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Parigi, pubblicare la foto del massacro è un’atrocità

16 Novembre 2015 3 min lettura

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Parigi, pubblicare la foto del massacro è un’atrocità

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Sembra difficile da credere, ma purtroppo ad oggi non avevamo ancora visto il peggio. Nelle 48 ore a ridosso degli attentati di Parigi su Internet – all'interno dei social network così come sui siti delle grandi testate online – sono circolate decine di false informazioni (e fortunatamente anche svariati articoli di debunking), fotografie di dubbio gusto e svariate teorie complottiste ai limiti dell'assurdo.

Quello a cui non eravamo preparati, e a cui un essere umano non dovrebbe mai essere preparato a dire il vero, è la diffusione di una fotografia nella serata di domenica. Una fotografia terrificante uno scatto della sala del Bataclan dopo il blitz della polizia, un'immagine talmente forte e cruda da superare di gran lunga ogni cosa avessimo visto prima, compresa la foto di Aylan sulla spiaggia di Bodrum e compreso il video dell'uccisione in diretta dei due giornalisti della WDBJ7 in Virginia.

Se per questi due casi avevamo discusso quanto fosse opportuna la pubblicazione e quale fosse il valore aggiunto di tale materiale multimediale, per la fotografia di ieri è per me fuori discussione: pubblicarla è un errore, una violenza gratuita per chi la vede – spesso controvoglia, a causa delle condivisioni social, un secondo torto per le vittime di questa strage.

Capiamoci bene: nulla può superare l'atrocità dell'uccisione di decine di ragazzi che si stavano divertendo durante un concerto. Proprio per questo motivo, la pubblicazione di quella immagine – peraltro anche di scarso valore fotografico, l'inquadratura fa pensare a uno scatto rubato, fatto di corsa, magari con uno smartphone – non è una notizia, non è una manifestazione del pensiero: è – a sua volta – una atrocità.

Ho visto quell'immagine per la prima volta ieri sera, condivisa su Facebook dall'account privato di giornalista di una testata locale. Ho segnalato immediatamente il contenuto e scritto un post in cui chiedevo ai miei contatti di fare altrettanto e di evitare ogni ulteriore condivisione:

Non ho detto né postato nulla fino ad oggi, vorrei continuare a farlo.Sta girando su Facebook una foto che va oltre...

Posted by Tommaso Tani on Sunday, November 15, 2015

Se da un lato ho scatenato la curiosità di qualcuno – un effetto collaterale in fin dei conti prevedibile, visti i tempi – dall'altro, vari contatti mi hanno indicato di aver provato in qualche modo a fermare la diffusione. Allo stesso modo, addirittura la Polizia francese dal suo account Twitter ufficiale, ha chiesto, in segno di rispetto per le vittime e dei familiare, di non diffondere fotografie delle scene del crimine, con evidente riferimento al Bataclan:

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Anche Le Monde si è occupato dello scatto della sala concerti, cercando di ricostruire le fonti di provenienza e addirittura ricercando un ipotetico detentore del copyright e quindi dello sfruttamento economico di quella immagine. In ogni caso su alcuni social network quali Twitter e Instagram, il meccanismo di segnalazione e blocco del contenuto è efficace e porta alla rimozione della gran parte delle condivisioni. Così non è invece per Google che ha indicizzato la foto e la mostra nei primi 50 risultati di ricerca già solamente scrivendo il nome del locale.

Quello per cui invece noi utenti e lettori non possiamo fare nulla, è quanto accade in edicola la mattina del lunedì: alcuni quotidiani nazionali hanno pensato fosse opportuno diffondere la fotografia del Bataclan sull'edizione cartacea del proprio giornale, chi pixelando i corpi delle vittime e chi no, chi in prima pagina e chi all'interno.

Davanti all'orrore di questi giorni, ci rimane, purtroppo, uno solo potere: quello di scegliere. Scegliere il rispetto, scegliere di fare un passo indietro, o, più semplicemente, scegliere di riflettere per un momento può essere la nostra arma più efficace.

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