrebbe aver frequentato un laboratorio estivo.
Il Messaggero non ha trovato riscontri di rapporti di Conte con la Duquesne University di Pittsburgh negli Stati Uniti e con l’Università di Malta. Il Post ha sentito la direttrice dell’ufficio marketing e comunicazione della Duquesne University, Bridget Fare: “nei primi anni Novanta Conte era coinvolto nella gestione di un programma che permetteva a studenti italiani di seguire dei corsi della Duquesne University e ‘si è occupato di ricerca in ambito giuridico e di migliorare la collaborazione con Villa Nazareth’, l’organizzazione italiana che finanziava il programma di studi all’estero”. Anche Horowitz aveva confermato i legami di Conte con l’università di Pittsburgh e Villa Nazareth. Il giornalista americano ha intervistato Carla Lucente, professoressa di lingua e letteratura moderna, e Nicholas P. Cafardi, rettore emerito e professore di diritto canonico, entrambi alla Duquesne University, che hanno detto di conoscere Giuseppe Conte e di apprezzarne il talento.
A Malta, Conte ha dichiarato di aver tenuto un insegnamento nell'estate del 1997 nell'ambito del Corso internazionale di studi “European Contract and Banking Law”. Al Messaggero un portavoce dell’università maltese ha detto di poter confermare che “non c'è traccia che Giuseppe Conte abbia mai fatto parte del corpo docenti permanente dell'università. Questo non esclude che egli abbia potuto essere coinvolto in alcune letture organizzate nell'estate del 1997 dalla defunta Foundation for International Studies (FIS)”, una “entità separata” dalla University of Malta, con la quale era stata attivata una collaborazione. Va detto che Conte non ha mai dichiarato di far parte del corpo docenti permanente dell’università e, in base al rapporto annuale del 1997-98 del rettore dell’università, il corso di “European Contract and Banking Law” era una summer school tenuta nel mese di agosto e organizzata in collaborazione con la Sapienza di Roma.
Il Post ha, inoltre, verificato che Conte non è stato designato a far parte del Social Justice Group presso l’Unione Europea, come affermato nel cv disponibile sul sito della Camera. Non esiste nessun organismo del genere all’interno dell’Ue, il “Social Justice in European Private Law” era un collettivo di professori di diverse università europee che nel 2004 aveva redatto un Manifesto al quale, in base a quanto riportato da un libro universitario pubblicato nel 2009, Conte ha aderito un anno dopo la sua diffusione. Martijn Hesselink, a capo dei docenti che hanno scritto il documento, ha detto a Il Post che Conte non è mai stato parte del gruppo che ha lavorato alla stesura del Manifesto e che il gruppo si era auto-costituito e vi si accedeva su base volontaria.
Infine, sempre secondo quanto appurato da Il Post, nel cv presentato alla Camera, Conte ha dichiarato di essere consulente legale della Camera di Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato di Roma, ma “dagli archivi online della Camera di Commercio risulta che negli ultimi dieci anni Conte ha svolto una sola consulenza, nel 2008, ricevendo un compenso di 1.920 euro per la sua partecipazione alla ‘commissione per la Regolazione del Mercato’”.
Da un paio di giorni, come notato da Il Foglio, sul sito dello studio legale Alpa, di cui, secondo il curriculum, Conte sarebbe uno dei cofondatori, “le pagine web riguardanti Giuseppe Conte sono state rimosse o non sono più funzionanti”.
Contattato dal quotidiano, lo studio Alpa ha specificato che lo Studio Legale non è uno studio di associati, che Alpa ha avuto come socio storico fino al 2012 Tommaso Galletto e che Conte non lavora per il professor Alpa (del quale, stando a quanto scrive l’Huffington Post, è allievo accademico e ha curato diversi volumi) e che il suo nome non è mai stato presente sul sito come avvocato dello studio. Ma, spiega Luciano Capone nell'articolo, sul sito del Consiglio nazionale forense il domicilio indicato dall’avvocato Giuseppe Conte coincide con l’indirizzo e il numero telefonico dello studio legale Alpa e, secondo quanto raccolto dal giornalista, Conte, "era un 'of counsel', un semplice collaboratore dello studio Alpa".
Abbiamo provato a contattare Giuseppe Conte per chiedere chiarimenti sulle sue esperienze di perfezionamento all’estero, non ci siamo riusciti e abbiamo contattato l'ufficio stampa di Luigi Di Maio che ha semplicemente replicato inviandoci il comunicato stampa del Movimento 5 Stelle.
Che rapporto c’è tra Stamina e Conte?
C’è anche un’altra questione del passato di Giuseppe Conte che fa discutere: il suo appoggio o meno al cosiddetto “metodo Stamina”, una trattamento riconosciuto dalla comunità scientifica privo di qualsiasi validità e la cui applicazione ha prodotto anche dei procedimenti penali nei confronti di diversi imputati, tra cui il suo stesso ideatore, Davide Vannoni, che ha patteggiato un anno e dieci mesi).
Leggi anche >> Il post definitivo sul metodo Stamina
Conte e il lavoro da legale dei genitori di Sofia, la bimba “simbolo” del vicenda Stamina
Nel 2013 Conte è stato per diversi mesi l’avvocato della famiglia di Sofia De Barros, una bambina che soffriva di una malattia neurodegenerativa incurabile (poi morta lo scorso 31 dicembre). I genitori di Sofia, Guido De Barros e Caterina Ceccuti, all’epoca si stavano battendo nelle aule giudiziarie per far continuare alla propria figlia il trattamento con il “metodo” Stamina (che prevedeva 5 infusioni di presunte cellule staminali) presso gli Spedali di Brescia, dopo che il tribunale di Firenze a gennaio dello stesso anno aveva bloccato quello specifico trattamento per la bambina.
Dopo la decisione del tribunale fiorentino, un servizio della trasmissione televisiva “Le Iene” sulla vicenda aveva creato molto clamore intorno alla vicenda. La madre ai primi di marzo aveva anche scritto una lettera con una richiesta di aiuto all’allora ministro della Salute, Renato Balduzzi, il quale, pochi giorni dopo, aveva comunicato di aver incontrato i genitori di Sofia e di star cercando insieme a loro una soluzione concreta in tempi brevissimi. Balduzzi, che era stato attaccato duramente dopo il servizio de “Le Iene”, aveva precisato anche che “le ispezioni e le verifiche condotte da molti mesi e da più organi” sulle attività della Stamina Foundation presso gli Spedali di Brescia avevano trovato “gravi anomalie e problemi di sicurezza”, che mettevano “quelle procedure fuori dalle leggi europee e italiane”. Il ministro della Salute, tra le altre cose, si riferiva all’ordinanza dell’Aifa (cioè l’Agenzia italiana del farmaco) di maggio 2012, impugnata da Vannoni, che vietava la collaborazione dell’Ospedale bresciano con la onlus Stamina Foundation. Il “metodo” Stamina, era criticato per le sue procedure non a norma, per la sua non riscontrata valenza scientifica e il suo ideatore, inoltre, era finito sotto inchiesta, insieme a diversi dei suoi collaboratori, da parte della Procura di Torino.
Il 12 marzo, poi, il legale della famiglia, Giuseppe Conte, comunica che la bambina potrà tornare a Brescia per essere ricoverata, dopo il via libera agli Spedali di Brescia della seconda infusione di “cellule staminali” prodotte con metodo Stamina da parte del ministro Balduzzi, del presidente dell'Istituto Superiore di Sanità e del direttore generale dell'Aifa, scriveva Repubblica. Per Balduzzi si trattava di una decisione che conciliava «il rispetto delle norme e delle sentenze della magistratura con la situazione eccezionale nella quale si trova la bambina. Si tratta di quella soluzione concreta che, incontrando i genitori di Sofia mi ero impegnato a favorire entro sette giorni». A commento della notizia, Conte aveva dichiarato da Il Tirreno: «La situazione della piccola Sofia è molto particolare, perché la sua è una cura che si inquadra nell’ambito delle cure compassionevoli, vale a dire quelle somministrate in mancanza di una valida alternativa terapeutica su pazienti in pericolo di vita o esposti a gravi danni alla salute». L’avvocato della famiglia proseguiva specificando che per il futuro «non invochiamo genericamente il diritto alla salute o a cure compassionevoli ma chiediamo che Sofia completi un protocollo di cure che è stato già concordato, approvato ed eseguito con una prima infusione di cellule staminali. Un principio di civiltà giuridica secondo cui, al di là di provvedimenti amministrativi ed indagini di rilievo penale, il paziente deve completare il trattamento concordato con i sanitari che hanno responsabilità della cura. Nessun ostacolo giuridico può frapporsi al diritto di Sofia di ottenere il completamento del trattamento iniziato».
Due giorni dopo, però, la direzione degli Spedali fa sapere alla famiglia che Sofia non potrà completare l’intero trattamento “a meno di un'imposizione da parte delle autorità giuridiche o sanitarie nei confronti degli Spedali”. Una novità inaspettata a cui il legale della famiglia reagiva con queste parole, riportate da La Nazione: ''La situazione che ci viene attualmente prospettata ripropone una inaccettabile interruzione del trattamento terapeutico. È impensabile che a Sofia sia nuovamente sottratta la speranza, alimentata in seguito alla prima infusione, di una migliore qualità della vita. È impensabile offrire ai suoi genitori la prospettiva di rivivere l'angoscia già sperimentata in coincidenza con l'attesa della seconda infusione”. “I tempi della malattia di Sofia e l'accelerazione da questa impresa – prosegue Conte – non si confanno ai distinguo dei responsabili sanitari e ai tempi richiesti dalle verifiche giudiziarie in corso. Chiedo a tutte le Autorità e a tutti i Responsabili sanitari, come pure a tutti i nostri interlocutori in questa drammatica vicenda di assumersi la responsabilità – in scienza e coscienza, e ciascuno per quanto di sua competenza – di assicurare a Sofia il celere completamento del trattamento terapeutico già iniziato”.
Il 19 marzo 2013, però, la situazione per Sofia si sblocca. Il tribunale di Livorno – dove nel frattempo i genitori avevano preso la residenza, spostandola da Firenze, per poter così rivolgersi a un altro giudice – accoglie il ricorso d’urgenza presentato da Conte e concede il completamento del “trattamento” Stamina alla bambina negli Spedali di Brescia. Circa quattro mesi dopo, poi, lo stesso Tribunale di Livorno, confermava la propria decisione. Un sentenza che seguiva l’entrata in vigore del cosiddetto “decreto Balduzzi” di marzo, modificato in Parlamento e approvato definitivamente a fine maggio dal Senato (con 259 sì, 2 no e 6 astenuti. Pochi giorni prima alla Camera i voti favorevoli erano stati 504 e un solo voto contrario), che consentiva a chi aveva già iniziato le terapie con il metodo Stamina di continuarle e prevedeva l'avvio di una sperimentazione del metodo Stamina – promossa dal ministero della Salute, con l’Aifa, il Centro nazionale trapianti e coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità con la sola condizione della sicurezza dei pazienti – della durata 18 mesi per cui venivano stanziati 3 milioni di euro in due anni. Successivamente, a inizi ottobre del 2014, il comitato di esperti bocciò il “metodo” Stamina, con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (subentrata a Balduzzi, dopo che il governo Letta ad aprile 2013 prese il posto dell’esecutivo Monti) suggerì come unica via “la soppressione del decreto Balduzzi”, aggiungendo che dal punto di vista “sanitario e scientifico la questione è chiusa, è conclusa”. Circa un anno dopo, il Parlamento definì un errore l'aver dato il via alla sperimentazione.
Riguardo l’impegno di Conte nella causa dei De Barros per far continuare il “trattamento” Stamina alla propria figlia, la famiglia ai media ha negato che l’avvocato lo abbia fatto perché simpatizzante del ‘metodo’ ideato da Vannoni: «Il professore ci aiutò, ci seguì legalmente nel ricorso per proseguire con le cure a Sofia, ma non lo fece perché sostenitore di Stamina, non era il metodo in discussione ma l'aiuto a una bambina malata». I genitori continuano raccontando che «era il 2013 e Sofia aveva fatto una prima infusione di staminali agli Spedali Civili di Brescia, approvata dal comitato etico dell'ospedale. Poi il tribunale di Firenze bloccò la terapia, e a quel punto decidemmo di fare ricorso, e tramite un amico di famiglia contattammo il professor Conte». «Il professor Conte – spiega ancora Caterina Ceccuti al Corriere della Sera – dimostrò una grande sensibilità alla causa di Sofia perché non volle nulla in cambio, lo fece pro bono, perché penso si sentisse toccato dalla vicenda avendo anche lui un figlio più o meno della stessa età. Accettò anche per il fatto che la cura era regolarmente somministrata da un ospedale pubblico, e che c’erano le basi per la continuità terapeutica: la bambina aveva già iniziato la terapia».
Lo stesso Davide Vannoni – su cui la Procura di Torino, lo scorso 15 maggio, ha chiesto un nuovo rinvio a giudizio per un’indagine sull’applicazione della sua “terapia” all’estero in Georgia, nonostante nel patteggiamento del 2015 si era impegnato a rinunciare a proseguire l’applicazione del “trattamento” –, sentito dalla trasmissione radiofonica ‘Un giorno da Pecora’ ha dichiarato di non aver mai conosciuto Giuseppe Conte: «Non ci ho nemmeno mai parlato direttamente. Conte è uno dei mille avvocati che hanno sostenuto altrettante richieste di pazienti che cercavano di ottenere le cure Stamina presso l'ospedale di Brescia».
Conte e l'associazione “Voa Voa Onlus – amici di Sofia”
Altra questione sollevata nel dibattito sul possibile sostegno di Conte a Stamina, è quella relativa al suo ruolo all’interno dell’associazione ‘Voa Voa Onlus – amici di Sofia’, il cui presidente e legale è sempre Guido De Barros, padre di Sofia.
In un articolo di ieri, il Manifesto, raccontando i rapporti intercorsi tra l’avvocato Conte e la famiglia De Barros, scrive anche: “Non si è trattato solo di un impegno professionale, tanto è vero che Conte figura anche – con l’attrice Gina Lollobrigida (...) – tra i promotori di una fondazione che si batte proprio per la «libertà di cura»”.
Come riportano Repubblica Firenze e Corriere Fiorentino (i due articoli sono identici, quindi hanno un’unica fonte, forse un’agenzia o un comunicato stampa) di cinque anni fa, il 26 giugno 2013, nasce a Firenze il Comitato Promotore della Fondazione 'Voa Voa', “dal titolo del libro che Caterina Ceccuti ha scritto e dedicato alla sua bimba, Sofia, 3 anni e mezzo, divenuta il simbolo della battaglia per l'accesso alle cure compassionevoli da parte di persone affette da malattie rare”. Gli articoli spiegano che Gina Lollobrigida era componente e fondatrice del Comitato: «Voa voa – ha ricordato Lollobrigida – era il modo in cui Sofia diceva 'vola vola' prima di ammalarsi». Si legge inoltre che tra i componenti del comitato figurano, “oltre i genitori di Sofia” e “Lollobrigida”, l'avvocato Giuseppe Conte. In un altro articolo de La Nazione, del 27 giugno 2013, viene specificato che la firma dell’avvocato Conte, insieme a quelle dei genitori di Sofia e di Lollobrigida, compare nell’”atto notarile” del comitato. I giornali riportano poi che prima beneficiaria sarebbe stata “la Fondazione Stamina che si occupa delle cure compassionevoli presso gli Spedali Civili di Brescia”.
Qualche settimana dopo, media locali riportano la notizia che erano stati raccolti “ben 21.550 euro” tramite l’asta di beneficenza promossa dal Comitato «Voa Voa! onlus» per sostenere le cure di bambini gravemente malati e che la somma ottenuta sarebbe stata interamente utilizzata “per l’acquisto di materiale da laboratorio necessario ai biologi di Stamina Foundation così da portare avanti le cure compassionevoli sui bambini gravemente malati, come la piccola Sofia De Barros, negli Spedali Civili di Brescia”.
La famiglia De Barros, però, nega anche che Conte aderì all’associazione: «Noi volevamo fare una fondazione, e avevamo istituito un comitato con dentro anche personaggi celebri come la Lollobrigida. Lui non era incluso, e non partecipò a nessuna riunione. Poi peraltro l'idea della fondazione naufragò, e facemmo un'associazione 'Voa Voa', con la quale Conte non ha nulla a che fare». Nell’atto costitutivo dell’associazione “Voa Voa! Onlus - Amici di Sofia”, che porta la data del 24 ottobre 2013, il nome di Conte non compare.
Per capire meglio la questione, abbiamo contattato sia l’associazione Voa Voa che Claudio De Barros. L’associazione e il suo presidente hanno confermato e ribadito a Valigia Blu quanto dichiarato ieri ai media. Alla domanda se i giornali si fossero sbagliati nel riportare il nome di Conte tra i firmatari dell’atto notarile della fondazione, De Barros ha risposto che non si trattava di un errore: “Volevamo includere Conte fra i fondatori in qualità di legale (utile alla causa), annunciandolo nel comunicato stampa, ma successivamente è stato Conte stesso a voler limitare il suo sostegno esclusivamente al ricorso in tribunale”.
Riguardo infine i 21.550 euro raccolti dal comitato Voa Voa nel luglio 2013 e utilizzati “per l’acquisto di materiale da laboratorio necessario ai biologi di Stamina Foundation”, Vannoni ha dichiarato sempre a ‘Un Giorno da Pecora’ che la sua fondazione non ha mai ricevuto finanziamenti da nessuno, compreso ‘Voa Voa’.
È doveroso da parte del giornalismo verificare quanto dichiarato dai politici, e quindi è doveroso verificare la veridicità di quando dichiarato nel curriculum. Non si può vedere in questo un tentativo di screditare. Ma è altrettanto doveroso riportare in modo corretto le questioni (vedi i titoli sulla "specializzazione" a New York di cui Conte non ha mai parlato, il tentativo di verificare affermazioni mai fatte e l'accusa di sostegno a stamina – qualcuno ha anche titolato "il prof. Stamina" e questo di certo non fa onore al giornalismo).
Siamo in un paese in cui l'asticella è molto bassa, in altri paesi quando un Ministro dice il falso sul suo titolo di studio, come è successo con la Ministra Fedeli, ci sono conseguenze e ci si ritira dalla vita politica. Tanto per fare un esempio (ce ne sarebbero altri: dalle accuse di plagio alle condanne per corruzione). Il curriculum del professor Conte, in un contesto in cui di fronte a situazioni ben più gravi non succede nulla, sembrerebbe poca cosa. C'è un "però" importante a nostro avviso: un movimento, che ha fatto della trasparenza, dell'onestà e dell'essere totalmente differenti rispetto al sistema che dice di combattere la propria identità e su questo ha vinto le elezioni, non può permettersi una simile "scivolata" (per scivolata, visto che alcuni lettori ci chiedono di chiarire, ci riferiamo alle parti del Cv non precise, o "gonfiate", o quella specifica sulla designazione al Social Justice Group che non è risultata tale) .
Foto in anteprima via Ansa