Drogata e stuprata per anni con la complicità del marito: il caso di Gisèle Pelicot è diventato un simbolo della lotta contro la violenza di genere
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Aggiornamento 25 novembre 2024: La procura di Avignone, in Francia, ha chiesto 20 anni di carcere per Dominique Pelicot, che per dieci anni, dal 2011 al 2020, ha drogato e fatto violentare sua moglie Gisele Pelicot.
"Vent'anni sono tanti, perché sono vent'anni di una vita, qualunque sia l'età dell'imputato. Ma sono anche pochi vista la gravità dei fatti commessi e ripetuti", ha argomentato Laure Chabaud, vice pm durante il processo.
Oltre a Dominique Pelicot, che si è dichiarato colpevole durante il suo primo intervento in tribunale, sono accusati altri 50 uomini, le cui violenze contro Gisele Pelicot sono state filmate dal marito, che le ha poi salvate sul suo computer personale. Solo in pochi si sono dichiarati colpevoli.
A 71 anni Gisèle Pelicot ha rinunciato alla privacy e all'anonimato, come permette la legge francese nei casi di violenza sessuale, e ha scelto che il processo si svolgesse a porte aperte. Ha voluto parlare e ha voluto che tutti potessero ascoltare e vedere le immagini di questo processo affinché "tutte le donne vittime di stupro possano dire a sé stesse 'Madame Pelicot lo ha fatto, anche noi possiamo farlo'. Non voglio più - ha esclamato - che provino vergogna. La vergogna non dobbiamo provarla noi, sono loro che devono provarla. Esprimo qui soprattutto la mia volontà e la mia determinazione a cambiare questa società".
La sentenza è attesa intorno al 20 dicembre.
Nell’articolo che segue si menzionano casi di violenza sessuale e di altri reati connessi. Se questo tipo di contenuti provoca disagio, sconforto o sofferenza, l’invito è a leggere secondo le proprie esigenze. Potreste preferire leggere per piccole sezioni, aspettare di sentirvi pronti a leggere per intero, oppure interrompere senza continuare.
Ogni volta che Gisèle Pelicot attraversa il cortile che la conduce all'ingresso del palazzo di giustizia di Avignon, nel Sud della Francia, c'è una folla ad attenderla per battere le mani, dirle una frase di incoraggiamento, guardarla con rispetto. È una folla prevalentemente femminile. Invece ad aspettarla in tribunale, sui banchi (uno non bastava) degli imputati, ci sono oltre cinquanta uomini. Il processo in cui questa donna di 71 anni, che per dieci anni è stata drogata dall'allora marito Dominique Pelicot e poi offerta a decine di sconosciuti nella sua stessa camera da letto, avrebbe potuto tenersi a porte chiuse, come è frequente in casi di molestie e violenze sessuali. Ma lei, che fino a quattro anni fa di quello che le era stato fatto non sapeva niente e che in questo processo è parte civile, ha voluto che fossero spalancate. Perché tutti vedano e sappiano.
È così che Gisèle Pelicot è diventata simbolo della lotta per i diritti delle donne vittime di abuso in generale e contro le cosiddette droghe dello stupro in particolare. Il suo nome è evocato dalle donne che sono scese in piazza a Parigi, Nizza, Marsiglia e il suo volto è comparso in versione graffiti su un murale nella cittadina di Gentilly, in Val-de-Marne, accompagnato dalla scritta Que la honte change 2 camp ( “Che la vergogna cambi campo”). Uno slogan che invita a ricordare che chi deve vergognarsi non è la vittima di abuso, ma la persona abusante.
Così da settimane la stampa francese (che del fatto si era già ampiamente occupata dalla fine del 2020, quando tutto venne a galla), e sempre di più anche quella internazionale, segue ogni tappa di questo processo anomalo e simbolico, con 51 imputati e una parte civile, e si interroga sui temi che sta scatenando. Cultura dello stupro, definizione giuridica del consenso, aumento della cosiddetta sottomissione chimica (l'abuso sessuale che segue alla somministrazione di droghe e farmaci all'insaputa della vittima), sono solo alcuni dei grandi temi di cui si dibatte nei dibattiti televisivi e nei podcast femministi e non.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Sottomissioni chimiche
Uno dei temi più delicati dei fatti di Mazan è l'uso della cosiddetta droga dello stupro. Anche se sarebbe più corretto parlare di droghe, al plurale, visto che non sempre viene usata la stessa sostanza ma questa cambia a seconda delle circostanze. Tecnicamente, con l'espressione “droga dello stupro” si fa riferimento a sostanze psicoattive come il GBL (gamma-butirrolattone) e soprattutto il GHB (acido gamma-idrossibutirrico) che, pur senza portare al sonno o all'incoscienza, alterano la capacità di intendere e di volere, e soprattutto provocano amnesie e buchi di memoria. Nel caso di Pelicot, invece, si è trattato di un potente concentrato di benzodiazepine, come spesso accade nei contesti domestici, qui funzionale a sedare la donna così profondamente da renderla un corpo inerte.
È anche probabile che Gisèle Pelicot non sia la sola vittima dei fatti di Mazan. In queste settimane stanno emergendo nuove testimonianze: una donna che potrebbe essere stata drogata e abusata da almeno uno degli imputati, un'altra che, sempre in stato di sedazione, sarebbe stata “offerta” da uno degli uomini proprio a Dominique Pelicot. E nel corso delle indagini su quest'ultimo, il materiale sequestrato aveva già rivelato anche alcune immagini della figlia (una dei tre figli della coppia), Caroline Darian, a sua volta in apparente stato di incoscienza. La donna, madre di due bambine che a loro volta sarebbero state fotografate dal nonno in situazioni ambigue, è autrice del memoir di denuncia Et j'ai cessé de t'appeler papa (“E ho smesso di chiamarti papà”) e ha co-creato il sito M'Endors pas, in cui sensibilizza e informa sul tema della sottomissione chimica. I contenuti del sito invitano a non fare l'errore di associare l'idea della droga da stupro solo al classico scenario del bicchiere incustodito in discoteca. Citando i report del Centre d’Addictovigilance de Paris (CEIP-A), dedicati a identificare le sostanze coinvolte, i contesti delle aggressioni, il modus operandi degli aggressori, M'endors pas ricorda che molti casi di sottomissione chimica avvengono in realtà in seno alla famiglia, grazie alla relativa facilità con cui è possibile procurarsi sedativi, ansiolitici e altri farmaci (come gli antistaminici) che ad alte dosi possono indurre stati di letargia, talvolta anche molto pericolosi per la sopravvivenza.
Se denunciare abusi sessuali è sempre un percorso difficile, nel caso delle sottomissioni chimiche c'è l'ulteriore problema della breve permanenza di tracce nell'organismo. Nella giurisdizione francese, per esempio, le analisi per accertarne la presenza vengono fatte solo dopo la denuncia. Nel sangue, le tracce possono scomparire dopo poche ore, nelle urine rimangono al massimo due giorni. Più a lungo invece possono essere rintracciate nei capelli. Il sito invita a tenere la guardia alta e a fare indagini in caso del ripetersi di sintomi quali amnesie, sonnolenza, disturbi neurologici (come vertigini o convulsioni), disturbi del comportamento, ma anche nausea e vomito, soprattutto qualora si notino altri indizi che fanno sospettare un'aggressione, come segni di violenza fisica o abbigliamento in disordine, ma anche "perdita" di carte, denaro, oggetti personali.
I cinquanta di Mazan: i fatti alla base del processo
È il 12 settembre del 2020 quando un uomo sulla sessantina è sorpreso all'interno di un supermercato nella zona di Vaucluse, regione Alpi-Provenza-Costa Azzurra, mentre con il suo cellulare filma sotto le gonne di varie clienti. Bloccato da una guardia giurata, denunciato da una delle donne, viene arrestato. Non è la prima volta che Dominique Pélicot, abitante della vicina Mazan, viene fermato per un episodio simile. In quello precedente, dieci anni prima, se l'era cavata con cento euro di multa. Questa volta invece l'indagine preliminare richiede la perquisizione della sua casa a Mazan, in cui l'allora 67enne vive con la moglie Gisèle, e il sequestro del materiale informatico. All'interno di questo vengono trovate migliaia di foto pornografiche e, soprattutto, una cartella denominata “Abusi”. Dentro la cartella, gli inquirenti trovano decine di video in cui ricorre la stessa scena: nella camera da letto di casa, un uomo (sempre diverso, anche se qualcuno torna più di una volta) abusa del corpo di una donna, sempre la stessa, mentre questa è completamente inerme, apparentemente addormentata.
Dopo il fermo del marito per l'episodio del supermercato, Gisèle Pelicot viene convocata in caserma e qui le vengono mostrate le prime foto. Poi le vengono fatti vedere dei video, ed è allora che la donna, per la prima volta, vede sé stessa in una situazione di cui era completamente ignara. Capisce la ragione di quei vuoti di memoria che le avevano fatto sospettare di avere l'Alzheimer, così come dei problemi vaginali per i quali le diverse visite ginecologiche, al pari di quelle neurologiche, non avevano mai saputo dare risposta. Scopre, attraverso video di cui non sapeva l'esistenza e le spiegazioni della polizia, che il marito aveva messo degli annunci sul controverso sito di incontri Coco.fr (definitivamente chiuso lo scorso giugno) in cui invitava uomini ad approfittare di lei.
A questi, Dominique Pelicot non chiedeva mai denaro, ma pretendeva che si attenessero a un preciso copione: dovevano spogliarsi in cucina, essersi lavati e controllare di avere le unghie pulite, non avere addosso profumi o odore di tabacco. Non dovevano lasciare tracce, né destare sospetti. E dovevano essere filmati. La maggior parte dei cinquanta uomini a processo in queste settimane dichiarerà poi aver creduto di aver a che fare con una coppia dai gusti libertini, di essersi fidati del consenso del marito, secondo il quale “lei era d'accordo”, di non sapere che Gisèle Pelicot fosse all'oscuro di tutto e fosse stata drogata a sua insaputa. Anche se il nome del gruppo su cui Dominique Pelicot aveva messo l'annuncio, sul sito di incontri di cui sopra, si chiamava proprio A son insu, che significa “A sua insaputa” .
Da “Non tutti gli uomini” al signor chiunque
Dei circa settanta uomini immortalati nei video di Dominique Pelicot e mostrati mentre abusano di Gisèle Pelicot mentre questa è in stato di assoluta incoscienza, cinquanta sono stati identificati. Oggi hanno tra i 26 e i 74 anni. Sono uomini di tutte le estrazioni e professioni: c'è il libero professionista, il pompiere, il giornalista, la guardia carceraria. L’espressione che rimbalza sempre più nei dibattiti francesi è Monsiur tout-le-monde, “signor chiunque”, o “uomo qualunque”, anche per contrastare la retorica del mostro che viene spesso evocata quando si vuole prendere distanza da problemi sistemici come la cultura dello stupro.
Secondo Anne Bouillon, celebre avvocata specializzata in violenza coniugale e autrice del libro Affairs de femmes, non c'è nulla che accomuni i cinquanta imputati, e dunque che li renda “eccezionali”, “depravati”, “fuori norma”. In comunque hanno solo il fatto di avere approfittato di un'opportunità. A Valigia Blu, Bouillon spiega:
Io li incontro da sempre gli stupratori e sono di qualsiasi tipo, il mostro non esiste. In certe circostanze, nel cosiddetto “stupro d'occasione”, non ci si preoccupa della donna e del suo consenso. Senza preoccupazione per l'alterità. Questo è il solo tratto comune dei cinquanta imputati e non ce n'è nessun altro. Così come è un pericolo fare di Gisèle ellicot un'eroina, cosa che lei non ha chiesto, è pericoloso parlare di mostri e personaggi straordinari nel caso degli imputati, che sono persone qualunque. Di straordinario, qui, c'è la scala su cui tutto è avvenuto, ma il fatto è estremamente comune. Anche la costrizione chimica è una cosa estremamente comune. E molto antica: abolire la coscienza non ha niente di nuovo, subire stupri nel sonno è molto frequente. E poi, quando si parla di stupri, si pensa sempre alle aggressioni per strada, mai di quelli comuni, che avvengono in casa, tra coniugi o tra partner. In realtà lo stupro di predazione, appunto quello dell'aggressione per strada o a sorpresa, è il più raro. C'è poi lo stupro di dominazione, quello agito per affermare il potere, ristabilire la gerarchia. Ci sono ovviamente gli stupri di guerra, di cui però io non mi occupo. E infine ci sono gli stupri di opportunità: i più numerosi. Per esempio, è uno stupro di opportunità quello dello studente che va a una festa, trova una ragazza addormentata e ne approfitta.
“C'è stupro e stupro”
La differenziazione tra i tipi di stupro non serve solo a prendere coscienza dell'ampiezza del problema e tenere la guardia alta. È purtroppo anche qualcosa che viene citato dagli avvocati della difesa nel caso dei crimini di Mazan. Ha fatto scalpore la frase di Guillaume De Palma, uno degli avvocati della parte: “C'è stupro e stupro, e senza intenzione di commetterlo, non è stupro”. Infatti la nozione giuridica di stupro, in Francia, chiarisce che perché sia violenza serve l'intenzione di violentare. E gran parte degli imputati nega di avere avuto quell'intenzione. “Non andavo lì per violentare una donna”, ha dichiarato in tribunale Joan K., aggiungendo che, all'epoca, non padroneggiava il concetto di consenso. Invece Dominique Pelicot, che si è dichiarato colpevole, ribadisce che erano tutti stati informati. La sua frase “Sono uno stupratore, come lo sono tutti in quest'aula” è stato uno dei passaggi più riportati del suo interrogatorio.
Una trentina dei cosiddetti “Cinquanta di Mazan” è ancora a piede libero. Alcuni di questi si sono fatti intervistare, volto oscurato, per la trasmissione Sept à huit dell’emittente francese TF1. “Mi ha spiegato [Dominique Pelicot, NdA] che si trattava di un gioco”, racconta Charles, autista in pensione. “Mi ha raccontato che la perversione di sua moglie era rivedersi in video mentre veniva violentata, ma senza vedere il volto della persona. Mi ha mandato delle foto di lei nuda, di lei nuda in giardino. Cose che rassicurano insomma. Mi sono detto che avevo a che fare con una coppia scambista” dice José, commerciale quarantenne, che ha la voce incrinata ma non riesce a pronunciare la parola “stupratore”. “Una volta lì vedo che dorme” racconta Louis, pensionato di 70 anni, “e il marito mi incoraggia, mi dice cosa fare. Io sono convinto che a un certo punto lei si sveglierà e parteciperà alla cosa, ma quando inizia a muoversi il marito mi dice di fermarmi e capisco che c'è qualcosa che non va, decido di andarmene”.
Si dicono plagiati, ingannati, manipolati o inconsapevoli, qui nelle interviste come nelle dichiarazioni in tribunale, una linea difensiva contestata dalla stessa avvocata di Dominique Pelicot, Béatrice Zavarro, che ribadisce che gli annunci sul sito erano chiari e senza ambiguità, e confermata da stralci di conversazioni agli atti, come quando Pelicot scrive a uno degli uomini: “Restiamo in contatto. Sei come me tu, ti piace la modalità stupro”.
Uomini e violenza
In Italia, a Bologna, Paolo Ballarin è uno psicologo e psicoterapeuta che lavora quotidianamente con gli uomini maltrattanti. Assieme a Giuditta Creazzo (ricercatrice giuridico criminologica e veterana della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna) e Gabriele Pinto, psicologo e psicoterapeuta specializzato in conflitti familiari, ha fondato il centro bolognese Senza Violenza, che organizza percorsi individuali e di gruppo sia con uomini che vanno spontaneamente, perché si rendono conto di avere problemi di violenza nelle relazioni intime con le donne, sia con uomini inviati dal tribunale attraverso un percorso giudiziario. Questa seconda casistica è diventata la gran parte degli utenti a seguito dell'introduzione, all'interno del cosiddetto Codice Rosso, della sospensione condizionale della pena subordinato alla partecipazione a percorsi di recupero. A Valigia Blu, Ballarin spiega perché quelli di Mazan non sono mostri:
È agghiacciante, al limite del concepibile, eppure al tempo stesso in qualche modo non è sorprendente sapere che oltre cinquanta uomini hanno preso parte agli stupri di Mazan. al di là della singolarità di ogni situazione, questo episodio è manifestazione di qualcosa di presente e ancora largamente diffuso. È l'ennesima dimostrazione che la cultura dello stupro, dell'oggettivazione del corpo femminile e della sessualità maschile vissuta come atto non relazionale ma puramente pulsionale sono caratteristiche di cui la nostra cultura e società sono ancora altamente impregnate. Il patriarcato, con tutte le sue manifestazioni di esercizi di potere e comportamenti violenti, è un fenomeno strutturale e insito nella nostra cultura talmente tanto che diventa invisibile, come se fosse un atto indiscutibile, una parte naturale della realtà e delle relazioni tra uomini e donne. È vero che molte cose sono cambiate e stanno cambiando, che oggi se ne parla in un modo che sarebbe stato impossibile in passato, che è in corso una lunga opera di smantellamento del patriarcato. Ed è grazie al femminismo si è cominciato a gettare una luce in questa strutturale disparità di potere, che non è “naturale” ma storicamente costruita, e che quindi può essere decostruita, in modo da sostituirla con qualcosa di diverso.
Un cambio di direzione
Gisèle Pelicot ha scelto la via della determinazione e dell'esposizione. Esponendo il suo volto alle telecamere e sé stessa alla visione dei video che verranno mostrati in tribunale (e per la cui visione il giudice, contrariamente al resto del processo e a quanto richiesto dalla parte civile, ha scelto di tenere le porte chiuse a pubblico e stampa), questa minuta signora di 71 anni sta facendo una potentissima opera di attivismo. Gisèle Pélicot non è un'eroina ma una persona che merita un profondo rispetto, così come merita rispetto ogni vittima, ogni sopravvissuta alla violenza, che ha il diritto di scegliere se e come esporsi. O di non farlo affatto, scelta altrettanto legittima.
Quello che conta è che “la honte change de champ”, che cambi la direzione della vergogna. In tribunale, Gisèle Pelicot ha guardato per la prima volta in viso i suoi aguzzini, e loro hanno incrociato per la prima volta lo sguardo di lei, che non giaceva più inerme. Una vittima e 51 imputati, più gli oltre venti quelli non identificati, più tutti quelli che hanno visto l'annuncio, magari l'hanno trovato strano, ma non hanno mai detto niente. Anche se “not all men”, sono numeri su cui è doveroso riflettere.
Il 1522 è il numero gratuito da tutti i telefoni, attivo 24 ore su 24, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Per avere aiuto o anche solo un consiglio chiama il 1522 oppure apri la chat da qui.
Immagine in anteprima: frame video ABC News via YouTube