Giornata internazionale delle persone con disabilità: “Quello che ci manca è fare comunità. Dovremmo lottare insieme per le prossime generazioni”
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Oggi è il 3 dicembre, Giornata Internazionale delle persone con disabilità. Per chi non lo sapesse, c’è una lunga storia dietro questa Giornata. Comincia dal Dopoguerra, quando i principali organismi delle Nazioni Unite, cioè il Segretariato delle Nazioni Unite e il Consiglio Economico Sociale, che si occupavano delle questioni relative alla disabilità, si concentrarono sulla promozione dei diritti delle persone con disabilità, come riabilitazione e prevenzione. Nel dicembre 1975, l’Assemblea Generale dell’Onu adotta la Dichiarazione dei Diritti delle persone con disabilità, la quale afferma che “tutte le persone con disabilità accedono ai diritti stipulati , senza riguardo a razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o altro tipo, nazionali, sociali, nascita o qualsiasi altra situazione”. A seguito di queste linee guida, l’Onu dichiara il 1981 Anno Internazionale delle Persone con disabilità. Stabilito un fondo fiduciario come contributo, gli Stati membri avrebbero dovuto dedicarsi alla piena integrazione dei disabili nella società, incoraggiando progetti di studio e ricerca pertinenti ed educare il pubblico sui diritti delle persone con disabilità. L’anno dopo, l’Assemblea Generale adotta il Programma d’Azione sulle Persone Disabili. Le aree principali sono tre: riabilitazione, prevenzione e pari opportunità. Sempre nel 1982, esattamente il 3 dicembre, l’Assemblea Generale proclama il decennio 1983-1992 Decennio delle Nazioni Unite delle Persone con Disabilità, durante il quale gli Stati Membri sono incoraggiati ad attuare il Programma d’Azione mondiale. Ed è alla fine di questo decennio, nel 1992, che viene ufficialmente proclamato il 3 dicembre come Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Lo scopo è di promuoverne i diritti e il benessere e di farne un resoconto.
Il numero di persone con disabilità è in aumento costante anche a causa dell’invecchiamento della popolazione. Le principali analisi confermano, infatti, che a livello mondiale, esiste una correlazione positiva tra invecchiamento e disabilità, soprattutto nei Paesi più poveri in cui gli individui accumulano, nel corso della vita, maggiori rischi sanitari a causa di malattie croniche, incidenti e altre patologie. Il principale obiettivo dell’Agenda Onu 2030 è uno sviluppo sostenibile per le persone con disabilità. Soprattutto, nel prossimo decennio dovrà essere garantito un accesso equo, di qualità e senza barriere all’istruzione, un’inclusione totale a livello economico e politico, l’abolizione di ogni barriera fisica all’accesso a edifici e trasporti pubblici e, infine, un miglioramento della raccolta di dati statistici relativi alla disabilità, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Ecco, questo breve – e forse noioso – excursus storico per vedere a cosa abbiamo assistito invece in questo glorioso anno 2021. Lo scorso novembre, a Glasgow, la ministra israeliana dell'Energia Karine Elharrar non ha potuto accedere ai lavori del summit Cop26 a causa delle troppe barriere architettoniche. La ministra, che convive con la distrofia muscolare e si muove su una sedia a rotelle, è stata costretta ad attendere due ore provando l’accesso da diversi ingressi, prima di decidere di rientrare in albergo. Solo il giorno dopo è stata predisposta un’apposita rampa che le ha permesso di partecipare al vertice.
In Italia, invece, abbiamo visto la nascita di un Ministero delle Disabilità ad hoc, che proprio in questi giorni ha presentato con commovente orgoglio la disability card senza spiegare cosa sia esattamente e quali siano i limiti. Si sappia solo che l’idea di questa card nasce in Europa nel 2011, entra in Italia nel 2018, viene approvata il 6 novembre 2020. Nell’assetto istituzionale italiano, le norme per entrare in vigore devono essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Al netto di quindici giorni fa questo Decreto non era stato ancora pubblicato perché era necessario un passaggio del garante della privacy. Per un approfondimento, vi invito a vedere questo video. Ma andiamo avanti.
Il Ministero della Disabilità ha fatto dichiarazioni gravi sulla legge che norma il diritto al lavoro dei disabili e sull’assunzione e sull’introduzione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità; gravi perché agevolando le aziende ad assumere persone con Legge 104 si rischiano situazioni come quella di Paola De Angelis, donna con disabilità assunta dal Comune di Avellino, tenuta lì a fare nulla, colpevolizzata dai dirigenti che dovrebbero seguirla e inserirla nell'ufficio e nel ruolo che le è stato assegnato.
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Le competenze azzerate perché non "è stato creato lavoro per lei" (cit.). Eppure mi sembra che nessuno abbia sollevato questioni, discussioni, abbia cercato di comprendere il perché ci sia una gravità in quelle dichiarazioni. In questo anno abbiamo assistito alle Paralimpiadi, ai nuovi eroi e alla pornografia motivazionale (e scusate se non la chiamo inspiration porn), ma credo che le cose vadano spiegate prima di usare inglesismi) che questa scatena. Abbiamo visto l'affossamento del Ddl Zan, che, ricordiamolo era anche contro gli atti discriminatori verso le persone con disabilità. Estendeva le tutele della Legge Mancino, inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione anche le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Ma l’argomento disabilità è sempre rimasto un po’ in sordina. Era di certo una buona occasione per parlare delle discriminazioni che ogni giorno e in ogni ambito le persone con disabilità subiscono. Eppure, è mancata una risposta compatta e decisa da parte del mondo disabile.
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Da molto tempo, io credo che questa Giornata non serva a nulla tranne che a tirare un po’ fuori quella retorica che, comunque, in fondo piace a tutti, fa sentire meno in colpa, rassicura. E molto spesso penso che un po' piaccia anche a noi che facciamo parte della categoria, ci fa sentire gratificati, inclusi, ascoltati e abbiamo fame di gratificazione, inclusione e ascolto, tanta di quella fame che quando qualcuno ascolta la nostra voce, pretendiamo che continui ad ascoltare la nostra e raramente facciamo comunità. Ecco, cosa ci manca, fare comunità. Dovremmo lottare insieme per le prossime generazioni, perché i diritti vengano rispettati e perché la smettano di tagliare fondi sulle assistenze, perché imparino a pretendere il massimo e a non accontentarsi delle briciole e dei sorrisi gratuiti. Che si prendano i loro spazi e i loro meriti. Che pretendano di vivere in un mondo in cui non sono secondi a nessuno. Che non è una voce distorta, un corpo spastico o una carrozzina a renderci inferiori o migliori di altri. Non è più così da molto tempo, ormai. Ed è davvero ora di ribaltare lo sguardo e pensare che è il mondo normodotato ad avere moltissimi problemi con la disabilità. È un mondo che non sa come comportarsi e non ha nemmeno voglia di imparare, che ha bisogno che sia la persona disabile ad andargli incontro, colpevolizzandola se si rifiuta di farlo. Si continua ad usare un linguaggio accomodante e di sano paternalismo comodo e falso perché, nei fatti, ad esempio, mai come in questi due anni si è capito quanto la categoria dei disabili sia quella più ignorata e fastidiosa e in stato di emergenza la prima sacrificabile. Lottare tutti insieme perché le generazioni future possano arrivare alla nostra età più strutturate e più consapevoli del loro valore e magari anche più felici di come siamo arrivati noi.
Foto in anteprima via Giornata internazionale delle persone con disabilità