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‘In Russia i giornalisti lavorano nel terrore’: intervista a Galina Timchenko, direttrice del sito indipendente russo Meduza

10 Maggio 2022 8 min lettura

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‘In Russia i giornalisti lavorano nel terrore’: intervista a Galina Timchenko, direttrice del sito indipendente russo Meduza

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7 min lettura

di Joshua Evangelista (Gariwo)

Galina Timchenko spiega che è grazie a una sorta di "pessimismo attivo" che riesce a portare avanti il suo lavoro di direttrice di Meduza, ad oggi l'unica grande voce dissidente sopravvissuta nel panorama mediatico russo. "Preferisco essere pessimista. Molti pensano che i pessimisti siano persone passive. Ma non è così. Il mio pessimismo mi permette di vedere tutti i rischi che posso correre io o i membri del mio team. Di conseguenza riesco a pensare a nuove strategie per continuare a raccontare".

Direttrice esecutiva della rivista Meduza oggi e di Lenta.ru fino al 2014 (quando l'editore la licenziò, in seguito all'invasione del Donbas, per sostituirla con un giornalista gradito al Cremlino), russa con madre ucraina, durante la cerimonia per la Giornata mondiale per la libertà di stampa che si è tenuta al Giardino dei Giusti di Milano Timchenko ha detto che "negando l'esistenza dell'Ucraina, il signor Putin sta negando almeno una metà di quello che sono io".

Insieme a 39 giornalisti di Lenta.ru ha fondato Meduza in Lettonia "perché era il posto lontano dalla morsa del Cremlino dove costava meno avere un giornale". Per anni Meduza è stato un aggregatore di notizie e produttore di contenuti che ha messo al centro del proprio lavoro le fonti e il rigore nella verifica. Tutte le strategie editoriali sono state totalmente messe in crisi il 23 aprile 2021, quando il ministero della Giustizia di Mosca ha inserito Meduza nell’elenco degli agenti stranieri.

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Grazie a una efficace campagna di crowdfunding, sostenuta da centinaia di migliaia di lettori russi, Meduza è riuscita a sopravvivere, preferendo il taglio degli stipendi del management al licenziamento dei giornalisti. Lo scorso 4 marzo il Cremlino ha definitivamente bloccato l’accesso al sito, che nel frattempo è diventato un prezioso bollettino sull’invasione, con notizie aggiornate, analisi, podcast e racconti sul campo aggiornati 24 ore su 24. In Russia le notizie di Meduza continuano ad arrivare a chi si affida ai VPN, le reti virtuali private che permettono di oltrepassare la censura. "Abbiamo avuto un'esplosione di lettori collegati da Australia, Nuova Zelanda e altri paesi. Dall'Islanda un numero superiore agli abitanti stessi dell'isola: ovviamente si tratta di russi 'in incognito'".

Al Giardino dei Giusti di Milano ha posato un fiore sul cippo dedicato ad Andrej Dmitrievič Sacharov, il fisico sovietico la cui attività in favore dei diritti civili gli valse il premio Nobel per la pace. Una delle frasi più note di Sacharov è "un paese che non rispetta i diritti dei suoi propri cittadini non rispetterà i diritti dei suoi vicini". Un concetto che è al centro delle riflessioni di Galina Timchenko, che più volte ha rimarcato la scarsa attenzione che ricevevano i russi prima dell'inizio della guerra.

Il 3 maggio al Giardino dei Giusti erano presenti decine di giornalisti e cittadini desiderosi di ascoltare il punto di vista delle giornaliste russe. Che impressioni hai avuto?

In genere le conferenze sui media sono molto formali invece questa è stata una cerimonia molto toccante e informale, e di questo vi ringrazio. È stato tutto molto caloroso ma francamente ho vissuto questo momento con stress, perché ho capito che in realtà si è trattata di una cerimonia funebre per la libertà di stampa in Russia. Era come se io mi trovassi al mio funerale, perché in Russia non c’è alcun tipo di libertà di stampa. Ma al di là dei miei sentimenti e del mio dolore, è stata molto importante perché ho l’impressione che per molti anni i giornalisti occidentali siano stati nel cerchio magico del potere di Putin. Ogni volta che parlo con i miei colleghi o vengo ospitata in qualche conferenza dico sempre: “La Russia è piena di eroi, piena di personaggi diversi. Per favore non scrivete solo di Putin. Putin non è l’intera Russia".

E queste cerimonie sono molto importanti per far capire che la Russia e il giornalismo russo sono molto di più di “lottare con il regime”, “essere contro la guerra”. È un passaggio necessario affinché i giornalisti occidentali e i giornalisti russi si comprendano a vicenda. Abbiamo bisogno di capirci e capire i valori che ci accomunano.

Per me è molto importante perché noi di Meduza ci sentiamo soli ora che quasi tutti i nostri competitor hanno interrotto le pubblicazioni o rinviato alla fine della guerra la messa in onda delle proprie trasmissioni. Per questo è molto importante sapere che ci sono molti colleghi giornalisti e attivisti che ci sostengono.

Meduza in Russia non è più raggiungibile. Eppure il vostro pubblico resiste, anche grazie all'utilizzo di tecnologie per oltrepassare la censura. Eppure si tratta solo di una piccola parte della popolazione, che invece è in balia delle informazioni ufficiali diffuse dal Cremlino. Avete una strategia per raggiungere la cosiddetta Russa profonda, quella Russia che proprio non si informa o al massimo subisce passivamente ciò che passa la tv di Stato?

È una domanda molto difficile. Devo dire che ho smesso di perseguire questo obiettivo. Mi viene da dire: “Non saprei come svegliarvi, se volete rimanere ciechi”. Mi interessa raggiungere la mia audience di riferimento, che è costituita da persone che sono interessate a ciò che sta succedendo. Persone che hanno a cuore il futuro della nazione. Quindi, dopo che siamo stati bloccati, sappiamo che possiamo ancora raggiungere il nostro pubblico e ora siamo concentrati su quelle persone che ci hanno sostenuto moralmente, verbalmente, per iscritto o finanziariamente e io voglio concentrarmi su di loro. Dico sempre che la nostra missione è informare quante più persone possibili. Ma la situazione attuale ci impedisce di raggiungere il pubblico che vorremmo. Quindi il nostro obiettivo concreto è informare un pubblico giovane, attivo, con competenze tecnologiche, socialmente attivo. Non solo nella propria vita, ma anche politicamente. Gente che non vuole semplicemente sedersi e guardare cosa succede. Gente che intende agire. Quindi, abbiamo capito che questo deve essere il nostro obiettivo: informare questo tipo di pubblico. Purtroppo non ho possibilità di venire ascoltata da ogni russo. Io non sono Konstantin Ernst, il capo del Primo canale della tv di Stato. Non posso aspirare a questo. Ma voglio preservare i nostri lettori, coloro per cui l’esistenza di Meduza è vitale.

Hai detto che i vostri lettori sono persone attive e soprattutto curiose. Eppure la Russia è governata da decenni di propaganda. Abbiamo visto che in alcuni casi si tratta di un tipo di propaganda dozzinale, che tuttavia sembra essere efficace. Come si educa le persone ad approfondire i temi, a verificare le fonti, più in generale a mettere in discussione l'informazione ufficiale?

La moneta del nostro mercato è costituita da tempo e attenzione. Sono queste le nostre valute. Quindi bisogna capire come catturare e mantenere l’attenzione. Lo facciamo, ad esempio, con alcuni “trucchi” per ottenere engagement come quiz sulle notizie o sondaggi politici o format in grado di rappresentare un determinato scenario in pochi secondi. Non possiamo, da subito, spingerli a leggere testi molto lunghi. In un primo momento dobbiamo semplicemente far loro capire quanto sia “cool” informarsi, che ci sono tanti formati per raccontare la realtà, che “news is the new orange” (il riferimento è a questa serie, NdR). Un esempio chiaro lo abbiamo visto con la pandemia da coronavirus. In quel frangente abbiamo deciso che avremmo usato la piattaforma Instagram in maniera precisa. Sarebbe dovuta diventare la pillola emotiva dei nostri lettori; del resto Meduza produce reportage, schede, interviste e lo fa in maniera molto seria, seppur a volte con sarcasmo. Ma la gente ha bisogno di questa calda sensazione di essere “comunità” e così su Instagram abbiamo iniziato a pubblicare buone notizie, storie che riscaldano le persone, testi cordiali. I nostri lettori hanno deciso di credere in noi e nel nostro profilo Instagram si sentono al sicuro. Questo ha fatto sì che, nonostante Instagram sia un social chiuso, ci siano state molte conversioni verso il nostro sito web e la nostra app. Questo è solo un esempio di come essere un’alternativa.

Torniamo alla guerra. La strategia di Putin di obbligare i media a non definire le cose con il proprio nome sta funzionando?

Mi sembra che funzioni. Quando, in questi tempi di guerra, ci è stata imposta la censura, in un gruppo WhatsApp di giornalisti di cui faccio parte si è iniziato a discutere della situazione e la maggior parte dei direttori ha detto: “Amici, non vogliamo essere multati o perseguitati. Chiamiamola ‘operazione speciale’, siamo troppo preoccupati dei rischi…” E così via. Il senso di questa censura non è solo legato al non uso di quella parola, ma al senso di paura che impedisce di esprimere liberamente le proprie emozioni, i propri pensieri. Abbiamo un esempio del tutto assurdo che spiega questa censura. Sai, ai tempi dell’Unione Sovietica era diffusa la storiella dell’uomo che va nella Piazza Rossa con un foglio di carta vuoto e viene arrestato. Il poliziotto gli dice: “Perché il tuo foglio è bianco, cosa significa”? E l’uomo risponde: “Che cosa devo spiegare? Tutti sanno quello che succede. Basta un foglio bianco”.

Ecco, in questo modo i miei colleghi oggi che vivono in Russia hanno molta paura di fare qualcosa che non è consentito. E l’obiettivo principale di tutte queste leggi è creare un senso di sbandamento. Cosa posso fare? Cosa non posso fare? Mi puniranno oppure no? Hanno creato un senso di insicurezza nei giornalisti che fanno il proprio lavoro, persino nei loro stessi pensieri. Io questo fenomeno lo definisco terrore. Perché l'obiettivo principale di qualsiasi terrorista è diffondere la paura. Così il Cremlino e Putin attraverso queste censure sulla guerra, le multe incredibilmente folli e le pene detentive intendono diffondere questa paura. Ecco qual è il senso.

Vogliamo che questa intervista sia anche una possibilità per far conosce ai lettori italiani la testata Meduza. Voi vivete del sostegno della vostra comunità. Come si può diffondere la vostra voce?

Siamo aperti a qualsiasi collaborazione. Tre giornali scandinavi hanno iniziato a pubblicare articoli in russo ma non sapevano come raggiungere un pubblico russo. E noi abbiamo molti contenuti e un grande pubblico russo. È molto semplice. Possiamo fornire qualsiasi tipo di nostro contenuto o parlare come esperti o qualsiasi altra azione utile a promuovere il nostro lavoro o ottenere donazioni che ci permettano di continuare a informare i russi.

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Il Giardino dei Giusti è dedicato a coloro che mettono a repentaglio la propria vita per difendere la dignità umana. Chi sono i Giusti della Russia contemporanea?

Mi viene da dire Navalny. Un uomo brillante e, ora come ora, l’uomo più coraggioso che io abbia mai incontrato. È un grande esempio di dignità e libertà. È in prigione ed è stato condannato a nove anni di carcere duro. Eppure scherza. Si prende gioco di quegli idioti che lo hanno messo dietro le sbarre. Non posso dire di conoscerlo benissimo ma ci siamo incontrati e ho avuto l’opportunità di intervistarlo. Ho l’impressione che quest’uomo e i suoi slogan siano gli strumenti più potenti che abbiamo oggi in Russia. “Non aver paura”, “Non siate spaventati”, “Facciamo qualcosa di bello per il futuro della Russia”. Sì, direi lui.

(Immagine anteprima via UGent)

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