Facebook: la minaccia con armi di Morisi sì, la copertina dei Led Zeppelin no e ti blocco per 3 giorni
7 min letturaAggiornamento 21 giugno 2019: Ce l'abbiamo fatta! Dopo settimane di confronto, mail, appelli Facebook ha accettato la nostra richiesta. Ieri notte abbiamo ricevuto questo messaggio:
"Ciao, As our Community Standards explain, we don’t allow nude images of children on Facebook, but we know this a culturally significant image. Therefore, we’re restoring the post we removed and any related blocks on your account.
Il team di Facebook".
Il caso sollevato da Valigia Blu è stato finalmente risolto.
Facebook non bloccherà più la copertina dei Led Zeppelin riconoscendo il significato culturale dell'immagine.
Durante la nostra battaglia, quando Facebook ci ha confermato la loro posizione sull'immagine (non ammissibile secondo i loro standard), abbiamo fatto notare una disparità di trattamento: sulla pagina fan dei Led Zeppelin segnalando l'immagine, la moderazione rispondeva che quell'immagine non violava gli standard. Però poi continuava a bloccarne l'uso da pagine e account diversi. A quel punto abbiamo chiesto di andare fino in fondo e fare una scelta sulla policy. Abbiamo segnalato nuovamente l'immagine sulla stessa pagina ufficiale dei Led Zeppelin, e la piattaforma ha deciso di applicare in modo uniforme il divieto e ha rimosso l'immagine, inviando una notifica di "censura" alla pagina ufficiale dei Led Zeppelin e presumibilmente a tutte le pagine fan e account che l'avevano da lì condivisa. Da allora in molti anche fuori dall'Italia hanno iniziato a protestare e alla fine Facebook ha rivisto quella decisione.
L'immagine della copertina dei Led Zeppelin non sarà più oscurata e il nostro post non sarà più bloccato dalla piattaforma. È stata una battaglia culturale bellissima. Grazie a chi ci ha sostenuto e ha condiviso con noi le nostre motivazioni per questa piccola ma importante vittoria per i diritti e per la libertà.
Facebook fa dietrofront e toglie la censura alla copertina di uno storico album dei Led Zeppelin [news aggiornata alle 16:35] https://t.co/ZPSEwHLvPN
— la Repubblica (@repubblica) 23 giugno 2019
Aggiornamento 6 maggio 2019: In queste ore centinaia di persone stanno ricevendo questa notifica da Facebook. In pratica hanno deciso di oscurare il nostro articolo che mette in discussione i criteri scriteriati di moderazione da parte della piattaforma. Questa decisione a 6 giorni dalla pubblicazione dell'articolo fa pensare che non siamo davanti alla scelta dell'algoritmo, ma che si tratta della scelta di un team umano. Stranamente, almeno fino ad ora né io né la pagina di Valigia Blu abbiamo ricevuto questa notifica.
Qui abbiamo un po' di problemi e chiedo a Facebook ufficialmente una spiegazione:
1) La moderazione di Facebook tollera un post di minacce con armi con la foto di un ministro che imbraccia un mitra. Se lo avesse postato un cittadino comune e non lo spin doctor di Salvini, forse quel cittadino avrebbe avuto problemi con i moderatori di Facebook. Non mi interessa la rimozione del post di Morisi, ma pongo la questione della disparità di trattamento.
2) La moderazione di Facebook tollera un video di aggressioni, di violenza ai danni di una vittima che non c'è più, una vittima aggredita, derisa, bullizzata. Un video che contravviene in modo eclatante le policy della piattaforma viene ammesso solo perché a postare il video è la polizia di Stato. La moderazione tollera così anche migliaia di commenti di violenza e istigazione all'odio scatenati dalla pagina ufficiale della polizia. Tra l'altro gli esperti mettono in guardia sul rischio emulazione nella diffusione di certe immagini. E questo Facebook e Polizia che lavorano anche insieme per contenere e combattere certi fenomeni lo sanno bene.
3) La moderazione di Facebook NON tollera la copertina di uno dei più famosi album della storia della musica rock. Un artwork considerato da moderatori evidentemente poco preparati un nudo o pornografia.
4) Cosa più delicata di tutte: Facebook ha deciso di oscurare un post critico nei loro confronti, di fatto operando una grave censura.
5) Facebook decidendo di censurare la copertina dei Led Zeppelin non ha rispettato le sue stesse policy: "È permessa anche la pubblicazione di fotografie di dipinti, sculture o altre forme d'arte che ritraggono figure nude".
Sono passati pochi giorni da quando abbiamo sollevato il caso Morisi. Lo spin doctor di Matteo Salvini, che ha deciso il giorno di Pasqua di fare gli auguri con questo simpatico messaggio:
A quel messaggio sono seguite migliaia di segnalazioni degli utenti, a cui la piattaforma ha risposto sempre e solo: il post rispetta la nostra policy, non viola i nostri Standard, quindi non lo rimuoveremo.
Contrariamente ad alcune interpretazioni, la questione che noi allora abbiamo posto non era l'obbligo da parte di Facebook di rimuovere il post, ma della disparità di trattamento che la piattaforma mette in atto quando si tratta di persone di potere rispetto ai cittadini comuni.
Una questione squisitamente democratica: la disparità di trattamento fra utenti a seconda del ruolo che ricoprono e della loro fama. Sappiamo bene che ci sono casi quotidiani di persone e contenuti rimossi senza nessun tipo di esitazione o dubbio da parte del social network, anche se spesso sono casi che davvero lasciano perplessi rispetto alla decisione drastica di rimozione e blocco. Ma quando ci si trova davanti a un "potente" è altrettanto evidente un trattamento di riguardo. Una specie di luogo dell'imbarazzo che vede la piattaforma in difficoltà nella gestione dei contenuti di odio o di disinformazione, dove paradossalmente chi ha più potere e influenza sul dibattito pubblico e sulle dinamiche della società (e quindi ha anche maggiori responsabilità) viene trattato in maniera più soft rispetto ai contenuti e ai messaggi che veicola e i termini di servizio, le policy della piattaforma, sono applicate in maniera meno stringente, più morbida. Insomma si chiudono spesso gli occhi davanti a sistematiche azioni e comportamenti che incitano all'odio, sottopongono i cittadini alla gogna social, diffondono disinformazione che a sua volta è un'arma per alimentare odio e conflitto.
This is key - with, eh..., "selective" enforcement of community standards and terms of service, it seems we are moving to a world where powerful people can say whatever they like, while rest of us risk getting caught in (or not protected by) clumsy and uneven systems and policies https://t.co/vAxs0zfnvP
— Rasmus Kleis Nielsen (@rasmus_kleis) April 29, 2019
Tra l'altro esiste tutta una questione specifica sulla disinformazione o diffusione di informazioni false o manipolate anche da parte dei media mainstream totalmente omessa nel dibattito mediatico-politico che, però, pressa e spinge sempre più per l'interventismo dei social sui contenuti degli utenti. Facebook ha annunciato una task force contro la disinformazione in visione delle elezioni europee. Come si rapporterà rispetto alle parole di un ministro che parla di invasione o sostituzione etnica? Parole puntualmente rilanciate a partire dai titoli da tutti i media e spesso in modo incontrastato. La disinformazione ha, e lo sappiamo bene, mille forme, subdole, difficili da stanare e individuare. La propaganda spesso per mano politica si spinge fino alla diffusione di notizie false e manipolate.
Il messaggio e la foto dello spin doctor del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sono un problema serio per la piattaforma: per la combinazione del testo con l'immagine e il ruolo che Morisi ricopre. Ma evidentemente Facebook ha deciso di non vedere e non voler farsi carico di questa responsabilità. Con l'occasione si fa presente al servizio propagandistico andato in onda sul TG2 che la questione non è mai stata la foto di questo o quel leader che imbracciano armi.
Malafede servizio @tg2 lascia stupefatti. Giustificano vergognoso post di #Morisi fingendo che altro non si sia trattato che di mostrare ministro dell'Interno con in mano un'arma, come altri leader. Tralasciando parole di accompagnamento del post. Senza vergogna @GenSangiuliano https://t.co/OpY15bzlyG
— Sofia Ventura (@Sofiajeanne) April 25, 2019
Poi arriva la realtà a chiedere conto, come sempre e a far esplodere falle, contraddizioni, incoerenze, bug di sistema. Ed ecco appunto che a pochi giorni dalla (non) decisione sul post di Morisi (seguita dalla decisione di non rispondere a richieste pubbliche di spiegazioni), succede che la piattaforma decida di punire severamente un account per aver osato, signori miei, postare un video dei Led Zeppelin. Contenuto rimosso, utente bloccato per tre giorni. La copertina di quel brano non può essere ammessa dalla piattaforma, perché contraddice le loro regole sulla nudità.
https://www.youtube.com/watch?v=zDVnjCwCYCs&feature=youtu.be&fbclid=IwAR2z0uG7qAGO8_CjpcnoZDq9k6Enoy0cQHX1Sh8eJGcsdO3TgvwsusQRahQ
L'utente, Steve Kitkars, non lavora per il ministro dell'Interno, gestisce per puro divertimento una pagina con 700 fan, L'Arrotino, dove propone, condivide e discute di musica.
Qualche giorno fa nel tentativo di pubblicare "The Rain Song", ha ricevuto immediatamente questo messaggio da Facebook. "Questo post viola i nostri Standard in termini di nudo o atti sessuali".
Steve decide di fare appello alla decisione di rimuovere il post e contro il blocco di tre giorni. Dopo 7 ore riceve una comunicazione che conferma la decisione, dopo la valutazione da parte di un membro del team.
L'idiozia di una macchina (algoritmo, intelligenza artificiale) che non sa distinguere un artwork, la copertina di uno degli album più famosi della storia della musica rock, è preoccupante ma mai come l'ottusità e l'incapacità di un team "umano" che prende la decisione di confermare la rimozione e per quella decisione impone un blocco di tre giorni all'utente.
Leggi anche >> Come funziona la moderazione su Facebook. Una fonte lo rivela a Valigia Blu
Qui ci sono varie questioni in ballo: la disparità di trattamento fra utenti (potenti / famosi vs cittadini comuni), la moderazione dei contenuti fortemente controversa e la preparazione di chi è a capo di un servizio così delicato come appunto la moderazione dei contenuti degli utenti (lavoro che dovrebbe essere affidato a personale altamente qualificato oltre che bene pagato). Questione che avevamo già sollevato in precedenza.
Sono questioni che una piattaforma potente e così importante per le nostre vite quotidiane digitali non può eludere, ignorare e sperare che non se ne parli più. I social sono impegnati in questi mesi a rispondere (e assecondare) alle pressioni continue di una politica che spesso non sa nemmeno di cosa parla o peggio cerca di imporre leggi e regolamentazioni sulla base di paure e inquietudini non corroborate da fatti, studi, ricerche. Le piattaforme dovrebbero con altrettanta solerzia e impegno rispondere alle domande e alle richieste di chiarimento dei cittadini, che sono i primi a subire poi le conseguenze di scelte controverse, opache e discutibili.
La questione che stiamo ponendo è sicuramente complessa, la moderazione dei contenuti è una questione complicata, considerando i rischi e le ricadute che può avere sulla libertà dei cittadini (stiamo parlando di miliardi di utenti) e che queste decisioni continuano a plasmare la nostra esperienza sui social media, e proprio per questo la moderazione dei contenuti, come afferma Jillian York, director of International Freedom of Expression, andrebbe interamente e profondamente rivista.
The practice of content moderation is fundamentally broken, and the integration of AI isn't going to fix it. It's time to rethink the system entirely—and we've got ideas. https://t.co/bJRKwH6JmW
— EFF (@EFF) April 29, 2019
Immagine Houses of the Holy - Led Zeppelin