Dopo l’inchiesta di Fanpage Gioventù Nazionale va sciolta
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Dopo la seconda parte dell’inchiesta Gioventù meloniana di Fanpage e le dichiarazioni rilasciate ieri da Giovanni Donzelli e dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, c’è una questione politica che va messa al centro del dibattito pubblico: Gioventù Nazionale va sciolta. E va aperta una seria riflessione su come buona parte della stampa abbia preferito tratteggiare finora un partito di estrema destra come “moderato” o di “centro-destra”, concedendo un credito politico in apparenza illimitato, mettendo da parte il ruolo che la stampa è chiamata a ricoprire.
Non è pensabile, nell’attuale clima e di fronte alla classe dirigente dell’estrema destra, che vengano presi quei “provvedimenti incisivi che modifichino radicalmente la mentalità che è emersa tra i giovani di FdI" chiesti da Walker Meghnagi, presidente Comunità ebraica Milano. Un paio di dimissioni, due figure sacrificate per salvare la faccia, in attesa magari che si calmino le acque, non sono certo un modo di affrontare quanto emerso: cosa cambierà poi, cosa renderà sicuro quel movimento per persone che non corrispondono all’identità del perfetto “patriota”?
L’inchiesta di Fanpage ha chiamato in causa esponenti di spicco del partito. Ha chiamato in causa un ambiente dove, in assenza di credibili confutazioni, sono strutturali razzismo, abilismo, elogio di terroristi, richiami al fascismo e al nazismo, produzione e distribuzione di propaganda a tema (come adesivi). Chi entra in un ambiente simile viene radicalizzato per forza di cose, e viene radicalizzato dal movimento giovanile del primo partito in Italia, non da “4 gatti che non contano nulla”, come per anni si è detto - sbagliando - di movimenti come CasaPound e Forza Nuova.
Parlando di antisemitismo, non ha senso esprimere solidarietà verso Ester Mieli, attuale vicepresidente della Commissione Segre, ma tacere sugli insulti rivolti a Elly Schlein, segretaria del primo partito di opposizione, come se la solidarietà fosse qualcosa dovuta ai “nostri”, e come se si dovesse giocare sempre e comunque il ruolo della parte lesa (in questo caso da qualche “mela marcia”) per meglio attaccare, nonostante il ruolo ricoperto. “Invitano a sparare”, ha buttato nel mucchio ieri Donzelli a Tagadà, dopo aver risposto infastidito alle domande in studio.
Per Donzelli, inoltre, il giornalismo d’inchiesta sarebbe qualcosa che “indebolisce l’Italia” e non “difende l’interesse nazionale” nel momento in cui chiama in causa il potere. A nostro avviso a indebolire l’Italia è il governo stesso, la rancorosa gestione politica di Meloni, che in una fase delicata per l’Unione Europea e nel momento di nominare chi la guiderà nei prossimi anni va più a destra di Orbán (dopo essersi persino negata al telefono alle chiamate dei leader europei). Un paese di sessanta milioni di abitanti è attualmente in mano a bambini permalosi ammalati di “nostalgia” e convinti di dover pareggiare chissà quali conti.
Ma Donzelli ha parlato anche di un metodo giornalistico basato sul “tradire gli amici”. Fatto da non sottovalutare, perché la seconda parte dell’inchiesta Gioventù meloniana si è svolta anche grazie ad ex militanti delusi che hanno deciso di parlare con Fanpage dopo aver visionato la prima parte. Dunque le sue parole diventano anche un messaggio a chi milita in Gioventù Nazionale o ha militato: bocca chiusa.
Vittimismo e attacco alla libertà di informazione hanno caratterizzato anche le parole di Giorgia Meloni arrivate ieri sera. Attacco che arriva in un clima già compromesso, che agli occhi dell’Europa vede l’Italia certificata come un paese diventato più a rischio anche a causa dell’operato di questo governo.
Come ho detto tante volte, e lo ribadisco, penso che chi ha sentimenti razzisti, antisemiti o nostalgici semplicemente abbia sbagliato la propria casa perché questi sentimenti sono incompatibili con Fratelli d'Italia. Ho già chiesto al partito di prendere provvedimenti.
Queste le parole di Meloni, che sembrerebbero l’indispensabile premessa per un’azione strutturale. Bene? No. Perché poi Meloni continua così:
Prendo atto che è una nuova frontiera dello scontro politico: da oggi è possibile infiltrarsi nei partiti politici e sindacati, riprendere le riunioni, i minorenni, e pubblicare selezionando. È uno strumento che si potrà utilizzare a 360 gradi... Infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime.
E qui dobbiamo ribadire tre punti imprescindibili per la vita democratica di un paese. Primo: l’inchiesta di Fanpage è giornalismo. Nessun partito politico si è infiltrato sotto copertura, improvvisandosi o agendo come un giornalista di inchiesta con alle spalle una redazione di professionisti. Parlare di scontro politico è falso, non riconosce prima di tutto cos’è il giornalismo.
In secondo luogo, come avevamo già ricordato dopo l’uscita della prima parte di Gioventù meloniana, ci sono stati altri esempi di inchieste analoghe in Europa. Una di queste, nella democratica Francia, ha portato nel 2021 a far dichiarare fuorilegge Generazione Identitaria, movimento giovanile vicino al Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen.
Ironia della sorte, proprio nello stesso giorno in cui venivano diffusi i rancorosi piagnistei di Donzelli e Meloni, nel democratico Regno Unito Channel 4 anticipava l’inchiesta di una giornalista che ha seguito sotto copertura (cioè con "metodo da regime") la campagna elettorale di Reform UK, il partito di Nigel Farage. La differenza tra quei paesi e l’Italia, casomai, è che là non esiste un Antonio Angelucci: un politico della maggioranza che è anche proprietario di giornali (tra cui Il Tempo, Il Giornale e Libero), una figura in evidente conflitto di interesse pronta a sguinzagliare i propri cani da guardi contro gli avversari.
Exclusive: Undercover inside Reform’s campaign - evidence of homophobia and canvasser's racism
— Channel 4 News (@Channel4News) June 27, 2024
Watch the full report by @darshnasoni pic.twitter.com/NqH2RSDy6X
Infine, Meloni dovrebbe ringraziare Fanpage, perché ha creato la possibilità di fare pulizia fino in fondo, di chiarire ai giovani di FdI cosa è o non è il suo partito. Perché si vede che molti di loro sono ancora un po' (troppo) confusi.
Dobbiamo perciò prendere atto che Fratelli d’Italia ha intenzione di alzare il livello dello scontro, tanto che Meloni ha persino chiesto al Presidente della Repubblica di intervenire (per fare cosa?). Ma che il partito non volesse assumere nessuna iniziativa strutturale era già emerso in Parlamento, con l’imbarazzante e offensiva difesa del governo lo scorso 19 giugno. Al posto del ministro Piantedosi, chiamato in causa da un’interrogazione parlamentare, aveva risposto Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, parlando di “immagini frammentate, decontestualizzate e riprese in un ambito privato. Già allora era stata diffusa la menzognera accusa a Fanpage di aver diffuso “senza consenso” le immagini di minori.
Quella difesa, e gli interventi di ieri, hanno mostrato come in Fratelli d’Italia si tiri la linea tra ciò che è consentito o no. Perché infatti Donzelli e Meloni sono stati zitti dopo i “Sieg heil”, i saluti gladiatori, i cori fascisti, ma hanno deciso di parlare dopo le frasi razziste e antisemite, gli sfottò e le offese a Mieli? Ovvio che l’unico discrimine è la gestione in termini di pubbliche relazioni, di consenso, di establishment, la valutazione dell’eventuale danno di immagine.
Ecco perché, in un quadro simile, a nostro avviso l’unico modo per far valere lo Stato di diritto consiste nello sciogliere Gioventù Nazionale. Di questo dovremmo discutere, su questo bisognerebbe prendere una decisione netta. Nascondere la testa sotto la sabbia, ringhiare all’esterno per non fare i conti in casa propria, ventilare l’ipotesi di ritorsioni e attaccare i giornalisti sono tutti comportamenti che, per usare le parole di Meloni, configurano un “metodo da regime”.
Immagine in anteprima: frame video La7