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“Gioventù meloniana”: i troppi silenzi e le reazioni imbarazzanti all’inchiesta di Fanpage

18 Giugno 2024 14 min lettura

“Gioventù meloniana”: i troppi silenzi e le reazioni imbarazzanti all’inchiesta di Fanpage

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Il governo risponde in Parlamento sull'inchiesta di Fanpage

Aggiornamento del 20 giugno 2024: Ieri, durante il questione time alla Camera, è arrivata la risposta del governo all’inchiesta di Fanpage Gioventù meloniana. Luca Ciriani (Fratelli d'Italia), ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha risposto a un’interrogazione del Partito Democratico rivolta al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, per chiedere conto della “doppia identità del movimento”, dove nella dimensione “interna”, come mostrato dall’inchiesta, si inneggia al fascismo, al terrorismo nero e viene usato il saluto romano. Tra i cofirmatari anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein.

Ciriani ha detto che l’inchiesta è stata costruita “ sulla base di immagini frammentate, decontestualizzate e riprese in un ambito privato”. Il ministro ha inoltre accusato Fanpage di aver “ripreso soggetto minorenni” e di averne “diffuso le immagini”, senza che ne sia stato acquisito il preventivo consenso”.  

Per Ciriani, infine, gli episodi documentati “non possono tradursi automaticamente sul piano legale”. Il ministro ha citato il passaggio dell’inchiesta dove si allude all’uso di fondi del servizio civile, precisando che dopo opportuni riscontri risulta che “nessuna associazione legata a partiti o movimenti politici risulta attivi nella gestione di progetti nell’ambito del servizio civile”.

Al ministro ha replicato la deputata Michela De Biase (Partito Democratico), stigmatizzando prima di tutto l’assenza del ministro dell’Interno, che avrebbe dovuto rispondere al posto di Ciriani, il quale avrebbe agito più da “avvocato difensore di Fratelli d’Italia” che da ministro della Repubblica. “Siamo drammaticamente preoccupati da quello che è emerso dal servizio” ha detto De Biase, “che un gruppo politico che fa riferimento al maggior partito di governo di questo Paese inneggi al fascismo e al nazifascismo”. De Biase ha sottolineato come il governo stia dando un’immagine in profondo contrasto con “i valori della nostra democrazia e della nostra Repubblica”.

Ieri è arrivata anche la risposta di Fanpage al ministro Ciriani, in un articolo a firma di Adriano Biondi. Biondi ha ricordato come le parole del ministro siano arrivate dopo che il suo partito ha scelto la “consegna del silenzio”, insieme a molti giornali di area e anche a parte della stampa mainstream, tra cui il servizio pubblico. Biondi ha negato le accuse del ministro circa di immagini frammentarie o decontestualizzate: “luoghi e riferimenti temporali dell’inchiesta sono ben esplicitati”. Quanto all’uso di immagini di minori, Biondi è lapidario:

Qui semplicemente il ministro dice una cosa falsa. Una balla. Una calunnia. Come facilmente verificabile, non abbiamo mostrato un singolo fotogramma di un minorenne e abbiamo deciso di adoperare la massima cautela, addirittura provvedendo a oscurare tutti i soggetti, anche maggiorenni, che non avessero un incarico politico o una certa rilevanza pubblica. Peraltro, Ciriani dovrebbe spiegarci come ha avuto l’informazione della presenza di minorenni agli eventi privati di Gioventù Nazionale. Chi sono i suoi interlocutori, gli stessi che intonano i cori al Duce o che esaltano i NAR? [...]  Non rispondendo nel merito, Ciriani si assume la gravissima responsabilità non solo di giustificare, ma anche di legittimare le pratiche e i comportamenti che emergono dal nostro lavoro d’inchiesta. Siamo dunque al punto in cui un esponente di governo non ritiene di dover dire una parola di condanna di fronte a saluti romani, Sieg Heil, elogi dei NAR e adesivi con motti fascisti. Ma, anzi, si prende la briga di difendere chi li pronuncia. In Parlamento, pubblicamente.

Ci sono almeno tre motivi per cui è bene guardare e discutere dell’inchiesta Gioventù meloniana di Fanpage, che vede una giornalista sotto copertura nell’ala giovanile di Fratelli d’Italia, tra richiami al Duce, saluti gladiatori e "Sieg heil”. Dove per discutere intendo ovviamente il merito dell'inchiesta, le sue implicazioni, le opacità e le domande di interesse pubblico che solleva.

Il primo è che chiama direttamente in causa persone che hanno ruoli importanti nel partito guidato da Giorgia Meloni, e non quindi le classiche “mele marce” o i “quattro esagitati”. Tra questi, l’eurodeputato Nicola Procaccini, co-presidente dei Conservatori e dei Riformisti Europei, (ECR) e due parlamentari, Marco Perissa e Paolo Trancassini. 

Il secondo, collegato al primo, è che nella cultura politica di Fratelli d’Italia e della sua ala giovanile i richiami espliciti al fascismo e al nazismo appaiono tutto fuorché episodi. Ciò implica che una persona sui diciotto anni che si avvicina a quell’area politica con quel misto di passione, entusiasmo e ingenuità che tutti abbiamo in quella fase della vita, a prescindere dalle motivazioni e dalle idee, è portata a radicalizzarsi. Difatti la giornalista sotto copertura si presenta inizialmente come volontaria che vorrebbe scrivere per Nazione Futura, rivista dell’omonimo think-thank, non certo come un’esagitata “patriota”. Gioventù Nazionale, ricorda Fanpage, solo l'anno scorso ha ricevuto 342mila euro da Fratelli d'Italia.

Ciò getta più di un’ombra sul posizionamento di Fratelli d’Italia come forza politica che da “destra sociale” vorrebbe rifondare l’area conservatrice moderna, in Italia come in Europa. Evidenzia come questa immagine sia usata come paravento, un gioco delle parti che ha bisogno di complicità, compari pronti a collaborare nel dibattito pubblico e persino nelle istituzioni, nazionali e sovranazionali. Una facciata di comodo per ammantarsi di rispettabilità, intanto che si lavora per l’egemonia illiberale. 

Nella videoinchiesta ai militanti è espressamente detto di evitare certi codici con la stampa, o in presenza di occhi indiscreti. Insomma, si tratta di linguaggi e codici iniziatici, un lessico di appartenenza e di coesione simbolica. Qualcosa che va pronunciato con discrezione in attesa del giorno in cui si potrà uscire alla luce del sole. Ma la produzione e distribuzione di adesivi con motti fascisti è la più classica delle pistole fumanti. Si tratta di esplicita propaganda neofascista.

Giorgia Meloni e il fascismo di Pulcinella

 

Il terzo riguarda la magistratura e possibili reati che potrebbero essere stati commessi. Su tutti, naturalmente, l’apologia del fascismo. Ma c’è anche il passaggio in cui si parla dei soldi che arriverebbero ai volontari del movimento attraverso il Servizio civile. Su questo aspetto il deputato Matteo Mauri (Partito Democratico) ha già annunciato un’interrogazione parlamentare

A questi tre motivi, con poche eccezioni, si è risposto perlopiù con il silenzio da parte della grande stampa. Editorialisti di grosso calibro, commentatori prezzemolini, controcorrente di professione sono stati distratti da altri avvenimenti, o hanno scoperto la virtù del bel tacere. Le eccezioni sono state così poche che neanche arrivano a confermare la regola. Domani, Repubblica, il programma Rai Chesarà…, il Tg3, L’aria che tira  e Tagadà su LA7, oltre a Piazzapulita che ha mostrato l’inchiesta. Rispetto alla copertura mediatica che si dà ai "casi" del giorno, la notizia è stata largamente ignorata, e questo la dice lunga sullo stato dell’informazione nel paese.

Un deserto attorno cui sono arrivate le poche risposte delle persone più o meno chiamate in causa. Rispondendo a Domani, Procaccini si è giustificato annunciando querela contro Iratxe García, capogruppo dei socialisti al Parlamento Europeo, e spiegando che era solo troppo vicino a una persona. 

Ho denunciato la capogruppo socialista alle Procure di Roma e Latina perché non stavo facendo un saluto fascista, ero solo troppo vicino a una persona che mi ha preso il gomito.

García aveva infatti commentato su X/Twitter l’inchiesta: 

Siamo sconvolti dal documentario realizzato dalla piattaforma online Fanpage che denuncia gli stretti legami tra il partito della Meloni e i nostalgici del fascismo. Tra le varie immagini scandalose, una mostra chiaramente il co-presidente dell'ECR Procaccini che fa il cosiddetto "saluto fascista. 

Francesco Giubilei, presente alla puntata di Piazzapulita insieme a Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia, si è barcamenato senza troppo successo in qualità di presidente di Nazione Futura; su X/Twitter ha poi replicato ulteriormente, annunciando querela verso la giornalista che ha lavorato sotto copertura (non quindi verso Fanpage, sembrerebbe). Sempre Giubilei a L'aria che tira ha invece parlato di un possibile esposto all'Ordine dei Giornalisti. Ma, di fatto, nessuno dei due ha negato il contenuto dell’inchiesta, o dato risposte credibili. Si sono semplicemente esercitati nell’antica arte dell’ammuina: buttarla in caciara per non rispondere nel merito, per deviare l’attenzione. Facile prevedere che sarà un leit-motiv di quella parte politica, secondo una rodata strategia (“inondare la zona di merda”, dicono in inglese). A L’aria che tira Gasparri ha ipotizzato che a inneggiare al Duce potrebbero essere stati tifosi della casertana infilati nel montaggio dell’inchiesta.

Nessuno poi ha pensato di fare domande alla presidente del Consiglio, impegnata nei giorni in cui usciva l’inchiesta a presiedere il G7. Nessuno, nel pur fornitissimo ufficio di comunicazione di Fratelli d’Italia, ha pensato bene di replicare a caldo, o di rilasciare comunicati, indire conferenza stampa. Evidentemente, la strategia dei vertici è quella del silenzio misto alle caciare dei fedelissimi, in attesa di capire il da farsi. Questo grazie anche a quei giornalisti che, di fronte al re nudo (o alla regina) d’istinto son portati a gettare asciugamani per coprire le regali pubenda, o a distogliere gli sguardi della pubblica opinione. Così per esempio Il Foglio ha rilanciato né più né meno alcune delle scuse abbozzate dal comparto intellettuale dell’estrema destra, sotto forma di risposta alla rubrica delle lettere.

Fuori dai confini italiani, a parte le reazioni di alcuni politici e intellettuali, se ne sta iniziando a parlare sulla stampa senza troppi giri di parole: il conservatore Telegraph titola per esempio “La ‘gioventù meloniana’ beccata a cantare ‘Sieg heil’ e fare il saluto nazista”. C’è poi lo spagnolo El Diario (“Saluti fascisti, elogi a Mussolini e ‘Sieg heil’: ecco i giovani di Fratelli d'Italia, che la Meloni considera "meravigliosi’). Facile prevedere che ingrossandosi oltre frontiera il caso, ci si accoderà stancamente anche in Italia, se non altro per evitare di perdere la faccia. Il portavoce della Commissione Europea ha intanto formalmente condannato l’uso di simbologie fasciste:

Il punto di vista della Commissione europea e della presidente" Ursula von der Leyen "sulla simbologia del fascismo è molto chiaro: non crediamo che sia appropriata, la condanniamo, pensiamo che sia moralmente sbagliata.

Il problema, però, è che proprio von der Leyen, a caccia dei voti della destra per la conferma a presidente della Commissione Europea, sembra abbastanza incline a voler salvare le apparenze, costi quel che costi. Proprio ieri, infatti, Politico rivelava che von der Leyen ha provato a far slittare un rapporto dell’Unione Europea in cui l’Italia viene criticata per la limitazione della libertà di espressione nei media da quando è al governo Giorgia Meloni. Qualcosa di cui abbiamo già parlato su Valigia Blu, ed evidenziato anche dall’annuale classifica di Reporter Senza Frontiere, che ci ha visto scendere al 46esimo posto rispetto al 2023. Von der Leyen, secondo le fonti ascoltate da Politico, avrebbe lavorato per rimandare la pubblicazione del rapporto a luglio, giusto dopo l’elezione del nuovo presidente della Commissione.

Le mani della politica sui media: il caso AGI

 

Tornando, quindi, al panorama politico e mediatico italiano, facciamo per un attimo finta che un certo tipo di argomentazioni nostrane sull’inchiesta di Fanpage nascano da buona fede. L’esercizio non è sterile, perché, a prescindere da cosa abbiate votato queste argomentazioni sono usate per negare ai cittadini il diritto di essere informati; per sottrarre la classe politica al dovere di rispondere del proprio operato. Sono la parte più rumorosa che accompagna silenzi, minacce di querela, formalismi senza sostanza, trollaggi davanti ai microfoni e probabili sfuriate nelle conversazioni ufficiose di palazzo. Naturalmente se per voi votare equivale a scegliere il padrone cui affidare il vostro guinzaglio e collare, potete passare oltre.

Il "girato"

A Piazzapulita, beccandosi le risate dei presenti, Bocchino ha ripetuto l’argomento del “girato”, per cui per esprimere un parere su un’inchiesta bisognerebbe acquisire tutto il materiale a disposizione. Scusa già usata da Fratelli d’Italia ai tempi di un’altra inchiesta di Fanpage, e già smontata a suo tempo dal direttore della testata: è casomai materiale per le procure, non per chi è oggetto di inchiesta giornalistica. Si tratta di una richiesta che va ben oltre il legittimo diritto di replica, e potenzialmente rappresenta una violazione della deontologia giornalistica. Immaginatevi un’inchiesta che chiama in causa un’azienda per reati gravi, come corruzione o associazione a delinquere: i giornalisti sarebbero obbligati a fornire tutto il materiale raccolto? Nel caso specifico, invece, c’è una domanda molto semplice che bisognerebbe porsi: partiti e organizzazioni politiche non hanno strumenti di indagine e verifica interna? Non hanno codici, organismi disciplinari? Se Fratelli d’Italia e Gioventù Nazionale non sono in grado di fare verifiche serie al proprio interno, vuol dire che vale la legge della giungla, e che quindi le loro parole non valgono nulla. Questa argomentazione serve a spostare le responsabilità: chi ha realizzato l'inchiesta ha qualcosa da nascondere, mentre chi nell'inchiesta è mostrato in atti di cui dovrebbe rispondere scivola via dal dibattito pubblico.

“Il buco della serratura”, “l’infiltrata”

Questo lessico accompagna l’accusa di agire fuori dalla deontologia giornalistica, di fare gossip o dossieraggio. Come si fa a prendere sul serio il giornalismo che “spia” dal buco della serratura? Se porre le questioni di metodo è fondamentale nel lavoro giornalistico, e in passato Fanpage è stata criticata, ad esempio per l’inchiesta Bloody money (incentrata sul rapporto tra politica e traffico dei rifiuti), non è normale che il dibattito si riduca al silenzio, o alle accuse di “spiare”. 

Ci sono infatti precedenti autorevoli di inchieste analoghe sui partiti di estrema destra che non hanno avuto questo trattamento. In Svezia, una giornalista ha trascorso un anno sotto copertura nell’ufficio comunicazione nei Democratici Svedesi, partito di estrema destra attualmente al governo. L’inchiesta ha rivelato una vera e propria fabbrica di trolling e odio online, e il clima nel paese si è scaldato ulteriormente quando il leader dei Democratici Svedesi, invece di difendersi dall’inchiesta, ha aizzato la propria base contro “l’establishment dei media di sinistra”: vi ricorda qualcosa?  

A gennaio, Correctiv grazie al lavoro sotto copertura ha rivelato gli incontri segreti tra il partito di estrema destra Alternative für Deutschland, movimenti neonazisti e imprenditori simpatizzanti. Sul piatto della trattativa era finito un piano per la deportazione di milioni di persone che vivono nel paese. Lo scoop di Correctiv ha generato forti movimenti di protesta, e già da allora sono iniziati in quell’area politica le prese di distanza da un alleato un po’ troppo radicale persino per gli standard alquanto flessibili dell’estrema destra.

La democrazia tedesca alla prova dell’estrema destra di AfD

 

C’è stata poi l’inchiesta sotto copertura di Al Jazeera, che nel 2018 in Francia ha indagato su Generazione Identitaria, movimento giovanile vicino al Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen. L’inchiesta sui “giovani patrioti” francesi ne rivelò il carattere suprematista e apertamente razzista, tanto che nel 2021 il gruppo venne dichiarato fuorilegge. Ci sono state infine le inchieste di Channel 4 e di The Ferret su Patriotic Alternative, tra i principali movimenti di estrema destra nel Regno Unito. 

Queste inchieste hanno avuto un impatto, sono state discusse, in alcuni casi attaccate; a volte i giornalisti che ci hanno lavorato sono stati presi di mira. Il fatto che esistano precedenti così autorevoli e di impatto in diversi paesi europei mostra come il discorso di metodo non possa diventare una scusa per evitare il merito delle inchieste stesse. Non solo: è la natura stessa di questi movimenti, la doppiezza con cui si presentano alla luce dei riflettori mentre dissimulano la propria agenda, a creare i presupposti perché si debba lavorare sotto copertura. Negare ciò significa prima di tutto dimostrare di non aver capito cos’è oggi l’estrema destra ("ultradestra", secondo la definizione estesa). O di aver scelto la strada del collaborazionismo, se non la militanza attiva. 

E i centri sociali?

Il fatto che questo argomento venga usato da chi al contempo stigmatizza il metodo usato, dimostra l'inconsistenza di entrambi gli argomenti e la cattiva fede di chi li usa. Da una parte si critica lo “spiare” attraverso “il buco della serratura”, dall’altra si invita a usare quel metodo deprecato verso altre aree politiche, applicando prima di tutto una visione alquanto distorta di par condicio. Da notare che nessuno dirà mai “e i Giovani Democratici?”, ovvero l’ala giovanile del Partito Democratico, che sarebbe il vero contraltare di Gioventù Nazionale: se si scoprisse infatti che i Giovani Democratici sono una centrale di radicalizzazione dove si inneggia a Stalin o alla BR, i primi a esserne sorpresi sarebbero gli stessi Giovani Democratici. 

Si evocano perciò i “centri sociali” come uno spauracchio, come una sorta di terreno politico collaterale agli attuali partiti di opposizione, secondo una contrapposizione puramente fittizia che vorrebbe l’attuale gioco di schieramenti in Parlamento a somma zero, tra destra e sinistra. Questo serve prima di tutto a nascondere la radicalizzazione politica in atto nello schieramento conservatore. Secondariamente, manifesta una visione del giornalismo come connivenza con la politica. Siccome lo sporco in casa ce l'hanno tutti, sollevare polvere presso alcune dimora è prima di tutto una scortesia.

“Perché non trovate lo sporco anche nei vostri amici?”: è questa, gratta gratta, l’essenza della domanda, la morale da ricatto incrociato, da “voi vi tenete il vostro sporco, noi il nostro”. Ma figurarsi se una testata seria, nel momento in cui pianifica un’inchiesta, si debba mettere in testa di indagare anche “sugli altri”, raddoppiando quindi risorse e andando alla cieca per non scontentare nessuno. Rappresenta giornalismo a tesi raddoppiato, altro che imparzialità. Non è così che si imposta un’inchiesta, e non è così che è divisa davvero la società: Azione, Italia Viva, +Europa dove li mettiamo in questo schema? Se si indaga sotto copertura sul Vaticano bisogna indagare anche su altre confessioni? E se si indaga su una grossa azienda bisogna infiltrarsi anche in un sindacato - e quale? 

Detto ciò: se vi fossero organizzazioni politiche vicine alla sinistra parlamentare che manifestano condotte opache, o problematiche, o fuori dalla legalità, è ovvio che ciò costituirebbe materiale per inchieste serie e scrupolose. Il punto però è che se questa argomentazione proviene da altri giornalisti, viene lecito domandare “se lo ritieni così importante perché non indaghi tu?” Se resta nell’aria nei dibattiti televisi per affossare qualunque discussione, va da sé che è pretestuosa.

Agli italiani non interessa (e varianti “mica vorrete dire che il 30% degli italiani è fascista”, "il fascismo è morto con Mussolini")

Certo, deve essere proprio per questo che l’inchiesta di Fanpage è passata sotto silenzio nei telegiornali e su molti quotidiani. Per non annoiare l’elettorato che ha ben altri interessi, ad esempio Meloni che balla la pizzica al G7: quello sì è un tema fondamentale. Deve essere per questo che in Rai si respira un clima tutt’altro che sereno, con tanto di sindacati filogovernativi la cui principale preoccupazione è contrastare gli scioperi dei colleghi. 

Corollario di questa mentalità da demagoghi è l’usare la percentuale di elettori (che non è la percentuale di italiani, ricordiamocelo) per diluire le responsabilità dei singoli. Per trasformare i discorsi sul consenso in alibi effettivi. Dopo quanti voti un politico o il suo partito diventano immuni dalle conseguenze? Perché o fissiamo una quota oltre la quale in pratica non si eleggono rappresentanti, ma capetti e capi, oppure nei sistemi di pesi e contrappesi all’aumentare dei voti presi aumentano le responsabilità, non è che diminuiscono. 

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Anche buttarla sul "fascismo è morto con Mussolini" è un modo per deresponsabilizzare. Nessuno accusa Fratelli d'Italia di voler resuscitate i morti, o di aver finanziato con 342 mila euro l'ala giovanile dei negromanti del partito. Il partito spieghi pure perché troppe persone di quell galassia politica sono così affascinate dal culto dei morti illustri della prima metà del Novecento, dai loro codici e dai loro saluti. Spieghino perché periodicamente salta fuori nel ciclo della notizia qualche saluto romano, qualche post "shock" su Facebook, da parte di qualche consigliere comunale o dirigente di partito.

Non si fanno inchieste né si chiede che vengano viste e discusse perché si fa il conto sui voti che si perderanno. O perché si teme il passato come un fantasma che prenderà possesso del presente. Queste non sono dinamiche su cui si può ragionare in termini di causa/effetto, o facendo stime: è roba da taumaturghi, non da scienziati politici. Il punto focale è che l’opinione pubblica ha diritto di essere informata, e l’inchiesta di Fanpage sta avendo come principale risultato il mostrare quanto è compromesso il panorama mediatico italiano nei suoi rapporti con la politica. Non una compromissione irreversibile: ma è certamente qualcosa che va guardato in faccia e messo al centro del dibattito, se si vuole restituire al paese un livello accettabile di salute pubblica, mentre gli anticorpi democratici sono sempre più sotto attacco. Altrimenti, una prima conseguenza è di mettere a repentaglio la sicurezza e l’incolumità di chi realizza inchieste, poiché delegittimare a monte chi fa questo delicatissimo lavoro contribuisce anche a trasformarlo in un bersaglio.

(Immagine anteprima via Fanpage)

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