Giovani e politica: il futuro che l’Italia continua a ignorare
6 min letturadi Emanuele Cervone
*Abbiamo ricevuto un articolo di Emanuele Cervone, 16 anni, studente del Liceo Scientifico Armando Diaz di Caserta, che riflette sulla partecipazione dei giovani all'attività politica. Abbiamo deciso di pubblicarlo
L’Italia è un paese in cui spesso si abusa di frasi come “I giovani sono il nostro futuro”. Tuttavia, secondo un rapporto Censis del 2023, solo il 17% dei giovani tra i 14 e i 29 anni si interessa attivamente di politica, un dato che attesta una crescente distanza tra le nuove generazioni e le istituzioni, e che il confronto con le altre fasce di età conferma. Più cala l’età più aumenta la distanza. Questo trova riscontro nella mia esperienza personale: come giovane cittadino mi trovo spesso di fronte a decisioni politiche che sembrano ignorare le mie esigenze, e che rafforzano la percezione di essere marginalizzato nei processi decisionali. Se questo divario non verrà affrontato con urgenza, ne risentirà la capacità della nostra società di affrontare in modo condiviso le sfide comuni, con possibili conseguenze sulla coesione democratica del paese.
La mia generazione è fatta di sogni e speranze, ma è anche segnata da un senso di frustrazione crescente, che sembra non trovare risposte adeguate.
Di cosa parliamo in questo articolo:
La mancanza di misure efficaci per i giovani
In questi giorni, molti di noi si sentono esclusi e ignorati dalle politiche pubbliche. Prendiamo, ad esempio, la Legge di Bilancio 2024, dove, come riportato da Pagella Politica, solo il 3% delle risorse è destinato ai giovani. Come possiamo pensare di essere una priorità per le istituzioni quando ci trattano come una “voce fuori campo”, un mero “contentino” a cui riservare solo briciole? Questi dati sono l’emblema di un’Italia che continua a non mettere i giovani al centro dell’agenda politica.
Tuttavia, questo non è solo un dato politico. Non si tratta solo di numeri, ma di come questi numeri impattano la vita quotidiana. Quando leggo di politiche che non investono nei giovani, non posso fare a meno di pensare a quanto tutto ciò sia distante dalla realtà vissuta. Perciò le dichiarazioni di intenti non bastano più. Servono misure concrete,un’azione visibile che, finalmente, risponda alle reali necessità.
Eppure, come sempre accade, le risposte tardano ad arrivare. Il lavoro precario, il tasso di disoccupazione giovanile che aumenta, le difficoltà nel trovare stabilità economica sembrano non scuotere le istituzioni. Come è possibile pensare di costruire un futuro quando è impossibile costruire un presente stabile? Il dato ISTAT, che certifica il tasso di disoccupazione giovanile al 21,8% a gennaio 2024, è un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere. La nuova generazione è costretta ad affrontare il mondo del lavoro con contratti precari, paghe basse, e poche speranze di carriera. Siamo i figli del “posto fisso” che non esiste più, e la transizione da un impiego all’altro diventa la normalità.
Oltre alla disoccupazione giovanile, c’è un altro dato ancora più preoccupante: in Italia, 1 giovane su 3 è un NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero non studia, non lavora e non è inserito in percorsi formativi. Si tratta del secondo tasso più alto in Europa, un segnale allarmante che discende proprio dalla mancanza di opportunità e dalla sfiducia verso un futuro che non è possibile immaginare.
Il benessere psicologico: un problema ignorato
Uno degli aspetti più gravi che definiscono la realtà odierna di noi giovani italiani è il benessere psicologico. La pandemia e il contesto socioeconomico hanno amplificato una situazione già critica, che oggi si traduce in un aumento esponenziale dei disturbi psicologici tra gli adolescenti. Secondo un rapporto dell’ISTAT (2022-2023), la percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale è passata dal 13,8% al 20,1% (e nel periodo 2023-2025 è diminuita di un solo punto percentuale), mentre quella degli insoddisfatti della vita è aumentata dal 7% al 10,5%.
Un rapporto UNICEF (United Nations Children’s Fund), segnala che il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Allo stesso tempo, la scuola, che dovrebbe essere un ambiente sicuro e di supporto, spesso non dispone degli strumenti adeguati per affrontare queste difficoltà.
Nel mio liceo, come in molti altri istituti italiani, è ancora difficile trovare un supporto psicologico strutturato che risponda alle necessità degli studenti. Si tratta di una carenza strutturale che contribuisce a creare un ambiente di isolamento e disillusione. Spesso ci sentiamo abbandonati, con poche o nessuna risorsa per affrontare la vita di tutti i giorni. Al contrario, in alcuni paesi europei, come la Finlandia, esistono modelli scolastici che prevedono un supporto psicologico integrato, con figure professionali presenti regolarmente nelle scuole. In Italia, purtroppo, l’accesso a queste risorse rimane limitato e dipende fortemente dal singolo istituto o dalla disponibilità di fondi.
“Il benessere psicologico non dovrebbe essere un privilegio, ma un diritto per tutti”, spiega a Valigia Blu Marco Mancuso, giovane consigliere comunale di Vercelli e rappresentante degli studenti presso l’Università Cattolica di Milano.
L’esperienza personale di Mancuso è emblematica. Il suo percorso politico è nato dal bisogno di cambiare qualcosa che aveva vissuto sulla propria pelle: il disagio psicologico che spesso porta all’isolamento e, nei casi più gravi, alla disperazione. "Voglio che la politica riconosca che il benessere mentale degli studenti debba diventare una priorità", racconta Mancuso. "La scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma anche un contesto in cui gli studenti affrontano le sfide della vita quotidiana”.
L’importanza della partecipazione sin dalla scuola
Come sottolineato da Marco Mancuso durante l’intervista, nel suo percorso politico, c’è una crescente frustrazione nei confronti di un sistema che non ascolta i giovani, che non valorizza la nostra voce, nonostante la nostra energia e il nostro impegno. Mancuso, che ha iniziato il suo impegno politico fin da giovanissimo, ha avuto esperienze dirette come rappresentante d'istituto e come organizzatore di manifestazioni e proteste, sempre con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni sui temi cruciali per noi. I suoi ideali lo hanno portato a contribuire ad una proposta di legge che punta al rinnovamento del sistema scolastico.
La proposta di legge per la promozione e il rafforzamento della partecipazione studentesca alla vita della scuola (DDL 889), d’iniziativa della senatrice Simona Malpezzi (a cui ha contribuito, come detto, anche il consigliere Mancuso), è un chiaro esempio di come il cambiamento possa avvenire solo attraverso l’impegno diretto e la consapevolezza delle reali problematiche che caratterizzano il sistema educativo. Il decreto punta a migliorare la vita all'interno dei convitti scolastici (attualmente 41 sul territorio nazionale), stabilendo che ogni convitto debba avere almeno un rappresentante eletto, garantendo così che gli studenti possano avere una voce diretta nelle decisioni che li riguardano. Solo attraverso la partecipazione attiva e l’impegno concreto degli studenti, che vivono quotidianamente le dinamiche del convitto, è possibile realizzare un ambiente scolastico che risponda davvero alle loro esigenze.
Inoltre, la proposta di legge riconosce l’importanza di un cambiamento che parta dal basso, con gli studenti stessi che, con il loro impegno e la loro partecipazione, diventano protagonisti di una trasformazione positiva. Questo intervento non solo mira a migliorare la gestione delle strutture scolastiche residenziali, ma anche a promuovere una scuola più inclusiva e attenta alle necessità di tutti, che si evolve in base alle sfide della società moderna. Con l'introduzione di misure come la rappresentanza degli studenti nei convitti, il DDL 889 punta a mostrare come il cambiamento reale possa avvenire solo quando chi vive la scuola ogni giorno ha la possibilità di influire direttamente sulla sua organizzazione e sul suo funzionamento.
Mancuso, ha dichiarato che il suo impegno in politica è nato dal desiderio di evitare che altri giovani debbano affrontare le stesse difficoltà. "Non basta scendere in piazza, dobbiamo entrare nelle istituzioni e cambiare il sistema dall’interno", spiega a Valigia Blu. Questo è un messaggio che sento particolarmente vicino, dato che anch'io credo fermamente che ogni cambiamento passi dal coinvolgimento diretto nelle istituzioni, non da una mera protesta esterna.
L'importanza di dare voce ai giovani
Le sue parole mi fanno riflettere, perché troppo spesso ci sentiamo impotenti. Manifestiamo, scendiamo in piazza, ma ci dimentichiamo che la vera forza non è nella protesta, ma nel cambiamento strutturale che possiamo portare all’interno delle istituzioni. Avere la possibilità di influenzare le decisioni che riguardano la nostra vita è la chiave per costruire un futuro migliore.
Il nostro coinvolgimento nella vita politica e sociale non può più essere rinviato. La politica e le istituzioni devono smettere di ignorarci. “Vogliamo opportunità concrete, non promesse. Per questo motivo, vogliamo creare incubatori di start-up, spazi in cui i giovani possano sviluppare idee, ricevere supporto e trasformarle in realtà lavorative. È un modo per dare strumenti concreti a chi vuole costruire il proprio futuro”, afferma Marco Mancuso, parlando del progetto che sta portando avanti a Vercelli per incentivare l’occupazione giovanile.
La nostra generazione non vuole essere solo una voce disillusa che si lamenta della situazione, ma una forza di cambiamento che desidera essere ascoltata e che ha bisogno di risposte concrete. Non siamo spettatori passivi, ma cittadini attivi e determinati a costruire un futuro migliore. La politica deve smettere di guardare i giovani come un peso e iniziare a vederci come la risorsa che siamo, investendo davvero nel nostro benessere, nel nostro lavoro e nel nostro futuro.
La vera sfida per il nostro paese è saperci ascoltare, valorizzare le nostre idee e coinvolgerci nei processi decisionali. Se non lo faremo, rischiamo di perdere una generazione intera, non solo di giovani disillusi, ma di potenziali innovatori, imprenditori e cittadini consapevoli, che potrebbero dare tanto all’Italia.
Immagine in anteprima via universome
