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La fiera del libro di Francoforte, Saviano, e il piatto di lenticchie

31 Maggio 2024 8 min lettura

La fiera del libro di Francoforte, Saviano, e il piatto di lenticchie

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La lettera aperta di autori e autrici a Jürgen Boos, direttore della Fiera di Francoforte

Aggiornamento del 24 giugno 2024: Dopo il caso dell’esclusione di Roberto Saviano dal padiglione italiano alla Fiera del libro di Francoforte, un gruppo di autori e autrici italiani ha scritto una lettera aperta a Jürgen Boos, direttore della Fiera.

Nel testo si denuncia l'esclusione di Saviano come "troppo vistosa per non essere un atto deliberato”, stigmatizzando la spiegazione fornita dal commissario Mauro Mazza. Per i firmatari l'episodio di inserisce in una “sequenza di prevaricazioni di forme e gravità diverse alle quali assistiamo negli ultimi due anni e delle quali spesso siamo l'oggetto”, fatta di “occupazione sistematica di ogni posto di responsabilità in ambito culturale”, oltre a censure, attacchi personali e “uso spregiudicato delle querele ai danni di scrittori, giornalisti e intellettuali da parte di chi occupa posizioni di potere”.

La lettera si conclude con la richiesta di uno spazio di incontro pubblico con scrittori e scrittrici tedeschi e internazionali, all’interno dell’edizione 2024, in cui “discutere proprio di questi argomenti, al di fuori degli spazi limitati che sono stati disegnati dalla commissione italiana per noi”.

Alla fine, alla Fiera di Francoforte, che quest’anno vede l’Italia paese d’onore con relativo padiglione, ci sarà Carlo Rovelli, ma non Roberto Saviano. O meglio, Roberto Saviano ci sarà, ma perché è stato invitato dal presidente stesso della Fiera di Francoforte, Jürgen Boos, per quella che, attingendo a un lessico tecnico consolidato nel tempo, si può definire una figura di merda mondiale del governo italiano e dei suoi funzionari. 

La presenza del fisico, insieme ad altri scrittori e all’intero programma, è stata lanciata martedì scorso durante una conferenza stampa a Francoforte. Mauro Mazza, il consigliere straordinario nominato dal governo dopo le dimissioni di Franco Levi, finito al centro di polemiche lo scorso anno proprio per la cancellazione del previsto intervento di Carlo Rovelli. 

Alla conferenza stampa di martedì è successo quello che succede normalmente quando chi ricopre una carica si trova di fronte a dei giornalisti: vengono fatte domande. Così un giornalista tedesco ha chiesto a Mazza come mai Roberto Saviano, ovvero uno degli scrittori italiani più famosi al mondo, non fosse nel programma, se per caso non dipendesse dall’essere stato troppo critico verso l’attuale governo “neofascista”. Mazza ha cincischiato una spiegazione animato dalla forza retorica di un Conte Mascetti.

Lo sanno anche i sassi il motivo per cui è stato escluso Roberto Saviano, che dai membri di questo governo e dell’attuale maggioranza ha ricevuto denunce e la cancellazione di un programma Rai. Chi deve organizzare eventi, rassegne, padiglioni e così via, sa che certi nomi possono portare rogne. Le quali di solito si traducono in telefonate, messaggi ufficiosi dalle conseguenze ufficiali, in patate bollenti per mani tiepidissime. È anche a questo che serve creare un certo clima a botte di aggressioni a mezzo stampa, di politici che attaccano scrittori e intellettuali sui social media. Così nella testa si formano delle graduatorie incrociate: la graduatoria “importanza del possibile ospite” e la graduatoria “grane portate dal possibile ospite”. Ed evidentemente, nel 2024 Saviano è sul podio in entrambe le graduatorie. Non c’è nemmeno bisogno di chissà quali liste nere o di proscrizione.

La differenza, quindi, la fa il senso di responsabilità di chi deve prendere decisioni. Sono metodi, motivazioni e trasparenza a segnare la differenza tra scelte editoriali e censura. Anche perché la storia di una censura è sempre anche storia di spiegazioni imbarazzanti, confuse o contorte. Ma siccome stimiamo chi legge più sveglio di un sasso, non ci sarebbe bisogno di spiegare perché si tratta di censura. Casomai ci fossero comunque persone che ambiscono a essere meno intelligenti di un sasso, ribadiamo ancora l’ovvio: il governo italiano ha rimediato una figura di merda mondiale proprio perché è lo stesso presidente della Fiera di Francoforte ad aver sconfessato Mauro Mazza. Mentre l’Associazione Italiana Editori, che ha curato il programma, ha semplicemente detto che nessuno ha proposto Saviano:

La scelta degli autori ospiti a Francoforte è frutto di una procedura, fatta di un proficuo dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani, a partire proprio dalle loro proposte.  Tra le proposte sulla base delle quali si è costruito il programma mancano ovviamente molti autori tra i quali, almeno fino ad oggi, Roberto Saviano. L’AIE non avrebbe mai permesso e non permetterà mai ingerenze esterne rispetto alla volontà degli editori.

Sono poi arrivate le parole di RCS, l’editore dell’ultimo libro di Saviano: “Siamo fermamente convinti che Roberto Saviano dovesse essere tra gli autori rappresentativi dell’Italia, selezionati e invitati dalle nostre Istituzioni. Questo per l’indiscusso valore civile delle sue opere e per il grande successo internazionale di cui da sempre gode…”.

Nel frattempo, siamo già arrivati alla farsa, con il commissario Mazza che ora chiede a Saviano di partecipare. Siccome nessuno vuole rimanere col cerino in mano, da qualche parte è scattata l’idea geniale: lasciarlo in mano a Saviano. Il quale è stato netto: “Sono fiero di non essere stato invitato da quello che ritengo il più ignorante governo della storia italiana. E mi fa sorridere quanto siano inefficaci questi ostracismi: più censurano e bloccano, più la società culturale e civile si fa sentire, e va dalla parte opposta agli schemini punitivi e alle azioni di rivalsa”

Ci tocca così registrare le curiose differenze culturali tra due paesi europei. In Germania si era data per scontata la presenza di Saviano nel padiglione del paese ospite d’onore. In Italia, invece, pare che nessuno abbia pensato di segnalare il suo nome. Pare che nessuno, nella trafila decisionale, abbia pensato di guardare le varie liste e proposte di programma, e domandare “Scusate, ma Roberto Saviano? Ce ne freghiamo?”. 

A quanto pare ci ha pensato solo una persona, ovvero lo scrittore Paolo Giordano, che in un thread su X/Twitter ha descritto il polso della situazione: “purtroppo Roberto è diventato una cartina al tornasole di certi criteri politici di inclusione ed esclusione. inaccettabili nella cultura. essere ospiti alla Buchmesse è un appuntamento importante per gli scrittori e le scrittrici, non esserci o rinunciare ha un costo”.

Eppure l’esistenza di un certo clima è nota e arcinota. Lo ha spiegato Nicola Lagioia su Lucy, raccontando di una sua cena con la ministra della Cultura tedesca Claudia Roth, alla quale era giunta voce “di qualche problemino” della spedizione italiana. Scrive Lagioia, confermando le voci:

Quanto al rapporto controverso tra governo italiano e scrittori, ho risposto alla ministra tre cose. Che alcuni scrittori italiani, pur pubblicati in tutto il mondo (il caso di Roberto Saviano) non sarebbero stati invitati per vendetta governativa. [...] Che altri scrittori italiani, ugualmente tradotti all’estero, quindi particolarmente appetibili per la Buchmesse (il caso di Antonio Scurati, di Paolo Giordano) avrebbero declinato l’invito, o sarebbero venuti a Francoforte con i loro editori tedeschi per una comprensibile questione di orgoglio. Che il novanta per cento degli scrittori invitati sarebbero stati, comunque, quelli che all’estero il governo italiano avrebbe presentato come i propri gioielli ma che in patria addita invece quotidianamente come comunisti, sinistroidi, parassiti, faziosi (per fazioso l’attuale governo italiano intende filo-costituzionale), e questo non perché ci sia una cospirazione ordita da George Soros per decidere chi sono gli scrittori italiani noti all’estero, ma perché (sbagliando o prendendoci a seconda dei momenti) quel complesso e ingovernabile intreccio di mercato, riconoscimenti e fortuna critica che in tutto il mondo sancisce per le arti un giudizio di valore ha stabilito per ora così.

Insomma, è successo quello che si sapeva sarebbe successo. E ora, dopo le parole indifendibili di Mazza, c’è chi si è sfilato, come Sandro Veronesi e Francesco Piccolo. Chi invece, come Carofiglio, ha fatto sapere che ci sarà comunque, e che non desidera intervenire in una polemica che “non lo appassiona”. Chi, infine, come Emanuele Trevi ha invitato Mazza a tornare sui suoi passi - coi risultati che abbiamo già visto in precedenza.

Va posta una domanda molto elementare: se era ampiamente prevedibile che aria tirasse, perché si è restati e si resta sottovento? Sarebbe utile avere una sana conversazione al riguardo, che si esplicitassero il più possibile le posizioni e, soprattutto le decisioni. Che si parlasse in modo trasparente, comunicando le ragioni dei “sì” e dei “no”. Quando gli eventi tirano una linea, guardare da un’altra parte, tacere o tentennare è recepito come un messaggio. Mentre il dibattito sulla linea, o sul fatto che sia bene parlare della linea, è inutile: chi lo segue, alla fine, guarda dove stanno i piedi di chi parla, e tira le somme. 

Qui ci limitiamo a offrire alcuni spunti di riflessione e alcuni dati di fatto, che possono essere ignorati da chi è direttamente chiamato in causa, oppure presi in considerazione seriamente. Ciò non cambia che a ignorare i dati di fatto ci si fa male, prima o poi. Partiamo perciò da Mazza, che probabilmente resterà dov’è, anche perché richieste di dimissioni finora non sembrano pervenute. E quindi a ottobre l’Italia sarà paese d’onore con un commissario che è riuscito a fare peggio di Franco Levi. Questo significa che l’attuale classe dirigente va bene così com’è, che le figure di merda mondiali non sono recepite come tali da una parte consistente del ceto dirigente, ma al limite come danni collaterali, incidenti di percorso. E che va bene anche bollare tra le righe come “non originale” quello che è stato escluso per un preciso calcolo politico. E che in questo clima le partecipazioni sono utilizzabili propagandisticamente per dire "diamo spazio a tutte le voci", e altre scuse di rito.

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Ne consegue che, Fiera o non Fiera, la situazione nel paese non migliorerà da sola; inerzia e passività diventano accettazione, poiché non creano nessun attrito, ostacolo o resistenza a questo potere così sciatto e al contempo arrogante. Certo, non è giusto caricare di responsabilità il singolo, come se gli toccasse di risolvere attraverso la propria virtù problemi creati da altri, in un quadro strutturale. Il focus che inevitabilmente si creerà su “chi va e chi non va a Francoforte?” è prima di tutto la rimozione delle responsabilità politiche e decisionali di chi ha creato quel caso. I Paolo Giordano hanno il sacrosanto diritto di concentrarsi su altro; diritto che vale anche per Saviano. Inoltre caricare di responsabilità il singolo certifica lo squilibrio di potere, senza mai metterlo in discussione, e quindi è solo questione di tempo prima che quello squilibrio torni a creare altri casi. O che colpisca quei pochi che si espongono.

https://www.valigiablu.it/caso-scurati-25-aprile-antifascismo/

Perciò, proprio perché sotto sotto si sapeva cosa sarebbe accaduto, bisognerebbe imparare a giocare d’anticipo e mettere in moto azioni collettive di autotutela, altrimenti si è sottoposti al più classico dei divide et impera. Sfruttare un vantaggio: la prevedibilità di un potere i cui protagonisti oscillano tra il grigiore dell’asservito e il rancore del frustrato. Invece di usare le reti di contatti per lamentarsi del piatto su cui si mangia, andrebbero usate per dire apertamente “se non c’è posto per lui (o lei) al tavolo, allora ci alziamo tutti e mangiate da soli, o coi vostri compari”. Chi sta a capotavola conta esattamente su questo: sul fatto che alla fine, tra la Costituzione e i nobili principi da una parte, e il piatto di lenticchie dall’altra, prevarrà il piatto di lenticchie. Prevarrà l’idea che quello finito lontano dal tavolo era troppo polemico, troppo piantagrane. Che se l’è cercata. Fino al giorno in cui non sarà più tollerato nemmeno lo sputare sul piatto a fine pasto.

Immagine in anteprima: Monica Rizza/IJF24

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