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In Europa si accende il dibattito sul copyright

27 Febbraio 2015 6 min lettura

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In Europa si accende il dibattito sul copyright

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Con la pubblicazione del rapporto di Pavel Svoboda per conto della Commissione Affari Legali, che si aggiunge a quelli di Julia Reda e di Isabella Adinolfi, la discussione in merito alla riforma della normativa sul copyright e diritti collegati all'interno dell'Unione Europea si accende.

I rapporti Reda e Adinolfi sono sostanzialmente complementari, partono da problemi estremamente pratici per concludere che la legislazione europea è obsoleta, non è sufficiente chiara nel definire ciò che è lecito e ciò che non lo è, realizzando così una perenne incertezza negli utenti, che finisce per bloccare l'innovazione e il flusso della cultura, favorendo i monopoli culturali.

Tale incertezza ha evidenti ricadute sulla realizzazione del mercato digitale unico europeo, per cui non è ulteriormente procrastinabile l'eliminazione delle barriere nazionali, armonizzando le norme locali e imponendo regole comuni per tutta l'Unione.

Reda e Adinolfi si focalizzano sulla necessità di definire chiaramente le eccezioni al copyright, tenendo conto dell'impatto sui diritti dei cittadini, in particolare la libertà di espressione, garantendo in tal modo il riutilizzo di opere protette, la realizzazione di mix e contaminazioni, insomma tutelando i cosiddetti user generated content che sono parte essenziale del processo di innovazione.

Il rapporto Svoboda, invece, si muove da un'ottica completamente diversa, e pone l'accento sulla necessità di reprimere le violazioni del copyright, a mezzo di accordi tra aziende, misure di soft law e forme di mediazione. Il parere Svoboda deplora il fatto che il piano d'azione della Commissione europea non contempli la realizzazione di strumenti che consentano agli utenti di identificare beni contraffatti, come ad esempio etichettature e tag.
Secondo il rapporto Svoboda l'attuale framework legislativo è insufficiente a proteggere la proprietà intellettuale, in quanto non adatto alla rete internet.

Il rapporto Svoboda, inesplicabilmente non fa alcuna menzione dei diritti umani, e si concentra principalmente sulla cooperazione aziendale al fine di bloccare il flusso dei contenuti contraffatti o piratati. Sotto questo aspetto appare contiguo alle posizioni dell'industria del copyright, che notoriamente chiede proprio lo spostamento della valutazione degli illeciti dal suo campo usuale, quello giudiziario, in altre sedi, nel campo della cooperazione tra aziende. In sostanza Svoboda aderisce all'idea che la tutela del copyright debba essere sostanzialmente privatizzata, auspicando un'aziendalizzazione delle libertà fondamentali dei cittadini.

Questa forma di tutela dei diritti, attualmente presente già in vari paesi è foriera di abusi in considerazione del fatto che un'azienda il cui scopo principale è fare soldi, usualmente non tende a preoccuparsi più di tanto dei diritti dei cittadini.
Il blocco dei siti web, il filtraggio dei contenuti e le limitazioni di accesso alla rete portano talvolta a una palese sproporzione tra la violazione del diritto d'autore e la limitazione ai diritti umani fondamentali.

In questa prospettiva conviene ricordare il rapporto del relatore speciale ONU nel campo dei diritti culturali, Farida Shaheed, il quale sostiene con fermezza che occorre prestare più attenzione alle ripercussioni della tutela del copyright sui diritti umani. Il relatore dell'ONU parte dall'analisi dell'articolo 27 della Dichiarazione Universale dei diritti umani:

Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Il secondo comma è generalmente interpretato quale supporto alla protezione della proprietà intellettuale, ma Shaheed precisa che il diritto umano alla protezione della paternità è un diritto non trasferibile e connaturato all'autore, il quale soltanto può esercitarlo. L'autore cede, invece, solo gli interessi economici all'editore o distributore:

Unlike copyrights, the human right to protection of authorship is non-transferable, grounded on the concept of human dignity, and may be claimed only by the human creator, “whether man or woman, individual or group of individuals.

Non si può presumere, quindi, che le aziende titolari di diritti parlino in nome degli autori.

Per cui, se da un lato occorre tutelare i diritti degli autori, dall'altro si verifica spesso che la tutela del copyright da parte dell'industria va ben oltre quanto dovrebbe, finendo per limitare il diritto alla cultura e alla partecipazione alla vita culturale, il diritto di trarre profitto dal progresso e dalla scienza (comma 1 dell'art. 27).

Shaheed sostiene, quindi, che occorre migliorare il copyright sotto l'aspetto della posizione negoziale degli autori nei confronti delle aziende, così come prevede anche il rapporto Reda, ma di contro evidenzia la necessità di un libero accesso alla cultura e alla scienza, analizzando anche l'aspetto delle licenze aperte.

L'impatto della normativa in materia di diritto d'autore sui diritti umani deve essere sempre valutato, e l'accesso alla cultura può essere limitato solo se è compatibile col diritto alla cultura, e se è strettamente necessario per la promozione del bene comune (quindi non privato). Le eccezioni al copyright in tal senso risultano un aspetto fondamentale, necessario proprio per limitare tale impatto in modo che non diventi sproporzionato. E, appunto, il rapporto Reda e quello Adinolfi evidenziano la necessità di una “norma aperta” per completare le eccezioni al copyright, una norma flessibile che nel contempo garantisca la certezza del diritto.

Gli Stati devono assicurarsi che le eccezioni al copyright non siano derogabili da contratto -continua il rapporto dell'ONU- o limitate da protezioni digitali, ed occorrono eccezioni per biblioteche e per fini culturali, per gli enti di beneficenze e per le scuole.

Ed infine, il rapporto dell'ONU chiede trasparenza e partecipazione pubblica al processo decisionale, cose che con i trattati internazionali (TPP, TTIP, ACTA) e con il trasferimento delle competenze in materia di violazione del copyright alle aziende, non sempre si realizza.

Questo rapporto appare, quindi particolarmente vicino alle posizioni espresse da Reda e Adinolfi, che prendono in considerazione i bisogni degli utenti partendo proprio dai loro problemi pratici nell'uso delle nuove tecnologie, mentre invece il parere Svoboda si preoccupa quasi esclusivamente degli interessi delle multinazionali.

È importante evidenziare la vicinanza tra il rapporto dell'ONU e le posizioni Reda e Adinolfi, poiché in tal modo si comprende che l'intento dei due relatori europei non è certo quello di smantellare i diritti degli artisti, come pure qualcuno ha adombrato, bensì quello di limitare l'impatto della tutela degli interessi economici delle aziende sui diritti fondamentali dei cittadini.

Oggi, con l'avvento di internet, non ha più motivo di esistere un monopolio degli editori e distributori che finisce per drenare i profitti degli artisti. Molti di questi ultimi, infatti, ormai abbandonano il tradizionale concetto di copyright a favore di licenze aperte, saltando l'intermediazione dei distributori, e realizzando finalmente un contatto diretto tra gli artisti e i fruitori delle opere. Queste nuove opportunità consentono altresì di eliminare anche la stretta selezione degli editori, notoriamente poco propensi al rischio, permettendo la distribuzione diretta di qualsiasi tipo di opera, anche di nicchia. Insomma niente più massificazione ed omologazione del mercato controllato dall'alto, ma diversificazione, proprio come auspicava Chris Anderson nel libro The Long Tail.

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Si spera, quindi, che l'Europa sappia scegliere bene la strada da intraprendere, per una riforma che non ritenga necessaria l'autorizzazione per ogni “copia” (concetto che nell'accezione comune ha un significato molto vasto a ricomprendere qualsiasi comportamento in rete), bensì separi la pura riproduzione pedissequa in assenza di richiamo alla fonte originale da qualunque altro tipo di contaminazione.

  esempio di contaminazione in coreografia

Oggi vi sono tanti tipi di riutilizzo di un’opera, ad esempio la satira, la parodia, i commenti critici ma anche quelli positivi, gli esempi e le illustrazioni, ci sono gli spunti per le discussioni, gli accompagnamenti e i sottofondi, i reportage, l’archiviazione di materiali, i collage, i mix e i mash up. In tutti questi innumerevoli e non esaustivi casi, si ha la riproposizione di materiale altrui sul quale è possibile vi siano dei diritti autoriali, ma ciò non vuol dire classificare automaticamente tali opere come “copia”.

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