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La dipendenza dei giovani dai cellulari si conferma un allarme infondato

19 Aprile 2020 4 min lettura

La dipendenza dei giovani dai cellulari si conferma un allarme infondato

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Nelle ultime settimane capita di leggere delle notizie così entusiaste sull’uso delle nuove tecnologie da dover cercare con gesto immediato un qualsiasi ancoraggio alla realtà pur del tutto instabile in questo periodo di esistenze sospese.

Accade che in un paio di mesi gli articoli e le interviste allarmistici sull’esposizione dei più giovani ai dispositivi digitali siano non solo soppiantati ma subiscano un’ondata denigratoria che genera un gradevole stordimento.

Queste ondate sono rivelatrici di come la comunicazione scientifica possa essere superficiale, esagerata e suggestiva se non  mediata con cura nel momento in cui viene diffusa al pubblico.

Proprio in questi giorni capita anche che sia trascorso un anno da quando, con Valigia Blu, abbiamo iniziato a far conoscere le ricerche più rigorose e ignorate sull'argomento e a rivelare la debolezza metodologica, l’infondatezza e gli interessi di parte di quegli studi che mettevano in guardia le famiglie dal far passare alle proprie figlie e ai propri figli del tempo sugli schermi digitali.

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Questa serie di studi e delle notizie che li diffondevano trovavano terreno fertile nel meccanismo psicologico che ci fa considerare le nuove generazioni sempre in declino rispetto alle precedenti: le ragazze e i ragazzi di oggi sono meno rispettosi, meno intelligenti, meno competenti di una volta. Protzko e Schooler (2019) hanno trovato due spiegazioni a questo vizio perenne dell'umanità di denigrare le nuove generazioni: la tendenza a notare soprattutto i difetti degli altri e l'effetto di un'illusione che ci fa vedere i tempi passati sempre migliori di quelli attuali. È un'illusione perché la nostra memoria del passato è frammentaria e parecchio selettiva.

Stando a uno studio longitudinale pubblicato a gennaio da Douglas Downey e Benjamin Gibbs, non è neppure confermato che le bambine e i bambini di oggi abbiano meno relazioni sociali faccia a faccia rispetto a quelli cresciuti negli anni 1990, in base alle valutazioni fornite da insegnanti e genitori. I due ricercatori hanno osservato che il tempo trascorso sui dispositivi digitali non si associa a una riduzione delle abilità sociali nel campione di bambine e bambini statunitensi valutati nel 2010 a casa e a scuola, rispetto a quelli valutati nel 1998. Tuttavia, hanno riportato che le abilità sociali faccia a faccia risultano lievemente ridotte nei bambini e nelle bambine che usano più volte al giorno i videogiochi e i social network.

L’interpretazione odierna di questo minimo effetto è molto diversa da quella che avremmo potuto fare a gennaio. La quarantena ha portato a rivalutare le nuove tecnologie come strumento di socializzazione tra coetanee e coetanei e con gli adulti di riferimento. Difatti, attraverso i dispositivi è possibile mantenere i contatti con nonne e nonni, insegnanti, compagne, compagni e altri famigliari con i quali non si può più relazionarsi faccia a faccia perché, nonostante richieda tanti sforzi e rinunce, l’isolamento serve a proteggere e salvare molte vite.

Resta il considerevole numero di nuclei famigliari che non dispongono di dispositivi adatti o di connessione Internet e che saranno più a rischio di effetti negativi per questo lungo periodo di quarantena.

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità – che l’anno scorso aveva inserito nell'ICD 11 (la sua classificazione internazionale delle malattie) il Disturbo da gioco digitale o videogiochi nella categoria dei disturbi dovuti all'uso di sostanze – è stata la prima a spiazzare tutti. Assieme a 18 aziende produttrici di videogiochi, l’OMS ha lanciato l’iniziativa #PlayApartTogether con l’obiettivo di “giocare tutti insieme a distanza per battere il coronavirus”. Le aziende si sono impegnate a promuovere eventi speciali e attività per incoraggiare la socializzazione a distanza e a educare alle misure necessarie per contenere la pandemia.

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L’UNICEF ha proposto di Ripensare al tempo di esposizione agli schermi in tempi di COVID-19, aggiornando la rassegna della letteratura sugli effetti dell’uso dei dispositivi digitali in bambine/i e ragazze/i e fornendo alcune indicazioni per un uso responsabile.

In particolare, l’UNICEF propone:

Mantenimento dei contatti

I videogiochi e i social media possono offrire esperienze significative durante la pandemia: connessione in un momento in cui l'interazione sociale è ridotta, intrattenimento quando le opzioni sono limitate e supporto per aiutare a superare l'ansia e la paura.

Coinvolgimento attivo e supervisione da parte dei genitori

Giocare ai videogiochi insieme ai bambini è un buon modo per assicurarsi che siano al sicuro. Può anche essere molto divertente!

Attività fisica davanti agli schermi

Con spostamenti all'aperto limitati, l'OMS ha raccomandato videogiochi attivi e lezioni di ginnastica online per mantenersi in salute a casa. […] Questo consiglio è utile sia durante la pandemia di COVID-19, sia quando la vita tornerà alla normalità.

Il suggerimento finale è di esplorare i reciproci mondi, sia digitali che fisici.

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La socializzazione e l’apprendimento possono realizzarsi pienamente in entrambi i mondi: è fondamentale dotare tutti dei dispositivi necessari.

Insomma, più che di passare dal panico all’euforia si tratta di un’opportunità per riflettere sul modo in cui viene comunicata la scienza dai media e dagli stessi ricercatori e per diventare più consapevoli dei filtri psicologici con cui osserviamo la realtà.

Immagine in anteprima via UNICEF

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