L’Europa oggi discute il riconoscimento dello Stato della Palestina
5 min letturaOggi, a Bruxelles, presieduto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, si terrà il Consiglio “Affari Esteri”, al quale parteciperanno i ministri degli Esteri dei paesi dell'Unione Europea. Sul tavolo i recenti sviluppi a livello internazionale (le crisi con l'Iran e la Libia), i modi per intensificare la diplomazia climatica e le questioni relative al Sahel (la vasta area dell'Africa sub-sahariana) ma non solo.
🌍The EU is committed to help tackle increasing instability in the #Sahel. Today, EU foreign affairs ministers discuss ways to better support progress in the region.
— EU Council (@EUCouncil) January 20, 2020
Dopo quasi due anni torna, all'ordine del giorno, la questione palestinese. I ministri degli Esteri discuteranno, infatti, la lettera firmata dal loro omologo del Lussemburgo, Jean Asselborn, con cui ha chiesto il riconoscimento da parte dell'Europa dello Stato della Palestina.
Lo scorso 9 dicembre, a margine della riunione dei capi delle diplomazie dell'Unione Europea, è stato lo stesso ministro Asselborn a parlare alla stampa della richiesta da lui presentata all'alto rappresentante Josep Borrell, spiegando di aver chiesto di inserire un dibattito su Israele e Palestina nell'agenda del Consiglio Affari Esteri dell'Unione europea di gennaio.
Jean #Asselborn a écrit le 1er décembre à @JosepBorrellF pour proposer de lancer un débat au sein de l’UE sur l’opportunité d’une reconnaissance de l’Etat de la #Palestine par tous ses Etats membres. Discussion prévue au prochain Conseil Affaires étrangères le 20 janvier 2020 📃 pic.twitter.com/2p1Q82ngar
— MFA Luxembourg 🇱🇺 (@MFA_Lu) December 9, 2019
“L'Unione europea deve continuare a promuovere e sostenere il consenso a favore della soluzione a due Stati”, si legge nel documento, come riportato anche da Al Jazeera. “Un modo per aiutare a salvaguardare questa soluzione sarebbe quello di creare una situazione più equa per entrambe le parti. A questo proposito, ritengo sia arrivato il momento di avviare un dibattito interno all'Unione europea sull'opportunità del riconoscimento dello Stato della Palestina da parte di tutti gli Stati membri”.
Nella sua lettera Asselborn lamenta anche che la costruzione di insediamenti israeliani sui Territori palestinesi occupati possa pregiudicare il processo di pace costituendo una "evidente violazione" del diritto internazionale.
"Il riconoscimento della Palestina come Stato non sarebbe né un favore, né un assegno in bianco, ma un semplice riconoscimento del diritto del popolo palestinese a un proprio Stato", scrive Asselborn. "In nessun modo andrebbe contro Israele".
"Se vogliamo una soluzione a due Stati, dobbiamo aiutare e incoraggiare entrambe le parti ad avviare una negoziazione seria e credibile e attualmente non è così", aveva dichiarato ai giornalisti il capo della diplomazia e della politica estera europea Josep Borrell, al termine dell'incontro del 9 dicembre.
Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu spera, invece, che l'Europa non faccia alcun passo e che i governi degli Stati europei non riescano a raggiungere un consenso nel ritenere Israele responsabile di decenni di violazioni sistematiche del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
Israele e gli Stati Uniti, che si oppongono al riconoscimento della Palestina come Stato, sostengono che tale scelta metterebbe a rischio gli sforzi per trovare un accordo di pace duraturo (a maggio 2018 l'amministrazione americana ha trasferito l'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendola come capitale d'Israele).
In un articolo pubblicato ieri dal Guardian, Saeb Erekat, segretario generale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) vede nell'appuntamento di oggi un'opportunità per l'Europa di rafforzare il proprio ruolo nel processo di pace attraverso il riconoscimento dello Stato della Palestina.
Erekat ricorda che quarant'anni fa, il 13 giugno 1980, i paesi europei firmarono la Dichiarazione di Venezia che invitava il vecchio continente a "lavorare in modo più concreto verso la pace", ribadendo l'illegalità degli insediamenti israeliani e la necessità di soddisfare il diritto palestinese all'autodeterminazione.
“Mentre apprezziamo sinceramente il sostegno europeo al processo di rafforzamento delle istituzioni in Palestina, ciò che è necessario ora è un intervento politico e diplomatico per preservare le prospettive di una pace giusta e duratura. Un passo per far rispettare i diritti del popolo palestinese porterà sicurezza e stabilità alla nostra regione e proteggerà i pilastri fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale”, scrive Erekat.
Pur riconoscendo all'Europa di essere riuscita a resistere ai tentativi dell'amministrazione Trump di modificare i termini attraverso cui trovare una soluzione tra Israele e Palestina, il segretario dell'OLP rimprovera ai paesi appartenenti all'UE di aver vissuto una paralisi diplomatica durata più di tre anni favorendo, nel frattempo, con l'appoggio di Washington le relazioni israelo-europee in un modo che quasi premia Israele nonostante la reiterata violazione dei diritti umani.
Mentre il governo israeliano continua la sua annessione dei Territori palestinesi occupati, alcuni governi europei - racconta Erekat - hanno fatto pressioni contro l'attuazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, inclusa una risoluzione del 2016 che prevede la pubblicazione del database delle aziende coinvolte nell'occupazione (Amnesty International lo ha denunciato in un rapporto pubblicato lo scorso settembre).
Quel che Erekat chiede ai membri dell'UE di rispettare immediatamente è la sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso novembre 2019 sull'etichettatura dei prodotti provenienti dai Territori palestinesi occupati con la quale è stato stabilito che “gli alimenti originari dei Territori occupati dallo Stato di Israele devono recare l'indicazione del loro territorio di origine accompagnata, nel caso in cui provengano da un luogo o da un insieme di luoghi appartenenti a un insediamento israeliano all'interno di detto territorio, dall'indicazione di tale provenienza".
Foodstuffs originating in the territories occupied by #Israel must bear the indication of their territory of origin, accompanied, where those foodstuffs come from an Israeli settlement within that territory, by the indication of that provenance https://t.co/BXuldkaxWx
— EU Court of Justice (@EUCourtPress) November 12, 2019
Per questo motivo "la Corte ha dichiarato che l'indicazione del territorio di origine degli alimenti in questione è obbligatoria, al fine di evitare che i consumatori possano essere indotti in errore in merito al fatto che lo Stato di Israele è presente nei Territori in quanto potenza occupante e non in quanto entità sovrana".
Per Erekat l'occupazione non ha speranza di cessare grazie alla "buona volontà" di Israele ma con una "via concreta verso la pace", come sancito dalla Dichiarazione di Venezia, che dovrebbe essere tradotta in una nuova realtà politica: “una realtà in cui l'Europa onora il diritto all'esistenza della Palestina e stabilisce misure concrete affinché Israele sia ritenuto responsabile delle sue sistematiche violazioni del diritto internazionale”.
Pur sapendo che il riconoscimento della Palestina non sarà sufficiente a porre fine all'occupazione israeliana potrà rappresentare, secondo Erekat, un passo cruciale per onorare il suo diritto all'autodeterminazione, costituendo un avanzamento verso un processo di pace significativo basato sul diritto internazionale e sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, e per ribadire l'importanza dei principi fondamentali della comunità internazionale.
Immagine in anteprima via BBC