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Giovane, italiano, datajournalist: disoccupato? No, data editor del Guardian

13 Ottobre 2014 4 min lettura

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Giovane, italiano, datajournalist: disoccupato? No, data editor del Guardian

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È l'inizio di luglio quando un tweet del direttore Alan Rusbridger annuncia l'assunzione di Alberto Nardelli come data editor al Guardian.

Come in Ricomincio da tre, in cui, alla provenienza napoletana del Gaetano di Troisi, tutti collegano la parola “emigrante” sotto forma di domanda, di constatazione, talvolta persino di accusa, così a leggere quel nome italiano tra le firme del Guardian si immagina di dover raccontare la storia dell'ennesimo cervello in fuga, il giovane italiano in cerca di un futuro migliore. E invece no. Quella di Alberto Nardelli, 35 anni, è una vita che rifugge i luoghi comuni, supera le aspettative e rompe gli schemi.

Ad esempio, Alberto non sceglie di partire. Almeno, non la prima volta: ha solo due anni quando con la famiglia lascia l'Italia, alla volta dell'Inghilterra prima, verso Singapore poi.

Torna per frequentare liceo e università (scienze politiche con indirizzo della comunicazione e laurea in storia contemporanea alla Luiss). E pronto a ripartire.

Quasi subito dopo la laurea mi sono trasferito a Toronto in Canada dove lavoravo per https://www.tigweb.org/ una piattaforma online per giovani attivisti. Nello specifico mi occupavo di progetti creativi, e di curare gli aspetti di comunicazione attorno alla partecipazione di giovani al Summit Mondiale ONU sulla Società dell'Informazione (WSIS). A Londra, che è la città dove tuttora ho vissuto più tempo, mi sono trasferito dieci anni fa per il master in media e comunicazione alla Goldsmiths, and the rest is history. 

Ma in Italia di esperienze giornalistiche ne ha avute? Oltre alla collaborazione all'edizione italiana di cafebabel.com durante gli studi, non molte, ma forse non ne ha nemmeno cercate: in realtà il giornalista in senso stretto non ho mai pensato di farlo (tranne da piccolo, ma volevo anche diventare un agente segreto).
Alberto lavora oltre una professione, un mestiere ben definito, nell'intersezione tra diversi settori e il giornalismo dove si ritrova “un po' per percorso, un po' come passione”.
Infatti i progetti che sviluppa sono informazione, ma non solo: da Tweetminster, che analizza ed elabora i contenuti social di politici e opinion maker attraverso i flussi dei dati su Twitter, fino a UnLtdWorld, una piattaforma di ricerca completa e aperta che mette in relazione imprese sociali con organizzazioni e privati. Sono esperienze che hanno permesso ad Alberto di guardare il giornalismo (e il mondo) da prospettive diverse, grazie alle quali essere notato e apprezzato anche dal Guardian.

Ed è stato proprio discutendo di potenziali progetti di collaborazione che arriva la proposta di portare le diverse idee all'interno della testata. Da lì all'annuncio di Rusbridger è un attimo. A legare le sue start-up al nuovo ruolo al Guardian uno stesso modo di lavorare sui flussi di dati e sui fatti: “Come data editor, commissiono pezzi e contenuti, contribuisco a lavori di altri desk, e scrivo (cosa che mi piace molto). L'idea di base è quella di cercare di andare oltre il dato giornalistico inteso solamente come uploadare dati sulla rete, e creare più giornalismo che utilizza data in modo interessante ed innovativo.”

Insomma, attraverso i dati Alberto legge e racconta la realtà: in equilibrio tra passione e competenza, il suo impegno è stato premiato professionalmente, a Londra. Ma come ci si vive?

Spesso in compagnia di un ombrello. Scherzi, e pioggia a parte, Londra mi piace molto - è una città splendida che offre costantemente opportunità nuove e diverse. È una città multiculturale come nessun'altra realtà in Europa, dove trovi il meglio di tutto il mondo. Adoro il lavoro che faccio, e quindi credo di rimanere qui a lungo. In Italia, per ora, torno in vacanza.

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Eppure, pur senza desiderio di ritorno, qualcosa di Alberto deve restare in Italia: è la spinta verso il cambiamento, non tanto come innovazione fine a sé stessa rispetto alla realtà, quanto piuttosto come il coraggio di non rinchiudersi entro schemi predefiniti, di sperimentare nuovi percorsi e nuovi metodi e di unire le passioni e i sogni all'impegno e alla competenza. È uno spirito che dovrebbe contagiare tutti, soprattutto i giovani:

A un giovane di vent'anni direi di avere il coraggio di seguire i propri sogni. Di avere ambizione, e di pensare in grande, e di non farsi limitare dalla geografia. Italia, Londra, Australia, America o Francia, fa lo stesso - quel che conta è trovare qualcosa che piace e provare a realizzare il proprio potenziale e i propri sogni.

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