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Giornata mondiale delle bambine, il rapporto di Terre des Hommes: “Abusi e discriminazioni in ogni parte del mondo. Italia compresa”

11 Ottobre 2022 9 min lettura

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Giornata mondiale delle bambine, il rapporto di Terre des Hommes: “Abusi e discriminazioni in ogni parte del mondo. Italia compresa”

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Aborti selettivi, dispersione scolastica, violenze sessuali, gravidanze precoci, tratta di esseri umani, impatto dei cambiamenti climatici. Sono tanti i fattori che ancora oggi mettono a rischio la vita delle bambine e delle ragazze, la loro salute e il raggiungimento di una migliore condizione di vita. E negli ultimi anni la pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aggravato il divario di genere. 

Il dossier InDifesa sulla condizione delle bambine e delle ragazze in Italia e nel mondo, realizzato dall’organizzazione Terre des Hommes in occasione dell’11 ottobre, Giornata mondiale delle bambine, testimonia la dimensione drammatica di abusi e discriminazioni in ogni parte del mondo. Italia compresa. 

L'emergenza delle bambine mai nate

In molti paesi è in atto una strage silenziosa di bambine attraverso gli aborti selettivi: quelle mai nate dal 1970 a oggi sono circa 142 milioni, di cui 72 milioni in Cina e 45 milioni in India. In entrambi i paesi i governi hanno cercato di contrastare il fenomeno: in India dal 1994 è vietato determinare il sesso prima della nascita, mentre la Cina ha ufficialmente abolito la politica del figlio unico, che aveva spinto milioni di famiglie ad abortire le bambine pur di potersi assicurare la discendenza con un figlio maschio. 

Questo però potrebbe non bastare: una ricerca del British Medical Journal, che ha preso in considerazione 12 paesi in cui lo sbilanciamento del rapporto tra i sessi è particolarmente evidente (Albania, Armenia, Azerbaijan, Cina, Georgia, Hong Kong, India, Corea, Montenegro, Taiwan, Tunisia e Vietnam), mostra che se il trend attuale continuerà entro il 2030 potrebbero mancare all’appello altre 4,7 milioni di bambine. La situazione potrebbe addirittura peggiorare se, ai paesi in cui è già diffusa la pratica dell’aborto selettivo, se ne aggiungessero altri a causa del rallentamento demografico: il numero delle bambine mai nate potrebbe arrivare a 22 milioni entro il 2100.

Si preferisce avere figli maschi per motivi sia economici che culturali. In India, ad esempio, dagli uomini ci si aspetta che si prendano cura dei genitori anziani: sono loro il pilastro dell’economia familiare e i principali beneficiari dell’eredità. Al contrario, le figlie femmine vengono spesso percepite come un costo: non solo per la tradizione della dote che i genitori pagano alla famiglia dello sposo, ma anche perché, dopo il matrimonio, andranno a vivere in un’altra casa e non si potranno prendere cura dei genitori.

Con il tempo, però, qualcosa sta cambiando: “Con un maggiore accesso all'alfabetizzazione e all’istruzione, le aspirazioni delle donne stanno mutando rapidamente”, ha affermato Poonam Muttreja, direttore esecutivo del Population Fund dell’India, in un’intervista al Guardian. “Le ragazze si stanno affermando e stanno prendendo in mano le redini della loro vita, e in futuro svolgeranno un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo del paese”.

La dispersione scolastica femminile

Nel mondo ci sono ancora 129 milioni di bambine e ragazze che non hanno accesso all’istruzione: 32 milioni alla scuola primaria, 97 milioni alla secondaria. A livello globale, i tassi di iscrizione tra maschi e femmine si stanno avvicinando alla parità: 90% per i primi, 89% per le seconde. Nonostante questo, il gender gap si allarga se si prendono in considerazione i tassi di completamento del percorso scolastico: nei paesi a basso reddito solo il 63% delle bambine completa la scuola primaria (contro il 67% dei bambini) e solo il 36% finisce la scuola secondaria (contro il 44% dei ragazzi). 

Con la pandemia, il progresso verso la parità di genere nell’istruzione è rallentato ulteriormente: “Al di là dell'impatto sull’apprendimento, questa interruzione senza precedenti rappresenta una minaccia immediata e a lungo termine per l’uguaglianza di genere e può avere effetti dannosi su alcuni aspetti specifici come la salute, il benessere e la protezione della componente femminile”, scrive Unicef nel rapporto When schools shut. Gendered impacts of Covid-19 school closures. L’indagine mostra che attualmente ci sono 23,8 milioni di studenti, dalla materna alle superiori, che rischiano di abbandonare il percorso scolastico: di questi, 11,2 milioni sono bambine e ragazze. Un numero sottostimato secondo la Malala Foundation, che considera più realistica una cifra intorno ai 20 milioni. 

Durante il lockdown, le bambine e le ragazze hanno avuto maggiori difficoltà a seguire le lezioni online e la didattica a distanza: molte non potevano usare pc, tablet e smartphone, a causa della mancanza di competenze digitali e di norme sociali che limitano loro l’accesso ai device digitali. Un ulteriore ostacolo è stato l’aumento del carico di lavori domestici: molte ragazzine hanno dovuto occuparsi della pulizia della casa, della preparazione dei pasti, della cura dei fratelli e dell’assistenza nello svolgimento dei compiti.

“Con la COVID-19 l’abbandono scolastico delle bambine è stato una volta e mezza quello dei bambini”, racconta a Valigia Blu Mauro Morbello, delegato di Terre des Hommes per il Perù, uno dei paesi con la chiusura scolastica più lunga in seguito alla pandemia, di ben due anni. “Tra le cause c’è stato l’aumento delle violenze sessuali e conseguentemente delle gravidanze precoci, cresciute del 24% dal 2020 al 2021 per le minori di 14 anni. Nella grande maggioranza dei casi, quando una bambina resta incinta poi abbandona la scuola. A questo si aggiunge il problema delle bambine scomparse: le statistiche ufficiali mostrano che nel 2021 in Perù sono sparite 5.904 persone, di cui 3.897 (66%) bambine e adolescenti. Che fine fanno? C’è un business legato al traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale, soprattutto nelle zone minerarie, nella regione di Madre de Dios”.

Le violenze sessuali durante i conflitti

E poi ci sono le guerre, contesti in cui i diritti delle bambine vengono ulteriormente messi in pericolo. Le Nazioni Unite nel 2021 hanno verificato 3.293 denunce di violenze sessuali subite da donne e ragazze da parte di soldati e miliziani, 800 in più rispetto al 2020. La stima è che, per ogni persona che denuncia, ce ne siano tra le 10 e le 20 che non lo fanno. “La minaccia della violenza spesso priva le ragazze del loro diritto all’istruzione, la paura le costringe a rinchiudersi in casa dove devono assumere un carico maggiore di lavori domestici”, denuncia l’agenzia delle Nazioni Unite Unfpa. “Chi sopravvive può soffrire lesioni invalidanti ed essere emarginato dalla propria famiglia e della società”. 

Il rischio per le donne e per le ragazze è anche quello di essere catturate e trafficate, all’estero o all’interno del proprio paese, per essere sfruttate nella prostituzione o nel lavoro forzato, oppure vendute come “mogli”. Il conflitto in Ucraina, ad esempio, ha fatto alzare il livello di allarme sulla tratta delle giovani ucraine. “A pochi mesi dall’invasione, le ricerche globali di escort ucraine sono aumentate del 300%”, ha avvertito Sima Bahous, direttrice esecutiva dell’Agenzia delle Nazioni Unite per le donne. “Questa domanda incentiva i trafficanti a reclutare e sfruttare le vittime, utilizzando sempre più piattaforme e strumenti online”.

Ma la violenza fisica e sessuale contro le bambine e le ragazze purtroppo non riguarda solo le zone di conflitto. Secondo le stime delle Nazioni Unite circa 736 milioni di donne (quasi una su tre) l’ha subita almeno una volta nella vita: 15 milioni di ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni hanno avuto rapporti sessuali contro la propria volontà. Questi numeri sono rimasti sostanzialmente invariati nel corso degli ultimi dieci anni, senza nessun miglioramento, come rivela uno studio dell’Organizzazione mondiale per la Salute che ha analizzato i dati relativi al periodo tra il 2000 e il 2018. 

Le donne sono più colpite dai cambiamenti climatici

Siccità, inondazioni, ondate di calore, fenomeni estremi: le conseguenze della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti, anche in Europa, ma sono in primis le fasce più vulnerabili a pagarne le spese. Tra loro, anche le donne e le bambine.

“Rispetto agli uomini, donne e ragazze hanno maggiori probabilità di perdere la vita a causa di eventi climatici estremi”, scrivono le ricercatrici Betty Barkha e Katrina Lee-Koo su The Conversation. “Dal momento che il cambiamento climatico porta a migrazioni forzate, perdita del reddito e dell’abitazione, questo le rende più vulnerabili a subire violenze di genere”. Per quanto riguarda i bambini, poi, “i cambiamenti climatici minacciano il loro diritto fondamentale all’istruzione, al cibo e alla ricreazione. Considerato il fatto che i più giovani sono i meno responsabili di questa situazione rispetto agli adulti, il cambiamento climatico è stato definito dal Consiglio per i diritti umani ‘la più grave ingiustizia intergenerazionale dei nostri tempi’” .

Secondo uno studio condotto dalla Malala Foundation, solo nel 2021, a causa di fenomeni climatici estremi, almeno 4 milioni di bambine nei paesi a medio e medio-basso reddito non hanno potuto completare il ciclo di studi. E se non ci sarà un’inversione di tendenza, entro il 2025 i cambiamenti climatici saranno uno dei fattori che costringeranno almeno 12,5 milioni di bambine e ragazze a lasciare la scuola.

Anche le condizioni di lavoro femminile e minorile vengono esacerbate dal riscaldamento globale. In un mondo sempre più caldo, ad esempio, sarà sempre più difficile rifornirsi di acqua: in molti paesi questo compito è tradizionalmente delle donne e delle bambine, che sono costrette ad affrontare viaggi sempre più lunghi e faticosi. Inoltre, l’impoverimento delle famiglie è tra le cause principali dell’aumento dei matrimoni precoci, come nel Corno d’Africa, dove dopo tre anni di siccità e di carestia si è verificato una crescita dei matrimoni precoci del 119% tra gennaio e aprile del 2022. “A causa della siccità il valore della dote è in calo”, denuncia Unicef. “Questo significa che le famiglie, per sopravvivere, prenderanno in considerazione l’ipotesi di far sposare più figlie”. Ma un aumento simile si è registrato anche in Bangladesh (+13% tra il 2020 e il 2021) e in Giordania (+10,6% tra 2019 e il 2020). Secondo l’Unicef, oggi sono 650 milioni le ragazze e donne che si sono sposate prima dei 18 anni.

La situazione di bambine e ragazze in Italia

Anche nel nostro paese, le bambine e le ragazze continuano a subire violenze e discriminazioni. Nel 2020, su 5.789 minori vittime di reato, per il 65% erano femmine, con punte dell’88% per i casi di violenza sessuale, subìta l’anno scorso da ben 488 minorenni. 

“Un tema su cui dobbiamo tenere alta l’attenzione è quello delle gravidanze precoci, che di solito non sono frutto di violenze sessuali bensì nascono in contesti di fragilità, emarginazione sociale e mancanza di strumenti culturali”, racconta a Valigia Blu Federica Giannotta, responsabile dei programmi Italia e Advocacy per Terre des Hommes. Nel 2021, 923 ragazze minorenni hanno partorito. Il dato è in leggero calo rispetto ai due anni precedenti, anche se si sta verificando un abbassamento dell’età delle ragazzine che restano incinta: lo denuncia il Saga (Servizio di accompagnamento alla genitorialità in adolescenza, ndr) dell’ospedale santi Carlo e Paolo di Milano. “Nel 2022 il trend delle mamme adolescenti sta aumentando”, continua Giannotta. “Nel primo semestre dell’anno, il Saga ha preso in carico 35 casi, 10 di più dell’anno precedente”.

Anche nell’ambito della salute, alcune patologie che interessano maggiormente le ragazze sembrano essere ancora invisibili: un esempio è la vulvodinia, che colpisce il 16% delle italiane e per la quale si stima un ritardo diagnostico medio di cinque anni, ma anche i disturbi alimentari, che interessano ogni anno 8.500 persone, per il 96% ragazze adolescenti e donne. 

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E poi c’è la questione dell’educazione e del lavoro: tra i Paesi Ocse il 16,5% delle donne tra i 18 e 24 anni rientra nella categoria dei Neet (not in education, employment or training, giovani che non studiano e non lavorano), contro un 14% degli uomini. In Italia, la percentuale sale al 25%, contro un 21% degli uomini. 

“Le ragioni che spingono le giovani donne a non intraprendere percorsi di formazione e a non avere un impiego sono diverse: ci sono gli impegni legati alla famiglia e alla cura dei figli, ma anche un mercato del lavoro che privilegia l’assunzione di giovani uomini”, afferma Federica Giannotta. “Le ragazze fanno più fatica a ottenere un contratto a tempo indeterminato, e anche quando lo conseguono guadagnano meno. Inoltre, spesso non hanno gli strumenti adeguati per scegliere i percorsi di formazione più adatti a loro e manca una preparazione in ambito scientifico: le discipline Steam sono ancora appannaggio degli uomini. Per questo, la Banca Mondiale ha emanato specifiche linee guida, che prevedono tre punti chiave: in primis il riequilibrio della narrazione che si fa delle scienze e delle tecnologie, dando spazio al ruolo che hanno avuto le donne nella storia, poi l’accompagnamento delle studentesse che vogliono intraprendere un percorso Steam, e infine il raggiungimento di una parità salariale nel mondo del lavoro. Sono tanti i passaggi necessari a sostenere l’empowerment femminile: senza di essi, la parità di genere resterà sempre e solo un miraggio”.

Immagine in anteprima via Terre des Hommes

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